Capitolo 1 - L'Eremita Capovolto

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Oltre la superficie del mondo empirico, più in là delle cose materiali, si espandevano dimensioni sconfinate. La loro energia si avvolgeva intorno agli esseri umani e ne raggiungeva la sorgente, il centro della loro intera esistenza.

Una stella.

L'Eremita camminava nel buio della sua dimensione.

Era fatto di pura luce, eppure, per quanto fosse intenso il suo lucore, non scalfiva l'oscurità che attraversava.

Anche se lento, l'Eremita si muoveva. Avanzava guardando davanti a sé, il nero tutt'intorno catturava il suo sguardo immenso.

Cercava la conoscenza, un tempo. Adesso credeva di possederla.

L'equilibrio tra le energie mistiche si andava spezzando. Non c'era più alcuna speranza.

Questa era la verità, la più importante. La Torre gliel'aveva confessata. Il buio gliel'aveva sussurrata.

Quando l'equilibrio delle cose era malfermo, il disordine apriva crepe immonde da cui entrava un altro tipo di energia.

Il caos.

Senza preavviso l'Eremita si fermò.

Spostò gli occhi e cambiò direzione.

I suoi passi trovarono una fonte di luce, altrettanto perfetta, altrettanto bianca. Aveva le dimensioni di una piccola stella. Apparteneva a qualcuno la cui anima era raminga in cerca di una soluzione.

I singhiozzi di Alina riecheggiavano da giorni nella sua camera da letto. Sotto le coperte teneva le mani poggiate delicatamente sul ventre.

La porta si aprì.

Alina soffocò le lacrime, strinse le palpebre, finse di dormire. Riconobbe i passi di suo marito. Lo sentì sedersi sul letto accanto a lei, stringerle la spalla. Tenne le palpebre chiuse, le labbra serrate. La sua perdita apparteneva ad entrambi, eppure era lei ad aver perso una parte di sé, non lui. Voleva solo che se ne andasse e che portasse via tutto il dolore.

Suo marito invece, si stese accanto a lei.

La stella animava l'oscurità che si allungava verso di lei con dita minuscole. L'Eremita avvicinò ancora un po', intravide i lineamenti di un neonato. La luce bianca della stella si rifletteva nei suoi occhi tristi.

L'Eremita comprese la sua sofferenza. L'equilibrio tra gli Arcani oscillava, quell'incertezza si rifletteva negli esseri umani con le forme caos. La sua energia stravolgeva la loro mente e infrangeva il loro corpo.

Con compassione allungò una mano e così le dita minuscole si ritrassero dalla luce.

L'Eremita toccò la stella.

Alina aprì gli occhi. La notte fuori dalla finestra era calata ancora più buia, con essa anche lei era ridiscesa in un'oscurità più profonda; dove la sofferenza non era che un ronzio. Sulle sponde della sua coscienza c'era una quiete innaturale. Non era certa che le appartenesse, né che fosse giusta, ma l'accolse con avido sollievo.

Si alzò. Le molle del letto cigolarono. Suo marito si mosse, cambiò posizione stendendosi su un fianco. Vide i lineamenti del suo volto alla luce lunare che fluttuava attraverso la finestra. Lo osservò a lungo e non provò amore, né odio, le pareva lontanissimo.

L'Eremita raccolse la stella. Quel gesto fu lento, impiegò la riverenza prudente dovuta a tutto ciò che è sacro, nei suoi occhi luminosi c'era la profondità della sua fede.

Alina aprì la finestra. Una brezza leggera mosse la tenda che le accarezzò le gambe. Fece un passo avanti. La calma della consapevolezza era un torrente dolce, ma profondo, le si era insinuato nelle vene, le aveva riempito il petto.

La verità era semplice. Non aveva alcuna speranza.

Qualsiasi cosa avesse fatto, qualsiasi cosa avesse fatto suo marito, non ci sarebbe mai stato un futuro in cui non aveva perso suo figlio. Niente sarebbe mai più stato giusto nella sua vita.

La stella tra le dita dell'Eremita brillò intensa per un breve istante.

Un altro umano aveva accolto la verità di quei tempi incerti.

Il caos sulla terra era...

Alina saltò giù dalla ringhiera di casa sua. Morì con la consapevolezza di essere morta ancora prima di toccare il suolo.

...da estirpare.

L'Eremita si rivolse al buio. Sapeva comprendere il suo linguaggio, sussurri concitati nelle sue orecchie. Ascoltò a lungo. Poi, ancora una volta, si mosse. Avanzò fino alla stella successiva.

Un altro umano. Era...

Ezio, seduto a terra con le spalle contro il muro della camera da letto di sua madre, si guardava allo specchio. Il suo riflesso era scosso da una risata sgradevole. Rideva di lui.

Il disgusto che avvinghiava lo sguardo di entrambi rimbalzava dall'uno all'altro.

Ezio abbassò gli occhi sul coltello da cucina che aveva nella mano sinistra. Era sporco di sangue, e non era il suo.

...infranto dal caos.

L'Eremita osservava la stella. Illuminava i lineamenti di una donna spaventata. Non voleva morire, lo supplicava senza voce. L'Eremita ricambiò il suo sguardo, ma sapeva la verità. Lei era già morta.

