Capitolo 15

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Natalie





L'atteso momento è arrivato: tra circa un ora sarò alla cena di beneficenza. 

Ho passato le due ore precedenti a farmi restaurare da Chandra, che in questo momento sta apportando le ultime modifiche. 

Non sono per niente abituata a queste cose, ma nonostante questo mi sento calma. Invece, la mia amica, sembra sull'orlo di una crisi di panico. 

«Cavolo, Natalie, vuoi stare ferma un secondo? Altrimenti facciamo un paciugo con il mascara. Non vuoi che ricomincio da capo, vero?»

Dopo questa velata minaccia, cerco di stare ferma il più possibile. «Non è colpa mia, mi fai il solletico, e in più sento la faccia tutta impiastricciata.»

«Solo un attimo, tesoro, vedrai che risultato!» dice strillando. «Ecco, ho finito. Mi raccomando stai attenta a non rovinare il mio capolavoro. Prendi questa, dentro c'è tutto l'occorrente per un intervento di emergenza» dice, porgendomi una piccola pochette nera e plissettata. Dando una sbirciatina al suo interno, intravedo il rossetto color prugna che mi ha messo poco prima, mascara e il resto delle cose basilari per ritoccare il trucco, di cui la metà, non so neanche a cosa serva.

Finalmente mi alzo, con andatura un pochino traballante, grazie alle décolleté nere ricoperte di brillantini che mi ha consigliato di mettere Chandra. Sono decisamente alte per i miei standard. 

Mentre mi dirigo verso il salotto, sento il fruscio del vestito dietro alle mie gambe in gran parte scoperte. 

La testa tira, per tutte le forcine che ha usato quella pazza, per sistemare i miei capelli in un semi raccolto, che lascia ricadere delle ciocche ai lati del viso. 

Entrando in sala trovo mio padre in completo elegante che mi porge il mio soprabito dicendo con gran sorriso: «Sei bellissima, Natalie, mi ricordi tanto tua madre.» Tornando serio riprende dicendo: «So che ora andiamo d'accordo, ma vorrei ricordarti che è un evento importante questa cena. Per favore cerca di mostrare il meglio di te stessa, niente figuracce intesi?»

Sapevo già che non avrebbe resistito a lungo: sempre con quella mania di controllare tutto, e ancora poca fiducia in me. Voglio che si ricreda, devo dimostrargli che sono cresciuta. 

«Non preoccuparti, Richard, non creerò alcun tipo di problema. Voglio passare una serata piacevole, senza nessun dramma»

«Questa volta voglio crederti»

Mi porge il suo braccio e usciamo, salutando la mia amica che mima un "chiamami" facendo il gesto con la mano all'orecchio. La solita Chandra. 

Appena usciti di casa, una limousine ci attende. A questo giro non ho proprio nulla da ridire, è la scelta più adatta per la serata. Anche se l'anticonformista che c'è in me sta scalpitando. 

Ci dirigiamo verso il centro. Dopo circa dieci minuti di viaggio ci troviamo di fronte al Sir Baltimore Hotel, uno tra gli alberghi più imponenti e storici della città. 

Noto subito molta gente accalcata ai lati dell'entrata. La portiera viene aperta dall'autista e immediatamente i miei occhi vengono accecati da una moltitudine di flash. 

Il mio cuore accelera al pensiero di avere tanti occhi puntati addosso, non ho mai gradito stare al centro dell'attenzione. 

È tutto così surreale. Mio padre mi aiuta a scendere dalla limousine. Attaccata al suo braccio percorriamo un lungo tappeto rosso, e varchiamo l'entrata dalle porte dorate di questo fantastico hotel, sempre attorniati dal vociare della gente e il bagliore delle macchine fotografiche. 

Credo che, se non fossi stata aggrappata saldamente a Richard, sarei già caduta da questi fastidiosi trampoli. Oltretutto non avrei mai pensato che ci sarebbe stata una calca simile per una cena di beneficenza. 

Dopo aver preso l'ascensore, ci troviamo al primo piano nella grande sala adibita alla cena. Quella in cui mi ritrovo è una delle sale più eleganti e sfarzose che io abbia mai visto; probabilmente anche la più bella dell’hotel. Con un soppalco che circonda tre muri su quattro, sembra un misto tra le sale da ballo dei film Disney e l'Olimpo. C'è uno spazio immenso per ballare e un grande lampadario vittoriano, i pilastri che sorreggono il soppalco sono candidi come la neve e le tende dorate appese alle imponenti finestre.

