47.

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Quando terminò di bere il latte, intuendo che non sarei andata oltre quel biscotto, mi fece fare un giro per il salone doppio. Dei quadri suggestivi catturarono subito la mia attenzione: raffiguravano delle fotografie di paesaggi in bianco e nero: alte scogliere col mare in burrasca, foreste riprese dall'alto, semplici rocce. Erano potenti, vibranti, mi lasciarono una strana sensazione addosso, un misto tra forza e sgomento. Il salone aveva una particolare forma a L nella parte più nascosta notai diverse tele coperte.

«Dipingi?» strabuzzai gli occhi.

«Sì... oddio, ho iniziato ora. Mia madre è una pittrice, da ragazzo mi ha insegnato qualcosa. Ora che ho parecchio tempo libero ho pensato di dedicarmici. Vuoi vederli?»

«No», avevo paura di scoprire qualcosa di lui che non volevo sapere. Del tipo che disegnava dei nudi o il viso di qualche donna che amava o della natura morta. La natura morta non mi piaceva.

«Grazie! Noto che riponi molta fiducia nelle mie doti artistiche!»

«Cioè, non devi farmele vedere per forza. Se sono coperte, un motivo ci sarà.»

«Le copro altrimenti mi sento troppo osservato», spostò lo sguardo di nuovo sulle tele coperte, come se riuscisse a vedere attraverso le stoffe bianche. Quindi non era la natura morta.

«Le usi come scusa al posto della collezione di farfalle?» La gelosia aveva già preso il sopravvento.

Gli si disegnò un sorriso sulle labbra, aveva capito cosa provavo.

«Non credo funzionerebbe,» scoprì qualche tela, «vedere dipinti gli occhi di qualcun'altra non penso sia molto eccitante.»

Lo dici a me, pensai.

Tutte le tele che aveva scoperto avevano un occhio disegnato sopra, qualcuno il sinistro, qualcuno il destro, mai insieme. Mentre mi avvicinavo notai che all'interno dell'iride, sempre di colore verde e con un bordo marcato blu, c'erano degli oggetti o dei paesaggi disegnati che occupavano anche la pupilla, creando un gioco di colori e chiaroscuri che poteva fare giusto un professionista.

Lo guardai meravigliata.

«Sono stupendi! Sei bravissimo!» mi lasciai dire con entusiasmo.

«Merito della modella.»

«Immagino.» Quella puttana. Sentii di nuovo i muscoli del mio visto tirarsi e rivelare il mostro che avevo dentro.

Dovette accorgersene perché rimediò: «Sono i tuoi».

«», sorrisi sarcastica. Sentivo scendere i canini.

«Non li riconosci?»

Gli lanciai uno sguardo che gli diceva di smetterla, che non ero una stupida, che doveva finirla di prendermi in giro, che stava per fare una brutta fine lui, i quadri e il letto in camera e che non avevo gli occhi così belli.

Provò a convincermi, facendomi notare i particolari della forma dell'occhio, il colore, il contorno dell'iride.

«Ok, sì ci credo,» gli diedi le spalle allontanandomi, «infatti non sono mai disegnati insieme, del resto col mio occhio strabico sarebbero venuti male sulla stessa tela.»

Tornai dalla parte opposta del salone e mi sedetti sul divano. Pensava veramente che fossi così scema da credergli? Avrebbe potuto lasciarli coperti e basta, senza inventarsi nulla.

Ma quando tornò da me, con tutto il suo splendore nonostante fossero le 6.30 di mattina dopo una nottata in piedi, mi rilassai di nuovo accantonando i pensieri che avrei ritrovato con comodo più in là. Ora dovevo godermelo.

Cercò di cambiare argomento facendomi qualche domanda sui miei amici. Aveva buona memoria, mi colpì quel suo essere fisionomista e il fatto che ricordasse molti particolari, eravamo simili in questo.

Mi chiese quale fosse stato il regalo che avevo preferito e risposi senza pensarci due volte.

«Latte e biscotti.»

Accettò con scetticismo la mia risposta, ma gli spiegai che per me era più importante il pensiero che il regalo in sé: mi aveva fatto molto piacere che si fosse ricordato della nostra chiacchierata in auto.

E poi, aggiunsi, avevo adorato l'americanata del cinema solo per noi.

«Io sono l'unica persona che non ti ha fatto gli auguri», sembrò lo avesse appena realizzato.

«Forse sei l'unico che non ho ringraziato», e mi sporsi verso di lui dandogli due baci sulle guance frettolosamente.

Rimase immobile, aspettò che mi rimettessi al mio posto. «Ora tocca a me».

«Non funziona così. Te li ho appena dati. Se te li do per ringraziarti è come se me li avessi dati tu per farmi gli auguri. Un'unica coppia di baci con doppio significato», spiegai come fossero le regole di un gioco.

«Non mi sembra ti sia messa a fare tutti questi discorsi mentre venivi baciata ripetutamente da... non so, quello stronzo di Simone.»

Quasi rimasi a bocca aperta per quell'uscita così marcatamente ostile rispetto al suo solito modo di fare, ma poi feci una risata. Con tono infastidito disse che mi aveva messo le mani ovunque per tutta la serata e si infervorò di più quando mi ricordò il modo in cui mi aveva baciato il collo rischiando di lasciarmi il segno.

«Stava scherzando!»

«Tu metti questa storia dello scherzare a difesa di qualsiasi cosa faccia. Che vuol dire? Lo ha fatto davvero!»

«Ma non importa! Se una persona scherza con me o finge una cosa in maniera palese, dichiarata, io ci sto. Non mi dà fastidio e non ho nessuno accanto a cui possa dar fastidio. Lo so che non lo faceva con l'intenzione di provarci, stava giocando. La conosco la differenza tra una cosa vera e una finta», gli diedi la migliore spiegazione possibile per evitare fraintendimenti.

Ci rifletté un attimo, divenne serio. «Perfetto. Allora permettimi prima di scherzare e poi fare una cosa, come hai detto? Palesemente finta.»

Sorrisi, stava scherzando anche lui.

Si avvicinò, parecchio. Il suo viso a pochi centimetri dal mio, cominciai ad avere paura. Cercai di mantenere il punto rimanendo ferma e lui con la mano sinistra mi tenne il viso e la nuca, un misto tra una presa salda e una carezza. Mi sfuggì un sorrisetto e piegai il collo dalla parte in cui mi aveva baciato Simone. Mi piegò leggermente la testa dall'altra parte, invece, e piano piano iniziò a sfiorarmi con le labbra il collo. Stavo per svenire. Quando sentii la lingua dovetti sforzarmi di non gemere, chiusi gli occhi perché stavano per roteare all'indietro. Mi baciò tutta la parte sinistra del collo, dove non era stato Simone, così a lungo che mi morsi forte il labbro. Avrei voluto tenergli la testa per non farlo smettere mai più e se avessi indossato tutti i completini intimi insieme, uno sopra l'altro, li avrei bagnati tutti comunque. Oddio che stavo facendo? Oddio non dovevo pensare, perché se pensavo non tenevo sotto controllo i gemiti che mi stavano per uscire. Non avrei frenato più le mani e Dio solo sa dove si sarebbero andate a cacciare. Indugiò parecchio sulla clavicola e succhiò a lungo finché, ne ero certa, non fu sicuro di avermi lasciato un vistoso segno. Mi stava marcando. Ed era la cosa più da orgasmo che mi avessero fatto. Quando fu soddisfatto del risultato risalì il collo continuando a baciarmi ancora, io avevo le labbra socchiuse, non riuscivo a respirare. Con estrema lentezza si riposizionò davanti alla mia bocca.

Perché lo aveva fatto? Voleva verificare se gli resistevo? Se mi sarei tolta? Avrei lasciato una macchia di bagnato sul divano?