Era stato il caos che serpeggiava nella realtà, aveva agito con la mano di...

Ezio si alzò, fece attenzione a non scivolare sul sangue. Si piegò su sua madre, le accarezzò i capelli e le baciò la fronte. Lei era immobile come pietra e altrettanto fredda.

Allo specchio lo osservava il mostro che gli sussurrava pensieri cattivi. Era sua la responsabilità di tutte le cose brutte che erano successe.

Ezio non avrebbe mai fatto del male a sua madre.

... un uomo. L'Eremita raccolse la stella. L'energia che emanò lo attraversò come un'onda.

Ezio sapeva la verità. Non esisteva via di fuga dalla malvagità.

Si tagliò il collo, la lama lo attraversò con un sussulto doloroso. Poi, osservò il sangue colare allo specchio, come fosse solo uno spettatore, non provava paura, o rabbia, solo una calma rivelatrice. Faceva ciò che era giusto fare. Era tutto finito. Aveva ucciso il mostro. E se stesso, un sacrificio necessario.

L'Eremita tornò a muoversi. Trovò...

Urian aveva poco più di quarant'anni e tutta la sua vita era in macerie alle sue spalle. Percorreva strade deserte in cerca di un bar, una rissa, un modo per assuefare la morsa che gli afferrava il petto.

Conosceva la città come il palmo della sua mano e anche se era mattina inoltrata sapeva dove trovare le braccia della solitudine. Non voleva altro. Seguiva quel pensiero istintivo, come faceva un cane prima di morire.

...una nuova stella. Era forte, la presa che la soffocava era salda quanto un pugno chiuso. Rifletteva la sua luce sui lineamenti a malapena umani di un uomo...

Urian prese un ultimo sorso di whiskey, poi gettò la bottiglia che andò in frantumi ai suoi piedi. Poggiò la spalla al fianco di un palazzo abbandonato. Si passò una mano sul volto per scacciare il sudore e la stanchezza. Il sole batteva forte, si rifletteva sui cocci di vetro producendo stelle di luce qi suoi piedi.

L'ombra deforme osservava l'Eremita con occhi taglienti. Non lo respingeva, non lo supplicava, reagiva alla sua presenza con una scintilla di sfida nello sguardo.

Urian individuò un coccio di vetro più lungo degli altri, affilato. Barcollante, poggiò una mano sulle ginocchia e si piegò in avanti.

Si piegò anche l'Eremita per allungare le dita. Le due mani d'ombra che stringevano la stella si ritrassero quando la luce dell'Arcano fu così vicina che il buio non poté che dissiparsi.

Urian prese il pezzo di vetro. Sentì il dolore pungente quando stringendolo gli ferì il palmo.

L'Eremita strinse le dita intorno alla stella. Qualcosa però, le fermò.

La mano di Urian si fermò a mezz'aria, poco distante dalla sua gola. Abbassò gli occhi e vide che era stretta nel palmo di una mano altrettanto grande, ma più gentile. La sua presa non era semplicemente cordiale, era anche calda, gli trasmise un conforto inspiegabile, immediato.

Urian sentì gli occhi pungere. Si adirò con se stesso.

L'Eremita provò ancora ad insinuarsi in quella stella. Tentò di sussurrarle la verità, non c'era più alcuna speranza. Non aveva alcun un futuro. Non uno in cui fosse possibile smettere di soffrire. Per quanto tentasse gli si opponeva qualcosa di ancora più ostinato. Un pensiero invadente che non era la verità.

Non era più solo.

Per quanto si odiasse, Urian si sentì il conforto di quella compagnia.

In quel momento poteva essere morto. Morto da codardo. Morto per sempre. Morte con lui anche tutte le sue colpe.

Non poteva morire. Lui doveva vivere per conservare il ricordo delle persone che aveva ucciso.

Non sapeva se provare più rabbia o vergogna. Entrambe gli bruciavano nel petto riportandolo di colpo a se stesso. Si sforzò di alzare gli occhi...

La sorpresa abbagliò lo sguardo dell'Eremita. Poi, lasciò il posto alla comprensione e per un lungo momento nel buio echeggiò il suo grido.

...lo fece lentamente, dapprima con astio, dopo con prudenza. Era un estraneo, ma riconobbe in fretta l'abisso che c'era tra loro. Il suo colletto inamidato, il lungo cappotto senza grinze, il suo sguardo sereno.

***

EREMITA

L'Eremita è il pellegrino nel buio, l'evoluzione nella crisi, il passaggio verso l'ignoto. In sostanza, l'Arcano della comprensione profonda. Aiuta le persone ad arrivare a verità rivelatrici, su se stessi, gli altri e la vita.

La sua chiesa non ha pareti, è composta dalle persone che affrontano una trasformazione profonda e intima. Favorisce coloro che ne traggono saggezza.

L'Eremita, tuttavia, a seguito di particolari cambiamenti, o influenze, si "rivolta", agisce sull'animo umano nel senso della perdita e della regressione. Coloro che "tocca" arrivano a verità sbagliate. Allora l'evoluzione si arresta, la speranza viene persa, prevale nell'anima la paura della realtà e il confronto con essa. Il risultato nei casi più estremi è l'la perdita della volontà di reagire.





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