Restate a casa!

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Nessuno poté immaginare che il Coronavirus, a partire dal famigerato "Paziente Uno", passasse da una serie di episodi isolati a diventare un'emergenza sanitaria a livello globale, a tal punto che il presidente del consiglio dei ministri Giuseppe Conte fu costretto ad emettere un primo Dpcm il 4 marzo che imponeva di restare a casa almeno per dieci giorni, e un secondo il 9, dove prolungava lo stato di quarantena per l'intera Italia fino al 3 aprile.
La notizia lasciò tutti sgomenti, durante quella diretta del telegiornale delle venti e trenta, dove il premier leggeva i punti del decreto che forse tutti si aspettavano, ma che nessuno immaginava davvero.
<< Quindi noi dobbiamo stare schiaffati dentro casa, senza vedere nessuno per un mese? >> saltò su Sofia, che al pensiero di non poter vedere quel padre ritrovato da pochi mesi si sentiva morire dentro.
<< È la legge, Sofia. Possiamo uscire solo per andare a fare la spesa, per andare in ospedale o per altre motivazioni strettamente necessarie, come gli acquisti in farmacia o andare a buttare l'immondizia >> disse Laura.
<< E il tutto muniti di mascherina e autocertificazione compilata >> puntualizzò Giovanni.
<< Cercate di guardare il lato positivo... Insomma, passeremo più tempo insieme! Ci ritroviamo sempre così poco... >> intervenne Beatrice, cercando di stemperare la tensione.
Si guadagnò solo le occhiatacce del resto dei commensali.
<< E Loredana e io? Quando ci vediamo? >> scattò Franco.
<< E mio padre? >> si accodò Sofia.
<< A proposito di padri... Chi glielo dice a papà che ci abitiamo di fronte e non ci possiamo incontrare? Sempre che a qualcuno importi di lui, qua dentro... >> si alzò Alberto infastidito, lasciando la tavola.
<< Ci sono i balconi... >> cercò di convincerlo sua madre. Ma non ci fu niente da fare, anche perché Laura immaginava che il Covid-19 aveva soltanto acuito un rancore che suo figlio minore si portava dentro da settembre: non gli aveva mai perdonato la separazione da Gabriele e il suo nuovo sentimento per Giovanni.

                                      ***

Laura bussò alla porta della sua stanza. Non udì risposta.
<< Posso entrare? >> chiese garbatamente.
<< Come vuoi >> fece suo figlio da dietro la porta.
La preside del Da Vinci si fece strada all'interno di quella che era diventata la camera da letto di suo figlio e della fidanzata Sofia, e che in quel frangente le ricordava drammaticamente quando, due anni prima, morì Bianca Ventoni e lui si rintanò lì dentro poco prima della maturità e venne tirato fuori proprio dalla Tindari.
<< Ascolta, lo so che questa cosa può essere terribile. Per tutti, io non mi chiamo fuori... >> esordì.
<< Ah sì? Io pensavo che non vedessi l'ora di passare tutte queste ore supplementari col tuo Giovanni... >> rimbeccò il ragazzo.
<< Adesso sei ingiusto, Alberto. Io mi riferivo alle scuole, che chiuderanno per un mese se tutto va bene, e lo sai che in quanto preside il Da Vinci è tutta la mia vita! >> replicò offesa la donna.
<< Ecco, lo vedi? Non ti si può dire niente, perché fai certe scelte tali che non sono mai riuscito a capire dove finisca mia madre e dove cominci la prof o viceversa. Comincio a pensare che tu abbia scelto Giovanni perché sia un collega, e che se non avessi insegnato saresti rimasta con papà... >> ribatté lui.
<< Mi sono innamorata di Giovanni perché è così che doveva andare. So che sei mio figlio, ma qui si tratta della mia vita privata e non sono tenuta a darti spiegazioni! E adesso scusa ma devo andare a sparecchiare, e sappi che chiederò di collaborare anche a te, visto che staremo a casa tutti insieme per molto tempo... >> decretò lei, lasciando la stanza.
L'insinuazione di Alberto, però, aveva colpito nel segno: forse aveva ragione su lei e Giovanni, forse se non fosse stato anche lui un insegnante non l'avrebbe degnato di uno sguardo.

