Capitolo 3

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Si svegliò di soppiatto, quando Jake iniziò a leccargli la faccia in segno che era ora della colazione.

Aprì gli occhi, era mattino, non ricordava nemmeno di essersi addormentato la sera prima.

Si sedette sul letto e, prima di alzarsi, guardando la porta ebbe un flash.
Non sapeva se fosse stato un sogno. Ricordava solamente di essersi svegliato e di aver visto un'ombra davanti alla porta. Poi il buio totale.

Pensò che quella era una casa vecchia, tutti i pensieri del giorno prima e la stanchezza gli avevano solamente giocato dei brutti scherzi.

Era stato solamente un sogno. Non c'era dubbio.

Finalmente decise di mettersi in piedi.

Guardò fuori dalla finestra aprendo le persiane impolverate. Il temporale aveva lasciato posto al cielo azzurro ed al sole che rifletteva i suoi raggi sul mare in lontananza.

Scese in cucina, dove la madre aveva già preparato il caffè e svuotato metà dei bagagli.

«Buongiorno, abbiamo un sacco di cose da fare oggi».
«Non pensavo di aver dormito tanto. Ti sei alzata stanotte per caso?».
«No tesoro, ho dormito sul divano. Sto andando a fare la spesa, mi faresti la cortesia di portare il baule nello studio di tuo padre?» disse Jane indicando il vecchio baule ancora accanto alla porta d'ingresso.

«Va bene mamma. Alle 10:00 arriva Jimmy a sistemare il giardino e Annie con la squadra per dare una pulita alla casa. Porto il baule e poi cerco di capire se c'è qualcosa da togliere dalle stanze e sistemare».

«Va bene tesoro, non fare disordine più di quanto non ce ne sia già» disse Jane chiudendo la porta d'ingresso dietro di sé.

Rimase solo con Jake, si guardò un po' intorno, la casa gli faceva riaffiorare ricordi in ogni istante.
Si diresse in cantina, Annie sarebbe arrivata a momenti con la squadra delle pulizie e voleva vedere cosa fosse quella stanza in cui la sera prima aveva trovato l'opossum.

Appena scese le scale sentì un rumore provenire dall'angolo del quadro luci, eccolo. Jimmy l'avrebbe poi catturato per rilasciarlo lontano dal cortile.

Accese le luci e si diresse verso quella porta in ferro arrugginito. Si accorse solo in quel momento, con più luce e la mente più riposata, che si trattava solamente della stanza in cui il padre teneva le bottiglie di vino. L'aveva rimossa dalla sua mente, non ci era mai entrato in quanto il padre la teneva sempre chiusa.

Dopodiché tornò al piano superiore, lanciò uno sguardo annoiato al baule per poi prenderlo di peso per portarlo al piano superiore, nel vecchio studio di suo padre.

Il baule era chiuso a chiave, una di quelle vecchie chiavi in ottone, ma lui non l'aveva mai aperto e, dopo anni la curiosità del contenuto era svanita.

Ammirò le alte librerie impolverate, così come la miriade di libri che le riempivano.
La scrivania era vuota, se non per una foto appoggiata in un angolo, che ritraeva lui con i suoi genitori in Egitto. Aveva circa 6 anni all'epoca.

Suo padre era scomparso, ma non era morto, o almeno questa era la convinzione di Michael, anche se erano passati ormai undici anni.

In quel momento ebbe il flashback di quel maledetto giorno.

Era una serata calda di agosto, Michael aveva quattordici anni  quando suonarono alla porta di casa.
La madre si alzò dal divano, stavano guardando un film insieme e mangiando pop corn come ogni venerdì sera.

Jane dopo pochi minuti tornò silenziosa in salotto, accasciandosi di peso sul divano, accanto a Michael.

«Chi era mamma? Che succede?».
«Tesoro...» un sighiozzo represso le interruppe la frase appena iniziata, per poi continuare «Era Samuel. Purtroppo le ricerche di tuo padre sono state interrotte».

Queste erano state le uniche parole che la madre gli aveva riferito. Negli anni non gli diede mai una spiegazione di cosa fosse successo, di dove si fosse disperso, di cosa stesse facendo e su cosa stesse lavorando. E lui dopo tempo, smise di chiedere.

In quel momento Jake lo risvegliò dal trance dei ricordi.
Stava grattando il tappeto sotto alla scrivania di Victor.
«Jake, cosa stai facendo? Smettila.»

Si diresse verso il cane, aspettandosi di trovare un ragno o qualche insetto.
Alzò leggermente il tappeto per poi alzarsi e spostare la scrivania, in modo da poter togliere totalmente il tappeto da terra.

Rimase in piedi, fissando ciò che aveva appena scoperto. In quel momento non sapeva cosa fare, il suo corpo era fermo, immobile come una statua di sale.

Il tappeto nascondeva una botola, non un semplice nascondiglio nel pavimento creato dalle assi del parquet, ma una vera e propria botola, chiusa con un lucchetto. Sulla botola a pavimento c'era un'incisione in latino "Cavendo tutus".

Si accucciò sulla botola, prendendo in mano il lucchetto e cercando far forza, ma era arrugginito oltre che solido.

Si alzò uscendo dalla stanza correndo al piano di sotto.
In quel momento il campanello suonò, erano Annie e Jimmy.
Quando tornò nello studio, aveva con sé un martello ed un cacciavite.

Passarono alcuni minuti, durante i quali cercò di far forza al lucchetto. Alla fine sentì un click.
Si era aperto.

Aprì la botola, era più pesante di quanto si fosse immaginato.
Al suo interno vedeva solo buio. Si fece luce con la torcia del cellulare e tutto ciò che vide furono ragnatele ed una scala a pioli in ferro, fissata al tunnel verticale di circa 3 metri di profondità.

Sotto allo studio del padre non c'era nessuna stanza, era l'unica stanza della casa che non aveva nulla sotto, al primo piano.
Sotto di essa c'era solamente il terrazzo della veranda.

Preferì non pensarci, scacciò via dalle mente la paura dei ragni ed iniziò a scendere quella scala, cercando di non scivolare.

Il tunnel era stretto, ma abbastanza breve. Quando la scala finì, Michael guardò di sotto con la torcia.
Lo dividevano solamente circa 40 centimetri da terra, che colmò con un piccolo salto.

Ciò che si trovò davanti era quasi surreale. Le cose che si trovò davanti erano paragonabili ad un film di fantascienza.

Finalmente trovò l'interruttore della luce.
L'accese.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro