Prologo

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Greenside, Aprile 1991

La finestrella della porta della cella si aprí rumorosamente, facendolo sobbalzare dal sonno profondo in cui era sprofondato  poche ore prima.

Le urla provenienti dalle altre celle lo tenevano sveglio ogni notte, regalandogli solamente qualche ora di sonno.

Non ricordava nemmeno quando fosse stata l'ultima notte in cui aveva dormito almeno sette ore.

Dall'esterno della finestrella comparve un viso ormai noto.

«Muoviti! Hai dieci minuti».

Ogni mattina, da ormai tre mesi, questo era il risveglio che gli spettava, che meritava forse. O forse no.

Si alzò dal letto, dandosi una sciacquata dal lavandino posto in un angolo.
L'orario per la doccia era stabilito nel pomeriggio, ma non riusciva a non lavarsi almeno un minimo appena sveglio.

Si tolse il pigiama in simil lana pungente, per indossare una tuta di colore grigio tendente al blu.
Ne aveva ben tre, tutte dello stesso colore, tutte dello stesso tessuto.
Tutte e tre tenevano freddo in inverno e caldo in estate. Ormai ci stava facendo l'abitudine.

Attese davanti alla porta della cella. Pochi minuti dopo, questa si aprì con uno scatto.

Tutte le porte delle celle erano comandate a distanza e si aprivano in automatico alle 6:30 in punto del mattino.
Tutte le celle, tranne quelle dell'ala Est, le quali, avevano l'apertura manuale.

Uscí dalla cella, si guardò intorno e si mise in fila, seguendo gli altri.
Si stavano tutti dirigendo verso la sala mensa.

Con lo sguardo salutó James, un ragazzo di circa vent'anni. Era arrivato da poco più di tre settimane ed era già ridotto a pelle ed ossa, con i capelli rasati a zero, sbarbato e con il viso scavato.

Arrivarono in sala mensa.

Dopo aver preso il solito vassoio con la solita tazza di latte ed i soliti quattro biscotti, raggiunse il solito tavolo, al quale James era già seduto.

«Ciao James»
«Ciao Victor»

Questa era la solita ed unica conversazione che avevano, ogni mattina.

La sala mensa riuniva i pazienti dell'ala Nord, dedicata agli uomini e l'ala Ovest, in cui risiedevano invece le donne.

L'ospedale aveva quattro aree totali, più un'ala centrale dedicata all'accoglienza dei nuovi pazienti ed ai visitatori.

L'ala Sud era occupata dalle varie sale mediche.
Dallo studio dello psicologo, il laboratorio analisi, lo studio del medico di base, fino alla stanza nera. La stanza in cui, i pazienti dell'ala Est, subìvano l'elettroshock.

L'ala Est era mista, risiedevano sia uomini che donne, composta da un lungo corridoio che poteva ospitare fino a trentaquattro pazienti.

Viene riservata ai criminali psicologicamente instabili, tra cui assassini, stupratori e pedofili.

Qui i pazienti venivano segregati in piccole stanze, legati in camicie di forza e sorvegliati ventiquattro ore su ventiquattro da guardie armate e medici dedicati.

I dati ufficiali riportavano la presenza di soli nove pazienti in questa ala, ma in realtà ne risiedevano molti di più.

Quando si arrivava all'ospedale psichiatrico di Greenside, i nuovi pazienti venivano sottoposti ad ogni tipologia di visita psichiatrica e psicologica.

I primi due giorni si passavano nell'ala centrale, dove i nuovi pazienti risiedevano in una camerata da quindici letti, in attesa degli esiti degli esami del sangue e l'esito psichiatrico finale.

Esisteva anche un camera da cinque letti, la cosiddetta "Beginning of the end Room". Qui, restavano in stallo i pazienti che con ogni probabilità sarebbero stati successivamente trasferiti, al terzo giorno, nell'ala Est.

Victor finí velocemente la sua scarna colazione ed inizió a fare mente locale delle informazioni che aveva recuperato da due mesi a quella parte.

C'era un motivo specifico se si trovava in quell'ospedale e non doveva perdere di vista l'obiettivo.
Non doveva farsi rincoglionire dai medicinali che gli somministravano ogni giorno.

Lui era sano. Lo era sempre stato. Il suo obiettivo era un'altro. Il suo obiettivo era scoprire cosa stesse realmente succedendo nell'ala Est.

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