                                      ***

Mario e Giulia si erano ricongiunti nel momento sbagliato: tra il San Valentino e l'inizio del lockdown - così era stato chiamato l'obbligo di restare a casa - non era passato nemmeno un mese, e tutto quell'amore grande che avevano dentro era stato compresso per colpa di un virus piccolo piccolo, che li aveva costretti a stare lontani e a ripiegare alle videochiamate su Skype.
<< Come vorrei che questo schermo non ci fosse. Mi manchi così tanto... >> sospirò lei.
<< Non dirlo a me. La connessione va e viene, e io ti sento con voce metallica e a scatti... Chissà come fa Gabriella con Vittorio... >> commentò lui. Aveva imparato a tenere il pensiero della notte d'amore a Milano con la sua migliore amica ai margini della sua mente, e a non struggersi nel ricordo di quanto fosse stato bello, di quanto sembrasse che Gabriella lo amava davvero, senza compromessi né titoli nobiliari da mantenere.
<< È perché loro sono abituati, hanno una relazione a distanza. Ma noi, che ci siamo visti in carne ed ossa fino al giorno prima, sentiamo particolarmente la differenza con la situazione che c'era fino ad un mese fa... >> specificò la Lanfranchi.
<< Già... Ma sono convinto che presto tutti torneremo ad abbracciarci e baciarci... >> promise Anselmi.
<< Hai ragione. Andrà tutto bene, e non solo perché lo dice lo slogan! >> concordò la giovane nobile.
Credevano ben poco a quell'affermazione, ma l'amore dava loro la forza per superare quel momento tragico.

                                      ***

Durante quei primissimi giorni di lockdown c'era anche chi, come Viviana e Christian, aveva cercato di mantenere le proprie abitudini, sia pure dentro casa: la Belli faceva gli allenamenti di danza, Donati suonava il piano per lei, il tutto collegati con i rispettivi PC tramite l'applicazione Zoom, una delle alternative a Skype.
Anche se stavano insieme da poco, sentivano come di conoscersi da una vita: parlavano di tutto, dal balletto classico alla musica fino agli sviluppi della pandemia, che diventavano ogni giorno sempre più tragici; il numero dei positivi al Coronavirus superava le centinaia di migliaia, i morti crescevano a ritmo impressionante. Il virus colpì da vicino anche Viviana: una sua compagna di danza venne ricoverata pochi giorni dopo che venne varato il decreto, e se ne andò nel giro di una notte, intubata in un letto d'ospedale, lei che a detta della Belli amava tanto la vita.
Per fortuna c'era Christian accanto a lei, anche se a distanza: sapere che stavano insieme la faceva sentire meno sola, in tutto quello sconvolgimento.
<< La cosa che mi fa più male di tutta questa storia è che Francesca non solo ha fatto la peggiore morte possibile, ma a causa del divieto di assembramento non ha nemmeno diritto ad un funerale! Tutto questo non è giusto... >> sostenne lei, visibilmente abbattuta.
<< Lo so, ma non possiamo lasciarci andare, altrimenti è peggio. Siamo io e te, e se crollerai sappi che ti raccoglierò >> promise lui.
All'aspirante etoile veniva quasi da piangere: quel giovane pianista in erba era il fidanzato migliore che potesse mai capitarle.

                                      ***

Se da una parte i decessi crescevano a dismisura, dall'altra la gente cercava di reagire come poteva, costruendosi una nuova quotidianità in cui puntualmente alle diciotto di ogni pomeriggio, come un appuntamento irrinunciabile, si verificava il flashmob sui balconi, sulle terrazze e nei giardini: la gente suonava, cantava, ballava e tentava di scacciare la cupezza con il potere dell'allegria e della positività.
Mentre Alberto, Franco e Beatrice si erano subito aggregati a questa iniziativa, Laura pensò che fosse una pagliacciata, e dopo qualche giorno la sua pazienza era esaurita tra inni nazionali e hits degli anni Ottanta.
Quella domenica mattina di uno strano e indefinibile mese di marzo, ormai giunto alle soglie dell'equinozio di primavera, la Castelli venne svegliata dalle note di un gruppo di vicini e dirimpettai, che da balconi diversi si erano dati appuntamento per cantare "La canzone del sole" di Lucio Battisti:

Le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi
Le tue calzette rosse
E l'innocenza sulle gote tue
Due arance ancor più rosse 
E la cantina buia dove noi
Respiravamo piano
E le tue corse, e l'eco dei tuoi no
Mi stai facendo paura

<< Anche tu sei infastidita da questo casino? >> esordì Gabriele, anche lui uscito fuori in balcone.
Laura vedeva pochissimo l'ex marito negli ultimi tempi, perché in quanto medico era chiamato a svolgere la sua professione a livello intensivo per la lotta al Coronavirus; i segni della mascherina chirurgica, portata per tante ore, gli aveva lasciato i segni sul volto. Era talmente eroico che lei quasi si sentiva in colpa ad averlo lasciato per Giovanni.
<< Pensavo dormissi, almeno la domenica >> ammise la preside del Da Vinci.
<< Vorrei, ma con questi che cantano è impossibile >> commentò il medico, mentre il gruppo di artisti improvvisati andava avanti con la canzone:

Dove sei andata, cos'hai fatto mai?
Una donna, donna dimmi
Cosa vuol dir sono una donna ormai
Se te lo chiedo non rispondi
O mare nero, mare nero, mare nero
Tu eri chiaro e trasparente come me
O mare nero, mare nero, mare nero
Tu eri chiaro e trasparente come me

<< Alla fine è il loro modo di esorcizzare la paura... >> osservò la donna.
<< È Giovanni che ti sta insegnando ad essere così tollerante? Una volta li avresti mandati tutti a fanculo in blocco... >> rifletté l'uomo.
<< Sono pur sempre una preside, ormai. Devo mantenere un certo tono... >> scherzò l'una.
<< L'autoironia, almeno quella ti è rimasta. Servirebbe un po' anche a noi, al Policlinico... >> fece l'altro.
<< Franco mi racconta sempre che è durissima, avere a che fare con la morte tutti i giorni... >> disse la prima.
<< Non riesco neanche ad esprimerlo a parole. È assurdo, sembra che tutta la medicina sia stata messa in ginocchio da questo microbo infernale. Certe volte nemmeno io confido nella scienza... >> sospirò il secondo.
Laura gli rivolse un sorriso d'incoraggiamento. << Sono sicura che come sempre troverai una soluzione >> lo rassicurò.
<< Lo spero anch'io. Comunque grazie >> concluse il dottore, mentre si salutavano.

O mare nero, mare nero, mare nero
Tu eri chiaro e trasparente come me

Le ultime note del ritornello si disperdevano per il caseggiato, seguite da un boato di applausi. Laura sperò che il Coronavirus finisse presto anche perché smettesse tutto quel trash.

                                     ***

Nemmeno Franco se la passava troppo bene, passando la maggior parte del tempo in ospedale come il padre, ma bene o male il suo lavoro continuava a svolgerlo, seppure a ritmi massacranti; chi invece si era ritrovata la situazione lavorativa completamente congelata era stata Loredana: il beauty center dove lavorava non sarebbe potuto riaprire prima del 3 aprile, e lei aveva perso da un giorno all'altro la sua quotidianità.
Franco era molto comprensivo con la Sollima, e cercava di tirarla su come poteva, anche a distanza: a Laura quella ragazza continuava a non piacere, pandemia o non pandemia; almeno suo figlio, sebbene il Coronavirus avesse traumatizzato tutti, si comportava con grande dignità, mentre invece la giovane estetista agli occhi della preside del Da Vinci non faceva che lagnarsi.
Stufa di quella sequenza di lamentele che le sembravano le telefonate tra i due innamorati, una mattina affrontò Franco.
<< Cosa ti ha detto oggi Loredana? È depressa perché le si è spezzata un'unghia oppure perché non può andare dalla parrucchiera a farsi le meches? >> lo provocò.
A quel punto il ragazzo si alzò in piedi, piccato.
<< Perché è da dicembre che le fai la guerra, mamma? >> scattò.
<< Perché sono tua madre, e a istinto sento che quella ragazza non è giusta per te >> confessò lei.
<< E chi sarebbe giusta per me? Concetta, che mi ha accannato per la Columbia University? >> fece allora lui, convinto di dove la madre volesse andare a parare.
<< Lei avrebbe affrontato l'emergenza sanitaria in maniera più dignitosa. Non si sarebbe lamentata ogni tre per due >> commentò l'una.
<< Ma tu che ne sai di come sta Loredana? Il beauty center dove lavora ha chiuso temporaneamente e non riaprirà fino al 3 aprile, cazzo! Ma un minimo di comprensione no, eh? >> rispose l'altro, voltandole le spalle per andare a prepararsi.
<< Anch'io non posso andare a scuola, ma non faccio tutte queste sceneggiate! >> gli gridò dietro la Castelli, ma il giovane fisioterapista sembrava non sentire ragioni.

