Morgane

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Luna

20 luglio 2513, ore 15:40

Base Cernan


«Come stai, Morgane?» dissi a mia moglie, guardandola attraverso lo schermo del computer.

«Qui va tutto bene.» rispose lei dopo qualche secondo: le comunicazioni Terra-Luna presentavano un certo ritardo, perché la distanza è pari a circa un secondo luce. «Ma sono preoccupata. È vero quello che dicono i giornali? Quei terroristi possono attaccare in qualsiasi momento?»

«Stiamo facendo tutto il possibile per fermarli, Morgane.»

«Lo so.»

Morgane sospirò e si passò una mano fra i lunghi capelli biondi, togliendoseli da davanti agli occhi.

«Forse sarebbe meglio se Elise tornasse sulla Terra, che dici?»

«Elise ha ventisei anni ed è abbastanza grande da decidere da sé; e comunque è al sicuro: abbiamo rinforzato la sicurezza della Artemis, e appena possibile sarà fatto lo stesso alle altre basi. Poi dovremo solo stanare il Fronte.»

Morgane mi guardò con preoccupazione. «Va bene, ma cerca di essere prudente: hai già perso abbastanza pezzi.»

Abbassai istintivamente lo sguardo verso il braccio meccanico. «Fa parte del lavoro, lo sai.»

«Sì, e proprio per questo non vedo l'ora che tu sia maggiore: almeno non rischierai la morte in continuazione.»

«È vero, ma un po' mi mancheranno i ragazzi.»

«Non è che non li vedrai mai più.» mi fece notare. «Dovrai gestire tutte le unità antiterrorismo in Europa occidentale, loro inclusi.»

«Non è certo la stessa cosa!» obiettai.

«Sei già il loro capo, semplicemente sarai di grado ancora più alto. E poi, Ramon verrà comunque da noi, no? Di sicuro Elise insisterà per invitarlo quando sarà tornata, tenerla lontana da lui è impossibile.»

«Non dovresti incoraggiarla.» replicai, seccato.

«Non era abbastanza grande per decidere da sé?» ripeté lei in tono beffardo.

«Usi la mia saggezza contro di me?» dissi ridendo. Morgane sorrise a sua volta.

Ci guardammo per alcuni secondi in silenzio, attraverso lo schermo.

«Mi manchi.» le dissi.

«Lo so: mi manchi anche tu.»

Un messaggio mi distrasse dalla conversazione.

[15:47] MAYA: Puoi venire nella rimessa? Sta arrivando la tua squadra.

«Scusami, devo andare.» dissi a Morgane sospirando. «Ti richiamo io più tardi.»


Era la prima volta che Maya si faceva viva dopo l'interrogatorio di Botkoveli: da allora era diventata gelida e distaccata nei miei confronti. I miei metodi di interrogatorio brutali dovevano averla scossa, e dopotutto non potevo biasimarla.

Gli ultimi giorni erano stati estremamente noiosi per me, senza né lei né la mia squadra con cui poter passare un po' di tempo: dopo l'interrogatorio a Botkoveli, non avevo più avuto nulla da fare. Lo avevamo spedito sulla Terra subito dopo, e ora probabilmente era in attesa di processo.

Dopo l'interrogatorio, avrei preferito tornare alla Artemis, ma Miller mi aveva ordinato di restare alla Cernan: la mia squadra mi avrebbe raggiunto non appena i rinforzi dalla Terra fossero arrivati alla Artemis, cosa che era successa ieri, esattamente come da programma.

Ramon, John e Marcel stavano quindi per raggiungermi.


Raggiunsi la rimessa dei rover, dove Maya mi stava già aspettando.

«Quando dovrebbero arrivare?» le chiesi.

«A momenti. Ho impostato i portelli per l'apertura automatica con i sensori di movimento, così non dovranno nemmeno contattarci via radio.»


