4~Ice

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Un'aquila sorvolò la prateria. I neri occhi acuti come il suo fischio si soffermarono qualche istante su una minuta figura che scorreva come acqua nell'erba scossa dalla brezza. Subito ne distolse l'attenzione.
Si soffermò più lungamente, invece, sui tetti arrossati di una vuota cittadinella allambiccata sul vento. L'alata schiava dell'aria ne fu temporaneamente incantata giudicandola un cuore di ghiaccio pronto a sciogliersi nel calore della vita. Eppure non si fermò ad ammirarla... quel paese di fantasmi era lo sfondo di una storia ben più grande di lei; tanto più grande che l'aquila fece quasi in tempo a vederne uno scorcio mentre virava verso le montagne incantate: un colore inesistente, una canzone irraggiungibile, un profumo d'utopia.
Sotto, sulla terra dei peccatori, Ice correva sospinta dal vento. L'erba fresca le sfiorava le zampe mentre l'aria le lisciava il pelo sulla schiena. L'odore pungente di frizzante freddo le baciava con labbra gelide il naso. Il fischio del vento talvolta si faceva sentire al suo orecchio inattento. Il cielo s'era fatto scuro già da un po' e stupende nuvole grigie di tempesta stuzzicavano l'immaginazione di artisti nascosti, con la loro maestosa oscurità.
La gatta stava in quel momento provando la libertà. Sentimento ma ugualmente non-sentimento. Camaleontico. Stato di cose che penetra nell'animo di pochi fortunati. Emozione del mondo raramente ritenuta difficile da ottenere: del resto, come un saggio disse, "la stupidità umana è l'unica cosa certamente infinita". Nel nostro caso, però, il protagonista di questa nuova sensazione è un animale, e non un essere umano: che essi siano ritenibili superiori a questi trastulli di noi uomini? Ma non è di questo che posso io parlare. Io narro di Ghiaccio e Luna. Io parlo di Paura e Dolore. Scrivo di Libertà. E, in limpida verità, Ice non incorse in questa magia nella sua forma più pura; la terra attorno a lei, la vita che scioglieva città, dunque, non era libera di preoccupazioni. Alla gatta ci volle meno tempo di quanto ce ne ho messo io per realizzarlo.
Disciolto nel vento volava un suono dall'ignota origine. Un grido. Piccolo. Un gridolino. Una richiesta d'aiuto? Una preghiera. Terrore? Disperazione? Gioventù. Un fischio. Un pigolio.
Un pigolio. Il felino pulito e sporco fece in fretta due più due: quello era il verso di un uccellino spaventato. Una seconda domanda, dunque, giunse, naturale: da dove poteva proveniva?
Ice si lasciò trascinare da una qualche forza materializzata nel vento e si ritrovò a varcare l'entrata della città invisibile. Il debole grido d'aiuto si faceva pian piano più forte. Ice lo seguì come Teseo seguì la cordicella di Arianna attraverso il labirinto. Riavvolgeva pian piano lo spago trasparente mentre si avvicinava alla sua uscita: una casa pressoché distrutta, il cui tetto era crollato e le cui pareti parevano dondolare col vento; lì, rannicchiato su sé stesso, era appollaiato un piccolo aquilotto con poche piume. Si muoveva appena e teneva un'aluccia innaturalmente piegata.
La gatta gli si avvicinò piano: il cucciolo la guardò con occhi colmi di terrore ma non si mosse. Ice sentì forte e chiaro il suo istinto consigliarle di divorare la bestiola e farla finita lì, eppure lei preferì concedere orecchio solo alla vocina pacata che le raccomandava di mettere al sicuro l'uccellino.
Ice leccò il piccolo infreddolito per riscaldarlo e lo prese poi fra le fauci con delicatezza incredibile. Il piccolo, dal canto suo, cercò solo di farsi più piccino e continuò il suo pigolio. La gatta sentì un a lei sconosciuto senso materno verso quell'essere, e decise di salvarlo. Eppure ancora la sua parte razionale la sgridava ricordandole che non aveva idea di come aiutare l'aquila e allo stesso tempo continuare il viaggio. Ice non le diede peso, ritenendo che sarebbe stato il Destino a risolvere ogni problema.
Così prese il piccolo peso piuma e fece la strada prima percorsa a ritroso: questa volta il vento le era contrario e la sensazione di tranquilla libertà non era contemplabile. Il suo obbiettivo era il bosco dove certamente avrebbe trovato cibo per il cucciolo che sentiva lentamente morire di freddo e fame fra i suoi denti. Ice odiava quella sensazione di vita sciupata che stava avvenendo attraverso le sue zanne. Corse più veloce.
Quando raggiunse la foresta poggiò l'uccellino a terra in una zona protetta dal vento famelico. Gli diede una leccata veloce e mormorò: "Ti trovo qualche verme da mangiare, eh?". Si allontanò un poco e cercò dove era più probabile rinvenire vomitevoli insetti da far ingerire al cucciolotto.
Le ci volle un po' di tempo per trovare il necessario: ci mise tutta sé stessa e si concentrò spasmodicamente affinché quelli da lei trovato fossero gli insetti più buoni del reame. Per trasportarli dovette tenerli fra i denti e rischiò di vomitare più di una volta nel tragitto per portarli all'uccellino. Quando però arrivò infine al suo capezzale trovò una terribile sorpresa: un gattaccio aveva appena finito di banchettare con l'amico volatile di Ice.
Una cascata di insetti crollò a terra mentre la gatta li mollava e spiccava un salto per azzannare il criminale. In quel preciso balzo era intriso odio e dolore. Il mascalzone, però, fu abbastanza abile -o meglio: fortunato- da fuggire questo primo assalto: ciò gli permise di guadagnare un buon vantaggio nella fuga mentre Ice rimaneva incantata al mostruoso resto dell'aquilotto: le zampine, qualche piumotto, sangue. La rabbia che le penetrò tessuti ed ossa la accecò totalmente: scattò in avanti. Le ci volle pochissimo per recuperare la distanza che il gatto mortifero era faticosamente riuscito a guadagnare: lo bloccò appena prima del paesotto abbandonato.
Quando Ice ebbe finito con lui ossa e viscere erano state ordinatamente stese a terra su un tappeto di sangue. La gatta sputò su quel macello e si allontanò attraversando le case che la fissavano con reverenza. Riprese il viaggio consapevole che il Destino aveva provveduto a eliminare il peso che l'avrebbe rallentata.
Mentre lei scompariva all'orizzonte un aquila discese dal cielo. Il pranzo era pronto. La vendetta, compiuta.

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