Venti.

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"It's like you're my mirror,  my mirror staring back at me

I couldn't get any bigger, with anyone else beside of me

And now it's clear as this promise, that we're making two reflections into one..."

(Mirrors- Justin Timberlake)

L'aria è davvero soffocante; c'è un caldo pazzesco, quindi sciolgo la treccia e lego i capelli in uno chignon disordinato. Perla mi ha chiamata cinque minuti fa, e ora la aspetto con le cuffie nelle orecchie.

Mentre ascolto Mirrors di Justin Timberlake, ricordo quando uscì il videoclip di questa canzone, emozionante e in sintonia col testo. 

'Yesterday is history, tomorrow is a mystery...'

Sospiro, poggiando le spalle al muro. Per me è un po' diverso: anche il passato è un mistero. Mi chiedo se sarà così per sempre.

Intanto che canticchio mentalmente questa canzone, scorgo la macchina bianca di Perla che ora mette la freccia e accosta al marciapiede. Tolgo le cuffiette, e cammino verso il veicolo.

Apro la portiera e la chiudo con fermezza; l'aria condizionata è gelida, e mi fa rabbrividire: «Benvenuti al polo nord.» -esclamo, strofinandomi le braccia con le mani.

«Alisya, devo raccontarti un sacco di cose!» -dice Perla, allarmata. Buongiorno anche a te.

Sbatto le palpebre, confusa. «Dimmi tutto.» -ribatto. «Aspetta, ma chi riguarda?».

«Entrambe. Inizio da me o da te?» -chiede, esasperata.

Scrollo le spalle. «Da te. Dimmi.» -la invito a parlare.

«Allora...» -comincia. «Ieri sera ho litigato con Raffaele.»

Mi volto a guardarla. «Che ha combinato?» -le chiedo, curiosa. Oh no, ci risiamo.

«Mentre parlavo con Michelangelo, l'ho visto che ballava con un'altra!» -risponde, agitando una mano. «Sai chi?».

Alzo gli occhi al cielo. «No, Perla. Come potrei?».

Continua, ignorando il mio tono acido. «Angela Mazzotti, quella che era in classe con noi al primo anno... La ricordi?».

Angela. Mazzotti. Scavo nell'ampia sinuosità del mio cervello e, tra i molteplici volti mi torna in mente quello di una ragazzina dai capelli neri, ricci e gli occhi verdi. «No!» -esclamo, trattenendo il fiato. «Angela?» -chiedo, incredula.

«Si!» -continua, spazientita. «In sostanza si strusciava addosso a Raffaele, e lui l'abbracciava da dietro visibilmente... accalorato! La cosa peggiore? Erano fidanzati, tempo fa. E lui, appena mi ha vista in maschera, mi ha confuso con lei! Capisci!?» -spiega, esasperata.

Tiro un sospiro di sollievo. Ed io che credevo chissà cosa.

«Perla.» -comincio, guardandola beffarda. «Non è che lui l'ha solo sfiorata, e tu hai immaginato il tutto?». Mi dispiace, ma sono dalla parte di Raffaele questa volta: Perla spesso realizza con la mente situazioni astratte, tutte sue.

«Beh, è successo per pochi secondi ma...» -dice, tirando su col naso- «Comunque è successo!».

«E tu che hai fatto?» - domando. Ah, come devo fare con te, Perla?

«Beh... ecco... » - risponde. Noto che trema il suo labbro inferiore. E' una cosa che le succede solo quando è nervosa.

La guardo, insospettita:«Perla, che hai fatto?» -ripeto.

«Me ne sono andata.».

Trattengo il fiato. Sybil, tieni ferme le mie mani, potrei riempirla di schiaffi.

«Ma cosa!?» -sbotto. «Ti fai mettere i piedi in testa da Angela Mazzotti? Non ti ho insegnato proprio niente!?».

Continuo a fissarla incredula, mentre comincia a piangere. Poi, d'un tratto, un brivido mi attraversa la schiena. «Perla... dove sei stata stanotte?».

Sospira, per prendere fiato. «Sono rimasta in macchina, ho parcheggiato dietro casa; non volevo disturbare...» -sussurra.

