Chapter 4

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«Come ti chiami?» Le chiese il ragazzo, nel contempo che si incamminavano fuori dall'infermeria e cominciavano a fare un giro in quello che la giovane aveva avuto conferma essere l'Istituto di New York.

«Vindy, e tu?» Rispose la giovane, curiosa di conoscere finalmente l'identità della misteriosa figura al suo fianco.

Non le aveva fatto una brutta impressione, anzi tutto il contrario: per quanto apparentemente potesse sembrare una persona scontrosa, il classico cattivo ragazzo che si leggeva in molte storie d'amore quasi tutte uguali tra loro, in realtà si era dimostrato disponibile e anche molto gentile, per questo gli aveva proposto di parlare, perché aveva la forte sensazione che fosse qualcuno con cui poter avere uno scambio senza alcun problema.

Nel caso gli fosse apparso un ragazzo tutt'altro che disponibile, di sicuro la giovane gli avrebbe chiesto di poter parlarle con qualcun altro.

«Jace,» disse, rispondendo alla domanda dell'altra e alzando un angolo della bocca mentre le domandava: «E il tuo vero nome? O meglio, il tuo nome completo?»

«Vindy Campbell, ma non capisco a che cosa ti serva» replicò lei, aggrottando le sopracciglia e rivolgendogli uno sguardo confuso, non capendo dove volesse andare a parare con quella richiesta.

«Vindy è un diminutivo, non è vero?» Insistette lui, notando la consapevolezza farsi spazio sul volto stanco dell'altra.

«Che cosa te lo dice?» Ribatté con noncuranza la giovane, deviando il suo sguardo sul lungo corridoio che stavano attraversando: c'erano varie porte che si affacciavano a stanze totalmente sconosciute a lei, intervallate ogni tanto da delle strane pietre blu molto luminose.

Le pareti scure erano avvolte da strane ombre provenienti dalle grandi finestre, le quali davano sulla città ormai illuminata dai lampioni a causa dello cambio tra sole e luna.

«Tutti i miei amici usano diminutivi praticamente: Alexander lo chiamiamo Alec, Isabelle Izzy se non Iz, Clarissa è diventata Clary...» Il suo cuore saltò un battito quando pronunciò quel nome, mentre con l'occhio della mente vedeva apparire il viso della rossa in questione.

Da quando aveva preso la decisione di dedicarsi completamente alla sua più grande passione, ovvero il disegno e la pittura, frequentando la scuola mondana di Belle Arti, lei aveva deciso di lasciare Jace per evitare di farlo soffrire con la sua lontananza, nonostante lui avesse insistito affinché lei desistesse da quella scelta avventata.

Vindy si accorse del repentino cambio di umore dell'altro, per questo optò per un'opzione più aperta e disponibile: «Vindy sta per Vindicta, vuol dire vendetta in latino» ammise, scrollando le spalle e riportando lo sguardo su quello malinconico di Jace.

Non gli fece alcuna domanda, perché sembrava stesse pensando a qualcosa di fin troppo intimo per lei.

In compenso, gli posò una mano sul braccio, strofinandola per potergli offrire un minimo di conforto, abbozzando un sorriso gentile.

Non le era mai piaciuto vedere la gente soffrire, sapeva cosa voleva dire il dolore e il processo che si percorreva per cicatrizzare una ferita, non sapendo mai con certezza se essa alla fine sarebbe guarita del tutto.

Lui gliene fu grato, infatti le sorrise gentilmente e la ringraziò con lo sguardo.

«Mia madre mi ha chiamata così perché era con la mia generazione che avrebbero avuto di sicuro la loro vendetta gli Angelic Guardians, ed è per questo motivo che sono venuta qua, ho cercato di arrivare all'Istituto a ogni costo» continuò Vindy, iniziando a spiegare ogni cosa.

Ella partì dalla storia degli Angelic Guardians, prima di arrivare a che cosa fossero e quale fosse la loro utilità.

La loro nascita risaliva a circa tre secoli prima, quando l'angelo Zerachiel e il demone minore Merebrax si erano accordati per far bere otto mondani dalla Coppa Mortale, a patto che avessero la Vista e già una minima parte di sangue angelico o demoniaco che scorreva nelle vene per via delle loro origini da Shadowhunters o Nascosti.

Successivamente sulla mano destra di ognuno di loro furono impressi i simboli di quel loro particolare potere: la runa della Vista venne marchiata a fuoco sulle giovani pelle di ognuno dei partecipanti, una cicatrice e simbolo che si sarebbe dovuto imprimere pure sulle epidermidi delle generazioni future.

Il nome Angelic Guardians derivava proprio dal loro scopo: salvaguardare la vita dei mondani e accertarsi che tutti i Nephilim svolgessero il ruolo per cui erano stati forgiati anni addietro, data la scarsa partecipazione da parte di questi ultimi che si stava diffondendo un po' in tutti gli animi, soprattutto nei più giovani.

Una volta passato quel periodo di crisi, tuttavia, la loro presenza divenne quasi inutile, per questo vennero in parte disconosciuti della loro importanza e relegati a mansioni inferiori, come il mantenimento dell'ordine in caso i mondani avessero visto qualcosa di troppo, trovandosi nel posto errato al momento sbagliato.

Molti avevano accettato quel destino e, anzi, erano grati di non dover più condurre una vita all'insegna del pericolo con capacità nettamente inferiori a quelle dei corrispondenti Shadowhunters.

Alcuni però avevano visto quella declassazione come la prova che loro non erano niente in confronto ai Nephilim, e che quindi erano un ostacolo da dover eliminare il più in fretta possibile.

Fu per questo che circa un secolo prima nacquero i Rinnegati, così definiti in maniera dispregiativa coloro che presero parte a un gruppo di ribellione e opposizione, il quale si era prefissato l'obiettivo d'ideare un piano d'azione che facesse capire agli angeli non solo la potenza degli Angelic Guardians, ma anche che essa poteva superare di gran lunga quella dei Nephilim.

Sua madre, Kristen Campbell faceva parte proprio di questo gruppo rivoluzionario, per tale motivo la figlia era scappata non appena si era presentata l'occasione, scampando per un pelo da uno dei soliti scagnozzi di sua madre.

Inoltre ci tenne a precisare che non solo lo aveva distratto come aveva pianificato, ma sarebbe riuscita ad arrivare all'Istituto anche senza il suo ausilio.

«Non ne avevo mai sentito parlare» ammise Jace sincero alla fine, fermandosi di fronte a una porta e rivolgendo alla ragazza al suo fianco uno sguardo fugace.

«A quanto pare non era importante che voi sappiaste della nostra presenza, mentre noi dovevamo conoscervi al meglio, quasi più di noi stessi» rispose Vindy alla domanda muta che lui le stava porgendo, come se potesse avere in tasca tutto ciò che avrebbe voluto sapere.

«Ma ancora una cosa non mi è chiarissima:» domandò il giovane, aggrottando le sopracciglia confuso. «Come mai hai rischiato la vita per venire fino all'Istituto?»

«Oh beh, la risposta è molto semplice in realtà:» disse con nonchalance lei, scrollando le spalle in un gesto quasi d'indifferenza e ovvietà allo stesso tempo. «Mia madre sta venendo qua per uccidervi tutti.»

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