La Quarantena

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Le speranze dei ragazzi e dei docenti dei licei Da Vinci e Buonarroti furono vane: lo stato di quarantena venne prolungato con un nuovo dpcm del presidente Conte prima al 13 aprile, poi al 4 maggio; la pazienza di ciascuno andava assottigliandosi: i giovani non potevano uscire, incontrarsi, i luoghi di aggregazione incriminati come piazze di spaccio della droga; gli adulti si barcamenavano tra lo smartworking, i lavori di casa e il ritmo sonno-veglia parecchio alterato.
Laura cercava di mantenere vivo l'interesse dei suoi alunni per le lezioni, perché dall'inizio della pandemia li percepiva sempre meno motivati; se poi a questo vi si aggiungeva il fatto che diverse classi del Da Vinci a giugno avessero la maturità ma nessuna garanzia su come sarebbe stata la situazione nazionale e internazionale Coronavirus permettendo, la prospettiva diventava quantomeno tragica.
Con il programma di Letteratura Italiana la Castelli era ormai arrivata a D'Annunzio, sebbene la poetica di un artista che voleva vivere una vita al massimo non fosse proprio in linea con il periodo storico corrente: tuttavia i ragazzi della III C erano tutti attenti e intenti ad ascoltare la loro mitica prof che scandiva ritmicamente i versi de "La pioggia nel pineto" sfidando il suono a volte metallico e a scatti con cui usciva la sua voce su Google Meet:

Taci! Sulle soglie del bosco
Non odo parole che dici umane
Ma odo parole nuove
Che parlano gocciole e foglie lontane
Ascolta! Piove dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici salmastre ed arse
Piove sui pini scagliosi ed irti
Piove sui mirti divini
Su le ginestre fulgenti di fiori accolti
Sui ginepri folti di coccole aulenti

Nel componimento che il poeta-vate aveva dedicato ad Eleonora Duse, ognuno degli studenti rivedeva la sua situazione sentimentale, brutalmente castrata dalla pandemia: Mario pensava a Giulia nella sua enorme villa solitaria; Gabriella pensava al giovane Anselmi e alla loro notte insieme a Milano; Lucrezia e Nicola non vedevano l'ora di riprendere quella loro vita di coppia simbiotica che li contraddistingueva da quattro anni; Riccardo ed Erika rimuginavano sulle rispettive solitudini.
Intanto la professoressa era arrivata già ai versi più celebri ed emozionanti:

Piove sui nostri volti silvani
Piove sulle nostre mani ignude
Sui nostri vestimenti leggeri,
Sui freschi pensieri
Che l'anima schiude novella
Su la favola bella
Che ieri ti illuse
Che oggi mi illude
O Ermione

<< Sentite l'utilizzo delle parole, ragazzi? D'Annunzio le sceglie apposta per la loro musicalità... >> li portò ad osservare la donna.
<< Sarebbe più bello dal vivo e non su Meet... >> sospirò Lucrezia.
<< Diverse volte la sua faccia si è pure bloccata, prof >> aggiunse Riccardo.
<< Lo so, e condivido il vostro disagio. Ottenere la linea Internet anche a casa mia è una guerra. Ma per trasmettervi il sapere necessario per gli esami, la combatterei volentieri... >> li comprese la docente.
A quel punto tutti furono più rasserenati: la loro insegnante preferita sapeva rendere meno duro perfino il Covid-19.

                                    ***

Alla fine della lezione, nei quindici minuti di pausa che c'erano tra quella della Castelli e di De Sanctis, Diego venne a bussare in camera di Erika.
<< Che c'è? >> fece quest'ultima.
<< Devi assolutamente darmi una mano con questi esercizi per la prossima lezione serale... >> la pregò il fratello, allungandole un quaderno con degli esercizi di analisi logica.
La ragazza lo guardò con gli occhi azzurri pieni di supponenza per la basicità dell'argomento.
<< Quale sarebbe il problema? >> gli domandò.
<< Come lo distinguo esattamente un complemento di moto a luogo da uno di termine? Sono maledettamente simili! >> esplicò il maggiore.
La minore fece appello a tutta la sua pazienza: dopotutto Diego si stava prendendo il diploma di terza media apposta per Asia, e quindi ci teneva a fare bella figura.
<< Il complemento di termine è quando tu soggetto fai qualcosa, cioè il verbo, a qualcuno, che è un altro soggetto su cui termina l'azione. Il complemento di moto a luogo è dove tu soggetto devi andare >> gli spiegò.
<< Grazie, sorellina. Fosse mai che Asia e la Castelli pensano... >> rispose lui.
<< Pensino >> lo corresse lei.
<< Eh sì, pensino che io sono... >> continuò l'uno.
<< Sia >> intervenne di nuovo l'altra.
<< Che io sia ignorante. Insomma, si stanno spendendo una cifra per me... >> concluse l'ex ladro.
<< Ascolta, Diego. Tanta gente si prende la licenza media alla tua età. È vero, adesso con la pandemia è tutto più difficile, ma sono sicura che la loro fiducia nei tuoi confronti potrebbe davvero fare la differenza per te >> lo incoraggiò l'alunna davinciana.
<< Per noi. Lo studio ci può davvero fare affrancare rispetto al quartiere... >> commentò il ragazzo, mentre le indicava che stava per cominciare la lezione di De Sanctis.
Si salutarono, poi Erika si collegò di nuovo; la strada per l'emancipazione attraverso lo studio era lastricata di linee intasate e chat che saltavano, ma lei non aveva alcuna paura di camminarci.

                                       ***

Una volta finita la sua lezione, Virgilio telefonò a Miriam: i loro piani contrastanti per suscitare le rispettive gelosie parevano aver funzionato, e da un mese i due si videochiamavano spesso su Skype, qualche volta anche alle diciotto per fare insieme l'aperitivo, ognuno rigorosamente a casa sua.
<< Allora, come vanno le tue lezioni a distanza? >> domandò la Debandi.
<< Eh, beh... I ragazzi sono motivati, ma spiegare Nietzsche su Google Meet non rende quanto dal vivo... >> commentò De Sanctis.
<< Lo so... E non ti credere che con i miei ragazzi sia diverso... La Storia e la Filosofia dal vivo sono tutta un'altra cosa, non c'è niente da fare >> decretò lei.
<< Chi l'avrebbe mai detto che un virus piccolo piccolo avrebbe tirato su un casino di entità mondiale? >> sospirò lui.
<< Ce lo insegna la Storia: la peste, la lebbra, il vaiolo, la spagnola, la tubercolosi, l'asiatica, la mucca pazza, la Saars, l'aviaria, la suina... sono tutti precedenti >> gli ricordò l'una.
<< Non vedo l'ora che tutto questo finisca >> disse l'altro.
<< Sapessi io... Ma sono convinta che dal 4 maggio le cose andranno solo meglio >> lo rassicurò la prima.
Il secondo sorrise: amava la sua solarità e la sua positività; Virgilio era sempre stato un pessimista cosmico, come Leopardi, ma sentiva che con una persona così al fianco tutta quella situazione avrebbe pesato meno.

                                    ***

<< Oddio, ma sei sicura che sia tutto virtuale? Con questo binocolo che si muove sembra di stare veramente dentro il Museo del Louvre... >> commentò Enrico, mentre davanti al PC era contemporaneamente sul sito dei Musei a distanza e collegato su Skype con Ilaria Massoni, con cui aveva cominciato ad uscire, pur rimanendo dentro casa.
<< Il senso è quello, Enrico. Il binocolo del sito deve avere una certa profondità, come se noi stessimo realmente camminando dentro il Louvre >> spiegò Ilaria.
<< Ma dal vivo non mi viene il mal di mare! >> esclamò lui.
<< Se non vuoi andare al museo a distanza con me, fai come ti pare. Ma poi non ti lamentare che non si può fare niente >> lo ammonì lei.
<< E va bene, forse hai ragione. Mi lamento troppo. Ma è difficile vedere tutte queste cose belle da un computer e sapere che non ci si può andare perché il virus si diffonde anche con l'aria... >> dichiarò l'uno.
<< Senza contare che abbiamo dovuto festeggiare Pasqua e Pasquetta chiusi in casa, e presto anche la Liberazione e la Festa del Lavoro... >> gli diede manforte l'altra.
<< Ormai non credo neanche più anche allo slogan "Andrà tutto bene"... >> disse il primo.
<< Io non ci ho mai creduto. Ma vabbè, è stato un modo come un altro di stare su, per la gente, come i flashmob ai balconi e i tutorial su Internet... Io ad esempio trovo tutto questo pacchiano... >> decretò la seconda.
<< Allora non dovresti mai conoscere i miei vicini... i primi di marzo cominciavano a cantare alle nove del mattino e finivano alle otto di sera! >> scherzò Piani.
<< Spero di incrociarli poco e niente, quando verrò da te... >> replicò la Massoni.
Era una cosa che ripetevano spesso, il fatto che un giorno avrebbero visitato le rispettive case, lo consideravano un sintomo di normalità.