                                      ***

Il Covid-19 aveva infranto anche il sogno di Emma e Vito di adottare un bambino: finalmente agli inizi di marzo sarebbe dovuto arrivare Amir, un bambino tunisino di otto anni, ma l'emergenza sanitaria aveva bloccato tutte le procedure; fortunatamente la Di Nardo aveva dato al piccolo i numeri di cellulare di lei e del compagno, e si videochiamavano quasi tutti i giorni, solo che ovviamente non era la stessa cosa.
Emma e Vito avevano imparato a usare le piattaforme online come tutti i loro colleghi: infatti le lezioni erano ricominciate per ogni ordine scolastico, e i ragazzi del liceo Da Vinci si erano dimostrati particolarmente volenterosi e pieni di voglia di fare; tuttavia in cuor loro speravano che quella situazione assurda finisse e che presto, insieme alla scuola in presenza, sarebbe tornato a funzionare anche il sistema delle adozioni.
<< Oggi a che ora hai lezione? >> chiese la donna al suo fidanzato mentre facevano colazione.
<< Seconda, quarta e sesta ora >> rispose questi.
<< Ricordati che oggi pomeriggio alle cinque ci telefona Amir dall'istituto! >> gli rammentò la docente di Letteratura Inglese.
Il collega di Educazione Fisica, per quanto avesse anche lui imparato a volere bene al piccolo tunisino, avrebbe voluto avvertirla di non affezionarsi troppo, perché se avevano fatto un buco nell'acqua con Aleksej qualche mese prima, non era detto che con Amir l'affidamento andasse a buon fine, a maggior ragione adesso che circolava il Coronavirus.
<< Ok, me ne ricorderò >> concordò tuttavia, per non darle un dispiacere.

                                       ***

<< Allora, come va questo lockdown? >> chiese Edoardo Ponto dal suo studio, al piano di sotto della villa dove viveva con la moglie Marina, mentre effettuava una videochiamata con Sofia.
<< Lasciamo perdere. Casa di Alberto è uno zoo: Laura battibecca in continuazione con Beatrice, Franco risponde male a chiunque gli critichi Loredana, Alberto lancia a Giovanni continue frecciatine perché tanto non sostituirà mai suo padre... E io lo capisco, perché i padri non si sostituiscono >> disse lei, scandendo per bene le ultime parole: si erano parlati in gran segreto, dopo che lui aveva chiesto spiegazioni a Maria, nonostante la donna gli avesse intimato di stare lontano dalla ragazza. La pandemia aveva fatto il resto.
<< Lo so. Ed è per questo che, quando tutto questo finirà, non vedo l'ora di passare con te tutto il tempo che abbiamo perduto >> la rassicurò lui.
<< Anch'io lo spero. La situazione è veramente insostenibile. Pensa che aspettiamo Ranieri Guerra per il bollettino delle sei a La vita in diretta, e non c'è momento della giornata in cui non si sentano le ambulanze... >> sospirò lei.
<< Finirà, vedrai. Anche perché Marina che fa workout e intasa la linea Wi-Fi coi tutorial "fai da te" è veramente insostenibile... >> rise il dirigente bancario.
La Tindari rise insieme al padre, sperando che non sopraggiungesse Marina e che ascoltasse tutto: non era pronta per avere una figliastra, e molto probabilmente non lo sarebbe stata mai.

