21.

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Era sfuggente.

Non riusciva mai a capire quale direzione stava per prendere, il più delle volte con le sue risposte lo lasciava basito e lo costringeva a chiedersi come avvicinarla.

Lei conduceva il gioco, con la sua aria innocente e la sensualità che cercava invano di nascondere, così evidente nel suo modo di camminare, nelle pose strane in cui sedeva, nei suo sguardi. La sua irrequietezza lo attraeva, il controllo assoluto che aveva del corpo e il modo in cui si lasciava andare quando era distratta lo intrigavano. Sembrava non riuscisse a esercitare nessun potere su di lei, come se qualsiasi cosa facesse non avesse mai l'effetto desiderato, ma uno a caso, imprevedibile. Un attimo intimorita, quello dopo sfrontata, accattivante. Non lo avvicinava mai, era lui a inseguirla.

Gli stava facendo perdere la testa, non gli era mai capitato di dover rincorrere così qualcuna. Ma non era questo a renderla attraente, non era la smania di conquistarla, era proprio lei a catalizzarlo, ne sarebbe rimasto affascinato anche se gli si fosse buttata tra le braccia il primo giorno.

E ora che la seguiva lungo il corridoio si sentiva vulnerabile, la sua sicurezza era sparita, come se dopo anni di lavoro stesse iniziando di nuovo da zero. Ma era quello che voleva, no?

Gli tenne la porta aperta per farlo passare per primo, il suo sguardo fermo non permetteva obiezioni. Damien provò a lottare e tenne anche lui la porta accostandosi a lei, lasciandole poco margine di movimento. Dopo essersi guardati negli occhi per qualche secondo, cedette, mormorò un «Grazie» ed entrò nella sala prove.

«Eccoli qua! Avete finito il tempo a vostra disposizione. Com'è andata?» Marzio stava cercando uno spartito tra un mucchio di carte.

«Come poteva andare? Splendidamente!» Ginevra aveva l'aria sicura e spavalda.

Marzio tirò su la testa e la guardò. Forse cercava di capire se fosse ironica o meno.

«Avevi dubbi?» incalzò lei.

«No...»

«Ok, allora ve la fa sentire, se avete finito col resto.»

«Beh, stavo cercando... ma va bene!».

Damien pensò che forse aveva ragione lei, forse Marzio li aveva rinchiusi per una settimana per dargli tempo e spazio per conoscersi. Non avrebbe saputo dire se ora si conoscessero meglio, di sicuro ne era ancora più attratto e se questo facesse bene allo show o no lo avrebbero capito col tempo. Il pensiero che ci fosse un fine diverso dal reale non gli era piaciuto molto, appena lei glielo aveva sbattuto in faccia ne era rimasto infastidito, quasi fosse stato raggirato. Ma subito dopo era stato grato a Marzio per aver fatto quella scelta, con ogni probabilità era l'unico modo per farle abbassare la guardia.

Si rese conto di sentire il bisogno che gli rimanesse accanto mentre cantava. Non gli serviva il suo aiuto per le parole o la pronuncia, ne aveva necessità per essere ispirato e vivere le sensazioni provate con la sua vicinanza. Quella canzone ormai apparteneva a loro, non era da offrire agli altri. Stava per dire qualcosa, qualsiasi cosa gli venisse in mente per rimandare quel momento ma tra i tanti, vide dei bellissimi occhi verdi che lo guardavano socchiusi, un mezzo sorriso su un viso lontano più di tutti gli altri, in disparte, come sempre. Desiderava che cantasse e lo avrebbe fatto per lei.

La band iniziò a suonare e Damien lì seguì. Tenne gli occhi chiusi per rievocare i ricordi dei giorni appena passati: i rifiuti, le posizioni strambe, le prese in giro, la sua concentrazione, il modo in cui si mordicchiava il polso senza rendersene conto, le sue risate. Aveva passato ognuno di quei giorni nel timore che finisse e nella speranza che arrivasse presto il successivo. Ora cosa sarebbe successo? Sarebbero tornati al punto di partenza o avrebbero continuato ad avvicinarsi sempre più? Aveva paura che continuasse a sfuggirgli ora che non si trovavano più in una stanza di pochi metri quadri.

Terminò la canzone aprendo gli occhi sulle ultime note. In sottofondo sentì i fischi e gli applausi esagerati delle ragazze, ma la sua attenzione era sul viso soddisfatto di Ginevra che cercava di trattenere un sorriso trionfante mordendosi le labbra carnose. Poi non la vide più.

«Ah, ma allora avete cantato veramente lì dentro!» se ne uscì Steve.

«Devo riconoscere che in così breve tempo non avrei mai pensato che potessi raggiungere questi risultati», Marzio sgranò gli occhi.

«Ho avuto un'eccellente insegnante.»

«Credo proprio di sì.»

«Severa e pignola», udì la sua voce alle sue spalle.

Si voltò trovandola con una meravigliosa faccia da schiaffi, avrebbe voluto baciarla.

«Allora, la prossima settimana si ritorna con i soliti orari e le lezioni con Mathias che avevamo sospeso. Dobbiamo provare alcune canzoni con voi due», Marzio indicò Damien e Ginevra, «e poi bisogna iniziare anche con le tue da solista», col dito formava tanti piccoli cerchietti davanti alla fronte di Ginevra, che alzò gli occhi al cielo.


«Sei distratto.»

«Uh? Beh, sì. Forse un accumulo di stanchezza.»

Lo guardò come se le stesse mentendo spudoratamente. Lo conosceva da troppo tempo per non accorgersi del mutare dei suoi stati d'animo, era inutile raccontarle bugie.

«Molto carina.»

«Cosa?»

«"Chi?", semmai.»

Sorrise guardando il piatto che aveva tra i gomiti appoggiati sul tavolo. Avrebbe giurato di averlo finito, tuttavia era ancora mezzo pieno. Scosse la testa, per farne uscire i pensieri, per fare uscire lei.

Keira lo stava ancora fissando ma appena sollevò lo sguardo su di lei, riprese a mangiare i suoi rigatoni all'amatriciana.

«Non so cosa dire.»

«Non devi dire nulla, se non vuoi.»

Damien riprese a scuotere la testa per cercare di fare chiarezza.

«Senti, vedi come va. Non c'è bisogno che tu decida niente ora, segui la corrente», inforcò un altro rigatone.

Chissà se lo avrebbe portato dolcemente in un lago placido o giù per una cascata.


13 novembre 2000

Ritornare in mezzo a tutte quelle persone gli diede l'impressione di stare su un set cinematografico. Mathias, Dari, il tizio delle telecamere che continuava a provarci con Ginevra, troppe persone, troppi rumori. Forse stava invecchiando.

Finalmente fu l'ora di iniziare a cantare e Marzio gli propose di provare "I'll make love to you" insieme a Ginevra, seguiti dal coro.

Lei gli era stata lontana tutto il tempo, a parte un rapido saluto non aveva avuto modo di parlarci. Quel tizio dai capelli lunghi le stava attaccato da quando era entrata. Sembrava che dicesse una serie di battute stupide, lei non ne era infastidita, a volte rideva, a volte rispondeva a sua volta con delle battute, visto che rideva lui. Damien non capiva cosa si dicessero perché parlavano in italiano. Di certo non sembrava timida con lui.

«Damien, ci sei?»

«Sì, sì.» Quand'è che avevano preso tutti posto?

Ginevra non era accanto a lui ma dietro, col coro, eppure dovevano cantare insieme. Forse si era perso qualcosa.

Iniziò con le prime strofe e poi sentì la sua voce raggiungerlo, stare lì intorno alla sua, come una lingua che si aggrovigliava all'altra per poi tornare a confondersi col coro. Andava e veniva, un'andatura erotica che portava all'orgasmo a prescindere dal fatto che nella canzone si parlasse di fare l'amore.

Finita.

Possibile che stesse facendo proprio quei pensieri? Era quasi preoccupante.

«Chiedo scusa, se posso permettermi, avrei una cosa da dire», si fece avanti Dari. Il suo modo finto cortese nascondeva un'arroganza fastidiosa. Continuò solo quando ebbe ottenuto un silenzio clericale. «Non credo che questa canzone sia adatta.»

«Cioè?» Steve si grattò la fronte col plettro.

«Cioè non mi sembra il caso di far cantare una canzone in cui si parla d'amore fisico, per quanto dolce e tutto quello che volete, a lei», indicò con la testa Ginevra. «Ha solo diciassette anni.»

«Diciassette?» Damien fu incapace suo malgrado di controllare il tono alto, poi si voltò verso di lei confuso: «Diciassette?»

Ginevra lo guardò con due occhioni enormi che si socchiusero in fretta, forse a nascondere la ferita che, si rese conto, le stavano procurando.

«Capirete che lei diciassette, lui trentuno... il pubblico per quanto possa essere di ampie vedute... è inopportuno.»

Sabina e Marta obiettarono subito accusandolo di avere una mente retrograda, Dari le liquidò presto. Vania prese in giro Ginevra accostandola ad una cantante bambina che in passato aveva cantato canzoni d'amore accompagnata dal padre musicista e lei prese a intonare una melodia che finì per turbare ancora di più Damien, non riuscendo a capire se fosse giusto provare quelle sensazioni che gli suscitava.

Dari e Marzio continuarono a discutere se fosse il caso di provare quella canzone o meno. Anche le altre che cantavano insieme riguardavano storie d'amore tra due persone, il problema restava.

