LAVORO (pov Lily)

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Vedere realizzati i propri sogni ed essere felici

sono due cose completamente diverse. 

Questa contraddizione mi è ancora incomprensibile

(Nana - Ai Yazawa)

Lily's POV

Simone sorseggia un caffè addolcito con fruttosio immersa in una conversazione in chat, sorride spostando una ciocca di capelli sfuggita allo chignon, i suoi vecchi colleghi l'adoravano e credo che ora la stiano riempiendo di messaggi stucchevoli su quanto sentano la sua mancanza.

Ovviamente a me non scrive nessuno.

Bevo il mio espresso forte ultra zuccherato e mi diverto ad osservare le persone che passeggiano fantasticando sulle loro vite private. Una risata cristallina risuona per la piazza attirando la mia attenzione: ci sono due ragazze vicino all'ingresso della Chiesa sedute su una panca sotto l'ulivo, sembrano impegnate in una conversazione davvero divertente. Ho l'impressione che siano le stesse che abbiamo incontrato nel negozio di abbigliamento qualche minuto fa dove ho acquistato una carinissima t-shirt viola con la stampa di un cinghiale e la scritta maremma maiala. Ho anche chiesto alla commessa se erano al completo col personale e ovviamente ha risposto "si" però ha suggerito di recarmi all'ufficio informazioni. Non vi è un comune o un ufficio per il lavoro in un villaggio privato, chi cerca personale solitamente pubblica in bacheca gli annunci. Entusiasta sono corsa all'ufficio per scoprire che aprirà  solo l'indomani. Ah la mia fortuna sfacciata!

«Ho sentito che cercate lavoro» per lo spavento quasi mi cade la tazzina, non avevo sentito la donna avvicinarsi al nostro tavolo. Indossa un grembiule nero col simbolo del locale, si piega leggermente verso di noi e noto una lunga treccia scura che serpeggia lungo la spina dorsale fino al bacino.

«Si» rispondo pronta con un sorriso. Le voci volano veloci, paese piccolo...

«Bene, ho proprio bisogno di una ragazza qui al bar»

«Piacere, mi chiamo Lily» mi alzo col cuore in tumulto per stringerle la mano.

«Elisabetta piacere» la sua mano è affusolata e delicata, si siede al tavolo con noi «prima di iniziare a parlarmi di te vorrei raccontarti un po' di noi. Questo bar l'ho rilevato cinque anni fa, prima lavoravo per l'agenzia come modella ma come noterai ormai ho raggiunto l'età in cui si ha la necessità di fermarsi in un luogo da poter chiamare casa. Non pretendo molto dai miei dipendenti: devono essere cortesi coi clienti, affidabili ed elastici negli orari. Potrà capitare che ti chieda di fare sostituzioni improvvise o di aprire prima il bar. Sai è un paesino piccolo e dipendiamo totalmente dall'agenzia, anzi viviamo grazie a lei» mentre parla sorride dolcemente e piccole rughe le si formano accanto agli occhi e alle labbra carnose «l'idea di costruire questo piccolo centro abitativo privato è nato intorno agli anni 80, il nostro presidente Dozenith si è basato su un progetto americano. Noterete che il complesso ha praticamente tutto: negozi, asilo e scuola elementare, una piccola infermeria con un medico privato pagato dall'agenzia stessa e ovviamente una Chiesa per la Purificazione. In pratica lavoriamo tutti quanti per l'Agenzia, cerchiamo di essere disponibili il più possibile per venire incontro alle loro esigenze» annuisco e lei continua «fatta questa piccola premessa parlami di te Lily, hai già lavorato presso un bar?»

Sento il cuore martellarmi in gola, mi schiarisco la voce prima di parlare «Si, ho lavorato per un breve periodo in un bar all'interno di un complesso sportivo e anche in un ristorante per un'estate» giocherello con una pellicina dell'indice, inavvertitamente la strappo e una piccola fitta di dolore risale lungo il braccio. 

«Bene, avendo già dell'esperienza spero non ci vorrà molto per adeguarti ai nostri lenti ritmi. Venite da Milano giusto? Immagino che lì il servizio era davvero frenetico» sorride «Tu invece inizierai domani, vero Simone?»

Come fa a conoscere i nostri nomi? La proprietaria del residence deve aver divulgato anche la taglia di reggiseno che indossiamo.

«Oh, si! Sono estremamente eccitata all'idea di lavorare per un'agenzia famosa persino oltre oceano» Simone risponde senza farsi domande, forse sono io che mi creo problemi inesistenti. Eppure questa sensazione di esser stata stalkerata non mi abbandona.

«Vedrai che ti troverai bene, lo staff è composto per lo più da ragazzi giovani pieni di talento e simpatici. Ti sentirai a tuo agio nel giro di pochi minuti. L'ambiente modaiolo e televisivo non è dei più belli, credimi alle volte ho assistito a scene raccapriccianti e ai limiti della legalità. Però qui vivrai e lavorerai in una piccola bolla di felicità, protetta da una società che possiede ancora dei valori umani. Non è qualcosa da sottovalutare in un periodo storico come il nostro» conclude Elisabetta alzandosi «Jemina puoi venire con una divisa?»

