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Il profumo forte del caffé la accompagnò a un pigro risveglio. I suoi occhi semiaperti si fissarono sul soffitto rosa pallido. Roni aveva preso davvero sul serio il suo amore per il rosa, pensò rimanendo avviluppata alla trapunta.

Aveva dormito bene come non riusciva da tempo, era caduta in un rasserenante sonno senza sogni. Si sentiva bene, le sembrava impossibile. Fece vagare lo sguardo sulla stanza, temendo di trovarla grande, spaziosa, con un enorme armadio color verde pistacchio sulla sinistra e alla parete destra, colorata di un crema sbiadito, la polverosa libreria a venti scaffali con accanto la lunga scrivania nocciola chiaro.
Invece i suoi occhi incontrarono l'armadio bianco, la scrivania con la sedia rosa e il delizioso tavolino da toletta in stile vittoriano. Respirò a fondo, lasciandosi andare a un sereno sorriso.

Un frenetico bussare alla porta le fece balzare il cuore in gola proprio mentre stava provando a mettere un piede fuori dal letto. «Cazzo.»

«No mi spiace, sono io.» La testa scompigliata di Roni si affacciò sulla sua stanza. «È pronta la colazione. Sbrigati che è già tardi.»

«Ma che dici, oggi è domenica.»

«Per andare a fare shopping no? O vuoi arrivare proprio con il pienone... io li conosco gli orari.» Un sorriso a trentamila denti sbiancò il rosso dei suoi ricci ribelli.

«Shopping?»

«Guarda che quel bell'armadio è vuoto tesoro e i tuoi di vestiti fanno pena. Ti voglio figa, Emi, perché puoi permettertelo.»

Certo, pensò scuotendo la testa. Per lei qualunque ragazza si addobbasse per bene come un albero di Natald era figa. Sì, bastavano tacchi e vestiti succinti, un tocco di colore eccentrico e ti salvavi dalla bruttezza.

«Ok, adesso arrivo.»
Per una volta l'avrebbe accontentata. Dopotutto quello che stava facendo per lei era molto di più.

Lasciò che l'amica saltellasse dentro la camera e corresse ad abbracciarla. «Sono contenta che sei qui.»
Era un po' pazza, ma i suoi abbracci restavano i migliori.

Emi rifece il letto prima di prepararsi. L'aveva trovato in ordine e ci teneva che così restasse. Le sembrava una forma di educazione, dato che la disordinata Roni si era affannata per farle trovare una camera così carina.

Aprì la borsa da viaggio e afferrò un paio di blu jeans e un maglioncino crema. Quel colore la perseguitava. Si ripromise di passare al rosa la prossima volta, ma in quel momento non aveva intenzione di frugare sotto strati di vestiti ancora spiegazzati. Tornata dallo shopping avrebbe fatto un po' d'ordine anche lì.

Andò allo specchio, dove finse di non vedere la sua figura intera. Si concentrò sul tentativo di riavviare i capelli castani, di quel mosso stupido che aveva sempre mal sopportato. Li spazzolò con le dita, senza concludere nulla. Alla fine optò per una coda bassa, che legò con un nastrino di velluto rosa antico che era solita tenere al polso. Era un ricordo di sua nonna. Non importava dove lo legasse, ma era sempre con lei.

Nella zona giorno il profumo di caffè era ancora più forte, ma insieme le arrivò anche quello dolce di cornetti alla marmellata.
«C'è quella alla ciliegia, la tua preferita» esordì Roni con un altro dei suoi sorrisi, sventolando in aria un sacchetto di pasticceria.

Ancora intontita dal torpore del sonno, Emi restituì un sorriso sedendosi a tavola. La cucina era carina, con tutto ciò che caratterizzava l'arredo anni 50'. I colori dei pensili erano perlopiù chiari, con gli elettrodomestici verde menta; ma i tocchi più accesi erano di un lucido rosso ferrari nelle sedie tondeggianti e negli accessori sopra al piano della cucina. Tutto quel colore non era il massimo per i suoi gusti, ma forse col tempo avrebbe accettato il fatto che emanava una certa allegria.

Guardandosi intorno si rese conto che mancava la coinquilina di Roni.
«Isa è in bar» la anticipò l'amica. Lei non ama fare colazione in casa. Non penso neanche mangi visto quando è secca.»

«In effetti» mentì con una smorfia per apparire credibile. Dall'immagine della sera prima ricordava di Isabelle i suoi lunghi capelli biondi e le gambe snelle fasciate dai pantaloni, ma non l'aveva giudicata troppo magra. Era evidente che Roni fosse invidiosa.

«Che lavoro fa?» chiese per stemperare la conversazione, ma allo stesso tempo ottenere qualche informazione.

«Barista.»

«Ah.»

«Sorpresa?»

Emi addentò il suo cornetto alla ciliegia. «No è che non mi sembra molto...»

«Loquace? Sì a primo impatto è strana, lo so, ma ci farai l'abitudine. Passato il primo periodo è simpatica.»

Roni aveva la faccia affondata nella sua tazza, ma non aveva bisogno di vedere la sua espressione per sapere che stava dicendo balle. Lo sentiva dal suo tono e lo notava dal modo nervoso in cui stringeva i manici della tazza.

Quelle due si odiavano. Fantastico, pensò mentre l'ansia rovinava il sapore dolce della marmellata.

«Va beh, capisco i tacchi, ma almeno una mini te la devi comprare.»

