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30 ottobre 2000

Lunedì dopo scuola andai da Irma's con la speranza che nessuno commentasse l'improvvisata di Enea. Per mia fortuna, Keira era tornata e così l'attenzione e le prove si concentrarono di nuovo su di lei.

Passai tutto il tempo possibile in disparte, sentendomi sempre più infelice. Parlai poco con le mie amiche che avevano capito il mio umore e mi lasciarono perdere.

Mi odiavo, mi facevo schifo dentro e fuori e mi sentivo impotente. Quella era la mia realtà e non sarebbe cambiata. Iniziai a prendermela silenziosamente con Marzio perché aveva contattato proprio Damien, magari se non lo avesse fatto sarebbe rimasto tutto come prima. E cioè uno schifo comunque perché i miei problemi con Enea erano precedenti a questo. Sì, però non avrei dovuto prendere coscienza del fatto che un uomo come Damien non mi avrebbe mai considerata. Sarebbe rimasto il mio idolo al quale attaccarmi nei periodi più tristi. Ora non avevo neanche più quello, ora ero sola veramente.

Qualcuno mi tolse l'auricolare dall'orecchio, rischiando di rimanere incenerito dal mio sguardo.

«Ho paura ti faccia male tenere questi con la musica così alta.»

Guardai Damien con aria assente, dopo qualche secondo feci spallucce e ripresi il filo per rimettere l'auricolare al suo posto.

«Non ti ho mai sentito cantare in italiano. È bello.»

L'italiano è una lingua di merda, come me.

Ma non lo dissi e in realtà non lo pensavo. Della lingua. Feci spallucce di nuovo e infilandomi l'auricolare alzai il volume, tornando a guardare fuori dalla finestra.

Erano bastate tre settimane della sua presenza per distruggere il mio mondo.


Quella settimana la passai evitandolo. In realtà evitavo tutti, sembravo un fantasma nel castello, mi aggiravo da una stanza all'altra cercando di ignorare gli altri ed essere ignorata, e ormai nessuno faceva tanto caso a me. Quando era ora di cantare, cantavo, ma Marzio non mi fece provare nulla da solista né con Damien, solo cori. Aveva pensato bene di lasciarmi perdere, consapevole che non avrebbe ottenuto nulla da me in quello stato.

Ogni tanto, sentendomi osservata, sorprendevo Damien a fissarmi ma voltavo la testa altrove, se pur qualche volta mi era parso di vedere che cercasse di sorridermi. Brutta, stupida e pure maleducata.

Dovevo fargli compassione, forse non era stato mai a contatto per così tanto tempo con una fan da prendersi pena per lei. Forse le sue fan non erano penose come me. Forse non ero in grado neanche di essere una fan. Come una fidanzata, un'amica, una figlia, una cantante, una studentessa. Non ero in grado di essere niente, non ero brava in niente. Non ero niente.


«Come sei triste in questi giorni.»

Alzai lo sguardo per un attimo, impegnato a fissare il tavolo di plastica bianco della cucina, sul quale avevo accavallato le gambe, mentre sedevo su una sedia. Ero lì che mi facevo cullare dal nulla cosmico.

Si appoggiò al lungo e leggero tavolo di bassa qualità che si spostò facendo rumore. Perché si doveva mettere proprio lì? Che fastidio quello stridio! Rimasi nel mio mutismo selettivo.

«Una bella ragazza come te dovrebbe essere sorridente. Lo sai che il sorriso seduce?»

Ritornai a guardarlo, con un'eloquente espressione di chi vuole che l'altro taccia.

«Vuoi che ti faccia tornare il buonumore?»

Dentro di me esplosi in una risata ironica ma al di fuori la mia espressione non cambiò. Cominciò ad avvicinarsi, le mie gambe erano già pronte per farmi scattare in piedi. Ma aspettai, non volevo fargli vedere che mi stava intimorendo.

«Conosco diversi modi per darti piacere.»

Ancora non muoverti, pensai. Se voleva fare il simpatico gli stava riuscendo male ma non avrei alzato un polverone per questo.

«Che ne dici?» Ancora un passo avanti mentre le sue dita sul tavolo simulavano una camminata verso me.

«Ginevraaa», mi chiamavano dalla sala canto.

Continuando a fissarlo, misi giù lentamente le gambe e mi alzai in piedi, gli passai accanto per andare verso la porta e lui si sporse, in modo che i nostri corpi si strusciassero per il tempo che ci volle a oltrepassarlo. Non feci una piega. Uscii dalla cucina e trovai Damien all'ingresso che stava venendo verso di me.