Mi volto di scatto, guardandola feroce. E' un'idiota. «Sei una cog.» -dico, adagiandomi al sediolino. Sarebbe inutile farle la predica, quel che è fatto è fatto.

Scoppia a ridere. «Cosa avrei dovuto fare Ali? Avrei voluto vedere te nella mia situazione.» -ribatte, asciugandosi le lacrime.

Non è da lei. Non è da Perla, reagire in questo modo. 

Aggrotto le sopracciglia. «Di certo non sarei scappata; hai dato libero accesso ad Angela, così facendo! E Raffaele? Non ti ha vista andare via!?» -chiede.

Annuisce, ma sembra essersi calmata.«Si, mi ha vista.»

«E non ha detto niente!?» -sbotto. Ti ammazzerò, Raffaele Bertozzi.

Scuote la testa. «A Raffaele non importa proprio niente di me.»

Si, come no. Sospiro, torturandomi nervosamente la mano. Dentro me, so che non è così. Ma dirglielo non servirebbe a nulla. 

Continua a tacere mentre una lacrima le riga la guancia, e il naso comincia a farsi rosso. Cristo, pagherei oro per non vederla piangere.

C'è solo una cosa che può calmarla. Vediamo se funziona ancora.

Allungo un braccio, e le accarezzo la guancia con le nocche, in modo circolare. «Ti voglio bene, Perla. Ma non fare più una cosa del genere. E' casa tua. Non esiste che non vieni a dormire 'perché c'è Michelangelo'.» -le sfioro delicatamente il viso, e lei sorride. «Capito?» -chiedo, premurosa.

Annuisce, facendo ondulare i ricci. «Capito.»

Sospiro. Scommetto che Raffaele tornerà entro oggi, o mi contatterà per chiedere aiuto. Non ne dubito. Cerco di farla distrarre un po'. «Qual è l'altra cosa che dovevi dirmi?» -chiedo.

«E' vero! Quasi l'avevo dimenticato!» -esclama, facendomi sussultare. «Allora... a fartela breve, molto breve, Michelangelo fa ancora il coglione con Marta.»

Sbatto le palpebre. «Ah.» 

Ah. Non sono sorpresa, questo perché nei meandri della mia mente, lo sapevo già. Me lo sentivo.

Sto per dire qualcosa di più sensato, ma mi interrompe: «Però, però, però...» -continua, agitando un indice per aria- «Raffaele mi ha detto che non è niente di serio, semplicemente si diverte con lei.».

«E questo dovrebbe risollevarmi?» -sbotto. «Perla, noi stanotte abbiamo dormito assieme!».

Mi prendo la testa fra le mani. Stupido Michelangelo. Come ho potuto credere che potesse essere interessato a me?

«E quindi? Mica vi siete baciati o altro?» -risponde. In effetti, non ha molto senso quello che ho detto. 

«No.» -sussurro. E menomale.

«Sta' a sentire quello che ha detto Raffaele: lui non prova niente per Marta.» -dice, con tono calmo.

Arriccio le labbra; «Ha detto che 'vuole andarci piano con me, perché non sa quello che vuole'.».

«E tu? Lo sai quello che vuoi?» -chiede. «Fermati un attimo, e pensa solo a te e a Michelangelo. Nessuno più. Cosa vuoi, Alisya?»

Sospiro, esitante. A questo punto, è come se stessi traducendo ad alta voce dei pensieri confusi e sparsi nella mente. Pensieri importanti, che non prendevano posto da tanto tempo ormai. Anzi, in realtà credo di non averli mai conosciuti, prima di incontrare Michelangelo.

Deglutisco. «Voglio stare con lui, Perla.» - ribatto, decisa. 

Si, è decisamente quello che voglio. Forse, è un segno del destino tutto ciò che sta accadendo. E sento che questa è la mia occasione; non voglio farmela scappare.

Siamo arrivate a casa un'oretta fa, e abbiamo appena finito di mangiare le pennette al sugo. Ci stendiamo sul divano stanche, al che io ne approfitto per riprendere il discorso di prima. «Allora, che dice Raffaele?».

«Tieni.» -ribatte scocciata. Con villania -che sopporto, comprendendo la situazione-- lancia il suo smartphone che afferro al volo. Apro la chat di Whatsapp con Raffaele e leggo i vari messaggi.

«Se ti conoscesse un po' in più, saprebbe che odi i social network e non hai internet fuori casa.» -osservo. Apro gli sms e noto che le ha scritto anche lì. «Dai, non puoi dire proprio niente... ti ha cercata! Se fosse stato stronzo non l'avrebbe fatto.» -aggiungo, cercando di farle capire almeno questo.

«Come hai resistito una notte intera vicino Michelangelo, senza farci niente?» -chiede.

Sbatto le palpebre, confusa. «Come scusa?». Perché dà per scontato che non ho fatto niente?

Scoppia a ridere. «Hai capito. Insomma... E' gnocco.»

Nel sentire come l'ha chiamato, soffoco una risata. «Tu sei scema.»

Scrolla le spalle. «Però non hai risposto. Quand'è che vi vedete?» -chiede.

«Domani sera, non so dove andremo.» -rispondo, distrattamente.

Il mio telefono vibra, e apro il messaggio di un mittente sconosciuto. Dalla foto di Whatsapp, riconosco i capelli ricci di Raffaele:

"Alisya sono Raffaele, posso parlarti?"

Come previsto.

«Vado in bagno» -dico a Perla, che ormai ha chiuso gli occhi ed è in viaggio per il mondo dei sogni. Mi alzo dal divano e attraverso la cucina; apro la porta di legno del bagno e la richiudo a chiave. Digito la risposta:

"Si."

Visualizza, e comincia a registrare un messaggio vocale. Vediamo in che modo faranno pace lui e Perla.

La risposta arriva veloce dopo 1.32 minuti. Ascolto il messaggio e sospiro, divertita.

"Va bene, ci vediamo alle sei allora".

«Sei sicuro che non c'è Marta?» -gli richiedo, per la quinta volta.

Si trattiene dall'alzare gli occhi al cielo; so che lo fa solo perché gli sto facendo un favore. «No, Alisya. Ti dico che non c'è. Credo.».

Sbuffo, rassegnata. Ormai ho accettato, sono qui. Spero, in ogni caso, che non ci sia Marta a casa dei suoi genitori, perchè non so quale possa essere la mia reazione.

Entriamo nel portone di casa Bertozzi, in viale Ferdinando Succi. Un po' lontanuccio da casa mia, fortunatamente è passato a prendermi. Ho detto a Perla che sarei uscita con Michelangelo. Odio mentire, ma so che è a fin di bene.

«Usiamo l'ascensore, siamo al quinto piano.» -dice, indicando una porticina grigia in ferro.

Entriamo, ed io mi specchio nel vetro di quel piccolo spazio. Aggiusto con le dita i capelli lisci e sciolti, anche se tra poco dovrò legarli. Sono sempre in ansia quando devo conoscere altre persone, ma non lo darò a vedere.

«Hai già pensato a come decorarla?» -chiedo, gentile. Mi piace cucinare torte. Specialmente per la mia migliore amica. Soprattutto se è per farla riappacificare col suo pseudo-ragazzo.

Scrolla le spalle. «Col cioccolato.»

Col cioccolato. Che risposta soddisfacente.

«Ma si scioglie.» -rispondo, con la sua stessa freddezza.

Scrolla le spalle. Ho capito che Raffaele è il tipo da poche parole, ma sembra lo faccia solo con me. Non so perché, eppure non gli ho fatto nulla di male.

Apre la porticina e usciamo dall'ascensore. Ci ritroviamo dinanzi ad una grande porta in legno, con una targhetta rotonda e dorata: BERTOZZI-SEMPRINI.

Mi torturo le mani, mentre lui prende un mazzo di chiavi dalla tasca dei bermuda, e apre la porta. «Mamma, sono Raffaele. Vieni, c'è anche Alisya.» -avvisa, a voce alta.

