Il dado è tratto

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Terra

20 luglio 2513, ore 15:33

Montréal

Q.G. Intelligence dell'Alleanza


I migliori analisti dell'unità antiterrorismo del SAS erano riuniti attorno a un modello 3d della Base Armstrong. La pressione su di loro era altissima: come previsto, il Fronte aveva catturato con facilità la base, e aveva preso in ostaggio il personale superstite: decine di vite, che ora dipendevano dal lavoro del SAS.

Il direttore Miller era in disparte in un angolo e ascoltava una registrazione di Hans Rosenberg, l'unico messaggio inviato dal Fronte dopo l'attacco alla Armstrong.

«Oggi, 20 luglio 2513, i miei compagni d'armi hanno preso il controllo della base lunare Armstrong.» diceva la registrazione. «Con questo atto, il Fronte rivendica la sovranità della Luna, il suo diritto ad autodeterminarsi, e la piena indipendenza dalle nazioni terrestri. Oggi, alle ore 20:17:40, dichiaro nata la Repubblica Lunare.»

Miller spense la registrazione. Rosenberg continuava ancora a lungo, esortando i suoi "compatrioti" lunari a ribellarsi contro la Terra.

Nei minuti trascorsi dalla trasmissione, nessuna base dell'Alleanza aveva segnalato disordini, ma non era garantito che succedesse lo stesso in quelle cinesi.

Bisognava agire rapidamente, in modo che il Fronte non potesse ricevere aiuto, e la risposta doveva essere dura ed esemplare: il Fronte era adesso considerabile un movimento separatista in piena regola, e la politica dell'Alleanza verso i separatisti era semplice: tolleranza zero.


Miller si spostò verso gli analisti, osservandone il lavoro.

«Qualche idea, signori?» chiese.

«Abbiamo identificato il problema principale, direttore.» ripose l'analista capo. «Vede, i sistemi di sorveglianza esterni delle basi lunari consentono una copertura a 360 gradi delle vicinanze; non c'è modo di avvicinarsi senza essere visti.»

«Non c'è modo di disattivare la sorveglianza?»

«Ci stiamo lavorando: in teoria, un impulso EMP abbastanza potente distruggerebbe tutti i sistemi elettronici della base, lasciandola completamente al buio. Le schermature di sicurezza manterrebbero attivi solo il supporto vitale e gli airlock.»

«Dov'è il problema, allora?»

Il capo analista indicò il modellino della base.

«Escludendo la centrale elettrica, la Armstrong è composta da tre cupole interconnesse in linea retta. In mezzo c'è il centro di comando, più piccolo, dove si trovano gli ostaggi. Le due cupole periferiche hanno un diametro di un chilometro, e le due parti del corridoio centrale sono lunghe cinquanta metri. In conclusione, ci serve un impulso EMP che copra un'area con un diametro di due chilometri e cento metri.»

«Una bomba EMP basterebbe.»

«Normalmente sì, ma in questo caso l'impulso deve essere abbastanza forte da penetrare la cupola della Armstrong: è composta da un guscio esterno in alluminio spesso dieci centimetri, un metro di regolite, e un guscio interno di titanio, anche quello di dieci centimetri. Anche la bomba EMP più potente che abbiamo non potrebbe penetrarlo, bisognerebbe farla detonare all'interno, e gli uomini del Fronte ci vedrebbero sicuramente arrivare.»

Miller guardò il modellino del centro di comando, corrucciato: gli ostaggi complicavano non poco la situazione. Non si poteva attaccare la Armstrong apertamente senza metterli a rischio: probabilmente Rosenberg pensava che l'Alleanza sarebbe scesa a patti, ma si sbagliava.

Il Fronte doveva essere sconfitto, e la sua sorte sarebbe diventata un monito per i nemici dell'Alleanza, interni ed esterni.

«Quali alternative abbiamo, allora?» chiese Miller.

«C'è una sola opzione.»