                                    ***

La solitudine di Giulia era ampliata anche dalla grandezza di Villa Lanfranchi Della Roccaforte: più girava per le innumerevoli stanze per l'abitazione, più rimpiangeva Villa Torlonia e gli incontri con Mario sempre sul filo del rasoio, a temere che Manuel li scoprisse; adesso li sentiva entrambi su Skype, uno perché lo amava veramente, l'altro perché non aveva il coraggio di lasciarlo: la pandemia le aveva fornito la scusa per rimandare, di nuovo, quella decisione che avrebbe dovuto prendere sotto Natale, se non fosse stato che dal suo fidanzamento con Billotta sarebbero dipese le sorti della sua famiglia.
Le uniche con cui faceva le videochiamate volentieri e senza scheletri nell'armadio erano, come sempre, Cinzia e Asia: si ritrovavano tutti i giorni a una cert'ora, come quando si incontravano o alla villa, o al ristorante dei Castroni, o ancora sul muretto del cortile di casa Lentini.
La canzone di Emma Marrone, "Luci blu", faceva da sottofondo alle loro conversazioni a distanza:

Girano così
Le cose sai com'è
Che sembra puoi far tutto
E invece non puoi fare niente
Io ancora non ce l'ho
La pillola del tempo
Che se la prendo torno
Torno e mi risveglio da te, eh

<< Tu lo sai che entro il 4 maggio devi deciderti tra Mario e Manuel, sì? >> la incalzò Asia.
<< Sì, lo so. Ma lo sapete com'è... Vorrei vedere voi al posto mio! >> ribatté Giulia.
<< Magari ci stessi al posto tuo... >> sospirò Cinzia sognante.
<< Guarda, io Manuel te lo cedo volentieri, solo che ci devi venire a parlare tu con i miei! >> replicò la Lanfranchi Della Roccaforte.
<< Il loro giudizio ti condiziona più di quanto tu non riesca ad ammettere >> la inquadrò la Lentini, in tono neutro.

E ci resto fino a quando
Non ho capito dove sbaglio
Finché non ho imparato a renderti felice
Finché non ho imparato a renderti felice

La giovane nobile non rispose: la sua amica aveva ragione.
<< Visto, come non detto >> continuò quest'ultima.
<< Forse con la pandemia si saranno ammorbiditi. Puoi dire loro che il Coronavirus ti ha insegnato che la vita è un soffio, e che bisogna viverla prima che una cellula di Covid-19 ti porti via... >> ipotizzò la Castroni.
<< Certo, e poi si conclude il tutto con "Volemose bene"... Cinzia, ti prego con questo miele... >> berciò la prima.
La seconda rise al sarcasmo dell'amica.
<< Però sarebbe un atto coraggioso! >> si difese la terza.
<< Ci penserò. Ma dopo il 4 maggio... >> fece allora Giulia, mentre la canzone arrivava al ritornello:

Oh, ti prenderò in braccio
Senza stringere troppo
Per non farti male
Per non farti male
Ma abbastanza da non farti cadere giù
Oh, si accendono le luci blu che
Facciamo l'amore
Poi ti lascio andare, ciao

A un certo punto suonarono al campanello, e poco dopo la cameriera venne a bussare alla porta della camera di Giulia.
<< Sì, Anna? >> fece quest'ultima.
<< È stato lasciato un pacco per lei, davanti al portone >> le comunicò la dipendente della villa.
La ragazza la seguì giù per le scale, poi corse fino alla porta di casa e notò che uno dei rider che tanto scarpinavano da un luogo all'altro non potendo le persone uscire di casa, aveva lasciato per lei una cassa di legno con il logo della "Mozzarelle Billotta", ripiena del noto prodotto caseario; sopra c'era un biglietto con su scritte poche righe con la calligrafia di Manuel:

A Giulia mia,
che è bianca e bella
come 'na mozzarella

Non seppe dire se quella specie di poesia le facesse più schifo o più pena, ma Cinzia e Asia avevano ragione: doveva assolutamente mettere un punto a quell'agonia prima che fosse troppo tardi.

