Capitolo 28

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Natalie




Corro ascoltando i battiti del mio cuore che rimbombano nelle orecchie, lo stesso cuore che mi ha impedito di andare oltre e proseguire per la mia strada. 

Non posso ricominciare senza essere sicura che sia tutto perduto, voltare le spalle a ciò che è accaduto e ciò che sento è impossibile. 

Per quanto Chris sia meraviglioso, un ragazzo adorabile, non è lui che il mio cuore reclama. Non potrei mai portare avanti una farsa solo per ricucire una ferita che mai si potrà rimarginare. Mentire a lui e a me stessa sarebbe stupido oltre che un comportamento egoista, non è questo il modo giusto di lenire il dolore, Chris non merita questo. 

Ci ho provato a non pensarci, a riprendere in mano la mia vita, ma tutto è cambiato. Lui si è fatto spazio dentro al mio cuore e ora non se ne vuole andare. 

Il mio corpo è affaticato, non ancora del tutto in forze dopo ciò che ho passato. Percorro velocemente i pochi isolati che mi separano dall’ospedale. Ricordi di ciò che ho passato in quelle stesse vie, ma in una dimensione diversa, riaffiorano nella mia mente. 

Cerco di concentrarmi su ciò che vedo intorno a me per non farmi sopraffare dai ricordi. I marciapiedi ricolmi di persone che attendono il semaforo verde per andare chissà dove, le vetrine eccentriche dei negozi del centro, il traffico pulsante. 

I caldi raggi del sole mi accarezzano come a voler lenire la mia inquietudine. Che sia tutto sbagliato? Forse sto alimentando false speranze e presto il mio cuore verrà ancora spezzato. Quante volte un cuore può spezzarsi?

Ho fatto l'impossibile per salvarlo e lo rifarei mille volte anche se dovesse sempre finire così. Non voglio lasciarlo andare… qualcosa di invisibile mi lega a lui in un modo che pare indissolubile. 

Da tutta la vita continuo disperatamente a lottare, non posso arrendermi così alle prime difficoltà. Lo sento, sento che il destino ha delineato qualcosa di diverso per noi, altrimenti tutto questo non avrebbe scopo. 

Rallento il passo incapace di sostenere oltre questa frenetica corsa e sono ormai vicina alla mia meta. Devo essere razionale, questa è l'ultima possibilità che do al mio cuore di vincere sulla ragione. 

Ormai ho esaurito le lacrime, non voglio più comportarmi come una bambina, piangere non serve a nulla. Quella che sta per varcare la soglia dell'ospedale è una Natalie diversa, consapevole. 

Entro in ascensore e cerco di riprendere fiato. È ironico come la mia vita stia ruotando intorno a questo posto così freddo e statico fin dal primo momento in cui ho messo piede in questa città. Il luogo di lavoro dell’uomo che mi ha celato segreti per tutta una vita, ha preferito lasciarsi odiare piuttosto che guardare in faccia la realtà credendo di proteggermi. 

Esco dall'ascensore lentamente calibrando ogni mio movimento, come per rimanere il più possibile in questa bolla di incertezze. 

Quando raggiungo la sua stanza il tempo sembra fermarsi, la porta è socchiusa, sbircio dentro e ciò che vedo mi lascia senza fiato. 

Una ragazza dai lunghi capelli rossi e ricci è accanto al suo letto. Lui la guarda sorridendo, in un modo che avrei desiderato riservasse solo a me. Lei posa la sua mano diafana su quella di lui, gli occhi che le  brillano di felicità. Mi tiro indietro incapace di sostenere questa scena. 

Una rabbia mista a dolore mi si smuove dentro, sento un forte calore in tutto il corpo, la mia pelle brucia, ma allo stesso tempo scariche gelide attraversano le mie ossa. Forse è meglio così… Ora finalmente potrò guardare avanti senza pentirmi di ciò che ho lasciato indietro, ma soprattutto consapevole che lui è felice senza di me, d'altronde è come se non mi avesse mai conosciuta. Come se un noi non fosse mai esistito se non nella mia mente.

Come un automa mi volto e mi dirigo verso l'uscita. Un vuoto assoluto regna dentro la mia anima, ormai distrutta e anestetizzata dal dolore stesso. Non provo più nulla.

    

                          

Tutto è buio intorno a me. Una fastidiosa puzza di sigaro mista a qualcos'altro di sgradevole impregna l'aria rarefatta. La vista comincia pian piano a farsi più chiara, nonostante una leggera nebbiolina appanna ancora la mia visuale. 

