Angela

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Marte,

Due anni dopo.


Angela Chen, Mei Ling: due nomi, probabilmente falsi entrambi, che indicavano la stessa persona. Era lei la spia che stavo cercando.

L'avevo vista soltanto, per breve tempo e più di due anni fa: era normale che non l'avessi riconosciuta subito, pensai per consolarmi.

Guardando i messaggi più recenti sul telefono di Angela, o Mei, avevo scoperto che stava incontrando un suo collega per una passeggiata romantica vicino ai laghi.

C'era una sola strada che portava dai laghi a Victoria, per cui non avevo dovuto fare altro che appostarmi e aspettare.

E infine li vidi venirmi incontro, chiacchierando e ridendo fra loro.

Mi diressi verso di loro, tenendo una mano vicina alla pistola. Angela avrebbe capito subito perché ero qui, dovevo essere più rapido di lei.

«Angela Chen.» dissi. «O preferisci Mei Ling?»

Il suo compagno si voltò verso di lei, interdetto. «Cosa sta dicendo quest'uomo, Angela?» le disse, parlandole in francese.

«Zitto, Tom.» rispose lei. Il suo atteggiamento era già mutato nel freddo distaccamento che aveva mostrato quel giorno nella camera d'aria. «So chi sei, Logan Faraday.» aggiunse, rivolta a me. «Se sei qui per uccidermi, stai commettendo un grosso errore.»

Eravamo a qualche metro di distanza. Lei teneva in mano una borsetta: avrebbe potuto esserci dentro una pistola. Non dovevo lasciare che la aprisse.

«Sono qui per portarti a Nuova Roma e interrogarti. Ti ucciderò solo se non mi lascerai altra scelta.»

Angela sbarrò gli occhi.

«Non hai tempo per questo.» disse. «C'è un... » Portò la mano verso la borsa mentre parlava, ma io fui più rapido: estrassi la pistola e sparai un colpo, che le avrebbe fatto saltare la borsa dalla sua mano senza ferirla. O almeno, questo è quello che sarebbe successo se il suo compagno, Tom, non si fosse messo in mezzo, spingendola via e prendendosi la pallottola nel fianco.

«Idiota!» imprecai.

Angela non badò a lui, e si diede alla fuga. Mi lanciai al suo inseguimento.

Sparai in aria due volte, ma Angela non si fermò: correva ansimando, i capelli corvini mossi dal vento. La inseguivo a breve distanza, ma era molto veloce. Iniziò a risalire un pendio roccioso, che mi parve subito familiare: era la rupe del cratere che avevo visitato pochi giorni prima.

«Ferma!» urlai, sparando un terzo colpo in aria.

Angela non si voltò e continuò a correre a zig zag, prendendo riparo dietro le rocce più grosse e risalendo il pendio.

Sparai un altro colpo, mirando una roccia vicina. «Stavolta non mi scappi!» urlai per farle credere di star puntando lei. Il proiettile le passò molto vicino, come volevo, rimbalzando sulla roccia.

Angela non si diede per vinta: scattò verso la cima, forse aspettandosi un altro colpo, ma perché sparare quando sapevo che era in trappola?

La raggiunsi sull'orlo del cratere. Ormai per lei non c'era scampo. Le puntai contro la pistola, con misurata lentezza.

«La corsa è finita.» le dissi in tono pacato. «Arrenditi.»

«Vuoi ascoltarmi, invece di spararmi addosso?» replicò lei, girandosi verso di me.


La guardai stupefatto: di tutte le risposte possibili, non avevo certo immaginato questa.

Angela teneva ancora la borsetta in mano; sotto la mia mira, la posò lentamente a terra e la spinse verso di me.


«Dentro troverai tutto quello che ti serve sapere sui Fantasmi.» disse. «Devi fermarli.»

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