L'analista indicò una quarta cupola, a circa un chilometro dalla base: la centrale elettrica.

«Al momento, alla Armstrong è notte. Quindi, tutta l'energia elettrica è data dalla fusione dell'elio-3. Se spegnessimo la centrale, la base rimarrebbe al buio.»

«Ed è possibile entrare nella centrale di nascosto?»

«Il Fronte ha danneggiato i sistemi di sicurezza locali negli scontri; le telecamere della centrale sono offline. La squadra di Faraday può avvicinarsi senza problemi, e il Fronte non saprà nulla finché non vedranno aprirsi gli airlock.»

Miller annuì: era il miglior piano che potessero architettare in poche ore: ora la sorte degli ostaggi era in mano a Faraday.



Luna

21 luglio 2513, ore 21:40

Equatore

Nei pressi del cratere Vavilov



Procedevamo alla massima velocità, senza pietà per le sospensioni e il motore del rover. Ci stavamo avvicinando al nostro obiettivo, la centrale elettrica della stazione Armstrong.

Maya era estremamente nervosa: non aveva quasi aperto bocca per tutto il viaggio, ma potevo vedere dalla sua espressione che era terrorizzata dalla situazione.

Io invece mi sentivo a mio agio come non lo ero da quando avevo messo piede sulla Luna: ero con la mia squadra, al comando di un'operazione segreta. Questo era il genere di compiti per cui ero portato, non le passeggiate nel vuoto lunare o le operazioni sotto copertura.

I miei compagni erano altrettanto rilassati: Ramon aveva passato il viaggio controllando l'equipaggiamento e ascoltando musica, per mia imposizione a volume molto basso; John aveva cercato di mandare a mente il layout della centrale e del centro di comando, mentre Marcel era rimasto in ascolto nelle frequenze radio lunari: ancora nessuno aveva risposto alla chiamata del Fronte.

Io invece ero in contatto diretto con Montréal: la nostra ufficiale di supporto remoto, Ellen Sandström, ci teneva costantemente aggiornati. Dovevamo usare la radio del rover per farlo, perché la schermatura anti-radiazioni del veicolo bloccava le onde radio. Solo attraverso la radio del rover stesso si poteva comunicare con l'esterno.


«Cinque minuti al perimetro dei pannelli, Logan.» mi avvisò Ellen. «Fate attenzione mentre procedete.»

«Ricevuto, Ellen. C'è altro che dobbiamo sapere?»

«Sì, e non è una buona notizia. I nostri satelliti hanno visto un rover cinese entrare alla Armstrong: pensiamo che abbiano mandato alcuni loro uomini a parlare con i separatisti.»

«Cosa?» esclamai, sorpreso. «E perché? Non ci sono ostaggi cinesi alla Armstrong, o si?»

«Negativo, Logan. Però le autorità cinesi hanno espresso preoccupazione per gli sviluppi della situazione. Potrebbero fare qualche concessione al Fronte, per tenerli fuori dal loro territorio.»

«Non mi sembra una buona mossa.» le feci notare. «Il Fronte ha dichiarato di volere l'indipendenza da tutte le nazioni terrestri, e la Cina è sulla Terra.»

«Lo sapremo quando li troverai, Logan. Non è una priorità, ma impedisci che gli venga fatto del male, se puoi. Meglio evitare guai diplomatici con le Repubbliche.»

«Ricevuto: ci penseremo dopo aver liberato la centrale. Com'è la situazione laggiù?»

«Il Fronte ha inviato un altro rover, con quattro uomini a bordo. Forse hanno difficoltà con le riparazioni.»

«Quindi dovremo affrontare... quattordici ostili?»

«Esattamente.»

«Non sarà un problema. Dobbiamo preparare le tute EVA?»

«Negativo, maggiore.» disse John, senza alzare lo sguardo dalle planimetrie. «La centrale ha un accesso per la manutenzione dei raccoglitori. Possiamo entrare da lì con il rover.»