Questa cena è davvero sontuosa, con ospiti anche piuttosto famosi dello scenario della zona: imprenditori, politici, c'è addirittura la presentatrice del telegiornale locale. 

Mi sento piccola piccola, in confronto a questa gente di successo. La mia insicurezza comincia a prendere il sopravvento e mi viene da chiedermi se ho fatto bene a venire.

Tutte le ragazze e le donne a questa cena sembrano brillare, con i loro abiti elegantissimi e i fisici impeccabili, al braccio di uomini dall'aria influente e autorevole.

Facendo scorrere il mio sguardo per la sala, stento a credere ai miei occhi: c'è anche Chris, accompagnato da una ragazza dai capelli corvini, che sarà sicuramente una modella vista la sua bellezza statuaria. 

Spero tanto non mi veda, non sono proprio in vena di essere stordita di parole e non mi sento all'altezza di questo evento. Però, vista la compagnia, dubito si accorga di me. 

Un'addetta alla sala si avvicina a noi per indicarci il nostro tavolo, dopodiché mio padre comincia un giro di saluti che sembra non finire mai. 

Mi presenta un sacco di personaggi importanti tra cui il rettore della Johns Hopkins, al quale strappa una velata promessa di un colloquio per me. Non si smentirà mai quest'uomo, è così cocciuto. 

Anche se dentro di me è stato un onore parlare col rettore, è un personaggio di spicco, sarei una stupida a non ritenermi fortunata ad aver fatto la sua conoscenza. Potrei controllare se tengono corsi di studio legati all'arte e fare un pensierino sul colloquio, non posso scartare una buona scuola per fare dispetto a Richard. 

All'improvviso sento una strana sensazione di calore dietro al collo, come se qualcuno mi stesse osservando. Mi volto di scatto, ma non vedo nessuno che mi sta guardando. 

Ci dirigiamo al nostro tavolo, dove sono già seduti dei colleghi di mio padre con le rispettive famiglie e finalmente la cena comincia. Mangio pochissimo, cosa che non è da me, ma ho lo stomaco chiuso per l'agitazione. La maggior parte delle portate ha nomi impronunciabili e un aspetto discutibile. 

Mentre un'ambigua sensazione di angoscia non vuole abbandonarmi, mi sento turbata e non capisco il perché. 

Finita l'interminabile quantità di portate, Richard mi lascia al tavolo ormai mezzo vuoto per fare un po' di conversazione. Rimango sola col mio terzo calice di vino, controllo il telefono e trovo una decina di messaggi di Chandra, che chiede insistentemente come va la cena e fa supposizioni su quanti ragazzi ho attirato con questo favoloso vestito, tutto questo condito da una miriade di emoji. 

Mentre sorrido per l'esuberanza della mia amica, una calda mano si posa improvvisamente sulla mia spalla, mi volto alzando lo sguardo e trovo Chris che mi osserva glaciale. 

«Natalie, non credevo di trovarti qui. Che piacere vederti, sei incantevole questa sera. Con chi sei venuta?», chiede guardandosi intorno.

Per un attimo sento le guance prendere colore per il complimento, come è possibile che mi abbia notata? 

«Ho accompagnato mio padre, è il primario del reparto di neurochirurgia dell'ospedale che ha organizzato la cena. E tu che ci fai qui?»

La sua espressione diventa pensosa, poi con un sorriso ammaliante dice: «Sono qui perché mi sta molto a cuore quel reparto dell'ospedale, sono felice di donare per una buona causa e con la mia attività ho la possibilità di contribuire…» Mentre lo dice, non so il perché, sembra tanto una frase costruita a regola d'arte, per far cadere le allocche ai suoi piedi. 

«In ogni caso è uno spreco che tu sia seduta, invece che a ballare con me per sfoggiare tutta la tua bellezza» tendendo una mano verso di me

Ma sì questa serata è troppo noiosa, forse sarà l'effetto del vino, ma ho una gran voglia di sgranchirmi un po'. 

Sulle note del Grande Valzer Brillante di Chopin, mi lascio guidare verso la pista da ballo. Tuttavia, sento ancora quella inquietante sensazione di essere osservata, oltre a una scia di brividi lungo la schiena scoperta. 

Mentre le luci della sala cominciano a sfarfallare in modo anomalo… 






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