Capitolo 6 - La Morte

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Un soffio di vento spazzò le foglie secche ai loro piedi. Urian le osservò sollevarsi, tentare capriole e poi trascinarsi in avanti. Si soffermò sul suono frusciante e sull'aria fredda sul viso. Un brivido gli percorse la schiena, non fu per il freddo, ma per le parole di Daniel.

"Cosa ti è successo?"

"È troppo lungo da spiegare"

"Allora perché hai lasciato la chiesa?"

"Perché vuoi saperlo?"

Urian gli lanciò un'occhiata, ma Daniel era tornato ad osservare i giardinieri con aria assorta.

"Mi chiedo cosa possa averti spinto a fuggire."

Daniel non rispose subito, divagò per un po' in un silenzio meditabondo. Il vento si sollevò di nuovo, serpeggiò tra gli steli d'erba, grattò le foglie. Ad uno dei giardinieri volò via il cappello.

"Non posso tornare indietro."

"Credo che la chiesa ti riaccoglierebbe se tornassi."

Il sospiro profondo di Daniel fu un suono triste, rese il sole meno brillante, i colori del giardino più cupi. La luce intorno a lui sembrò dissolversi.

"Non posso tornare indietro nel tempo. Tutto quello che ho amato è alle mie spalle. E adesso non riesco più a trovare la luce da nessuna parte. Per questo ho lasciato la chiesa."

Urian si sentì ancora una volta impacciato. Aveva amato una sola cosa in vita sua e sarebbe dovuto morire prima di arrivare a perderla. Invece, contro ogni previsione, era sopravvissuto. La sua vita era andata avanti abbastanza a lungo perché imparasse ad odiarsi per questo. In fondo, lo capiva.

"Vorresti essere morto con loro?"

"No. Non voglio morire. Non voglio smettere di aiutare gli altri. Solo che non riesco a..." si fermò in cerca delle parole giuste, ma sembrò non trovarne, così abbassò la testa "ad andare avanti, diciamo così".

"Hai bisogno di conforto come quando eri un bambino? Non sei un po' cresciuto per questo?"

Daniel sorrise con amarezza, si torceva di nuovo le mani, non rispose.

"Quindi adesso ti limiti ad andare in giro per Stoccarda a salvare estranei?"

La sua risata arrivò cristallina e gorgogliante, Urian alzò gli occhi.

"Non so se ti abbia davvero salvato. Non credo di aver mai salvato qualcuno."

Fece un cenno della testa verso il giardino, "per lo più vengo qui a pensare. Questo posto è la cosa più vicina alla pace che sono riuscito a trovare."

"Sei davvero il peggior codardo che abbia mai visto."

"Non sei obbligato a guardarmi."

"Potresti cambiare le cose se tornassi alla chiesa."

"Cosa vorresti che cambiassi?".

"Ad esempio potersti abolire la penitenza. Potresti impedire che venga fatto a qualche altro ragazzino quello che hanno fatto a te."

"È impossibile cambiare le vecchie tradizioni. Rimangono annidate nell'anima delle persone."

Lo sdegno per quell'affermazione arpionò urian con prepotenza. Si alzò di scatto, zittì la voce che gli diceva di non farlo. Avrebbe voluto scuotere quel codardo perché ritrovasse un briciolo di coscienza. Gli lanciò un'occhiata severa, anche se rimaneva seduto con la testa bassa.

"Non sono un sostenitore del misticismo, ma credo che ognuno debba rispettare i propri doveri, cambiare ciò che è possibile cambiare, cercare di fare del bene lì dove serve, ma tu non fai assolutamente niente! Ti hanno dato le chiavi del regno e tu scappi per guardare i fiori! I fiori, diamine!" sbraitò agitando animosamente le mani, non riusciva a capacitarsi di quella follia, eppure il folle che aveva davanti non alzò nemmeno gli occhi.

Urian dovette arrendersi di fronte a quella reazione, si maledisse per averci persino provato.

"Spero che un giorno troverai il coraggio che hai perso. Per il resto, qualsiasi cosa voglia il Sole, non m'interessa."

Fece per andarsene, ma Daniel gli afferrò il polso, uno scatto tanto veloce che lo lasciò spiazzato. Urian si voltò per lanciargli un'occhiata gelida, ma lui teneva ancora gli occhi bassi.

"Ci ho provato, Urian", mormorò. "Ci ho provato, ma non è servito. Le dinamiche al potere sono complesse. Sulla chiesa ci sono ombre ancora più lunghe di quanto credi. Il Sole tentenna, non è più come prima. Per questo non posso tornare. È per questo che non so ancora cosa fare. Ho paura che non ci sia più speranza."

"Il Sole si è rovesciato?"

"Forse."

Urian tornò a sedersi e così Daniel sciolse la presa sul suo polso.

Ancora una volta erano fianco a fianco, in silenzio. Tra loro gravava il peso di quella rivelazione, così come sull'intero equilibrio delle cose.

Urian faticava a crederci. Un'intera guerra per ristabilire l'equilibrio si era appena conclusa. Lui aveva fatto cose indicibili, e per cosa? Per arrivare al rovesciamento del Sole? L'intera energia mistica che sosteneva la chiesa più potente del mondo si sarebbe paralizzata. Non ci sarebbero più stati guaritori. Non ci sarebbero più stati portatori di luce, né scacciademoni. Non ci sarebbe stata una chiesa del Sole a preservare i rapporti politici tra i regni.

Il mondo sarebbe precipitato di nuovo nel caos

"Non può esserci un'altra guerra. Il Sole deve rimanere dov'è."

Quelle parole gli costarono una certa fatica, avrebbe volentieri sputato su ogni aspetto della chiesa del Sole, eppure si trovava a difenderne la posizione. Si passò una mano sul volto, stentava a credere a quella situazione.

"Perchè gli oracoli del Sole non l'hanno predetto?"

Daniel sollevò le spalle, "sono nelle mani degli alti funzionari della chiesa. Credo che stiano cercando di nasconderlo per preservare il potere."

Urian sbuffò una risata ironica. Una questione politica. C'era d'aspettarselo. La chiesa del Sole era corrotta fino al midollo. Poteva capire quella scelta, ma se il Sole si stava rovesciando bisognava fare qualcosa per impedirlo.

Solo gli Oracoli potevano confermare quell'ipotesi, ma la chiesa del Sole legittimava solo i propri profeti, nessun altro aveva la credibilità necessaria per affermare una cosa del genere, se non, forse, il suo tramite empirico, lo Splendente.

Urian alzò gli occhi, guardò Daniel, "tu sei l'eletto del Sole! Ciò che fai è espressione diretta dell'Arcano. Tu puoi, anzi devi fare qualcosa per rimediare a questa situazione."

"Non ci riesco."

"È una scusa indecente!" la voce di Urian era ferma, la sua espressione dura. "Devi riuscire a reagire. Se ti paralizzi tu allora nessuno potrà impedire al Sole di rovesciarsi".

"Non è così che funziona."

"Come funziona, allora?"

"Alla fine della guerra ho scoperto che c'è una forza che sta agitando la reltà, è un'energia che rovescia gli Arcani."

Urian sgranò gli occhi, non aveva parole, era un'informazione enorme e spaventosa, l'immobilità di Daniel divenne ancora più intollerabile, "se è così, perché non hai fatto niente? Perché sei scappato?"

"Quella... cosa" sussurrò tra i denti stretti, "ha ucciso una persona che amavo. Niente è più come prima da allora. La sua morte mi perseguita", nel dirlo alzò lo sguardo lungo il lastricato, osservava qualcosa in lontananza. Urian seguì i suoi occhi, ma non vide niente

"Quell'azione ha portato l'oscurità dentro di me e penso che in qualche modo abbia portato oscurità anche nel Sole."

Nell'ascoltarlo Urian trovò finalmente la ragione di quella volontà che lo voleva lì, accanto a quell'uomo. Non era il Sole, ma lei. La Morte. L'equilibrio. Il suo compito, quello che aveva sotterrato sotto metri di terra dentro di sè, stava tornando in superficie.

"La conosco la Morte" gli disse.

A quelle parole Daniel tornò a guardarlo.

Urian non poteva vedere il suo Arcano, ma sentiva il suo richiamo, rispose obbediente cominciando a parlare.

"Più ti sono vicino più la percepisco. So che capirai quando ti dico che tu sei già morto. Chi eri è ormai scomparso. Chi sei adesso non è niente, perché ancora non hai sotterrato il tuo cadavere."

Prese un respiro profondo prima di incrociare lo sguardo di Daniel.

"Parli di equilibrio anche se non sei in grado di fare ciò che serve per preservarlo. Non sei in grado di cambiare per guarire le tue ferite, non sei in grado di riportare la luce dentro di te e nel Sole. Per me invece, l'equilibrio era tutto ciò che aveva importanza un tempo. Sono morto per preservarlo, più volte di quante morirai tu in tutta la tua vita."

Quando Urian cominciò a raccontare sul suo volto calò una maschera impassibile.

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