«Ci siamo, vedo la centrale.» annunciò Maya.

«Ricordate i radio-auricolari.» ci avvisò Ellen. «All'interno delle basi funzionano normalmente. Buona fortuna, Logan.»


Davanti a noi, la cupola della centrale elettrica si ergeva in mezzo a quella che pareva una foresta di pannelli solari; poco distante, i raccoglitori, macchinari simili a gigantesche ruspe, stavano scavando il terreno: cercavano l'elio-3.

Questo isotopo, praticamente assente sulla Terra, era costantemente depositato sulla superficie della Luna dal vento solare, e costituiva la più grande risorsa del satellite. Era infatti usato nei reattori a fusione nucleare, che lo fondevano con il deuterio per ottenere energia.

La maggior parte dell'elio-3 veniva trasportato sulla Terra, ma una piccola parte veniva usata per alimentare le basi lunari durante le notti, lunghe ben quattordici giorni terrestri, durante cui i pannelli non potevano fornire energia.

Queste centrali erano una meraviglia della scienza, e ora il nostro compito era spegnerne una. Non era difficile, in teoria: bastava azionare lo spegnimento d'emergenza. Ma avremmo dovuto fare i conti con quattordici uomini armati.


Maya guidò il rover fino all'accesso dei raccoglitori: il portello esterno, rilevando il mezzo, si aprì, lasciandoci entrare.

A questo punto, non potevamo fare altro che sperare che i sistemi di sorveglianza fossero davvero inattivi, o il Fronte ci avrebbe subito scoperti.

In ogni caso, eravamo pronti.

Indossammo tute mimetiche nere che ci coprivano per intero, rendendo più difficile vederci nell'ombra. Avevamo i nostri visori, dotati di visione notturna e termica a infrarossi: io non ne avevo bisogno, ma il resto della squadra non aveva occhi artificiali. Inoltre questa non era l'unica funzione dei visori: avevamo con noi un rilevatore di movimento portatile, in grado di captare il rumore emesso da uomini in movimento, che avrebbe proiettato sul visore la posizione dei nemici. E i nostri fucili d'assalto erano dotati di un processore, che ci avrebbe tenuti informati sul numero dei colpi nel caricatore, proiettando anch'esso sul visore. Inoltre erano quasi perfettamente silenziati, e per attivarli era necessaria la nostra impronta digitale: nessun altro poteva usarli. Il nome del modello, AR-C09, era inciso sul fianco dell'arma.

Il nostro equipaggiamento era completato da un un coltello e altri vari strumenti: eravamo pronti a tutto.

Aspettammo che la camera d'equilibrio fosse piena d'aria e uscimmo dal rover.


Ramon apriva il gruppo, mentre John e Marcel procedevano poco più indietro ai suoi lati. Io coprivo agli altri le spalle.

I veicoli del Fronte erano sparsi nella camera d'equilibrio; nessun segno di lotta, nessun segnale dal rilevatore di movimento.

«John, dov'è lo spegnimento di emergenza?» chiesi

«Nel centro di sicurezza, al piano di sopra. Il percorso più breve passa per le scale centrali.»

«Facci strada.»


Uscimmo dalla camera d'equilibrio, trovandoci in un corridoio lungo e stretto.

Procedemmo lungo i corridoi seguendo la guida di John, fino a raggiungere il salone centrale, collegato ai piani superiori tramite una rampa di scale. Qui, trovammo i primi segni dell'attacco del Fronte.

Le pareti erano crivellate da proiettili: qui la sicurezza aveva affrontato gli intrusi. Addossati alle pareti c'erano molti cadaveri: i superstiti del Fronte dovevano averli spostati. Contammo quattro vittime fra i terroristi, e due ufficiali di sicurezza.


Salire le scale si rivelò più difficile del previsto: sulla Luna le scale, sempre per via della bassa gravità, potevano essere costruite con scalini molto più alti di quelli terrestri, da scalare saltando.

