Capitolo 9

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Quella sera, dopo avere riaccompagnato Drew al laboratorio, Michael fece un lungo giro in auto.
Ripercorse parte delle campagne, per poi girovagare per la periferia di Bustonville.

«Non può essere una coincidenza» pensò tra sé.

Sentì il cellulare squillare «Dove accidenti l'ho messo?» disse mentre con la coda dell'occhio lo intravide sul tappetino del lato passeggero.

Mentre cercava di recuperarlo, piegandosi più che poteva, l'auto sbandò leggermente.

Pensò di aver ripreso totalmente il controllo, ma non si accorse che, poco più avanti, un bambino stava attraversando la strada.

Il pallone balzò in aria come se fosse stato colpito con una mazza da baseball.

Scese dall'auto, prendendosi la testa con entrambe le mani «Cosa ho fatto?». Iniziò a tremare.

*****

La sala d'aspetto era fredda, o meglio, da quando era arrivato, Michael non aveva ancora smesso di tremare.

Accanto a lui, ormai da due ore, erano seduti i genitori del piccolo Sam.
La madre, vestita con una tuta in pile ed i capelli raccolti in una lunga coda bionda, non aveva smesso di piangere nemmeno per un secondo. Il marito stringendola a sé, cercava di rassicurarla e di calmarla invano.

Vedere quel corpicino riverso a terra, in mezzo alla strada, l'aveva paralizzato per una manciata di secondi che gli sembrarono infiniti.

Solo quando si rese conto di quanto accaduto, accasciandosi a terra, con il cellulare ancora tra le mani, chiamò i soccorsi.

Quando l'ambulanza arrivò, dopo pochi minuti, dalla casa accanto alla strada apparvero anche i genitori di Sam.

Solo arrivati in ospedale riuscì a spiegare loro la vicenda.
Il bimbo era sbucato all'improvviso dai cespugli, correndo dietro al pallone che era finito in mezzo alla strada. Lui, distratto, quando se ne rese conto ormai era troppo tardi.

L'arrivo di un audio sul cellulare lo fece trasalire.
Sbuffò leggendo il nome del mittente, ma lo ascoltò anche se controvoglia ad un volume quasi impercettibile.

"Oggi sei stato molto bravo. Il dottor Gordon era molto soddisfatto delle tue fotografie. Anche io lo sono. Volevo scusarmi per essere stata antipatica, non sono sempre così. Mi farebbe piacere se instaurassimo un buon rapporto".

Michael non si sarebbe aspettato un messaggio simile da Drew, quella mattina era stata davvero insopportabile con lui.
Ma nonostante tutto, in quel momento avrebbe davvero avuto bisogno di parlare con qualcuno.

In simultanea, dalla porta del reparto che portava alla sala operatoria uscì un medico, che si diresse verso di lui e verso i genitori di Sam.

«I signori Rogers? Sono il Dott. Evans, il primario del Saint George» si presentò ai genitori del bambino stringendo loro la mano.
«Vostro figlio ha subìto un trauma cranico-encefalico. Abbiamo dovuto operarlo con urgenza, aveva un accumulo di sangue che avrebbe potuto comprimere le strutture nervose.
Attualmente non posso dirvi altro se non che abbiamo dovuto indurre il coma farmacologico.
Non sappiamo ancora se l'operazione ha avuto successo».

«Po-possiamo vederlo?» disse il padre del bambino mentre stringeva la madre in lacrime.

«Va bene, solo per pochi minuti però» acconsentì il medico e, mentre i Rogers si stavano già recando da Sam, aggiunse «Vostro figlio è in ottime mani, il Dott. Sullivan è il miglior neurochirurgo della zona. Ci sono buone speranze».

Michael voleva entrare in quella stanza, assicurarsi che il bambino fosse vivo, che non aveva interrotto la vita di una persona che aveva ancora tutto il futuro davanti a sé.
Ma non si mosse.

Quando i genitori del piccolo Sam scomparvero dietro quella porta, lui se ne andò.
In silenzio.
Come un automa.

Arrivò all'auto che non aveva nemmeno subìto danni da quel corpicino piccolo e fragile.

Appena si sedette al posto di guida, appoggiò la fronte sul volante e scoppiò finalmente in un pianto silenzioso ma liberatorio.

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