«E con quali soldi? E poi io in minigonna?»

Roni la stava facendo impazzire. Certo il suo modo di fare era il più delle volte divertente, ma in certi momenti esagerava.

«Io non sono te, lo sai. Amo i jeans.»

«Anch'io. Il jeans.»

Emi alzò gli occhi al cielo. L'aveva fatto apposta, ne era certa. Era uscita di casa con una minigonna di jeans e le immancabili converse rosse, che avevano sostituito i tacchi. Si era cambiata subito dopo aver notato i suoi jeans e aveva additato quasi sconcertata il suo maglioncino.

La pelliccetta quel giorno era di un acceso rosa schiapparelli e faceva a pugni con il rosso delle scarpe e il verde menta della o'bag. Conciata a quel modo la guardavano tutti, magari credendola una ragazza di facili costumi o pensando cosa ci facesse una ragazza normale insieme a lei.

Emi una minigonna non l'aveva mai messa. Le gonne le piacevano solo lunghe, ma era sempre meglio un comodo paio di pantaloni. Ne aveva anche di belli, non si considerava per nulla priva di stile.

«Io ho un'idea di jeans un po' diversa, lo sai.»

«Sì, infatti, ti piace mortificare il tuo corpo.»

«Ma che... Vado in giro come le persone normali, cavolo. Ho addosso un paio di jeans e un maglione con un parka. Che c'è di male?»

Stavano passando accanto a un negozio OVS parecchio grande. Roni le afferrò una mano e la trascinò all'interno: «Va Bene, niente gonne, ma almeno un maglione decente.»

Scuotendo la testa lasciò che l'amica la guidasse in mezzo a lunghe e infinite file di stand ricolme di vestiti. In effetti poteva comprare giusto un paio di maglie per farla stare zitta.

«Tipo questa, ti starebbe da Dio.»

Emi lasciò andare un maglione cachi a collo alto per incontrare lo sguardo soddisfatto di Roni, che teneva sollevato un mini cardigan scuro peloso e glitterato.

«Sì e dove ci vado con quella cosa?»

«Io dappertutto.»

«Sì, non ho dubbi» borbottò a bassa voce, evitando che l'altra sentisse il suo tono.

Riprese il maglione color cachi e ne tastò la discreta morbidezza. Accanto ce n'era un altro con lo scollo rotondo, le maniche ampie, di un bel rosa antico. Li prese entrambi e si avviò alla cassa.

Roni la raggiunse con un'aria disperata.
«Cosa cacchio hai preso?»

«Quello che mi piaceva. Le lanciò un'occhiata fulminante. Perché doveva sempre cercare di farla diventare come lei? Per un attimo pensò a un passato, non così passato, in cui aveva un'amica che la amava per come era. Perché con Roni non poteva essere così?

«Okay, okay, tanto ho qui qualcosa anch'io. Così rimedio al tuo look da brava ragazza.»

«Non è da brava ragazza. È da ragazza normale.»

Mentre pagavano poté notare qualche dettaglio della roba che aveva scelto Roni. Una manica glitterata scivolò fuori dal sacchetto, insieme a qualcosa di pelle viola.
Aveva però distolto lo sguardo quando la commessa piegata i vestiti per riporli nel sacchetto. Non voleva sapere cosa Roni si era messa in testa di farle indossare.

«Vedrai che è roba bella, ti piacerà.»

«Certo.» Tanto alla fine se la sarebbe messa lei, come al solito.

Uscirono da OVS per entrare da H&M. Un altro giro di tortura da cui uscirono con due enormi sacchi rigonfi. Emi aveva preso un dolcevita color panna, una camcia di flanella a quadri neri e rosa e due paia di jeans nuovi, uno attillato tanto per zittire l'amica super eccitata, che invece aveva acquistato tanta di quella roba da riempire anche buona parte della sua borsa.

«Ora ho quasi finito i soldi. Contenta?» Emi le mostrò le due borse che reggeva con svogliatezza.

«Io li ho finiti da un pezzo.»

«Non dirmi che lasci debito.»

Roni non rispose, limitandosi a fingere di non aver sentito il suo tono d'accusa.

"Fantastico", pensò tirando un respiro profondo. Come avrebbero fatto a mantenersi spendendo tutto in vestiti?

Le scale mobili le stavano antipatiche, mentre per Roni erano una specie di fissa.

«Non ti fanno sentire una vip?»

No. A Emi facevano solo sentire ridicola. Avrebbe fatto più volentieri le scale normali, passando più inosservato.

Stava per ribattere quando una figura davanti a sé, ai piedi delle scale mobili, attirò la sua attenzione.

Compì un involontario passo indietro, andando a urtare contro Roni.
«Ma che cazzo fai?»

Emi la ignorò, concentrata su quegli occhi taglienti che la trapassavano. Scosse la testa. Distolse lo sguardo, convinta fosse una specie di allucinazione. Ma quando lo riportò lì, lui c'era ancora. Si era spostato un po' in parte, perché loro stavano scendendo.

Affrettò il passo, ignorando la voce di Roni che le sbraitava dietro. Non si accorse quasi di essersi messa a correre.

Era lui, ne era sicura. Occhi di ghiaccio, pelle lattea, sguardo penetrante. Capelli neri, i tratti del viso un po' squadrati, le labbra rosse e quei vestiti; erano gli stessi. Jeans scuri e felpa blu.


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