Di fronte a me un uomo dalla testa rasata, e la corporatura imponente sta comodamente seduto su una grande poltrona beige. Una camicia bianca fascia il suo fisico massiccio, non sembra molto giovane, ma sicuramente incute timore. I suoi occhi, nonostante siano di un azzurro surreale quasi trasparente, hanno un’aria scura, inquietante. Ha la mascella squadrata, e una grossa cicatrice solca un lato del suo volto passando a pochi millimetri dall'occhio destro. 

Mentre ai suoi piedi, inginocchiata in posizione di sottomissione, giace una ragazza dai capelli rossi di cui vedo solo le spalle. Una lunga treccia le ricade di lato, quasi sfiorando il pavimento, mentre l'uomo le accarezza, di tanto in tanto, la testa posata sulle sue ginocchia. 

Tutto intorno a me ha un’aria sfarzosa, sembra la stanza di qualche hotel di lusso con le pareti color crema e i mobili antichi rifiniti in oro. 

Sento dei passi pesanti provenire dall’unica porta presente nella stanza. Mi volto e vedo due uomini dall'aria piuttosto trafelata.

«Cosa ci fate qui a disturbare il mio divertimento?» chiede in tono duro l'uomo senza nemmeno voltarsi nella loro direzione e stringendo nella mano la treccia della ragazza. Quest’ultima, in un attimo, drizza la schiena in allerta. 

«Abbiamo le informazioni che ci ha chiesto signore», dice uno dei due uomini.«Da quando il ragazzo è stato dimesso dall'ospedale la sua scorta è triplicata… purtroppo è irraggiungibile.»

In risposta, l’uomo sbatte prepotentemente una mano sul bracciolo della poltrona, mentre gli altri nella stanza sobbalzano, compresa me. 

L'uomo digrigna i denti irrigidito, il solo rumore mi mette i brividi. I lineamenti del suo viso si induriscono ancora di più mettendone in evidenza i tratti spigolosi, mentre osservo gli altri due che indietreggiano leggermente impauriti.

«L'altro bamboccio sicuramente sospetta qualcosa dell'incidente… Siete degli inutili sacchi di merda! Vi affido un lavoro e, come al solito, non riuscite a portarlo a termine. Vi avevo detto di non lasciare tracce…» con uno scatto mette una mano tra le pieghe della poltrona, e ne tira fuori una pistola puntandola contro il suo interlocutore. «Mi siete d’intralcio.»

Provo a urlare per fermarlo, ma neanche un flebile sussurro esce dalle mie labbra. 

Indietreggio mentre i due uomini alla vista della canna dell’arma sbiancano. «Non fate quelle facce… Vi do il congedo anticipato, pozdravlyayu.» dice con uno strano ghigno che mette ancor più in risalto la cicatrice. 

Sento un gran rimbombo, istintivamente chiudo gli occhi mentre due colpi riecheggiano nella stanza. Lentamente, a testa bassa, li riapro, e vedo un'enorme quantità di sangue che ricopre la moquette prima bianca e immacolata. 

I corpi di quegli uomini senza vita, con gli occhi sbarrati, giacciono riversi a terra in una pozza di sangue. Sento la bile risalire su per l'esofago e un conato di vomito sconquassa il mio petto. lo ricaccio indietro con tutte le mie forze cercando di respirare a fondo, ma l'odore pungente e ferroso  è quasi insopportabile. 

Distolgo subito lo sguardo inorridita per posarlo sull'uomo che ha causato questo e rimango ancora più schifata. Dolcemente accarezza la schiena della ragazza, intrisa degli schizzi di sangue sicuramente giunti fino a lì a causa degli spari ravvicinati. Con noncuranza, traccia disegni concentrici sulla pelle della donna con quel liquido cremisi. Vedo le spalle della ragazza rilassarsi, beandosi di quel tocco.

Mi avvicino per vederla meglio, e sento l'uomo dire, quasi in un sussurro: «Ora, micina, come promesso ti occuperai tu di portare a termine questo lavoretto...» 

La ragazza gira ancora di più il viso, vedo i suoi occhi color smeraldo. Il mio cuore perde un battito e l'aria mi si mozza in gola mentre le mie gambe cedono. 

Improvvisamente, tutto si fa scuro, cerco di urlare, ma l'oscurità mi circonda.

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