68.

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Dopo una mezz'ora, uscii per andare a prendere alcune foglie di basilico, c'erano dei grandi vasi proprio vicino ai ragazzi, intenti a chiacchierare tra loro. Un calore confortevole si irradiò nel mio petto, alla vista di Damien insieme a Enea, anche se non stavano parlando. Proprio in quel momento, forse perché c'ero io, Lele disse a Enea di andare giù in garage a prendere un tavolo e chiese a Damien di accompagnarlo. Ci fu un incrocio di sguardi generali ma nessuno obiettò. 

Appena voltarono l'angolo, Gianluca corrugò la fronte: «Secondo voi tornano tutti e due? O qualcuno rimane accidentalmente ucciso in garage?». 

Sghignazzò con gli altri, ma io ero veramente preoccupata. Non perché pensavo ci potesse scappare il morto, temevo più che altro che Enea si potesse comportare con troppo distacco. Avrei voluto spiarli.

Rientrai in casa e poco dopo li vidi passare davanti alle finestre trasportando un pesante tavolo di legno, i visi erano sereni. Fecero avanti e indietro più volte per prendere sedie e panche.


Una volta conditi i pomodori e insaporite le fragole con tanto limone e zucchero, raggiungemmo i ragazzi che già stavano assaggiando i primi arrosticini e avevano aperto le birre. I miei amici bevevano generalmente poco, quindi lo stavano facendo a metà mattinata solo perché c'era Damien.

«Possibile che quest'uomo non conosca gli arrosticini?» Gianluca era esterrefatto.

Damien aveva due spiedini in una mano e una birra nell'altra. Bene, ora avrebbe puzzato di birra e di pecora. Ci si incrociarono gli sguardi, anche se io cercavo di evitarlo per paura che gli altri ne approfittassero per metterci in imbarazzo di fronte a Enea.

«Oh! Rilassati! Perché lo guardi così?» venne subito in sua difesa Lele.

Alzai le mani in segno di pace. «Non sto dicendo niente!»

Enea borbottò qualcosa, probabilmente che ero una rompiscatole, mentre parlava sorrideva.

Tra una chiacchiera e l'altra, arrivò l'ora di pranzo. Apparecchiammo fuori, sotto due grandi alberi che ci facevano ombra e questa volta mangiare lontano da Damien quasi mi dispiacque, ma i ragazzi me lo portarono via invitandolo a sedersi vicino a loro. Era a qualche persona di distanza, dalla parte opposta del tavolo, con Enea accanto e Lele di fronte.

Al primo giro di bruschette, Gianluca ci chiese quando ci sarebbe stato il concerto. Desideravo non parlarne, gli feci presente, avevo bisogno di staccare. Non mi ascoltarono e posero direttamente le domande a Damien, che dovette dare qualche risposta per educazione.

«... poi lei canta più di tutti», mi guardò.

«Pensa che palle!» esclamò Enea.

«È bravissima! La più brava, dovresti sentirla.» Cosa volesse dire "Che palle" glielo avevo spiegato io tempo prima.

Enea fece una faccia poco convinta e addentò la bistecca che teneva in mano.


Finito il brontosauro che si stavano mangiando, cosa che io non feci e per la quale venni insultata come consuetudine, andai a prendere le fragole con la panna che avevo preparato prima.

«Solo questo mi fanno fare!» mi finsi offesa.

«Ti credo!» Lele si rivolse a Damien: «Non te la sposare perché non sa cucinare».

«Dubito che ci abbia mai pensato», commentai.

Ma Lele non aveva finito. «Poi per le altre cose devi chiedere a lui,» indicò Enea, «era lui che ci andava a letto!»

Quasi mi caddero gli occhi sul tavolo per quanto li sgranai. Ci fu un attimo di silenzio interrotto poi da Gianluca che quasi si strozzò col pane, Carlo che scoppiò a ridere ed Enea che fece una risatina composta sotto i baffi. Io guardai Laura che rimproverò Lele, mentre Damien rimase incerto.

«Comunque stavano sempre a fare sesso, quindi penso che su quel lato... anche in questa casa, preservativi ovunque!» rincarò la dose per essere più simpatico, secondo lui.

«Beh di certo non eravamo noi, quelli!» me ne uscii.

«Ah! Allora sesso non sicuro! Ci ha detto bene che non siamo diventati tutti giovani zii!» esclamò Patrizio facendo ridere gli altri.

Damien non mi guardò ma buttò un occhio su Enea che, molto tranquillamente, gli fece un'espressione per dirgli che tutto sommato non ero male. Venne da ridere anche a me.


Mentre lavavamo i piatti e mettevamo le cose al loro posto, i ragazzi si occuparono di spostare i tavoli in eccesso per fare spazio. Prima ancora di entrare in casa, vidi Enea che a gesti diceva a Damien di portare in garage con lui il tavolo che avevano preso. Mi fece un bell'effetto.

Venti minuti più tardi stavano giocando a pallone, facendo qualche passaggio sotto gli alberi dove prima avevamo mangiato.

Noi ragazze stavamo preparando il caffè e i dolci da portare fuori e io cercavo di sviare le domande di Emma sul concerto. Il giorno dopo sarebbe stato impegnativo, non volevo pensare a come mi sarei sentita salendo sul palco del teatro per provare con tutta l'orchestra.

Per fortuna Cristiana mi chiamò per farmi uscire di casa e ammirare quello che mi si parava davanti: i ragazzi a torso nudo. Li sbeffeggiai spudoratamente.

«Intanto a noi quattro puoi dire quello che ti pare, ma cosa hai contro loro due?» Lele indicò Enea e Damien. «Guarda che fisici che hanno, certo che te li scegli bene, eh?»

Gli feci il dito medio.

Immaginavo l'imbarazzo di Damien quando si era trovato costretto a imitare gli altri per sentirsi parte del gruppo. I miei amici giocavano sempre senza maglietta quando faceva caldo, sin da bambini, al campetto di calcio con le porte rotte sotto casa. In mezzo a loro Damien stonava.

«Certo che addominali pure lui», Cristiana parlò con la mano davanti alla bocca.

«Che ti sei incantata a guardarlo?» mi tirò una pallonata Gianluca. La presi al volo.

«No, siamo stati al mare, ho già guardato», gli ritirai la palla.

«E lì ero circondato da ballerini, quindi ho fatto una figura pessima», Damien fece un'espressione mortificata. Mi piaceva la sua modestia, ma se pure i ballerini erano più muscolosi, io preferivo il suo fisico asciutto e meno gonfio, simile a quello di Enea.

Verso l'ora di cena chiesi a Damien se volesse tornare a casa, ma Enea gli disse a gesti che avremmo trovato traffico e accettammo di rimanere un'altra ora, tempo di mangiare qualcosa di avanzato dal pranzo.

Alle 21 passate iniziammo a salutare gli altri, anche loro in procinto di andare via. Mi fece piacere vedere Enea porgere la mano a Damien in maniera molto amichevole e pensai che quella giornata era stata fantastica. 

Finché Emma non si avvicinò a Damien: «Quando torni negli Usa?».

Io sentii uno strappo al cuore, Damien si sbrigò a rispondere che ancora non lo sapeva.

Le belle sensazioni erano state tutte azzerate.  

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