Non ebbi il tempo di riprendermi: «Questo era uno scherzo. Ora invece ti dico in maniera palese che ti do un bacio dichiaratamente finto, tipo quello che si danno gli attori durante la scena di un film. Quindi finto il doppio». Sottolineava tutte le parole chiave che gli avevo detto io. Potevo considerarlo crudele se non fosse stato così sexy. Sapeva benissimo che mi trattenevo a stento e che lo desideravo con smania, ma continuava a giocare e non riuscivo a oppormi. Avevo superato la soglia e adesso come tornavo indietro?

Rimasi a guardarlo attonita mentre si alzava e mi tendeva la mano. Non si mosse, sempre con la mano tesa a mezz'aria.

«Cos'è? Mi hai detto tu che andava bene. O te lo stai rimangiando?» col suo sguardo penetrante.

Gli diedi la mano e mi alzai. Pensavo che mi avrebbe tirata a sé e baciata, ma fu molto più cattivo. Mi fece fare qualche passo allontanandomi dal divano e posizionandoci in uno spazio vuoto. Molto lentamente si avvicinò e mi lasciò la mano portando le sue a sfiorarmi i fianchi, partendo appena sotto il seno e scendendo giù fino alla vita. Si avvicinò ancora e dovetti alzare leggermente il mento per continuare a sostenere il suo sguardo. La sua bocca si avvicinò troppo adagio alla mia, il suo respiro asciugava le mie labbra bagnate. Prese a sfiorarmele con le sue e se non mi avesse tenuta così sarei crollata in ginocchio. Stavo per supplicarlo di baciarmi, non riuscivo più ad aspettare che lo facesse, mi stava facendo impazzire. Quando poggiò finalmente le sue labbra sulle mie, sentii la mia schiena stendersi e di conseguenza le sue mani presero a scendere sui glutei. Non riuscivo più a capire dove dovevo tenere l'attenzione, se sulle sensazioni date dal bacio o sulle sue mani avvolgenti che mi accarezzavano piano il sedere. Avevo gli occhi aperti. Oddio avevo gli occhi aperti. Oddio qualcuno mi dica come chiudere degli occhi aperti. Rimasero aperti. Ero immobile. Poteva farmi quello che voleva, volevo che mi facesse tutto quello che voleva ma io dovevo rimanere immobile altrimenti avrebbe capito quanto lo desideravo. Le sue labbra continuavano a stuzzicare le mie che si socchiusero senza chiedermi il permesso. Continuava a guardarmi, voleva leggere le mie espressioni, voleva avere il potere su di me. Dio, se lo aveva. Poi sentii la lingua e capii che non avrei potuto più mangiare latte e biscotti senza pensare al sapore di quel bacio. Mi sfuggì un'espressione meravigliata, pensavo che non l'avrebbe usata. Per punirmi bastava quello. Invece dolcemente la sua lingua si insinuò dentro di me e vidi tutto buio. Sentivo solo che la mia ci stava facendo conoscenza in maniera prima timida e poi approfondita e io avevo all'interno una serie di esplosioni che non mi facevano rendere più conto di nulla. Non sapevo se lo stavo toccando, se vedevo nero per gli occhi chiusi o perché stavo per svenire, se gemevo o se rischiavo di divorarlo.

Dopo un periodo interminabile ripresi coscienza di quello che mi stava capitando e avvertii ancora le sue mani che percorrevano la schiena e tornavano giù, a farsi riempire dal mio sedere. Poi scendevano ancora sulle gambe e risalivano di nuovo su, dove si soffermavano un po' mentre continuava a leccarmi le labbra. A un certo punto mi accorsi che era troppo tardi, stavo già mordendo le sue. Oddio ora lo divoravo davvero. Cercai con tutte le forze di rallentare ma lui non mi lasciava scampo e continuava a baciarmi a momenti con foga, a momenti delicatamente, così da indurre me a baciarlo di nuovo con foga. Non so quanto durò, a me sembrò un'eternità.

Sentii la sua mano tornare su, verso il seno, indugiare e poi scendere senza toccarlo. Ci aveva ripensato? Sarebbe stato troppo? Avevo un brutto seno? Le gambe mi tremavano e sotto la sua presa mi appoggiai ancora di più a lui, sentendo la sua eccitazione. Ma era solo una reazione fisica e niente più, mi convinsi. Ero io che gli stavo accarezzando la testa e prendevo i suoi capelli tra le mani? Sì.

