8.

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Rimasi seduta sul davanzale della finestra che dava sullo spiazzale esterno, con la schiena appoggiata al muro e le gambe rannicchiate nonostante la gonna. Guardavo fuori verso l'infinito, che infinito non era visto che, se pur in lontananza, delle piccole palazzine si ergevano tronfie. Ma non le vedevo, gli occhi erano aperti eppure non funzionavano, in quel momento ero in preda a pensieri sconclusionati, forse per mancanza di sonno o per l'agitazione che provavo.

Sentii aprire la porta di ingresso.

«Hai fatto sega, eh!» Flavia non controllò neanche se c'ero.

«Dove stai? Ah, eccola là sopra come al solito», Viviana mi fece segno di seguirle in cucina. «Facciamoci due chiacchiere prima che arrivino gli altri.»

Quando entrai trovai già Flavia col panino al salame in mano, avvolto parzialmente dalla carta stagnola, mentre Viviana si apparecchiava per bene. Lo faceva sempre anche a scuola per mangiarsi magari solo un pacchetto di crackers. Era un rituale. Sprecava più tempo a tirare fuori la tovaglietta, il bicchiere, la bottiglietta d'acqua, il tovagliolo che quello che ci metteva per mangiare.

«Sto morendo di fame!» Flavia addentò il panino, poi mi guardò col sorriso di chi la sa lunga. «Insomma, dicci un po', com'è questo regalo che hai ricevuto? Non sei venuta a scuola perché non c'hai dormito stanotte? O gli sei andata a fare le poste per scoprire dove alloggia?»

«Quando l'ho visto ho subito pensato: Adesso Ginevra ha un attacco di cuore!» Viviana versò l'acqua fuori dal bicchiere mentre ridacchiava.

Io sorridevo divertita dal loro entusiasmo che era molto più del mio.

«Oh, perché sei così controllata? Che hai? Non ti sembra bello come in tv?» e intanto tamponava l'acqua sul tavolo col tovagliolo.

«È che... non lo so. Non lo riesco a gestire.»

« Ginevra, fammi il piacere...» Flavia mi regalò un'occhiata carica di disappunto. « Hai avuto la fortuna che l'attore per cui ci hai fatto una testa così per anni viene qui a cantare con te, e tu non riesci a gestirla? Vedi di non fare la cretina e non provare a tirarti indietro che ti ci trascino per i capelli io tutti i giorni qui!»

«Ma sei in crisi con Enea? Ci hai parlato?» Viviana provò ad essere comprensiva.

«Ma che crisi, mi ero completamente dimenticata della sua esistenza! Me lo ha ricordato stamattina mia madre e adesso tu. Me lo scordo proprio», poggiai la fronte sul tavolo.

«Che brutta persona!», «Sei una grande bastarda!» sentii dire dietro di me. Erano arrivate Fabiana e Marta. Se la ridevano mentre spostavano rumorosamente le sedie stravaccandosi sopra.

«Oltretutto ho fatto pura una figura pessima ieri. Ho cantato da schifo.»

«Sì, quando hai cantato!»

Mi massacrarono tanto da tirarmi su il morale. Veniva da ridere anche a me, nonostante tutto.

Una volta che ebbero finito le cattiverie da dirmi, raccontai che avevo chiesto a Marzio di non farmi duettare con Damien, ma che era stato irremovibile perché ormai era deciso così. Non stetti lì a dire per filo e per segno tutto, mi sarebbe sembrato di volermi dare un'importanza che non avevo. Dissi il necessario ma volevo far capire alle altre il mio disagio, almeno a loro che erano mie care amiche.

Stavano quasi per cominciare a incoraggiarmi seriamente quando qualcun altro entrò nella cucina, era Vania in compagnia di Keira.

Io mi ero spostata, mi trovavo seduta su un altro davanzale, quello che dava sul giardino laterale dalla parte opposta. Poi, seduta, diciamo appoggiata in maniera scomposta: schiena lungo quello che per me avrebbe dovuto essere una seduta, testa piegata a 90° per aumentare le possibilità di avere problemi di cervicale in futuro, una gamba tesa verso l'alto e l'altra che si allungava in direzione del viso, col piede sul muro appena sopra la testa. Tutto questo sempre con la gonna perché ero una vera signorina. Il problema era che se mi agitavo, tendevo a muovermi di continuo e a fermarmi solo nel momento in cui trovavo una posizione scomposta che mi provocasse un dolorino da qualche parte, per poi riprendere a muovermi quando, ormai assuefatta, il dolorino passava.

«... e qui abbiamo la donna di gomma», Vania mi indicò col mento.

Cercai di tirarmi su dandomi un contegno, senza logicamente riuscirci. In una frazione di secondo mi vennero in mente tre cose:

1) Quanto è bella Keira

2) Dov'è Damien?

3) Dove cazzo è Damien?

Alla fine di quella frazione mi venne in mente anche:

4) Per fortuna che Damien non c'è perché mi avrebbe visto le mutande.

Lei si sedette e molto tranquillamente iniziò a chiacchierare agevolata dal fatto che a quel tavolo c'erano coloro che capivano e parlavano l'inglese meglio delle altre, così che la conversazione risultò molto fluida.

Ci disse che lei aveva preso una stanza in albergo al centro mentre Damien aveva preferito affittare una casa, perché lui sarebbe rimasto fisso a Roma per un bel po' - e lì ci furono diversi sguardi pieni di significato rivolti verso di me, come se Keira fosse cieca e scema - mentre lei aveva altri impegni e quindi avrebbe collaborato meno con noi.

