UN NUOVO AMICO (pov Lily)

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Se il guscio dell'uovo non si spezza, il pulcino morirà senza essere nato. 

Il mondo è l'uovo di cui siamo i pulcini. 

Se non spezziamo il guscio del mondo, moriremo senza essere nati.

(Utena)

Lily's POV

La pizzeria si trova proprio davanti alla fermata degli autobus, all'ingresso veniamo accolti da una signora che ci invita ad accomodarci nel cortile esterno mentre si asciuga le mani nel grembiule. Attraversiamo il locale seguendola e intravedo il pizzaiolo impegnato a stendere la pasta e a farla volteggiare, un cartone da asporto è posto sul bancone e il profumo riempie il piccolo locale. Un uomo sfoglia il giornale in un angolo, sbircia il nostro passaggio con la coda dell'occhio. 

Una porta ci conduce in un minuscolo cortile incantato e vengo avvolta dal profumo del gelsomino in fiore, socchiudo gli occhi per assaporarlo senza distrazioni. Seguo ammaliata la signora che ci fa accomodare ad un tavolo sotto un'incantevole glicine.

Apprezzo che Alberto non si senta in dovere di riempire il silenzio creatosi, ha ordinato senza aprire il menù per scegliere, ed è rimasto per tutto il tempo ad osservare un bimbo sul triciclo che percorre un vialetto al di là del cortile a tutta velocità.

Si accorge che lo sto fissando ma stranamente non abbasso lo sguardo e non mi sento a disagio per esser stata colta in flagrante  «È il figlio di Tonina» specifica.

«Chi?»

«La signora che ci ha fatto accomodare, questo è un paese piccolo alla fine ci conosciamo più o meno tutti»

«È da tanto che sei qui?» sorrido felice alla pizza appena giunta.

«Ho iniziato il corso a dicembre, quindi...» appoggia l'indice alle labbra mentre conta mentalmente  «sette mesi. Alcuni modelli vengono solo per stage brevi o qualche servizio, ci sono periodi in cui siamo davvero in tanti alla villa»

«Villa?» 

«Si, una villa che si trova dall'altro lato del villaggio, l'alloggio è a spese dell'agenzia mentre i corsi sono a pagamento. Ogni tanto qualcuno preferisce il residence»

«Davvero? Non ho notato nessuno a cena o colazione» a dire il vero non ho proprio mai incontrato anima viva per le scale, la notte poi non vi è alcun rumore, è quasi inquietante.

«Alina e Samantha alloggiano al residence, ma rimarranno solo per altre due settimane. Non le incontri probabilmente perché sono perennemente a dieta e poco socievoli, non mi stupisco se si nascondono per non essere viste uscire o entrare dall'appartamento! Terminate le foto pubblicitarie per il Giardino dei Tarocchi ripartiranno per la Sicilia per una pubblicità televisiva» appoggia la schiena alla sedia e distende le lunghe gambe che giungono fino alle mie, socchiude gli occhi rilassandosi e ne approfitto per ammirare i lineamenti delicati del viso senza farmi notare «E tu? Non racconti nulla?» due zaffiri indagatori si posano su di me.

«Non c'è molto da dire» non amo parlare di me e automaticamente mi irrigidisco.

«Ti sei appena chiusa a riccio» si siede con la schiena dritta e si sistema la coda riprendendo i capelli sfuggiti all'elastico allentato «Più ti guardo più assomigli alla mia pestifera sorellina»

«Avevi già accennato a questa somiglianza, mi pare, quando ci siamo conosciuti» sono felice che stia sviando il discorso.

«Si è una peste credimi, è minuta come te e per nulla appariscente, anche il modo di reagire quando qualcosa non vi piace è simile. Per il resto siete come il giorno e la notte» sorride «Senza offesa, ma lei è veramente vivace e possessiva nei miei confronti. È la più piccola della famiglia e forse l'abbiamo viziata un po' troppo, oltre a lei ho altre due sorelle più grandi che ormai vivono da sole, ma il mio piccolo demonio è quella che mi manca di più» il suo sguardo si addolcisce mentre ne parla, avrei tanto voluto avere una famiglia come la sua. 

«Non rientri spesso a casa?» fisso delusa il piatto vuoto, avrei voglia di mangiarne ancora.

«Ultimamente no, mi hanno ingaggiato per diverse pubblicità» sospira afflitto «dovrei esserne felice ma ho notato che questo influisce negativamente nei rapporti con gli altri, soprattutto le ragazze»  

«Perché le ragazze dovrebbero essere invidiose di te?» 