                                      ***

A partire dalla fine di febbraio Marina aveva cominciato a convivere con un terribile sospetto, ovvero quello che suo marito la tradisse: questo sospetto aveva iniziato a diventare fondato dall'inizio del lockdown, quando Edoardo si era sempre visto meno in giro per casa e sempre più al piano di sotto, nel suo studio, a parlare concitato su Skype con qualcuno; la Baiocchi aveva chiesto la complicità delle cameriere della loro villa e più d'una le aveva giurato, mettendosi ad origliare dietro la porta dello studio, di aver sentito il signor Edoardo parlare con una donna.
La preside del Buonarroti aveva raccolto le energie necessarie ad affrontare un vis-à-vis con quel coniuge che le era sempre stato fedele e che, sicuramente da qualche mese, intratteneva una relazione con un'altra.
Una sera Edoardo risalì dallo studio più tardi del solito e Marina lo aspettò in camera da letto, con i suoi cuscino e pigiama in mano, tirandoglieli addosso non appena lo vide entrare dalla porta.
<< Ma sei impazzita? >> si stupì lui.
<< Nient'affatto, anzi. Finalmente sono lucida per capire che sei un fedifrago! >> lo attaccò lei.
<< Ma che cazzo stai dicendo? Mica ti tradisco! >> si difese l'uno.
<< E chi sarebbe allora questa Sofia? >> domandò l'altra.
Ponto trasalì a sentire il nome di sua figlia pronunciato dalla moglie e si accorse che avrebbe dovuto dire la verità, anche se avesse fatto male.
<< Che ne sai tu di Sofia? >> esordì.
<< Ti vedevo strano, sospetto. E allora ho chiesto alle cameriere di origliare le tue conversazioni, ma adesso dimmi chi cazzo è questa Sofia e cos'ha più di me! >> spiegò la preside, autoalimentandosi.
<< Sofia è mia figlia >> confessò, le parole impietose come la pioggia improvvisa quando non hai l'ombrello.
<< C... come tua figlia? >> chiese la donna, con un filo di voce.
<< Vent'anni fa, quando eri incinta di Tommaso, sei diventata fredda, distante. Non era la prima volta visto che avevi affrontato due gravidanze, ma quando Maria è entrata dalla porta della banca mi sono sentito come se prima di lei non ci fosse stato niente nella mia vita. Né tu, né Arianna e Chiara, né tantomeno il bambino in arrivo. E Maria ricambiava, almeno fino a quando non è nato nostro figlio. Mi ha allontanato lei, perché non voleva niente da me... Per questo mi ha nascosto l'esistenza di Sofia! >> argomentò l'uomo.
<< E poteva continuare a nascondertela un po' meglio! >> ribatté furiosa la prima.
<< È stata lei a cercarmi, perché ha avuto la possibilità di scoprire chi ero e l'ha sfruttata! >> specificò il secondo.
<< La ragazza di Via del Corso... Ecco perché si è avvicinata a noi con l'inganno... E il suo fidanzato era il figlio di Laura... Quella stronza sfigata lo sapeva e mi ha mentito, voleva vendicarsi del fatto che fossi stata sempre meglio di lei, colpendomi nel mio punto più debole... La mia famiglia! >> si rese conto la Baiocchi, scioccata.
<< E anche se fosse, la biasimi per averla aiutata a mettersi sulle mie tracce? Sono suo padre, porca putt... >> fece Ponto, ma la moglie lo interruppe.
<< Zitto, devi stare zitto! Anche se siamo in lockdown e non posso andarmene nella casa a Positano o in quella a Ortisei non voglio vederti proprio, quindi marginalizzati, assottigliati, smolecolati se necessario ma non parlarmi, Edoardo! >> sbottò lei.
<< Marì... >> tentò di farla ragionare lui.
<< Non ho alcuna intenzione di tornare indietro. Mi hai fatto troppo male >> dichiarò Marina, in conclusione.
L'idea che suo marito avesse avuto una figlia fuori dal loro matrimonio perfetto aveva mandato in frantumi tutte le sue certezze.

