Capitolo 1

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Lo vedo contorcersi nel letto, ogni colpo di tosse gli squassa il petto. Perde sangue dalla bocca e dal naso. Ha l'aspetto di un uomo che sta per morire e tutti gli occupanti della lunga fila di letti della camerata sono nelle sue stesse condizioni o peggio.

- Yambuku, 12 novembre 1976. Primo rapporto: la malattia è caratterizzata da una febbre alta a circa 39 °C, ematemesi, diarrea con sangue, dolore retrosternale e addominale, prostrazione con "pesantezza" nelle articolazioni e rapida evoluzione in morte dopo una media di tre giorni... –

Mi guardo attorno terrorizzata, incapace di capire dove mi trovo.

- Mi sta ascoltando? Sta scrivendo quello che le ho detto? –

Guardo attonita la persona che mi sta parlando. Un medico presumo. Veste abiti protettivi. Sulla targhetta in ottone appesa al camice c'è scritto Dott. Ngoy Mushola.

- Signorina si sente bene? –

All'improvviso un attacco di tosse mi devasta lo sterno, sento i bronchi in fiamme e respirare è come cercare di far passare del filo spinato per la gola. Mi porto la mano alla bocca e quando la guardo, il guanto verde è macchiato di sangue, il mio sangue.

Johanna si svegliò di colpo, tirandosi subito a sedere sul letto. Era madida di sudore e il cuore le martellava nel petto come la turbina di un flyer. In quel momento sentì il cicalino della porta della sua camera.

- Avanti –

Wladimir Tawara, il suo attendente di campo, entrò con la colazione.

- Jo tutto bene? –

Johanna girò la testa in direzione del compagno d'armi con uno sguardo inebetito, ancora persa in quello strano limbo tra sogno e veglia.

- Sì, sì... solo un brutto sogno –

- Un altro? –

- Cosa vuoi che ti dica, sarà il campo magnetico di questo merdoso pianeta... non starmi addosso anche tu! –

- Scusa, lo sai che mi preoccupo per te capo! –

- So badare a me stessa Wlad... piuttosto ci sono novità dai droni? Lo avete trovato? –

- Nossignora. C'è troppa interferenza elettromagnetica e le comunicazioni sono quasi impossibili. Solo stamattina ne abbiamo persi tre. Temo che dovremo fare alla vecchia maniera –

- Merda! Proprio quello che ci voleva, cercare un cazzo di fuggitivo casa per casa nel bel mezzo di una pandemia planetaria! –

- Sì e la situazione peggiora di giorno in giorno. Tutti i media non fanno che vomitare cifre e statistiche del contagio e delle vittime. Neanche in guerra ho visto una simile ecatombe! –

- Le Talos ci proteggeranno no? –

- Dovrebbero... -

- Cosa vuol dire "dovrebbero"? –

- L'armatura tattica Talos KJ 605 è una tuta integrale, dotata di filtri ambientali e riciclo dei fluidi organici. In teoria ti isola completamente dal mondo esterno. Tuttavia, in battaglia potrebbe danneggiarsi o peggio lacerarsi. Inoltre, va manutenuta e quando la togli per farlo... si beh... non sei protetto –

- Chiama Kurtz, voglio saperne di più del virus...-

- Ok capo, lo chiamo subito –

Johanna si alzò dal letto, si avvicinò al grande monitor che occupava gran parte di un lato della sua cabina.

- Esterno –

Il computer della nave proiettò sullo schermo la visuale delle telecamere esterne. Il pianeta Awasis sembrava un paradiso visto dall'orbita nella quale stazionavano e non l'inferno che era divenuto dallo scoppio dell'epidemia. Grazie al sistema di occultamento della Zuikaku, la loro nave spaziale, erano riusciti a eludere il blocco navale. Era ironico che loro si fossero infiltrati tra gli incrociatori e corvette della Federazione, quando molti sul pianeta avevano provato in ogni modo ad abbandonarlo. Forse qualcuno c'era riuscito, magari i più abbienti, versando una generosa bustarella a qualche ufficiale corrotto, ma questa volta sembrava che la Federazione facesse sul serio, il contagio non doveva propagarsi agli altri pianeti e avamposti. Chi provava a forzare il blocco veniva rapidamente abbattuto.