Un paio di minuti più tardi, il portello esterno si aprì e poi si richiuse, e la camera di decompressione iniziò ad essere lentamente riempita d'aria; serviva molto più tempo per riempire o svuotare l'ingresso dei rover rispetto ai venti secondi degli accessi per EVA. Mentre si riempiva, iniziammo a sentire musica a tutto volume provenire dall'interno.

«Cos'è questo casino?» esclamò Maya.

«Ramon, il nostro artificiere.» risposi scuotendo la testa. «È lui al comando della squadra, in mia assenza. Di sicuro il Comando gli ha inviato qualche diavoleria dalla Terra, e ora è esaltato come un bambino in un negozio di giocattoli.»

Il portello interno si aprì: un massiccio rover modificato, grande il doppio di uno normale, entrò di misura all'interno. Aveva una torretta rotante in cima, simile a quella di un carro armato.

Era questo il nuovo giocattolo di Ramon?


«Che razza di mostruosità è questa schifezza?» esclamò Maya, scandalizzata, mentre il rover si fermava. Evidentemente, non apprezzava le modifiche.

Il motore del rover si spense, e la musica cessò di colpo; John e Marcel uscirono per primi, indossando ancora le cuffie antirumore: nessuno dei due sembrava particolarmente felice.

«Logan!» esclamò Ramon, scendendo di corsa dal rover, eccitato come avevo previsto. «Hai visto cosa ci hanno mandato? Hai visto?»

Guardai la torretta con più attenzione.

«È un fucile magnetico, quello?»

«Un MR-25, Logan. Un MR-25! Sai quanto costa uno di quelli?»

«Centomila dollari atlantici, mi pare.»

«Centoventi!» mi corresse Ramon.

Non sapevo di preciso come funzionassero i fucili magnetici: acceleravano i proiettili ad altissima velocità tramite una serie di bobine, con effetti devastanti.

Non ne avevo mai visto uno montato su veicolo: solitamente, erano usati come armi di precisione antimateriale. Un colpo di MR-25 poteva con facilità penetrare da parte a parte un carro armato o un elicottero d'assalto.

Tuttavia, avevano una grossa limitazione: l'accelerazione scaldava tantissimo la canna, e per evitare che il calore generato la fondesse era necessario pompare al suo interno una certa quantità di refrigerante, solitamente azoto liquido, ogni volta che si sparava. Questo limitava il rateo di fuoco, e ovviamente anche la portabilità dell'arma: non si poteva trasportare con comodità e in sicurezza una tanica di azoto liquido sulla schiena.

Come fosse stato possibile montarne uno su questo strano rover mi risultava difficile da immaginare.


«A cosa dovrebbe servirci?» chiesi a Ramon.

«A cosa dovrebbe servirci?» mi fece eco lui. «A cosa dovrebbe servirci? Logan, questo gioiello potrebbe bucare una cupola!»

«Davvero?» risposi, scettico.

«Beh, no, ma di sicuro potrebbe bucare il guscio esterno, anche se poi la roccia lo fermerebbe di sicuro.» disse Ramon, quasi deluso. «Però un rover lo trapassa di sicuro!» aggiunse, guardando l'arma con aria soddisfatta «Quanti ne ha il Fronte, venti? Con questo li distruggiamo tutti senza problemi! Vedrai, gli faremo passare la voglia di lanciare missili nucleari!»


Ogni volta che si prospettava l'ipotesi di distruggere o far saltare in aria qualcosa, Ramon sembrava veramente tornare bambino: un motivo in più per cui, nonostante fossimo grandi amici, preferivo che Elise non gli ronzasse troppo intorno.

Mi avvicinai al rover e guardai l'interno: nonostante le dimensioni del mezzo, l'alloggio dei passeggeri era più piccolo di un rover normale.

«Lo spazio in più è occupato dal serbatoio del refrigerante.» disse Ramon. «Ne dovremmo avere almeno un centinaio di litri.»

«Come si usa il fucile?» gli chiesi. Non avevo mai maneggiato un MR-25.