«Ti stavamo chiamando ma avevo paura non riuscissi a sentire.»

Non risposi, non cambiai espressione, non gli dissi che Nicholas si trovava in cucina.


2 novembre 2000

Il primo sorriso lo feci il giovedì quando, durante una specie di riunione, Dari comunicò che Mathias lo aveva informato di non aver trovato nessuno che potesse fare una performance con una coreografia vera e propria. Io in quel momento ero in fondo alla sala dove ci allenavamo, appoggiata alla parete. Quando Dari era entrato, quasi al termine della lezione, anticipando che doveva dirci una cosa importante, mi era presa una morsa allo stomaco. Ma finito l'annuncio alzai gli occhi su Mathias che mi stava guardando e lo fissai per qualche secondo. Aveva mantenuto la parola! Non potevo crederci, almeno una cosa positiva in quel fottutissimo periodo! Provai subito un sollievo immenso e abbassai lo sguardo iniziando ad analizzarmi le unghie. Mi uscì spontaneamente un sorriso che sapeva di vittoria, ma era anche intriso di un forte apprezzamento verso Mathias. Non me lo aspettavo, forse non era poi così male, avrei dovuto rivalutarlo.

Milena e Gisella rimasero fortemente deluse e provarono a protestare ma furono messe a tacere in fretta. Marta, mi chiese come mai non avesse scelto me. Feci spallucce, evitando di commentare ma soprattutto di raccontare.

Milena allora chiese di poter fare una richiesta speciale. Avrebbe voluto mettere, a sue spese, delle telecamere sparse per le varie sale per un progetto che doveva fare per l'università. Solo immagini, nessun audio. Voleva riprendere quello che facevamo sia durante le prove che nelle pause e poi avrebbe montato tutto con della musica, creando una specie di video. Le telecamere dovevano essere nascoste in modo che nessuno si sentisse sotto osservazione e che fossimo tutti il più naturali possibili - tranne lei, ovviamente, ma naturale non lo era comunque - e avrebbe avuto bisogno dell'aiuto di suo cugino che le faceva da assistente, anche perché avrebbero cambiato spesso la posizione delle telecamere.

Aspetta che ti dice di sì, pensai subito.

Dari ci pensò per una frazione di secondo: «».

Non potevo crederci.

«Per me sì,» riprese, «devi solo avere il consenso di tutte le persone che frequentano questo posto, Keira e Damien in primis.»

Il mondo si stava rivoltando. Ero sicurissima che le avrebbe risposto con un categorico "No", non capivo proprio perché non lo disturbasse, visto che si straniva per tutto. Non volendo espormi in prima persona, sperai nel diniego di Keira o Damien, avendo un'immagine da difendere, anche se pensandoci bene non mi sembravano persone che avrebbero messo i bastoni tra le ruote a una ragazza come Milena.

Fummo congedate e corsi a farmi una doccia.


Uscii per prima dagli spogliatoi e non feci caso a Mathias che mi stava aspettando fuori. Mi sentii prendere per un braccio, purtroppo quello che avevo usato per sfogarmi, e trasalii.

«Scusami, non pensavo di averti stretto troppo forte!»

«No, è... niente.»

«Che hai fatto? Ti sei fatta male mentre ti allenavi?» si preoccupò.

«No, no.»

«Fammi vedere», allungò una mano.

«No», misi involontariamente il braccio dietro la schiena.

Alzò un sopracciglio.

«Non è niente, davvero», sorrisi imbarazzata.

Esitò per un attimo, incerto se insistere o lasciarmi in pace.

«Volevo solo dirti che non è stato facile per me fare quello che ho fatto.»

Me ne resi conto solamente allora, lui stava lavorando ed era venuto meno ai suoi compiti. Abbassai per un attimo la testa, poi lo guardai negli occhi: «Grazie».

Avrei voluto aggiungere mille cose, che solo in quel momento avevo capito la sua serietà, che lo rispettavo nonostante avessi fatto la stupida per la maggior parte del tempo, che pochi si sarebbero comportati come lui. Ma non aggiunsi altro, perché sarebbe sembrato superfluo.

Ci scambiammo un lungo sguardo pieno di significato e poi lui disse di dover andare via, lasciandomi lì, ancora col braccio sinistro nascosto dietro la schiena. 

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