Capitolo 4

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La stanza era più grande di quanto Michael avesse pensato.

Il pavimento era cosparso di fascicoli con la copertina in materiale vinilico, alcuni usurati dal tempo.

Un tavolo, a cui non riusciva a dare una spiegazione su come fosse passato attraverso quel piccolo tunnel, faceva da piano ad una vecchia macchina da scrivere ed ad una lampada ad olio.

Le mura erano fredde, la stanza buia, illuminata solamente dalla fioca luce emanata dalla lampada posta alla fine della scala.

Sul lato destro della stanza, come a sorreggere il muro, si trovava uno sgabello, utilizzato anch'esso come piano per altri fascicoli.

Non sapeva cosa pensare.

«Cosa accidenti è questo posto» pensò, lasciandosi cadere sulla sedia imbottita posta davanti al tavolo.

Si guardò intorno per l'ennesima volta. Lo straniva il fatto che in quella stanza non ci fosse polvere. Né sul pavimento, né sui fascicoli, come se fossero stati puliti minuziosamente insieme al tavolo e mura.

Guardò davanti a sé, nella macchina da scrivere c'era un foglio, bianco se non per una data "12 Ottobre 2002".

«Come è possibile? La data è di un mese fa».

Sfogliò qualche fascicolo a caso. Per lo più si trattava di lettere scritte a mano.

Poi prese l'unico fascicolo che differiva dagli altri. Era più grande e con la copertina rossa, mentre tutto gli altri avevano la copertina blu.

Al suo interno c'erano referti medici, lastre, esiti di esami del sangue e radiografie.

Michael continuava a non capire.

Chi era entrato in quella stanza un mese prima? E perché esisteva quella stanza?

La sua mente non sapeva seguire un filo logico in quel momento.

I fascicoli blu erano tutti numerati, non restò lì a contarli.

Prese il fascicolo numero 1 e lo aprì.

Ogni pagina, circa una cinquantina, era formata da una lettera scritta a mano o a macchina da scrivere, posizionata minuziosamente in una cartelletta plastificata.

Titubante e curioso allo stesso tempo, iniziò a leggere la prima pagina.

Alcune delle pagine che aveva sfogliato riportavano una data, ma questa no.

Era scritta a macchina e sull'angolo della pagina una piccola macchia giallognola aveva sbiadito parte dell'ultima frase.

"Questa mattina Joseph mi ha consegnato il referto della visita psichiatrica. Sono pazzo.

Il referto ha confermato la presenza di sintomi riportanti alla schizofrenia catatonica lieve con conseguente negativismo e postura fissa.

Al giorno d'oggi, per questi disturbi si finisce in manicomio.

Non è una patologia grave, non al livello della schizofrenia paranoide. In questi casi ti aspetta sicuramente l'elettroshock.

La mia schizofrenia teoricamente è spesso sottovalutata. Da quanto si vocifera, i pazienti con questa patologia vengono poco considerati non essendo pericolosi o deliranti.

Io sono un tipo piuttosto silenzioso. Non voglio essere un problema, non voglio creare problemi.

Dopodomani, Joseph mi accompagnerà all'Ospedale Psichiatrico di Greenside.

Non so per quanto tempo dovrò restarci, secondo Joseph dovrebbero bastare sei mesi, forse sette.

Non mi fido molto di questa previsione. Potrebbe accadere qualsiasi cosa.

Il mio negativismo sta prendendo il sopravvento.

Vorrei preparare la valigia, ma secondo Joseph non dovrei portare molta roba, tanto «Ti tolgono ogni ricordo».

Bussano alla porta. Sono tornati a casa."

Michael finì la lettura e ripiombò di peso sulla sedia.

Una voce lo risvegliò dai suoi pensieri. Era il giardiniere che aveva già finito il suo lavoro.

Spense la lampada e tornò al piano superiore, chiuse la botola e sistemò il tappeto per poi recarsi all'ingresso della villa.

Annie e Jimmy erano davanti al portone, la casa aveva un aspetto a nuovo ed il profumo dei prodotti igienizzanti alla lavanda riecheggiava nell'aria.

Strinse la mano ai due coniugi e allungò loro una busta con il compenso all'interno.

Conosceva quelle persone da quando era bambino, erano amici di famiglia e Jimmy era molto amico di suo padre.

«Ciao Michael, chiamaci per qualsiasi necessità. Torniamo settimana prossima come concordato.

Dovremmo valutare il ripristino dell'irrigazione in giardino».

«va benissimo Jimmy e vi ringrazio molto. Arrivederci ed a presto».

Il portone si richiuse e Michael guardò l'orologio, erano passate 3 ore da quando sua madre era uscita e non era ancora rientrata.

Provò a chiamarla al cellulare, ma sentì una musichetta provenire dalla cucina. Jane l'aveva lasciato a casa.

Si recò in soggiorno, sdraiandosi sul divano tirato a lucido e profumato.

Attese così il rientro della madre, pensando e ripensando a tutte quelle lettere nella stanza nascosta.

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