Ramon mi mostrò i comandi dell'arma e indicò uno schermo. «L'esterno si vede da questa telecamera, quindi la mira si prende guardando qui, con un reticolo di puntamento. Non è il massimo, ma non potevano certo mettere una feritoia nel rover. La torretta può ruotare a trecentosessanta gradi, e da qui – aggiunse, indicando una leva – puoi regolare la potenza del colpo successivo. Meno potenza usi, meno refrigerante serve: quindi hai un rateo di fuoco più alto, ma i proiettili saranno più lenti e meno perforanti.»

Uscimmo dal rover; Ramon ne sembrava quasi innamorato: non smetteva di guardarlo come se fosse un tesoro inestimabile. Non rivolgeva sguardi d'affetto del genere nemmeno a Elise, anche se questo era probabilmente dovuto alla mia inevitabile presenza a ogni loro possibile incontro.

«Sai, un esemplare unico come questo ha bisogno di un nome. Pensavo di chiamarlo... Rover-killer.»

«Originale.» commentai, ma Ramon non colse il mio sarcasmo.

«Sì, adesso ho solo bisogno di un po' di vernice. Che ne pensi, sulla torretta starebbe meglio un serpente o uno squalo?»

«No!» esclamai. «Ti proibisco categoricamente di farlo, Ramon! Non ho intenzione di andare in giro per la Luna con qualsiasi sgorbio ti venga in mente di scarabocchiare sul rover!»

«I piloti di aerei lo hanno sempre fatto!» protestò lui.

«E allora saresti dovuto entrare nell'aviazione, non nei servizi segreti.»

Il mio tablet mi vibrò in tasca: un messaggio di Miller.

[20:10] MILLER: Squadra a rapporto. Abbiamo trovato il Fronte.


Pochi minuti più tardi, eravamo in videoconferenza con Miller.

«Mi dispiace per il poco preavviso, capitano.» si scusò Miller, che sembrava tranquillo nonostante la gravità della situazione. «I nostri satelliti hanno appena localizzato il Fronte: sono diretti verso la base Armstrong in questo momento.»

Se ricordavo bene, la base Armstrong era situata in corrispondenza dell'equatore lunare. Era più piccola della Apollo e della Artemis, ma più grande di tutte le altre nostre basi eccetto la Aldrin, la sua base gemella situata ai suoi antipodi.

«Possiamo partire immediatamente.»

Qualche secondo di silenzio: maledissi un'altra volta il tempo latenza.

«Dalla Cernan ci vogliono sei ore per arrivare alla Armstrong con un rover, non possiamo fare nulla per loro. Abbiamo avvisato la base, ma le forze di sicurezza sono in netta inferiorità numerica.»

«Quanti uomini ha schierato il Fronte, signore?»

«Tutti quelli che ha, per quel che ne sappiamo.»

Si stavano giocando il tutto per tutto: sapevano che era solo questione di tempo prima che li trovassimo, e avevano deciso di agire per primi.

«Quali sono i nostri ordini, signore?» chiesi.

«Riteniamo che il Fronte riuscirà a prendere il controllo della Armstrong con facilità, ma non abbiamo intenzione di lasciargliela: stiamo preparando un piano per farvi infiltrare nella base senza essere notati. Partirete immediatamente, il pilota della Cernan è già stato informato.»


Tornammo nella rimessa.

«Non capisco perché devo portarvi io alla Armstrong.» si lamentò Maya quando ci vide. «Io sono un'astronauta, non mi pagano per farmi sparare addosso!»

«Nessuno di noi può guidare questo rover bene come te, Maya. Hai migliaia di ore di guida alle spalle, me lo hai detto tu stessa.» le dissi. «Dobbiamo arrivare alla Armstrong il più velocemente possibile: abbiamo bisogno di te. I tuoi colleghi alla Armstrong hanno bisogno di te.»

Maya annuì sospirando, e salì al posto di guida. Presi posto al suo fianco e lasciammo la Cernan.

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