                                      ***

Laura aveva perso la percezione del clima: era iniziata la pandemia che si portava ancora il cappotto e adesso le persone giravano a mezze maniche.
Tornò con le buste della spesa perché quella sera avrebbe cucinato il sushi, esattamente come le aveva suggerito Beatrice; la pandemia aveva dato loro motivo di contrasto, ma le aveva anche aiutate a smussare i rispettivi spigoli che avevano appuntito negli anni l'una nei confronti dell'altra.
<< Sono tornata! >> esclamò la prof, non appena rincasò. Ma nessuno parve darle ascolto: sentì piuttosto delle risate, esattamente di uomo e di donna. Riconobbe Beatrice e Gabriele ma, per togliersi il dubbio, si incamminò a passo spedito fino al soggiorno, dove i due facevano un piccolo aperitivo e sembravano divertirsi un mondo mentre parlavano del più e del meno, il tutto senza indossare né mascherine né guanti, mentre la Castelli, provenendo dall'esterno, era tutta bardata; una primordiale sensazione di fastidio le fece salire il sangue al cervello.
<< Beatrice, Gabriele! >> esclamò.
<< Oh, ciao Laura. Bea mi ha invitato per un aperitivo... Vuoi unirti a noi? >> esordì sorridente il suo ex marito.
<< Sì, volentieri. Per dirvi che siete due incoscienti! Ma vi siete visti? Senza mascherine né guanti, vicini che nemmeno due adolescenti in amore... >> si infervorò la Castelli.
<< Vabbè, ma tanto né Gabri né io abbiamo il Coronavirus... >> cercò di giustificarsi la rappresentante di cosmetici, ma sua sorella minore la guardava torva.
<< Ci metterei la mano sul fuoco che quest'idea cretina è stata tua, Beatrice! Ma come, faccio di tutto per rispettare le regole e incentivare anche voi, e poi inviti gente per l'aperitivo? >> inveì quest'ultima.
<< "Gente"... È Gabriele, il tuo ex marito, non uno sconosciuto! >> si difese la maggiore.
<< Io non capisco cos'hai al posto del cervello. Forse è per questo che non hai combinato niente nella vita... >> continuò la minore.
<< Laura, non ti sembra di esagerare? >> intervenne il medico.
<< E invece non mi fermo perché finalmente posso dire quello che penso! Hai quarantacinque anni e fai la rappresentante di cosmetici sui social, non hai un marito, non hai figli e neanche un po' di prudenza nel bel mezzo di una pandemia mondiale! Io non ce la faccio più a farti da balia... >> concluse la prof, lasciando cadere le buste per terra, prendendo le chiavi e andando di nuovo via.
<< Cerco di farla ragionare... >> promise Gabriele a Beatrice, raggiungendo l'ex moglie, diretta in cortile.

                                      ***

Il suo intuito lo guidò correttamente: Laura si trovava appoggiata sul muro vicino al bar che fino all'anno prima era stato di Mauro Parisi, e che ora apparteneva ai Righi, di fronte a quello che era il ristorante dei Taheri e che ormai aveva come titolari i Castroni; con la pandemia avevano dovuto chiudere entrambi e aspettare il 4 maggio per organizzarsi eventualmente con il servizio da asporto.
<< Non credo che se li fissi riapriranno >> esordì il medico, posizionandosi accanto all'ex moglie.
<< Come hai fatto ad immaginare che fossi qui? >> chiese quest'ultima, anche se sapeva bene la risposta.
<< Da quanto ci conosciamo, io e te? >> la fece ragionare lui.
<< Ormai sono più di vent'anni >> ammise lei.
<< Solo io posso sapere che quando le cose non vanno, ti rifugi qui a rimuginare su quanto era meglio prima >> indovinò l'uno.
<< Ma perché prima era meglio. A parte il Coronavirus, era tutto più semplice: sapevi cosa c'era sotto casa, quali avventure ti aspettavano fuori, chi avevi accanto... >> motivò l'altra, guardandolo negli occhi.
<< E adesso non lo sai? >> domandò il primo, ricambiando lo sguardo.
<< È che siamo troppi: io, te, i ragazzi, le loro fidanzate, Beatrice e Giovanni... >> commentò la seconda.
<< Preferivi quando eravamo in pochi ma buoni? >> volle sapere Gabriele.
<< Hai presente quando hai sempre mangiato panini e poi all'improvviso la vita ti dà la possibilità di mangiare ostriche e caviale? Ne mangi a volontà  perché sei preso dal gusto del nuovo, poi però ti stomacano e desideri di tornare a mangiare solo panini? Ecco, io mi sento così >> argomentò Laura.
<< Beh, deve sempre arrivare il momento in cui capisci quanto sono buoni i panini... >> si accordò l'uomo, seguendo la metafora della donna.
E fu sull'onda della metafora che si baciarono, una volta e un'altra e un'altra ancora, fino a che non pensarono che forse era meglio rifugiarsi nelle cantine, lontano da occhi indiscreti.
Scesero le scale, accesero la luce, chiusero la porta alle loro spalle e si buttarono su un vecchio materasso, tra le robe vecchie e le damigiane di vino, in barba a tutte le regole sul distanziamento sociale, in barba a Beatrice e a Giovanni, perché dopotutto stavano ancora divorziando, e davanti agli occhi della Legge e della Chiesa erano ancora marito e moglie.
Si tolsero i vestiti, si toccarono ovunque come se si scoprissero per la prima volta, si amarono come non si erano mai amati prima o come non si amavano più da tanto, troppo tempo; e quando lui fu dentro di lei, la Castelli sentì che forse aveva sbagliato tutto e solo adesso sentiva finalmente di essere tornata a casa.
Il cellulare, messo in modalità silenziosa, le squillò a vuoto: era Giovanni, ed effettuò una serie di chiamate a cui però la prof non rispose.

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