Tuttavia, nessuno di noi quattro era abituato a farlo, e questo ci rallentò notevolmente.

«Stupide scale.» si lamentò Ramon durante l'ascesa. «John, non potevamo usare un ascensore?»

«Ce n'è uno solo, e porta direttamente alla sala della sicurezza. Saremmo stati massacrati nell'istante in cui si fosse aperto.»

I corridoi del piano superiore erano identici a quelli che avevamo già percorso, ma qui i segni della lotta erano intensi: vetri rotti, bossoli a terra, muri rovinati dai colpi.

Ci avvicinammo al centro di sicurezza muovendoci con cautela; ogni secondo era snervante. Dopo alcuni minuti, arrivammo a destinazione. La porta del centro di sicurezza si trovava davanti a noi, e a breve distanza da essa il rilevatore di movimento si accese.

«Quattro contatti, ore dodici.» sussurrai.

La voce di Ellen risuonò nel mio auricolare. Ci stava osservando da Montréal: i nostri visori registravano tutto quello che inquadravano, e lo inviavano in automatico ai computer del SAS.

«Logan, fate passare una microcamera sotto la porta per osservare i contatti.»

«Lo sappiamo, Ellen.» ribatté John, che estrasse un sottile cavo a cui era legata una ancor più piccola telecamera, abbastanza piccola da poter passare nello spazio fra la porta e il pavimento. John la usò per controllare l'esatta posizione dei separatisti.

«Confermo, quattro contatti. Tre di loro stanno spostando dei corpi, l'altro sta provando a riparare un terminale.»

«Bene, sono distratti. Ramon, piazza una carica sulla porta. John, Marcel, pronti a entrare. Io e Ramon vi copriremo le spalle»


Le cariche che Ramon aveva con sé erano costruite in modo che l'energia venisse proiettata in avanti: la porta sarebbe stata ridotta in frantumi, che si sarebbero propagati nella stanza come proiettili. Con un po' di fortuna, avrebbero eliminato alcuni terroristi per noi.

John e Marcel si posizionarono ai due lati della porta mentre Ramon fissava la carica. Io tenevo d'occhio il corridoio alle nostre spalle: non potevamo rischiare di farci sorprendere.


Ramon mi raggiunse, con in mano il detonatore, e io diedi il segnale.

La carica detonò fragorosamente; dalle mie spalle, sentii John e Marcel entrare nella stanza e aprire il fuoco.

Non mi girai a vedere cosa stesse succedendo: chiunque fosse nella centrale doveva aver sentito il botto, e con ogni probabilità ora stava accorrendo. Come previsto, pochi secondi dopo comparvero sul rilevatore di movimento due segnali che si avvicinavano rapidamente.

«Ostili neutralizzati.» disse John.

«Spegni le luci.» ordinai. «Ramon, passa alla visione termica.»

Le luci della stazione si spensero assieme. Solo una luce di emergenza illuminava fiocamente di rosso la parete in fondo al corridoio. Con le nostre tute mimetiche nere, eravamo diventati dei fantasmi nell'ombra.

I due puntini sul rilevatore si fecero sempre più vicini, finché non vidi due sagome girare l'angolo del corridoio fianco a fianco: non potevano vedere me e Ramon, pronti in agguato.

Ramon e io aprimmo il fuoco contemporaneamente: la forza dei proiettili scaraventò i due malcapitati a terra, uccidendoli all'istante.

«Bersagli eliminati.» annunciai alla radio. «Il sensore dà zona libera.»

«Qui dentro ci sono altri quattro cadaveri del Fronte, oltre ai nostri.» disse Marcel.

Quattordici in tutto. La centrale era nostra.

«Montréal, ci siete?» chiesi via radio. «Abbiamo spento la centrale, attendiamo ordini.»

«Complimenti, Logan.» rispose Ellen. «Tornate ai rover, è il momento della fase due.»

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro