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Bob

 Gli sguardi ansiosi di Reyna, Hayden, Martin, Monroe e Nathan si incontrano, trasmettendo un senso di comunione nel momento di gioia e di gratitudine. Ma per me, il sollievo è solo momentaneo, un'ombra fugace nel buio che avvolge ancora il mio cuore.

Le lacrime mi bruciano agli occhi mentre li guardo, il mio cuore ancora stretto da una morsa di terrore. Reyna rompe il silenzio con parole di conforto, il suo tono caldo e compassionevole mi raggiunge come una carezza sulla pelle.

«Stai tranquillo, Bob. A Ophelia ci pensiamo noi. Tu devi rimanere qui con Cloe».

Un ringraziamento strozzato si libra dalle mie labbra, un'espressione silenziosa della mia gratitudine per il loro sostegno in un momento così difficile. Li guardo mentre si allontanano, le loro figure che si dissolvono nel corridoio dell'ospedale, lasciandomi solo con i miei pensieri tumultuosi e il battito incessante del cuore.

Entro con passo felpato nella stanza ospedaliera, dove la luce fioca delle lampade lotta contro le ombre della notte. Il respiro di Cloe, sommesso e regolare, riempie lo spazio con un senso di calma e di speranza. Le sue lineamenti sono sereni nel sonno, ma i segni della battaglia sono evidenti sul suo volto pallido e stanco.

L'infermiera, con il suo sorriso gentile, si avvicina a me, il suo sguardo compassionevole trasmette una sorta di conforto nel momento di angoscia.

«Signor Blackwood, posso chiederle di restare per la notte?»

Mi chiede con voce morbida, come se sapesse già la mia risposta.

Guardo Cloe, fragile e indifesa nel sonno, e il mio cuore si stringe di compassione. Annuisco con un gesto impercettibile, incapace di pronunciare una parola di fronte alla mia preoccupazione per lei. La sua mano, fredda ma fiduciosa, trova la mia mentre l'infermiera si allontana, lasciandomi solo con i miei pensieri tumultuosi e il battito incessante del cuore.

Mi siedo accanto al letto di Cloe, le mie mani stringono le sue con delicatezza, come se volessi proteggerla dal mondo intero. Il silenzio della stanza è interrotto solo dal suono monotono delle macchine mediche, un accompagnamento costante al mio vigilare. Guardo il suo volto tranquillo, sperando che il sonno le porti la pace che il giorno le ha negato.

Le luci dell'ospedale creano una luce soffusa che danza sul suo volto pallido, mentre l'odore pungente degli antisettici satura l'aria intorno a noi.

Quando finalmente la flebo di antibiotico termina, chiamo l'infermiera con un cenno della mano, osservando con attenzione ogni suo movimento mentre sostituisce il sacchetto vuoto con uno nuovo. Cloe dorme tranquilla, ignara del mondo intorno a lei, e la sola vista del suo respiro regolare mi rassicura in qualche modo.

Ma il sonno non tarda ad arrivare nemmeno per me. Sento la stanchezza pesare sulle mie palpebre, come se il peso di tutte le preoccupazioni e le paure degli ultimi giorni si riversasse su di me con un'unica forza travolgente. Chiudo gli occhi per un attimo, cercando un momento di pace in mezzo alla tempesta.

Tuttavia, sono svegliato da un sussurro appena udibile. I miei occhi si spalancano di colpo e mi trovo a guardare Cloe, i suoi occhi socchiusi che si sforzano di affrontare il buio della notte. Un sorriso spontaneo si diffonde sul mio volto, rassicurato dalla sua presenza accanto a me.

«Cloe».

Sussurro con voce sommessa, accostandomi leggermente al suo letto.

«Come stai?»

La sua voce è un sussurro flebile, ma riesco a cogliere ogni parola con chiarezza.

«Dov'è Ophelia?»

Chiede con un'espressione preoccupata.

Le mie dita stringono leggermente le sue, offrendole un concordo silenzioso.

«È a casa con i nostri amici».

Rispondo dolcemente, cercando di tranquillizzarla.

«Sta bene, Cloe. Ora devi solo riposare».  

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