Le sue labbra abbandonarono le mie e io mi sentii frustrata e felice al tempo stesso. Doveva finire prima o poi. Ma la sua bocca scese di nuovo sul collo e mi scappò un "Oddio" carico di piacere. Ritrovò le mie labbra e continuammo a baciarci. Ora non riuscivo più a fermarmi, non aspettavo che fosse lui a giocare con me, anche io stuzzicavo lui, spalmandomi addosso al suo corpo mentre lui intrecciava le sue mani alle mie e mi stringeva. Tra le altre cose, ringraziai Viviana e Flavia per quegli stivali che mi portavano proprio all'altezza giusta.

Lentamente, rallentammo insieme.

«Di chi ti sei voluto vendicare?» Ancora avvolta nel suo abbraccio, ancora a contatto con la sua erezione.

«Di nessuno. Non hai detto che ci stai se ti si propone una cosa palesemente finta? E che sai riconoscerla da una vera?» Mentre parlava gli guardavo la bocca e le pieghe che gli si formavano ai lati. Mi faceva perdere la testa.

«È vero», mi sciolsi dall'abbraccio. Dovevo farlo prima di ricominciare a baciarlo senza una buona motivazione. «Mi hai anche confermato che con un attore non potrei mai stare.» Feci l'espressione dura che mi veniva tanto bene. Mi guardò accigliato. «Non potrei mai accettare che il mio fidanzato faccia questo con un'altra donna, nonostante sia una cosa palesemente finta», rimarcai aiutandomi anche con l'espressione degli occhi.

«Invece con un ballerino sì?»

«Beh, non mi sembra arrivino a tanto, ma comunque no, neanche con un ballerino.»

Ci guardammo a lungo, infine mi tese nuovamente la mano: «Vieni qui», in un modo così dolce che non riuscii a oppormi. E poi perché dovevo? Era troppo tardi.

Afferrò la mia mano e mi portò di nuovo attaccata a lui, mise le mie braccia intorno al collo tenendo le sue alla fine della mia schiena, dove iniziava la curva del sedere. Si mosse piano e solo allora realizzai che c'era della musica in sottofondo. C'era sempre stata? Chi aveva accesa lo stereo, quando? Ma visto che ormai avevo già rovinosamente distrutto i miei piani di tenermi lontano da lui, iniziai a muovere di più il bacino e sentii ancora le sue mani afferrare il mio sedere e seguirmi nei movimenti. Senza pudore, misi la mia gamba in mezzo alle sue e continuai a ballare, facendogli sentire il mio sedere muoversi sotto la sua presa. Era questo quello che voleva? Lo stava facendo per lui, per far contenta me, per cosa?

Tornai in me solo quando la sua bocca stava nuovamente per baciare la mia. Sobbalzai e spostai leggermente il viso.

«Se ti dicessi che è un altro bacio finto?» Non risposi. Volevo baciarlo ancora, agognavo di morire mentre lo baciavo, ma non avrei potuto sopportare un'altra volta quelle emozioni. Mi sarei illusa che fossero reali, ero troppo stanca per pensare lucidamente. «Cos'è, non ci crederesti?»

«Da te mi aspetto solo quelli finti.»

La sua bocca travolse di nuovo la mia, pronta ad accoglierlo senza indugio. La lingua dentro di me sembrava si trovasse altrove, leccasse altro. Non provavo vergogna o imbarazzo. Era lì che dovevo stare, era quello che avrei dovuto fare fino al mio ultimo respiro. Però, come sarei andata avanti quando sarebbe finita quella giornata? Capii che non potevo continuare e mi staccai io per prima.

«Scusa ma...»

«Ti sembra troppo reale?»

«No, non ho cambiato idea. Solo che tu sei abituato a fingere, io no.»

«Era un pretesto per...»

«Non lo voglio sentire. Non è successo nulla ma ora è inutile continuare a giocare», scossi la testa guardando in basso.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro