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"Moon, facciamo un gioco"
"Un gioco?"
"Sì, un gioco... Mi è venuto in mente ora"
"Lo hai inventato tu?"
"Non dirlo come fosse un qualcosa ti stupido!"
"Uhm... dì, allora"
"È molto semplice: ciascuna di noi si allontana e cerca tre oggetti che le ricordino l'altra e quando ci incontriamo nuovamente qui spieghiamo il motivo della scelta. Cerca di essere romantica, mi raccomando!"
"Non male come idea..."
"Su!"
"Ufffff... M'arrendo! M'arrendo!"
"Stai ridendo! Vuol dire che ti piace!"
"Scema!"
"Ci rivediamo qui allora?"
"E sia!"
Così ridevano due innamorate fra i raggi di luna. Due animi luminescenti come le stelle che li illuminavano su due cuori inesistenti. Un vuoto riempito da un vuoto più pieno. Impossibile da comprendere solo agli occhi mai abituati alla ricerca di uno sguardo altrui. L'amore, del resto, è questo: dolce, pura, contraddizione. Ice e Moon ne erano la perfetta incarnazione. Da guardarsi anche solo le direzioni prescelte dalle due per dare vita a quel curioso gioco: nord per Ice e sud per Moon. Nel gironzolare una osservava attentamente il terreno ed una teneva il muso ben alto, verso foglie e cielo oscuro. La bruna non si fermava mai e girava seguendo traiettorie confuse, la chiazzata rallentava ogni due per tre e andava avanti in linea retta. Eppure, nonostante tutto, le loro ricerche finirono nello stesso momento come se si fossero messe d'accordo. Quelle due erano identiche, e nemmeno lo sapevano; erano identiche nelle cose stupide, comuni. Se ci fosse stato un poetico terzo incomodo ad osservarle avrebbe certo detto che erano una coppia perfetta e terribile: i due aggettivi però, in questo caso, non si sarebbero annullati a vicenda, invece avrebbero convissuto pacificamente. Naturale è che, al loro primo giorno d'amore, il male non si sarebbe certo mostrato  ma il tempo lo avrebbe reso ardito; eppure preoccuparsi non sarebbe servito: la coppia che scoppia aveva artigli affilati per aggrapparsi ad un insulso amore... la loro unica corda di salvezza per evitare la caduta nel lato oscuro. Naturalmente, assieme, aggrappate alla stessa corda, vivevano in una zona grigia, dove i peccatori sguazzano fra i cupi ricordi, ma i loro occhi rimanevano lucenti.
Moon ed Ice scoppiarono a ridere non appena si resero conto di essere rientrate nello stesso istante. A causa di ciò Moon rischiò di soffocarsi con i suoi "oggetti" mentre Ice non riusciva a smettere di sghignazzare dopo aver lasciato cadere a terra la corteccia che stringeva fra le fauci e ciò che vi era sopra. Una volta che la prima ebbe ripreso a respirare e la seconda si fu calmata, il gioco poté riprendere.
"Comincia tu" fece Moon e la compagna annuì subito, tutta concentrata. Prima di tutto indicò con la zampa la corteccia che un attimo prima le era caduta fra le onda di risa. "Ti ricorda il mio manto?" Domandò la bruna, osservando dove poteva scorgere il proprio pelo castano, come a mettere a confronto i colori. "Be'... anche: ma non solo. In verità l'ho presa in quanto aveva un odore... Come dire... violaceo? Ad ogni modo mi ricordava te -le allungò il legno- annusa". Moon osservò un attimo la superficie e vi poggiò il naso; chiuse gli occhi e fece fusa sottili: "Mi ricorda il profumo di mamma... sono felice che il mio sia simile al suo". La gatta bianca e nera fece un largo sorriso.
Ci fu silenzio mentre Moon rimaneva incantata e Ice la guardava con occhi innamorati, ma infine Moon si allontanò e mosse la coda: "Il prossimo?"
