INCUBI (Pov Lily)

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Noi temiamo ciò che non possiamo vedere

(Bleach)

Lily's Pov

«Allora pasticciona come stai? Ho provato a chiamarti al cellulare ma non rispondevi, ero così preoccupata. Sei stata persino ricoverata! Non sai quanto ero in pensiero!» allontano la cornetta dall'orecchio perché Simone sta praticamente urlando.

«Ciao! Come mi manchi! Sì, sto molto meglio»

«Hai visto che ora non sei più sola? Sei circondata da persone che si preoccupano per te» la sua voce è squillante e allegra.

Ha ragione. Nel petto sento un calore nuovo, un tepore che scalda l'anima.

«Ti dispiace tornare?» le dico in tono canzonatorio.

«Quando vedrai la mia abbronzatura rimarrai di stucco!»

«Immagino, immagino. A che ora avete l'aereo? Quando sarai qui?»

«Se va tutto bene metterò piede in casa domani alle otto di sera» poi a bassa voce aggiungendo «Ho comprato un vestitino che ti starà troppo bene!»

«Non vedo l'ora di riabbracciarti» alzo gli occhi al cielo, ogni tanto Simone mi regala un vestito nella vana speranza di vedermelo indosso.

«La tua voce è diversa, sembri più serena. Ti sei finalmente decisa ad andare da uno psicologo per gli attacchi panico?» ecco che non perde occasione per punzecchiarmi sull'argomento.

«No, Simone. Però non ne ho più avuti recentemente, forse è per questo che mi senti più in pace» il periodo trascorso all'harem mi ha rigenerato e ora respiro a pieni polmoni.

«Sono proprio contenta di sentirtelo dire!» la sua voce assume un tono indagatore «e dimmi hai pensato a cosa rispondere?»

«A cosa?» allo psicologo? Ma se ho detto di stare bene.

Silenzio. Si schiarisce la voce «Lily questa tua risposta mi fa capire già molte cose. Lui mi ha raccontato quanto accaduto al parchetto»

«Alberto! Cavolo mi sono dimenticata!» non avevo pensato nemmeno una volta alla sua dichiarazione con tutto quello che era successo «ma dai era solo uno scherzo»

«Non credo, sai? Sembra che la sua ossessione non sia più legata alla somiglianza con la sorella. Quando parla di te cambia persino espressione. Ricorda un drogato in estasi. Quasi inquietante...»

«Simone, tu mancavi ogni giorno di più mentre lui non è mai stato nei miei pensieri. Nemmeno un giorno»

Non solo mi ero scordata di Alberto ma anche della casa editrice. Telefonai al numero che mi avevano lasciato e mi scusai più volte avvisando che avevo avuto problemi di salute,  ottenni un nuovo appuntamento per il giorno seguente.

Al mattino avrei dovuto lavorare, chiesi di finire un'ora prima il turno in modo da essere a Firenze in tempo. Con l'autobus ci avrei impiegato un'ora e mezza, aggiungendo il tempo per trovare gli uffici, sarei riuscita ad andare all'appuntamento e tornare in tempo per accogliere Simone.

Il materasso è assai duro, cosa è successo? Apro gli occhi dolorante e mi accorgo di essere sul pavimento. Sono caduta dal letto? Un momento... questa non è la mia camera. Il corridoio di un albergo? Cosa faccio qui? Cosa è successo? Calma Lily, calmati altrimenti il cuore esce dal petto.

Ragioniamo: hai varcato la soglia dimensionale?

«Corri!» grida una ragazza bionda apparsa come d'incanto da una camera, mi prende per il braccio e mi aiuta ad alzarmi. Sento dei passi dietro di noi.

«Cosa sta succedendo?» le chiedo col fiatone.

«Se ci prendono diventiamo come loro!» grida senza voltarsi.

Loro chi?

Da qualche parte in lontananza suona un allarme. Apriamo una porta antipanico e corriamo per le scale. Al pianerottolo mi fermo bloccando anche lei. Si volta bianca in volto, ha i capelli ricci e due occhi verdi spalancati dal terrore.

«Spiegami, non capisco» le dico.

Lei si guarda attorno e sussurra «Rubano l'anima alle persone. Ci iniettano le uova che si schiudono subito e noi diventiamo momentaneamente il loro nuovo corpo. Finché non ci mangiano»

Non mi è chiaro, però sento la pelle d'oca e il sangue gelarsi nelle vene.

Un rumore sordo, qualcuno ha spinto la porta. Mi affaccio per vedere il nostro inseguitore e me ne pento subito. È un insetto più grande di un essere umano, cammina su quattro zampe e ha gli occhi enormi come quelli di una mosca. Le sue antenne vibrano e alza lo sguardo su di me. Mi vedo riflessa in quei mille specchi neri che formano i suoi cocchi.

Orribile. Disgustoso. Riprendo a correre seguendo la ragazza. Scappare mi sembra un'ottima idea.

Entriamo in quella che dovrebbe essere una cucina, mi fermo di colpo e le indico i condotti dell'areazione: siamo abbastanza minute per passarci. Svito con un coltello la rete e striscio dentro, lei mi segue, procediamo attraverso i tubi lentamente. Sotto di noi li sento brulicare, poi il picchiettare delle zampe sul metallo. Ci stanno seguendo. Non è possibile! 

