Capitolo 9

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Natalie



La mia prima settimana di lavoro è trascorsa tranquillamente a parte qualche caffè rovesciato, ma nulla di troppo grave.

In questi giorni devo dire che ho passato molto tempo con Chandra, si è creato un bel rapporto tra di noi.

Ha la capacità di mettermi a mio agio, nonostante la sua stravaganza.

Mi sono aperta completamente con lei e non me ne pento, abbiamo parlato del mio dono, di mia madre e la lotta contro la sua malattia, l'odio verso mio padre.

Chandra, invece, mi ha raccontato di quanto sia stato difficile per lei il suo trasferimento dalla campagna ad una grande città. Mi sta aiutando a tornare a sorridere con il suo carattere solare e vivace. 

Lei mi ha fatto capire che forse ho colpevolizzato troppo Richard per la morte di mia madre. Lui ha solo cercato di aiutarla, proponendole le cure sperimentali più innovative, purtroppo non poteva sapere che le avrebbero fatto più male che bene.

Ciò non toglie che avrebbe potuto comportarsi diversamente con me.

Non è rimasta affatto stupita del mio dono, anzi quando ne è venuta a conoscenza mi ha detto: «lo sapevo già che sei speciale, le tue energie parlano chiaro, hai un'aura unica!»

Non potevo aspettarmi nulla di diverso da lei, ha una sensibilità fuori dal comune ed è impossibile non nutrire affetto nei suoi confronti. 

L'unica cosa di cui non sono riuscita a parlare con lei è il "ragazzo" del molo, non riesco a togliermelo dalla testa.

Senza contare che continuo a fare strani incubi. Il tema è sempre lo stesso: mi trovo in posti che non conosco. Ogni volta un luogo diverso, addirittura questa notte ero in un ospedale, con un senso di impotenza devastante. La gente intorno a me non mi sente e non posso toccarla, come se fossi invisibile ai loro occhi.

Tutto questo lo trovo piuttosto frustrante, non mi è mai capitato nulla di simile in vita mia.

In più, molto spesso ho la sensazione di essere osservata, come se ci fosse sempre qualcuno a controllare ogni mia mossa.

Mi trovo alla tavola calda, questa settimana ho il turno pomeridiano, che per oggi fortunatamente è quasi finito.

Qui sono tutti molto gentili, la figlia della proprietaria, Hana, è molto socievole, abbiamo subito legato.

È una ragazza alta e snella, con dei bellissimi capelli lunghi fino al fondo della schiena biondo platino. Ha gli occhi molto scuri e un sorriso contagioso. Diciamo che è molto spigliata e solare, praticamente il mio opposto.

«Nat, devi servire il bel tenebroso del tavolo diciotto. Ha chiesto espressamente di te» dice Hana con fare ammiccante.

«È solo un cliente a cui magari sto simpatica, non farti strane idee.» rispondo con aria scocciata a braccia conserte.

«Tu simpatica! Ma se a primo acchito sembri una stronza acida.» dice Hana scoppiando a ridere facendo sorridere anche me.

«Forse, semplicemente, gli piace il mio caffè, modestamente non mi viene proprio male.» dico facendo l'occhiolino.

«Ok pensala come vuoi, ma secondo me ti ha adocchiata. Altrimenti come lo spieghi che da quando lavori qui viene praticamente tutti i giorni?» domanda con fare civettuolo.

Mamma mia quanto è maliziosa questa ragazza! «Hai mai sentito parlare di coincidenza? Mica devo piacergli per forza, hai visto che tipo. Non penso proprio di essere il suo genere di ragazza, di sicuro uscirà con qualche supermodella. La sua camicia vale da sola più di tutto il mio stipendio mensile messo insieme.» dico con riluttanza.

«Va bene come dici tu, Nat, ora però porta il tuo bel culetto al suo tavolo. Prima che mia madre faccia a strisce quello di entrambe nel vederci qui a chiacchierare»

Mi dirigo verso il tavolo, già a distanza vedo gli occhi azzurrissimi di quel ragazzo puntati su di me.

È molto bello, non potrei dire il contrario mica sono cieca! È piuttosto alto con i capelli nerissimi rasati ai lati, un ciuffo che ricade di lato all’altezza degli occhi. Ha la mascella squadrata e le sue labbra sono incurvate in un mezzo sorriso.

La camicia bianca, con le maniche tirate su appena sopra i gomiti, lascia intravedere un tatuaggio sul braccio e un fisico piuttosto tonico e allenato.

Ok, a questo punto i miei ormoni stanno facendo la ola, ma i pochi neuroni che mi sono rimasti mi permettono di rimanere quasi impassibile. D'altronde, non mi faccio abbindolare da un bel faccino e qualche muscolo. Oltretutto questo ragazzo mi trasmette una sensazione strana, ambigua. Non saprei dire di che genere, ma è sempre meglio essere cauti.

«Buonasera, cosa le porto?» dico con un sorriso di circostanza stampato in faccia. Sento il suo profumo intenso pizzicarmi le narici.

«Suvvia, Natalie, mi sembra di averti già detto di darmi del tu. Altrimenti mi fai sentire vecchio, anche se non lo sono» mi risponde con una voce profonda e suadente.

Ora non so proprio che pensare, come fa a sapere il mio nome?

Già, che cretina, quella stupida targhetta che mi ha fatto mettere Rosy, ma dove ho la testa oggi!

«Mi piacerebbe molto darti del tu, ma non so neanche il tuo nome.» rispondo con curiosità.

«A questo si può rimediare subito, mi chiamo Christopher, ma tu puoi chiamarmi semplicemente Chris»

Dice con un sorriso perfetto, che farebbe concorrenza ad una qualsiasi pubblicità di dentifricio.

«Piacere, allora mentre guardi il menù con calma, ti porto un caffè?» Dico cercando di essere il più cordiale possibile.

«Il caffè va benissimo, in realtà so già cosa voglio, ma non è compreso nel menù.» risponde guardandomi dritto negli occhi, in un modo a dir poco magnetico.

Sto cercando di trovare un modo cordiale di sviare il discorso professionalmente, quando all'improvviso sento una miriade di brividi in tutto il corpo. Sembra che il mio sangue stia ribollendo, mentre una morsa mi attanaglia lo stomaco spezzandomi il respiro.

«Occhioni, non azzardarti a parlare con quel pallone gonfiato. Non si addice ad una bambolina come te parlare con le teste di cazzo!»

Non è possibile. Tuttavia quella voce è inconfondibile e scuote le mie viscere. Mi volto e vedo lui, il "ragazzo" del molo e sembra a dir poco incazzato nero.

Non poteva andare peggio di così...





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