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7 aprile 2001

Dopo aver passeggiato lungo il Circo Massimo, ci stavamo rilassando seduti a cavalcioni uno di fronte l'altra su una panchina di marmo nel Giardino degli Aranci. Eravamo all'ombra, isolati dal via vai di persone che arrivava per affacciarsi e godersi il panorama, intenti ad accarezzare un gatto randagio che si stava facendo coccolare beato. Adoravo che anche lui amasse gli animali, quel gatto striato di arancione mi permetteva di condividere ancora qualcosa in più con lui.

«Come si chiama il posto dove dobbiamo andare a Pasquetta?»

Gli dissi che non doveva preoccuparsi e di ritenersi libero, avrei trovato io una balla con Lele.

«Pensi ci sia anche Enea?»

Mi aprii in un sorriso, immaginando il motivo per cui me lo stava chiedendo.

«Credo di sì, ma non è per lui che...»

«Quindi tu andresti senza di me», mi interruppe infastidito. «Voglio venire.»

«Hai ancora tempo per ripensarci», sicura che prima o poi si sarebbe inventato qualche scusa.

L'odore della primavera, il brusio delle persone che popolavano il giardino, l'ombra che ci riparava dal sole caldo di un sabato pomeriggio, il pelo morbido del gatto, le nostre gambe che si toccavano, mi sentivo serena.

«Sai, non lo conosco ma non riesco a farmelo piacere», dopo qualche minuto di pace.

«Chi? Enea?» ridacchiai per la sincerità non dovuta. Però mi sentii in dovere di giustificarlo. «Allora, o lo ami o lo odi. Però il 90% delle persone lo ama.» Ci pensai un attimo e proseguii descrivendo il suo carattere: solare, allegro, una persona di compagnia. Solo inizialmente più timido degli altri amici, come me del resto. Mi guardava in attesa di altro. Glielo diedi. «Con te sono sicura che non si comporterebbe benissimo, non per cattiveria ma si sentirebbe a disagio quindi... che ne so, ti parlerebbe poco, anzi per niente, visto che non spiccica mezza parola di inglese. Farebbe un po' come se non ci fossi. Ecco.»

«E perché a disagio?»

Guardai il gatto in attesa di un saggio consiglio. Il gatto infame mi consigliò apposta male.

«Perché si sente inferiore.»

Damien mi guardò con un'espressione interrogativa. «Pensi sia geloso?»

«No!» scoppiai a ridere. «Non penserebbe mai che... sai che... non lo penserebbe mai», finii scuotendo la testa.

«Che tra noi due possa esserci qualcosa? Perché sono troppo grande?»

«No, perché... perché... uno come te, con una come me...»

«Che significa? Ti ha detto qualcosa lui o stai vaneggiando tu?» si urtò.

Guardai di nuovo il gatto: stavolta mi consigliò di lasciar cadere la domanda e di raccontare che Enea era abbastanza sicuro di sé, non che se la tirasse, ma negli ambiti in cui si era trovato fino a quel momento, risultava essere sempre il più carismatico, il più carino. «Non vuol dire che pensi che gli altri facciano tutti schifo, anzi. Ad esempio a lui piace da impazzire Brad Pitt e lo dice apertamente perché sa che non è il mio tipo. Quando invece io sono attratta da qualcuno, gli trova mille difetti per smontarlo davanti ai miei occhi e convincersi da solo di non essere meno figo». Silenzio. Ragionai. «Credo di essermi incartata.»

Gatto di merda.

Scoppiammo tutti e due a ridere.

«Perché vi siete lasciati? Ti va di dirmelo?»

«Mi sembra una vita fa!» Sospirai per fare mente locale. In breve gli spiegai che venivo a conoscenza sempre dopo, e spesso da altre persone, delle sue decisioni, soprattutto di quelle importanti. Era immaturo e superficiale ma non voleva ferirmi, solo preferiva evitare discussioni e malumori. Si era spezzato qualcosa di grosso quando avevo saputo che aveva firmato per entrare in Marina Militare da amici, mentre lui continuava a dirmi che ci stava ancora pensando. Nel poco tempo che ci vedevamo, non facevamo altro che litigare, trascinandoci tra altre mille piccole situazioni del genere. «Poi Lele si è fatto sfuggire che Enea stava per partire per una navigazione di tre mesi circa e non me ne aveva parlato. Sia chiaro, l'avrebbe fatta comunque, ma non sono riuscita più ad accettare quel tipo di comportamento.»

«Quindi lo spettacolo non c'entra nulla?»

Scossi la testa. «Pensavi fosse per quello?»

«Mi ero fatto un'idea.» Rifletté in silenzio prima di concludere: «Perciò se non ci fosse stata questa navigazione di tre mesi ora stareste ancora insieme».

Ci guardammo negli occhi per qualche secondo.

«No, non credo.» Poi sorrisi imbarazzata.


16 aprile 2001

Il giorno dopo avremmo iniziato le prove con l'orchestra. Mancavano due settimane allo spettacolo ed ero felice di vedere Marzio ancora in buona salute, se così si poteva dire.

Quel giorno però non volevo pensare a nient'altro che allo stare con i miei amici, solo questo, e nella restante ora abbondante di strada da percorrere, avrei continuato a permettere a Damien di utilizzare la mia mano come microfono. Mi faceva troppo ridere ma non lo guardavo direttamente perché mi vergognavo di quell'intimità raggiunta.

Prese poi a commentare il paesaggio, innamorandosi di quello che vedeva. Iniziai ad ammirarlo anche io con altri occhi. Fece una curva prendendola con troppa velocità, pur guidando piano, e per assicurarsi che non mi facessi nulla mi mise una mano sulla gamba per tenermi. Fu un gesto molto protettivo e mi piacque. La mano rimase lì per il resto del viaggio.

Ogni tanto sentivamo tintinnare le bottiglie di birra e vino, ne aveva il portabagagli pieno. Nei giorni precedenti, pressata dalla sua richiesta di consiglio su cosa portare a casa di Lele, gli avevo suggerito le birre, così nessuno mi poteva criticare. A me, come al solito, era toccato il compito di chiedere i dolci di mia madre.


Imboccammo il vialetto dove si trovava la casa a due piani di Lele.

«Alla buon'ora! Siete arrivati per ultimi! Dai che abbiamo un sacco di cose da fare!» urlò Lele sporgendosi dalla ringhiera che delimitava la zona pavimentata del giardino.

Notai la macchina di Enea e mi salì un po' di ansia. Sperai che si comportasse educatamente, in caso contrario, a parte creare imbarazzo tra i presenti, sarebbe stato lui a fare una brutta figura e mi sarebbe dispiaciuto.

Scesi dall'auto, ci vennero subito incontro Lele e Patrizio che ci salutarono calorosamente come al solito. Con la coda dell'occhio vidi Enea con Gianluca che si stavano dando da fare al barbecue. Chissà come ci avrebbe accolto, il cuore mi batteva forte.

«Andiamo a salutare gli altri, poi prendiamo la roba in macchina.»

Lele si offrì di prenderla per noi, commentando positivamente la quantità di bevande e dolci portati.

Ci avvicinammo al barbecue. Gianluca subito mi venne a dare due baci e salutò Damien, si erano già incontrati alla mia festa. Enea, piegato a cercare qualcosa in una busta di cartone, si tirò su e sorrise imbarazzato.

«Oh! Ciao!» Era più di quello che potessi sperare.

«Noi non ci siamo ancora presentati,» Damien gli porse la mano con fare rilassato e sicuro, «piacere, sono Damien.»

Enea si trovò spiazzato e sorrise ancora di più, si guardò le mani sporche di cenere e gliele mostrò, cercò di pulirsi addosso e, mentre Damien gli diceva di non preoccuparsi, gli strinse la mano dicendo semplicemente: «Enea». E il miracolo era fatto.

Mi fece addirittura tenerezza il suo sorriso nervoso e il modo in cui mi aveva guardato per cercare un appoggio. Notai che anche Gianluca lo guardava soddisfatto.

Noi non ci salutammo con baci o abbracci, quello che aveva fatto, per come lo conoscevo, valeva più di tutto.

Entrammo in casa dove trovammo Laura, Emma, Cristiana e Carlo. Il fuoco scoppiettante del camino rendeva l'atmosfera ancora più familiare.

Un minuto più tardi, Lele chiamò Damien e lo salutai consapevole che lo avrei rivisto dopo un bel po'. Sicuramente l'avrebbe coinvolto in mille faccende per farlo sentire parte del gruppo, mentre io mi sarei dedicata insieme alle ragazze a tagliare quintali di pomodori per la bruschetta e le fragole per il dopo pranzo. Era un rito per noi.

Appena uscì, seguito da Carlo, le ragazze mi guardarono incuriosite.

«Com'è andata con Enea? Hanno parlato?» Emma mi si avvicinò con fare complice.

«Si sono presentati. Non mi aspettavo di vedere Enea così sorridente! Per fortuna, avevo paura lo evitasse», sospirai sollevata. «Speriamo continui così.»

«Con lui come va?» chiese Laura.

«Così, al solito. Ribadisco, passiamo tanto tempo insieme anche fuori dalle prove, ma non c'è nulla di concreto.»

Entrò Lele con in mano parte dei dolci che stavano in auto.

«Ho già messo a lavorare Damien!»

«Ti prego, Lele, abbi pietà oggi.»

«Non ti preoccupare», posò i dolci sul tavolo e andò via col suo sorriso diabolico.  

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