Dal bar esce la cameriera che ci aveva servito poco prima e si siede con noi al tavolo. Ha i capelli rasati sulla tempia sinistra, un orecchino le copre completamente il lobo risalendo verso l'alto in un intreccio di edera argentata, ne resto affascinata tanto da non accorgermi di fissarla, lei discosta volontariamente la mia attenzione verso il sacchetto porgendomelo. Sorride e il viso le si illumina. Le sfioro le dita mentre prendo il sacchetto, sull'anulare della mano destra ha un'ala tatuata in oro, risalta come un gioiello sulla sua pelle color ebano.

«Ecco questa dovrebbe essere della tua taglia. Siamo fortunati non devo nemmeno acquistarne una nuova. Cura e lavaggio sono a tuo carico, te ne darò un'altra di ricambio poi. Ci vediamo qui per le diciotto? Il bar chiude alle ventidue. Così fai la prova» Elisabetta volge lo sguardo verso Jemina che annuisce col capo e poi riporta l'attenzione su di me.

«Va benissimo!» stringo al petto la maglietta. Da non credere, sono qui da nemmeno un giorno e ho già trovato lavoro, sembra quasi che stessero aspettando proprio me.

Per essere un villaggio di costruzione recente i portici della piazza sembrano appartenere ad un'epoca antica, i capitelli delle colonne sono arricchiti da immagini alquanto singolari: riconosco alcune divinità egizie che combattono contro strane creature a forma di insetti umanoidi. Le raffigurazioni della lotta ricordano molto l'arte greca, culture differenti sono mischiate tra loro creando un'opera affascinante senza risultare pacchiana. 

Riporto l'attenzione all'oggetto che stringo tra le mani ripensando alle due ragazze del bar, anche loro davano la sensazione di appartenere a mondi differenti ma nello stesso tempo era evidente che fossero in piena sintonia. 

Sollevo la maglietta nera della divisa per far vedere a Simone il logo rosso: l'occhio di Horus. Sono contenta di indossare quel simbolo di protezione e buona salute, ho una vera passione per la mitologia e sono attratta dal significato celato dietro agli antichi simboli. Trovo sbalorditivo che un piccolo disegno possa influenzare la nostra sfera emotiva e che sia traducibile in qualsiasi lingua. I geroglifici egizi hanno varcato i confini e il tempo, nel corso dei secoli abbiamo cercato di creare nuove rappresentazioni del nostro animo fino ad arrivare alle emoticon dei giorni nostri, i simboli ci permettono di esprimere sentimenti che non siamo in grado di tradurre a parole.

«Allora barista! Andiamo a fare shopping prima del tuo turno?» Simone è la mia ancora, senza di lei svanirei nel flusso della fantasia.

«Ovviamente si! Però torniamo presto che devo fare una doccia e cambiarmi»

Alza il sopracciglio donandomi uno sguardo di profondo disappunto: sono inqualificabile ai suoi occhi. Simone ovviamente ha cambiato outfit appena rimaste sole in appartamento, ora indossa un leggero abito nero con maniche in pizzo, i capelli corvini legati in uno chignon impreziosito da un filo di perle, elegante e femminile. Sospiro giocando con una ciocca sfuggita alla coda, indosso ancora gli short del viaggio e la mia adorabile maglietta portafortuna ,sgualcita e usurata, dei Nirvana.

«Guarda, quelli devono essere fotomodelli dell'agenzia» meglio distrarla prima che inizi a lamentarsi del mio aspetto trasandato.

Più ci avviciniamo ai ragazzi che le ho indicato e più posso affermare di non essermi sbagliata, così ad occhio due di loro devono essere anche stranieri. 

Il ragazzo seduto sulla moto nera però non sembra un modello, tiene il casco tra le mani e ne scorgo il viso, non posso permettermi di definirlo brutto ma di certo non è al livello degli altri, ha i capelli castani e nel complesso risulterebbe anonimo se non fosse per l'aura che lo circonda. Immagino di essere Frodo che incontra Granpasso per la prima volta: in lui c'è qualcosa di diverso dalle altre persone però nello stesso tempo sembra così comune. Magari è Re Aragon in incognito! 

Percepisco che tiene un certo distacco dal gruppo, non è qualcosa di visibile ma appena percettibile, una sensazione a pelle forse dovuta al fatto che non è sceso dalla moto. 

Per qualche strano motivo non riesco a distogliere lo sguardo, c'è qualcosa di familiare in lui, forse l'ho già incontrato? Ammalia così tanto da farmi inciampare in un sanpietrino, per fortuna Simone mi prende il braccio impedendomi di cadere.

Scoppiamo a ridere e ci incamminiamo verso casa.


ミ★ Note

Nelle ultime righe finalmente appare uno dei personaggi clou della storia che presto impareremo ad odiare e amare in egual modo (•ᴗ•)

Marco,  il famoso ragazzo della moto, l'ho immaginato così:


Mentre Jemina, che conosceremo meglio molto più in là, è simile a lei:



E infine vi presento Elisabetta:


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