Le altre erano piene di domande, io come al solito, in silenzio ad ascoltare.

Sarebbe rimasto fisso a Roma per un bel po'.

Chissà che cosa significava per loro, abituati a spostarsi per lavoro, rimanere in un posto per un bel po'. Avrei potuto chiederlo. No, non potevo farlo. Per quanto mie migliori amiche, mi avrebbero presa in giro davanti a lei, non aspettavano altro. Avevano tutte parecchio materiale su di me per pormi in ridicolo di fronte a Damien. Quindi, tirarmi troppo indietro e stare sempre zitta avrebbe portato solo ad attirare maggiore attenzione. Dovevo avere un atteggiamento da persona più matura, essere più rilassata, partecipe, parlare disinvolta, stare in mezzo alle altre ragazze. E sedermi composta.

Si affacciò Marzio in cucina.

«Sei già qui!»

Mannaggia a Marzio. Non poteva aspettare? Ci stava fornendo informazioni, magari arrivava a dirci dov'era questa casa in affitto di Damien. Giusto per sapere. Non ci sarei mai andata. È vero, Flavia avrebbe potuto avere dei dubbi su questa cosa perché un paio d'anni prima l'avevo costretta insieme ad altre due nostre amiche ad accompagnarmi a scovare la casa di un musicista conosciuto al mare, un argentino, che lavorava la sera al locale dove andavo con i miei. La moglie cantava e lui suonava. Parlando ci avevano detto che abitavano a Roma ed essendo in una zona vicino alla nostra avevo capito quale era la via. In quattro non ci avevamo messo poi tantissimo a cercare il cognome su tutti i citofoni dei palazzi lungo la strada, checché ne dicessero loro. Ci eravamo tornate un altro paio di volte, però quando avevamo rischiato di essere beccate mentre spiavamo nel loro appartamento al piano terra, avevamo lasciato perdere.

L'argentino era bello veramente, avevo perso la testa anche per lui. Santo Cielo, perdevo la testa di continuo e sempre per qualcuno che era irraggiungibile e, volendo aggiungere, parecchio più grande di me. Eh sì, ero già fidanzata con Enea ma eravamo piccoli, avevo quindici anni, la storia doveva maturare e altre mille scuse. Comunque, lo avevo incontrato ad agosto e a fine settembre era già finito il mio delirio. Ma Flavia era stata mia complice e se fosse uscito fuori un mezzo indirizzo di Damien le sarebbero tornati in mente quei momenti e non mi avrebbe mai creduto se le avessi detto che questa volta non l'avrei fatto. Si sarebbe offerta di accompagnarmi, se non altro per evitare che facessi cazzate e per coprirmi le spalle.

Marzio propose di andare a cantare qualcosa, anche se eravamo solo noi. Lei si alzò subito, entusiasta, forse perché il giorno prima era stata trascurata.

Mi accorsi che non ero poi così agitata, Keira mi dava un senso di tranquillità che non sapevo spiegare. Il fatto poi che fossimo solo noi mi piaceva, era più intimo. Infatti, durò il tempo di prendere i microfoni in mano: arrivarono tutte le altre praticamente insieme, mai arrivate così presto.

Andava bene lo stesso, Damien e i tre signori del sorriso non c'erano ancora.

Marzio propose di farci eseguire una delle canzoni che ci eravamo preparate, che da quel poco che capii era nella lista che era stata fatta avere anche a Keira e Damien.

Ci disse quale parte avrebbe cantato Keira e di dividerci il resto tra me, Vania e Viviana come già provato. Il gruppo del coro si mise frontale a Marzio, che ci avrebbe accompagnato da solo visto che gli altri musicisti non erano ancora arrivati, lasciando in mezzo lo spazio per noi quattro che ci posizionammo formando una specie di quadrato in modo da poterci guardare.

Sembrava l'avessimo già provata, nessun intoppo, nessuna ansia. Avevo Keira davanti e mi ero divertita come tutte le volte che cantavo senza pressioni. Incredibile. Lei aveva una bellissima voce, diversa dalle nostre, più graffiante e per questo spiccava.

Sulle ultime note, si sentì un forte applauso proveniente dal fondo della sala. Un entusiasta Dari quasi gridò: «Brave ragazze! Bel lavoro!». Ridicolo. Si capiva che aveva passato la notte a sudare, visto l'esibizione del giorno prima. Non lo sopportavo, mi faceva venir voglia di dimostrargli quello che sapevo fare. Era l'unico che mi dava il coraggio di mostrarmi. A volte.

Insieme a lui c'erano Steve, il batterista Michele e il sassofonista Giorgio, Damien e Nicholas.

Quando lo vidi il cuore pompò così forte che mi fece male. Quanto era bello. Un altro paio di jeans, una camicia scura con sotto una maglietta bianca, si avvicinò sorridendo.

«Ah, allora quando noi non ci siamo, voi vi divertite!» ci guardò un po' tutte ma finì per incontrare gli occhi di Keira. Lei gli si avvicinò e lo abbracciò, dandogli un bacio sulla guancia.

No, non pensai di ucciderla. Lei poteva. Lei c'era prima. Lei se lo sarebbe dovuto baciare mille volte durante la serie TV ma non lo aveva mai fatto e quindi vederli in quegli atteggiamenti dolci davanti ai miei occhi, mi dava la sensazione di rivedere i miei personaggi preferiti far avanzare la loro relazione.

Lei era l'unica donna che avrei voluto vedere accanto a lui, al posto mio.  

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