Entriamo in un appartamento moderno, con il parquet chiaro e le mura bianche. Prima che io possa notare qualcos'altro, una signora molto giovane si avvicina a noi, sorridente: ha gli occhi piccoli scuri, il viso rotondo è coronato da lunghi capelli castani. «Ciao!» -esclama, sorridendo.

Dio, quanti anni ha?

Le tendo la mano, cercando di sembrare una persona quantomeno normale:«Buonasera, signora. Io sono Alisya.» sorrido, nervosa.

«Piacere, Gaia.» -dice, abbracciandomi calorosamente e cogliendomi alla sprovvista. «Raffaele mi ha detto che sareste venuti.»

Le sorrido timidamente, non so che dire. Raffaele, ti prego, dì qualcosa invece di guardarci imbambolato.

«Andiamo a lavare le mani?» -chiede.

Tiro un sospiro di sollievo. «Andiamo!».

«Si, si andate. Io intanto poggio gli ingredienti sul tavolo.» -dice la signora, fin troppo felice ed eccitata.

Spero vivamente che non stia con noi tutto il tempo, altrimenti dovrò solo sprofondare nel parquet e non uscirne più dall'imbarazzo.

-

Guardiamo stanchi e soddisfatti il lavoro terminato. La mamma di Raffaele ha sfornato la torta e adesso siamo tutti e tre attorno al tavolo, contemplandola. Sembra davvero buona, ed ha un ottimo profumo. Mi incanto, nel vedere il fumo salire, lentamente.

«Mamma, vado a prendere qualcosa con Michelangelo.» -una voce femminile, alta e squillante, rompe quella magnifica atmosfera.

Sulla soglia di casa, compare la figura snella, perfetta e con una chioma bionda e liscissima: Marta.

Sospiro, contando fino a tre. Esce con Michelangelo. Sono convinta che non l'ha fatto apposta; non credo l'abbia detto perché ci sono io davanti. Stronza, comunque.

«Va bene, tesoro. Ma dopo ti riaccompagna lui?» - chiede la signora Bertozzi, ignara di tutti i miei pensieri malefici.

I suoi occhi blu incrociano i miei castani, e in simultanea alziamo un sopracciglio. «Si mamma, tranquilla. Forse stasera dormo a viale Misurata.» -aggiunge, ridacchiando nervosamente.

Viale Misurata. Cos'è, ha anche un'altra casa? Che cosa significa che dorme lì? Deglutisco. Andrà lì con Michelangelo? O l'ha detto solo per fare la stronza?

Stronza. 

Stronza, stronza, stronza. Dio, la odio; decisamente. Sto cercando in tutti i modi di trattenermi: sono sull'orlo di una crisi di pianto. Sento un bruciore all'altezza del petto, a stento respiro.

«Allora, andiamo a portare questa torta!» -dico a Raffaele, fingendo un sorriso.

Nei suoi occhi -come al solito- freddi e glaciali, scorgo una punta di dispiacere. Non voglio che faccia così, dopotutto non è colpa sua. Anzi, è stato meglio. 

Almeno adesso so come stanno le cose. Sono ridicola, davvero ridicola. Alla fine io e Michelangelo non stiamo insieme, quindi è libero di fare ciò che vuole.

Mi ritrovo a vagare per il lungomare Claudio Tintori. Sono ancora le undici. Credo di tornare a casa fra un'oretta, non voglio recare alcun disturbo.

Prima di vedere Marta, dopotutto, il pomeriggio è stato piacevole. La mamma di Marta e Raffaele è davvero una donna premurosa. Mi ha messo a mio agio e ho scoperto che è diplomata in danza classica, proprio come me. Col passare dei minuti, devo dire che l'imbarazzo è calato. 

Mentre cucinavamo, la signora mi ha fatto alcune domande, riguardo me e Perla. Abbiamo parlato del mio diploma di danza, del liceo che ho frequentato; ma non è stata invadente, anzi: devo dire che ha un bel carattere. Ha anche rinnovato l'invito a qualche altra torta insieme, ma non credo di avere tanta voglia di riveder Marta.

Mi siedo su una panchina verde, che affaccia sul mare. Sfilo il telefono dalla tasca e vago, annoiata, su Facebook.

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