- Computer tra quanto tempo il sole calerà nel punto di discesa? –

- La stella Luyten tramonterà su Cree City fra sette ore, trentasette minuti e sei secondi -

Awasis, ufficialmente conosciuto come Gliese 273 b, o Luyten b, era un pianeta extrasolare in orbita attorno alla stella Luyten (Gliese 273), una nana rossa distante quasi tredici anni luce dal sistema solare terrestre. Era stato scoperto nel 2017 e colonizzato nel 2345.

Le sue elucubrazioni furono interrotte dall'arrivo di Deimos Kurtz, medico della sua compagnia - Mi volevi Johanna? –

-Sì, ho bisogno di un rapporto sulla malattia là sotto –

- Purtroppo, poso dirti solo quello che ho appreso dai media e dalla rete informatica. È un virus tremendo, ha una velocità di contagio mai vista, si è propagato soprattutto nelle aree più popolose, quelle dove sono concentrate le attività produttive... stanno morendo come mosche –

- I droni non stanno dando risultati, dovremo andare giù di persona a cercarlo –

- Non è una buona idea –

- Lo so, ma non abbiamo alternativa... le Talos ci proteggeranno –

- Il virus sembra propagarsi soprattutto per contatto, ma non escludo la via aerea. Anche ammettendo di essere fortunati e di trovarlo in breve tempo, non potremo stare con addosso le tute sigillate ventiquattro ore su ventiquattro –

- Cercheremo di fare in fretta... -

- Johanna, basta che solo uno dei nostri s'infetti e saranno guai –

- Lo so... per questo voglio che tu allestisca una camera di quarantena –

- Siamo troppi per una cosa del genere -

- Cinque persone, me compresa –

- Non vorrai scendere sul pianeta –

- Kurtz abbiamo già fatto questo discorso. Non sono diventata capitano standomene al sicuro nelle retrovie, se i miei uomini rischiano, rischio anche io, fine della discussione! –

Il medico della compagnia scosse la testa. Sapeva che era inutile insistere e in fondo la giovane donna aveva ragione. Johanna Blackflags a soli ventisette anni si era già fatta una fama invidiabile. La compagnia di ventura che portava il suo nome e che comandava da oltre cinque anni era una delle più temute in tutti i sistemi stellari colonizzati.

- Vuoi che venga anche io? –

- No, tu mi servi quassù, per i controlli quando rientreremo. Ci terremo in contatto e ti aggiornerò sulla situazione –

- Wlad mi ha detto che hai avuto ancora incubi... -

- Wlad dovrebbe imparare e tenere la bocca chiusa! –

- Non essere dura con lui, sai che ci tiene a te... hai sognato ancora di guerra e trincee? Come si chiamava quella città che hai visto? Best? –

- "Brest". No, niente soldati, ma sempre ospedali e malattie, ma non quella che chiamavano "Spagnola" come nel primo sogno... un'altra, ancora più spaventosa... –

- Forse la situazione laggiù sul pianeta ti ha un po' suggestionato –

- Stai dicendo che ho paura? –

Kurtz sorrise e scosse la testa.

- Non mi permetterei mai, ma il nostro inconscio è strano -

- Sei diventato anche psicologo adesso? –

- Beh, la cura dello stress post traumatico della truppa è tra le mie competenze -

- Allora limitati a quello. Tieni monitorate le info sul virus, dovesse rendersi necessaria qualche modifica alle Talos. Puoi andare –

Kurtz non aggiunse altro. Aveva imparato a capire quando non era il caso di contraddire Johanna. Prese congedo e andò ad allestire quanto gli era stato richiesto.

Johanna si spogliò, passando davanti allo specchio della sua cabina rimirò il suo corpo. Non era quello che si poteva definire un esempio di bellezza femminile. Era bassa e tozza. Seppur formoso, il suo fisico muscoloso assomigliava più a quello di una lottatrice che a quello di una delle modelle delle olo-pubblicità. Le varie cicatrici che solcavano gli arti e la schiena, ricordo di tanti scontri, non aiutavano. I capelli neri portati corti e mal tagliati incorniciavano un viso grande e un affilato naso adunco. Solo gli occhi erano degni di nota, brillavano di una luce propria, sempre vigili, guizzanti e acuti. Scacciò quei futili pensieri sulla sua silhouette e s'infilò in doccia.

Poco prima di pranzo, nell'hangar di carico della nave, Johanna radunò tutto l'equipaggio, l'intera compagnia. La condottiera vestiva la divisa di ordinanza, totalmente nera con ricami araldici bianchi e violetti sui polsi e le spalle.

- Ok, statemi bene a sentire: questa sarà una missione di recupero... di un solo uomo -

Un confuso brusio si levò fra gli uomini della truppa.

- Lo so, lo so, è anomalo per i nostri standard. Noi ci occupiamo di guerra, di spionaggio, al limite di soccorso di unità militari in difficoltà. Tuttavia, il committente ci pagherà quarantamila stello-dollari a missione compiuta –

Fischi e motti di approvazione echeggiarono nel locale. La cifra era considerevole in relazione all'incarico.

- Non dobbiamo comunque sottovalutare le difficoltà che la missione presenta. Come certamente saprete, Awasis è alle prese con una devastante pandemia. Oltre al virus, sul pianeta stanno scoppiando rivolte e tafferugli ovunque. Se ciò non bastasse, le radiazioni provenienti da Luyten rendono difficili le comunicazioni da e per il pianeta –

- Che problema c'è Jo, scendiamo, rompiamo il culo a qualcuno, recuperiamo il tizio e ce ne torniamo a casa! –

A parlare era stato Aaron Goncalves, uno dei membri più giovani ed esuberanti della compagnia. Alcuni soldati risero e si diedero di gomito, concordando con la visione del ragazzo. I veterani scossero la testa divertiti d'innanzi a quella spacconata.

- Calma i bollenti spiriti ragazzo, laggiù non se la passano per niente bene, c'è la legge marziale e trovare il nostro uomo sarà come cercare un dannato microchip in una matrice coassiale – rispose lei.

Fra la folla avanzò Duncan Zoran, uno dei soldati più grossi, veterano di oltre cento missioni - Chi è il pezzo grosso Jo? –

- Marc Aurelius Shemar -

- Shemar? Per caso c'entra con... –

- Il figlio, è il figlio di Tiberius Girma Shemar... CEO e padrone indiscusso della Interplanetary Vision Inc. –

Aaron tornò alla carica con la sua solita sfacciataggine - Che cosa ci fa il figlio di papà sul pianeta lebbroso? Si è perso per caso? –

- No, Goncalves, sembra che il signorino stia giocando al rivoluzionario per far dispetto al paparino – gli rispose.

Tutti scoppiarono a ridere, tanto che Johanna dovette richiamare all'ordine i suoi soldati con gesti delle braccia - Attualmente non sappiamo dove si nasconda il figliol prodigo; quindi, formerò una squadra che guiderò personalmente giù sul pianeta. Mi servono quattro volontari –

Quasi tutti i soldati, incuranti del pericolo del contagio, alzarono la mano e si proposero. Il più esuberante fu ancora il giovane Aaron che si precipitò davanti al suo superiore, sbracciandosi come un ossesso perché fosse scelto - Capo! Capo! Scegli me! Scegli me! –

Johanna sorrise al giovane. Era un tipo buffo, appena più che ventenne, portava i capelli rossi rasati sui lati e ricci e ribelli in cima al capo. Gli occhi azzurri erano vivaci e brillavano di una luce quasi folle. La misera e sdrucita canottiera che indossava era sporca di grasso e sudore, segno che era di turno alla manutenzione dei veicoli d'assalto. Nel complesso non si poteva dire che fosse un bell'uomo, ma non passava certamente inosservato. Gli scompigliò la zazzera pel di carota e gli sorrise - Va bene Goncalves sei dentro... Tawara, Zoran e... Welde –

Fatimah Welde, una delle più disciplinate guerriere della compagnia, scattò sull'attenti. La sua uniforme era perfetta, neanche una piega. I capelli, una cascata di piccole trecce tinte di rosso vermiglio, erano legati in una comoda acconciatura. La pelle color bronzo risplendeva sotto i fari dell'hangar.

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