                                        ***

Nella loro casa acquistata prima del lockdown, Claudia e Umberto avevano la possibilità di sperimentare la convivenza ventiquattro ore su ventiquattro e sette giorni su sette: si dividevano i momenti sulle piattaforme per fare lezione online ai ragazzi del Da Vinci, imparavano a fare le turnazioni per i lavori di casa e per le commissioni all'esterno - tutte rigorosamente con una serie di autocertificazioni da compilare ogni volta, precedentemente stampate - e cercavano di condividere delle esperienze insieme, anche se erano costretti a farlo da casa; i tutorial "fai da te" sul web si erano dimostrati un buon diversivo: la Ferrante seguiva dei corsi di cucina per avere quella dimestichezza ai fornelli che non aveva mai posseduto; Cecchi invece aveva scoperto il fascino dei lavori manuali, come quelli a base di legno e di ceramica.
Quella sera di fine marzo - era da poco entrata la primavera - la giovane insegnante aveva steso i cavatelli e li aveva fatti con il sugo dei pomodori direttamente coltivati in balcone.
Come sottofondo alla radio c'era il singolo appena uscito di Marrakesh insieme ad Elisa, "Neon - Le Ali":

Luci dei club, baci dei flash
Ori e gioielli che accecano lire
Lampi di neon
Squarciano il cielo e le paure che ho

<< Hanno un aspetto delizioso... Magari sono anche buoni! >> esclamò lui, mentre la sua fidanzata portava a tavola la tiella con i cavatelli al sugo fumanti.
<< Piano con i complimenti, poi va a finire che ci credo... >> scherzò lei, mentre cominciava a fare le parti.
<< Bella questa canzone... Le atmosfere molto dark ci stanno... >> osservò il docente di Latino e Greco, mentre la canzone di Marrakesh ed Elisa era arrivata al primo ritornello:

Quando ti senti giù
Tu resti dove la luce balla
Il neon brilla
Sembra una danza
Come fanno le star
Ti spegni se nessuno guarda più
Ma resti dove la luce balla
Chiudi il cielo nella tua stanza
La festa finirà
Solo la luna ti ti parla

<< Sì, decisamente. Mi ricorda quando con gli amici del liceo e dell'università festeggiavamo Halloween e stavamo fuori tutta la notte fino all'alba... >> commentò la collega in tono nostalgico, mentre cominciavano a mangiare.
<< Poi i cornetti alle sei a San Lorenzo e le nostre madri che ci facevano il caffè quando rincasavamo alle sette... >> si accodò l'uno.
<< Tornerà tutto questo? >> domandò l'altra.
<< Spero proprio di sì... >> fece il primo, mentre inforchettava sempre più di malavoglia.
<< Che c'è? >> chiese la seconda.
<< È un po' scotta, anche se apprezzo le buone intenzioni, eh... >> rispose Umberto, ma Claudia già guardava altrove, precisamente su un vasetto di ceramica che il suo compagno aveva costruito seguendo un tutorial. Il silenzio venne riempito dalla canzone alla radio, che continuava:

Luci dei brand, stelle dei led
Fari allo xeno, semafori e
Le scie dei jet
Squarciano il cielo e le paure che ho

<< Cosa stai guardando? >> le domandò l'uomo.
<< Capisco che ci stai prendendo gusto con gli oggetti in ceramica, ma mi perdoni se ti dico che sono meglio quelli di design? >> osservò la donna.
Cecchi guardò il vasetto: dovette riconoscere che era proprio bruttino. La Ferrante guardò la sua pasta fatta in casa. Poi si guardarono e bastò loro un attimo per essere sulla stessa lunghezza d'onda.
<< Il "fai da te" è una cazzata! >> decretò lui.
<< Le cose le devono fare i professionisti! >> gli diede manforte lei.
Intanto la canzone volgeva verso la fine:

Come un oceano di lamiera
Tra i cavi elettrici delle città
Restiamo collegati appena
La notte poi se ne va

Il lockdown si era portato via la stagione più bella dell'anno, ma non la certezza che un giorno tutto sarebbe tornato alla normalità e si sarebbero dimenticati ogni cosa di quegli "arresti domiciliari", soprattutto i tutorial dagli scarsi risultati.

   

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