«Ho firmato un contratto per una marca famosa di cosmetici, il mio aspetto androgino ha influito su questa scelta. Pensa che non avevo nemmeno partecipato alle selezioni, mi hanno contattato loro. Ad un paio di ragazze la cosa non è andata a genio e non mi rivolgono più la parola»  

«Pensavo che fossi immune dall'invidia femminile, credevo ti corteggiassero tutte» incrocio le braccia al petto studiandolo come se fosse un dipinto da valutare.

Alberto scoppia in una sonora risata «Ho subito qualche molestia in passato ma non tutte le donne cadono ai piedi di un bel faccino e tu ne sei la prova»

«Non prendermi ad esempio, sono semplicemente consapevole dei miei limiti e un ragazzo come te è completamente fuori dalla mia portata. Non mi faccio illusioni.» 

«Che bassa autostima... però apprezzo il fatto che non sei interessata a me. Forse per te non significa nulla ma trovo meraviglioso non dovermi sentire a disagio con una ragazza. Sarei felice se mi considerassi tuo amico.»

Lo fisso mordendomi il labbro «Facciamo così: da oggi sei ufficialmente un "amico in prova", devi passare le selezioni»

«Ci sto!» Alberto allunga la mano sopra il tavolo, la stringo sugellando il patto.     

«Grazie» risponde un signore a cui avevo appena servito una spremuta al tavolino sotto il portico, non ricordo un Luglio così soffocante come quello di quest'anno, mi affretto a rientrare per godere del fresco dell'aria condizionata e noto Elisabetta parlare col ragazzo dai capelli castani che avevo visto al mattino. Sembra così preoccupata. 

Entrambi tacciono e si voltano a fissarmi, sono terribilmente a disagio. Aragon appoggia la tazzina sul bancone, si alza dallo sgabello senza mai distogliere gli occhi dai miei, stringo il vassoio così tanto da sentire dolore alle dita, sono attraversata da quello sguardo che sembra voglia leggermi l'anima, non vi è astio nei miei confronti ma nemmeno simpatia. Mi guarda come se non dovessi essere lì, come un piccolo e fastidioso intralcio. Cosa ho fatto di male a questo ragazzo che nemmeno conosco?

Lui saluta Elisabetta con un gesto della mano e mi viene incontro, si ferma accanto sfiorandomi la spalla col suo braccio. Reprimo l'impulso di correre lontano.

Si piega per parlarmi e il mio cuore smette di battere. Trattengo il fiato.

«Stai attenta quando attraversi la strada» sussurra ridacchiando ed esce dal bar.

Rimango lì in piedi stordita per qualche minuto, mi sento come se fossi sopravvissuta per miracolo ad una calamità naturale e non ne capisco il motivo.

Finalmente riesco a riprendermi e noto l'espressione seria di Elisabetta: qualcosa non va, sta morsicando l'unghia del pollice assorta nei pensieri, che sia stata minacciata? Quell'Aragon è un tipo pericoloso?

«Va tutto bene?»

Alza lo sguardo su di me e impiega qualche secondo a mettermi a fuoco, come se fossi apparsa in quell'istante dal regno dei morti e non fosse certa della mia solidità.

«No, non va tutto bene. Lily puoi farmi un favore?»

«Certo! Dimmi» 

«Stasera chiudiamo alle otto visto che Jemina non può darti il cambio, puoi occuparti tu di tutto? Dovrei assentarmi ora»

«Certo... Jemina sta bene? È per caso ammalata?»

«No, stai tranquilla. Ha avuto un impegno improvviso» cerca di sorridermi ma le labbra formano una piccola smorfia.

«Posso tenere aperto il bar comunque e fare la chiusura»

«Sinceramente preferirei che stessi a casa al sicuro stasera, non voglio saperti qui da sola»

Trovo che sia una strana affermazione visto che non è la prima volta che torno tardi dopo aver chiuso il locale. Viviamo in un villaggio tranquillo non in una metropoli, abito a pochi passi dal bar, cos'è che la preoccupa così tanto? Che pericoli potrei incontrare? Cosa c'è stasera di diverso dal solito?

«Elisabetta se hai bisogno di parlare... Se posso fare qualcosa per te»

«Non preoccuparti, se avrò bisogno ti chiederò aiuto. Contaci»

Con questa frase è evidente che non voglia più continuare il discorso, non posso fare nulla per lei se non si confida e mi dispiace vederla così affranta.

Alle otto come previsto abbasso la serranda. Chi mai farebbe del male ad una persona dolce come Elisabetta? E quell'Aragon che ruolo ricopre? Sospiro e sollevo lo sguardo verso il cielo coperto di nubi, un rumoroso battito d'ali attira la mia attenzione e salto all'indietro appoggiando rumorosamente la schiena alla serranda mentre un pavone giallo fosforescente spicca il volo, i  disegni arancioni sulla sua coda sembrano tanti occhi che mi fissano astiosi.

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