Ritrovarsi

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La notte stava cambiando.
I primi raggi del sole tentavano di tirarsi su, oltre le montagne che nascondevano la vista della sfera infuocata. La luna, ostinata, continuava a mostrarsi, tale e quale ad un tatuaggio sulla volta celeste.
La luce iniziava a mutare, tendendo ad un vago rosa.
Un cervo bramì lontano e corse via mentre un leprotto sgranocchiava una carota. Gli uccelli cantavano canzoni melodiose, ogni cinguettio solitario unito in una soave sinfonia il cui sottofondo erano le foglie fruscianti assieme al gorgoglio di un ruscello e il cui ritmo era scandito dal frinio di alcuni rari ma rumorosi grilli.
Moon, addormentata, si muoveva nel sonno e ringhiava a mezza voce. Il suo manto marrone -come un raggio di luce più forte e coraggioso era faticosamente riuscito a illuminare la sera passata- era piuttosto sporco. La gatta muoveva la coda a scatti, aggiungendo polvere alla sua peluria già piuttosto sudicia.
Non pioveva da settimane. La neve si era sciolta in un battibaleno e il sole batteva forte e inflessibile, i giorni passati. La flora era rigogliosa nonostante il caldo, e la fauna prosperava. Probabilmente Moon, la strana viandante di quelle terre, era l'unica creatura vivente che pareva non avere pace.
Le sue grida agonizzanti quando si risvegliava, presa da un pazzo orrore, dai suoi sogni, terrorizzavano l'intera zona attorno alla caverna dove aveva trovato riparo. I suoi occhi verdi, eppure così stranamente simili al sangue quando rilucevano di piacere nell'assassinio, erano narrati come i più spaventosi tu potessi mai vedere. Forse si sarebbero vagamente ravveduti se uno soltanto avesse avuto il coraggio di fermarsi abbastanza a lungo per scoprire la paura stampata a fuoco sul muso della gatta, non appena l'eccitazione della morte la abbandonava. Se anche solo una buona anima si fosse presa il peso di attendere qualche attimo prima di correre via si sarebbe certo accesa di compassione, poiché mai un'espressione tanto sola e smarrita aveva scrutato la foresta, alla vaga ricerca di qualcosa. Qualcuno.
Eppure la gatta, nonostante quanto tutto pareva indicare, non era sola. Semplicemente non aveva ancora gli occhi per rendersene conto.
Un altro cuore si aggirava quella notte di sogni turbolenti, fra gli alberi anneriti dalla notte. Ice camminava con calma. Lei, a differenza di Moon, si rendeva conto di essere presa da una ricerca più che necessaria per la buon riuscita della sua esistenza.
La camminata leggiadra di Ice non disturbava nemmeno la creatura più attenta. Pareva non avesse peso. Le sue impronte appena segnate scomparivano quasi nello stesso istante in cui la zampa se ne staccava.
La giovane gatta bianca e nera -i cui occhi azzurri rilucevano facendo incantare la luna alla vista del cielo cristallino che mai avrebbe incrociato- era in effetti come in un sogno. La leggerezza della sua anima era ricaduta, sorprendentemente simile, sul suo corpo. Tutta la fatica, la paura, l'odio... Ogni orribile sentimento era evaporato con l'inspiegabile sicurezza di essere infine giunta a destinazione. Mancavano pochi metri alla tanto agognata gioia, ormai: colei che aveva trasportato per il cuore Ice, senza permetterle via di scampo, da lungo e dolcissimo tempo.
Il felino raggiunse con tranquilla giovialità l'imbocco di una grotta e lì si immobilizzò, sgranando gli occhi, presa da un sentimento così forte da non lasciarle scampo.
Aveva trovato la fine delle sue fatiche.
Moon si svegliò di soprassalto. Il suo petto si alzava ed abbassava troppo velocemente. Il cuore pareva pronto ad esplodere.
Cosa stava accadendo?
La gatta castana cercò nel buio una risposta. Che sogno stava facendo fino a pochi istanti prima? Non ricordava mai i propri incubi, nonostante ogni notte, ne era sicura, si presentasse sempre il medesimo.
Cercò di riprendere fiato e si rilassò appena, socchiudendo gli occhi stanchi; poi sul suo muso esausto e scosso esplose un tocco di colore.
Qualcuno, o meglio quel Qualcuno, stava fermo davanti all'ingresso della caverna.
Il suo cuore s'immobilizzò.
La luce soffusa dell'alba si infiltrava dentro solo attraverso piccoli spiragli; abbastanza grandi, però, da far intuire la forma della creatura immobile. Una gatta.
Moon sentì gli occhi riempirsi di lacrime, "l'anima ha il suo peso". Una voce soave, proveniente dal profondo del suo petto si propagò nel suo intero corpo e le rimbombò nella carne, distendendole ogni muscolo.
La gatta marrone tentò in vano di tirarsi in piedi, scoprendo di non riuscire a reggere tutto ciò che le era entrato dentro. Calde lacrime le rigarono il pelo. Come il sangue di mille prede aveva fatto migliaia di volte scivolarono lungo il muso, sul petto, per poi crollare a terra ed essere assorbite dal terreno, schiacciate da una forza troppo grande.
Un singhiozzo le esplose nelle orecchie. Alzò gli occhi verdi, non più sanguinari ma ripuliti da un pianto puro, e aprì appena la bocca, sorpresa: la gatta apparsa dal nulla stava singhiozzando.
Moon sbattè ripetutamente le palpebre bagnate, facendo crollare a terra qualche lacrima senza sentimento, nello sbigottimento.
Ice la guardò con occhi velati. "Dunque sei tu... sei tu... Dunque... Le tue lacrime sono le mie..." pensò, commossa, e si lasciò abbandonare da qualunque forza. Si accasciò sulla terra pregna di pianto, imitando la gioia tramutata in gocce che le colava dagli occhi.
La luce di un rosa intenso proruppe nel cupo interno, unendo le due sagome addolorate. Le due ombre si allungarono, sino a diventare un'unica forma.
Quando Moon alzò lo sguardo rimase abbagliata qualche secondo, poi la luce la aiutò a comprendere meglio quell'improvviso tutto.
Un raggio rosato accarezzò la schiena rilassata di Ice mettendo in evidenza la cicatrici che il pelo nascondeva. Moon rimase senza parole alla vista di tutta quell'artistica distruzione. Scoprì che il suo animo si dibatteva, accecato da una felicità incomprensibile.
La luna scompariva pian piano sopra la testa chinata di Ice. Moon la fissò, la sua eterna e splendente omonima.
La ringraziò fra le lacrime che avevano ripreso a scendere incessanti, più profonde di un mare tempestoso. La ringraziò con tutta la forza che era in grado di mettere in una preghiera.

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