"Il prossimo è assai romantico..." Ice ripulì dalla terra un pezzo di vetro annebbiato dall'acqua. "Vetro?" La gatta castana era confuso. "Lasciami spiegare... Io.... vedo in questo pezzetto non più trasparente il tuo cuore. Essendo io una piccola filosofa ho pensato: questo in origine era perfettamente pulito, ci potevi vedere attraverso un mondo di allegria. Ora, invece, non lo è più: tanto tempo fra le malvagie correnti l'ha corroso... ma allo stesso modo queste cupe onde sono pure anche fautrici del massimo del suo splendore... O almeno, a ma piace di più così"
Moon non si trattenne dal leccare il muso della gatta davanti a lei: "La trovo una bella interpretazione..." le sussurrò all'orecchio mentre si riallontava. Ice fece le fusa e parlò velocemente con un sorriso lievemente imbarazzato: "Ecco... Uhm... l'ultimo oggetto... Non l'ho potuto portare ma si trova qui vicino". Moon si strinse nelle spalle: "Andiamo!" Ingiunse mentre si apprestava a riprendere in bocca i suoi tre oggetti.
Ice portò l'altra fino ad un larice, scatenando la curiosità dalla gatta come castagna: "È un bell'albero..."
"Certo.... ma non è questo: guarda qui" ed Ice indicò due foglie che sembravano levitare. Moon le osservò, rapita dalle mani invisibili che le due foglie stringevano.
"Sono legate ad una ragnatela?"
"Già... mi ricordano io e te: legate assieme da un filo invisibile, alla balia del vento. Faticosamente strette alla vita, nonché l'una all'altra. Se il filo fosse reciso morrebbero entrambe... Ma lo farebbero insieme"
Moon rimase senza parole.
"Su, ch'è il tuo turno!" Esclamò Ice che probabilmente, se fosse stata umana, sarebbe arrossita per bene alla vista di ciò che quell'ultimo oggetto aveva scatenato in Moon. Proprio quest'ultima ridacchiò appena e prese un bel respiro prima di parlare in fretta, anche lei tutta imbarazzata da tanta dolcezza: "Dunque... Per prima cosa... ecco: non è niente di speciale come le tue scelte ma..." con un artiglio fece illuminare dalla luce della luna l'esoscheletro di uno scarabeo blu: "L'ho visto e... Era bellissimo" la gatta sorrise: "Come te". Ice nascose il muso fra il pelo del petto: "Moon! Non dire così!"
"Ma è vero! Sei... sei come un albero d'inverno! Poetica! Ossimoro vivente! ...E sei stupenda"
"Oh, Moon! Stupida... fai il prossimo oggetto... ti prego... Mi stai mettendo in imbarazzo!"
Moon rise, finalmente più sciolta, ed eseguì: "Ecco qualcosa di un poco più magico" fece rotolare ai piedi della compagna una pigna. "Mi è caduta addosso mentre cercavo qualcosa di assai diverso... analogamente a cosa hai fatto tu". Ice diede un colpetto al fianco di Moon: "Mi piace"
"Ice, su! Entusiasmo! Stiamo arrivando alla mia ultima scelta e... vorrei dire qualcosa di serio"
"Vai"
Moon annuì e mise ben in mostra una manciata di bacche rosse. Commentò: "Non so se queste siano velenose o benigne..." guardò Ice nel profondo: " come te. Potresti portarmi alla fine, tanto quanto rendermi la gatta più felice del mondo"
"Ad ogni modo durerò un attimo, che tu viva o muoia, io verrò ingoiata e scomparirò per sempre..."
"E qui ti sbagli: se non mi ammazzi diverrai parte di me sotto forma di energia che mi manda avanti finché vivo. Sarai per sempre con me in ogni azione che compio"
"Allora, Moon, vuoi assaggiarmi?"
"Credo che rischierò"
Le due, o meglio "quella", dato che lo stesso cuore batteva nei due petti incrostati di luce lunare, si allontanarono per tornare nella tana a riposare la loro prima notte, rannicchiate assieme.
Fra gli alberi, sotto due foglie legate assieme dal soffio di un ragno, rimasero degli strani oggetti: un vetro, uno scarabeo morto, delle bacche succose.
La mattina seguente lo scenario era appena cambiato: c'era il vetro, l'insetto, pure la frutta, ma vi si era aggiunto un topo morto. Un bel topino, marrone, giovane: forse un po' magro. Il sole lo accarezzava, impietosito. I suoi raggi caritatevoli gli illuminavano il manto ancora pulito dalla vita. La luce adornava il succo rosso, che gli colava dalla bocca.

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