Le ragazze parlavano ad alta voce in italiano e Damien non riusciva a pensare.

Poi la sentì di nuovo cantare una canzone, riconobbe "Promise me", seguita subito dalle altre e infine accompagnate da Steve che strimpellò la melodia. Risate, continue chiacchiere, Marzio che si girò serio verso Ginevra: «Ricordami di riprovarla questa» e infine Dari che le chiese: «Quando compi diciotto anni?».

E lei, che era stata presa da un'ilarità dovuta forse più dal nervoso che da un vero divertimento, mise su la sua aria di sfida: «Quando c'è lo spettacolo?».

«Te lo sto chiedendo per sapere se sarai maggiorenne, quando si farà lo spettacolo», ostentò una finta calma Dari.

«Te lo sto chiedendo per sapere se quando lo spettacolo si farà, sarò maggiorenne», lei non batté ciglio.

Lui cercò di tenerle testa allungando il silenzio, poi sospirò: «Primi di maggio».

Lei gli fece l'occhiolino e nel modo più ammiccante possibile: «Per quella data posso cantare tutto quello che vuoi», facendo attraversare il suo corpo da movimenti sinuosi.

«Ma potrebbe essere prima, non sono sicuro», si affrettò lui turbato dal tipo di risposta.

«In caso verrò accompagnata da un adulto e con l'autorizzazione», finì lei voltandosi verso le amiche che ridacchiavano.


«Diciassette?» ripeté guardandolo. «Possibile che questa informazione non mi sia arrivata?» la sua espressione rilassata lo stava facendo innervosire. Forse avrebbe dovuto chiamare il suo capo invece di perdere tempo con Nicholas. Non gli andava però di dare troppe spiegazioni, Doug avrebbe voluto sapere perché si stava scaldando tanto.

«Beh, forse non ci è stato comunicato...»

«Forse? Mi è stato detto che il gruppo era formato da ragazze maggiori di venti anni!»

«Sì ma lei è l'unica a essere minorenne, le altre sono tutte più grandi. Insomma Damien, non è un dramma. Volendo non credo avrai problemi neanche per... sai... mi sembra che qui siano di più ampie vedute rispetto a noi, dubito che si faccia il problema se tu volessi...»

«Volessi cosa?» ringhiò.

«Mi hai capito, dai. Diciassette o venti che differenza fa? Se la vuoi ce l'hai ai tuoi piedi. Posso tastare il terreno per te, se preferisci non sbilanciarti troppo.»

Non voleva credere a quello che stava ascoltando.

«Ma come cazzo ti permetti di parlare così?» gli puntò un dito contro.

«Ehi, non ti infuocare! Non sto nella tua testa. Era solo per dirti che io sono qua per te, qualsiasi problema lo aggiusto.»

«Non ho problemi,» respirò per calmarsi, «solo che visto che sei qui per me pretendo di avere informazioni corrette, quale sia il motivo non è affar tuo.»

«Certo, certo. Ma visto che tutti i giorni va a scuola, immaginavo lo avessi capito», abbozzò un sorriso incredulo mentre faceva due passi indietro.

«Pensavo andasse all'università.»

«Ah e in una settimana rinchiusi dentro una stanza non avete mai parlato di niente? Solo cantato?»

«Forse è meglio che tu vada», lo guardò dritto negli occhi. Stava per spaccargli la faccia. Proprio quello stronzo doveva mandargli Doug?

Non poteva dare in escandescenza, lo avrebbero sentito pur essendosi spostati a parlare nel piccolo studio accanto alla sala prove e non voleva che pensassero che fosse rimasto sconvolto dalla cosa. In fondo lei avrebbe compiuto diciotto anni prima del concerto e... ma a chi la voleva raccontare? Diciassette o diciotto non cambiava nulla. Non era questione se lei fosse o meno minorenne mentre cantava con lui canzoni d'amore e come l'avesse presa il pubblico, il fatto è che aveva quattordici anni in meno. Praticamente la metà. Anche se ne avesse avuto qualcuno in più la differenza sarebbe stata tanta comunque, solo ora se ne rendevo conto. E per quanto se la volesse prendere con gli altri sapeva che la colpa era sua, avrebbe dovuto chiedere di più, informarsi. Dal momento in cui l'aveva vista su quei video che gli avevano mandato ne era rimasto attratto, sarebbe stato diverso se avesse saputo subito la sua esatta età? Avrebbe accettato di fare quel concerto? Inizialmente era stato convinto dal progetto, ma poi aveva preso una piega diversa. Dio, si stava facendo prendere da una ragazza così giovane... sarebbe riuscito a frenarsi? Avrebbe dovuto?


Boyz II Men, "I'll Make Love To You", II. Motown, 1994.


Beverley Craven, "Promise Me", Beverley Craven. Epic Records, 1990.

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