Svolto in un cunicolo e  la ragazza urla. Mi volto col cuore in gola. Scomparsa. L'hanno presa. Mi infilo più in fondo al tubo. Sono terrorizzata. Non riesco a muovermi. Non ho speranza di salvezza.

Una lunga zampa sfiora il mio piede. Trattengo il fiato. Ma è tutto inutile. Uno di quegli esseri mi prende la caviglia e mi trascina fuori. Urlo. Scalcio, lotto.

Mi ritrovo per terra in una camera. Ho picchiato la testa e il dolore rimbomba per tutto il cranio, cerco di mettermi seduta. Scorgo un letto a baldacchino e in piedi davanti a me c'è la ragazza di prima.  I suoi occhi sono vitrei e muove il corpo a scatti, come un burattino. Cerco una via di fuga ma i due insetti bloccano la porta. Sembra che stiano incitando, coi loro strani versi scricchiolanti, la ragazza contaminata ad attaccarmi. Lei corre verso di me e mi sbatte a terra con violenza, è incredibilmente forte. Mi manca l'aria per il colpo, annaspo per respirare.

Cerco qualcosa per difendermi e mi guardo attorno: un camino. Riesco a rotolare su un fianco e allungo la mano per prendere l'attizzatoio. Mi sfugge tra le dita. La ragazza si lancia su di me. Lo recupero facendo cadere tutto il set e scarto di lato. La non-ragazza perde l'equilibrio, inciampando negli attrezzi sparsi ovunque, e cade. Ne approfitto per mettermi a carponi sopra di lei e conficcarle il ferro nel petto. È disgustosamente morbido, sento l'attizzatoio scivolare all'interno dello sterno senza incontrare resistenza. Le ossa non esistono più. Esala il suo ultimo respiro. 

Ho ucciso una persona.

Vengo afferrata da zampe appuntite, i due mi catturano. Morirò anch'io. Me lo merito. Chiudo gli occhi  in preda al terrore e attendo la mia sorte. Come inseriranno le uova nel mio corpo? Mi morderanno? Le inietteranno con un pungiglione?

Inaspettatamente non mi trasformano. Vengo trascinata per terra come un sacco. Usciamo nel corridoio e si dirigono verso una finestra rotta.

Non ho più la forza di lottare.

Aprono le ali e si sollevano in volo, con me come preda. Attraversiamo un varco dimensionale e atterriamo in una foresta pietrificata. Mi costringono ad alzarmi in piedi e a camminare tra di loro spintonandomi con le zampe.

Questo luogo è familiare, eppure non ricordo di esserci già stata. Attraversiamo un campo, che un tempo doveva essere pieno di fiori colorati. Scorgo in lontananza quella che dovrebbe essere una cascata, anche lei immobile nel suo grigiore. Non vi è più vita qui. Passo in mezzo alle macerie di un villaggio e sento un dolore trafiggermi il petto. Provo una forte nostalgia, come se avessi vissuto un periodo felice in questo luogo. Eppure non ho ricordi legati a questo mondo. Come potrei averne? 

Piccole figure simili a fatine sbirciano da nascondigli, sono spaventate da queste creature, come biasimarle.

Il mio carceriere mi spintona verso una costruzione che ricorda un lager e chiude il cancello del recinto dietro di me.

Tra diverse persone riconosco dei volti familiari: i miei genitori! Sono ancora vivi! Corro loro incontro e li abbraccio singhiozzando ma non reagiscono. Li scuoto, cerco di farmi riconoscere. Nulla. Hanno lo sguardo vacuo puntato verso il vuoto.

Mi siedo sconsolata, priva di energie, stanca, sfiduciata e triste. Rimango lì, ferma, abbracciando le gambe a fissando la luna. Anche lei ha perso la sua lucentezza. Sto andando in depressione, me ne rendo conto, ma non ho la forza di reagire. Per chi? Per che cosa?

Un dolore improvviso alla gamba. Non vedo nulla.

«Ahi» esclamo e la mia voce sembra giungere da lontano.

Qualcuno cerca di farmi svegliare. Svegliare? Sto sognando? Qualcosa mi punge il piede. Apro gli occhi.

Sono sveglia. Il cuore batte così forte da sentirlo nelle orecchie. La camera è nella semioscurità. Sento ancora delle piccole dita farmi dei pizzicotti e che male! Mi siedo di scatto e scorgo un'ombra furtiva sparire nel nulla. Che mi abbia salvato da quel sogno? Oppure ne faceva parte e non ero ancora del tutto sveglia?

Che ore saranno? Non trovo più la sveglia sul comodino. Guardo il pavimento: eccola è caduta per terra. Devo aver avuto una notte davvero agitata. 

È la prima volta che sogno i miei genitori dopo molto tempo. Vederli così apatici mi ha scosso, più della presenza degli insetti umanoidi. 

Tutto in quell'incubo sembrava studiato apposta per farmi crollare psicologicamente. Ma era realmente un sogno? Davvero i miei genitori sono morti? E se invece fossero rinchiusi da qualche parte? Tenuti prigionieri? 

No, cosa sto farneticando... ricordo le bare, i loro volti sereni come se dormissero. Era solo un sogno nulla più.


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