Rimini, again

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Aveva appena schiuso la bocca prima di chiedermi qualsiasi cosa, volevo imparare a schiudere la bocca come lei.

<Ciao, desideri?>

<Ciao, ho visto l'annuncio come commessa>

Aveva titubato un attimo, forse per via della mia età.

<Comunico al titolare i tuoi dati, ha anche un curriculum?>

<No, è il mio primo impiego>

<Sei giovanissima>

<Si> avevo sorriso, cercando di essere più disinvolta possibile, ma avevo chiaramente sussultato quando la porta si era aperta ed era entrato un tizio di mezz'età che aveva chiesto di vedere le stilografiche in vetrina. La ragazza si era mossa con una consapevolezza degli spazi e dei movimenti che mi aveva lasciato di nuovo incantata, parlando con voce dolce e avvolgente. Era il suo mestiere, era perfetta, sempre di più volevo essere come lei.

Quando aveva infine congedato il cliente, era tornata a me.

<Scusami, avviserò subito il titolare, per completezza ti dico che occorrerà coprire i venerdì, sabato e domenica, e da giugno tutti i turni serali, un part time inizialmente di diciotto ore, poi di venti, a meno di sconvolgimenti>

<Tu credi che ci siano possibilità di venire assunta?>

<Dipende da te, è tutta questione di gentilezza e disponibilità, la clientela fissa si accontenta di come siamo forniti, la clientela di passaggio rimane colpita da come la tratti>

Anche se non avessi trovato posto in quello specifico negozio, il mio desiderio era comunque di trovare un modo per sopravvivere da sola da quelle parti, quindi avevo iniziato ad interessarmi ad un modo per trovare una camera dove dormire.

Ero quindi tornata nella zona universitaria per cercare tutti i possibili numeri di telefono che facevano riferimento a stanze libere per ragazze universitarie e poi avevo iniziato a chiamare confidando nel poter trovare qualcosa quella stessa giornata, in modo da essere sicura di poter dormire in un letto la sera stessa.

Non era stato facile, complice l'ansia crescente di dover passare la notte di nuovo in giro. Avevo visitato ben quattro appartamenti prima di trovarne uno che potesse andare bene soprattutto alle mie ipotetiche finanze che dovevano contare su un lavoro part-time per una ventina di ore alla settimana, non ancora coonfermato.

Le ragazze, o meglio, l'unica ragazza in casa in quel momento, voleva assolutamente una cauzione e io questa cauzione non ce l'avevo. Il suo sguardo interrogativo, infine sospettoso, mi aveva messo a disagio ed avevo infine spiegato la mia fuga, ma avevo assicurato loro che, sebbene mi fossi lasciata in maniera burrascosa con i miei genitori, non ero una sbandata che cercava un posto dove arraffare due paia di orecchini da rivendere per una dose.

La ragazza "padrona di casa" era bassotta, grassottella con gli occhiali e i capelli corti ma nonostante questo aveva l'aspetto di una che va subito al sodo.

<Quanti soldi hai?>

<Ottanta euro>

Aveva sorriso con aria un po' saccente.

<E te ne sei andata di casa con ottanta euro? Sei un po' sprovveduta, ragazza mia>

Mi bruciavano quelle affermazioni ma ero stata zitta perché ci tenevo continuare il mio percorso. Le avevo semplicemente chiesto se potevano bastare per coprire la mia presenza lì da loro mentre cercavo un lavoro in centro, avrei lasciato in pegno anche il mio iphone che tenevo come un santino, e poi avevo già un contatto di un negozio che mi aveva dato la sua parola per l'assunzione.

So che non avevo avuto nessuna promessa di assunzione, ma cercate di capirmi: avevo bisogno di un tetto che mi evitasse la sorpresa della sera prima che ancora a pensarci mi faceva venire i brividi. La ciambellina occhialuta aveva lungamente pensato, era andata a consultarsi telefonicamente con l'altra ragazza che viveva in quel appartamento e che in quel momento era a lezione. Quando era tornata in sala mi aveva detto quasi controvoglia:

<E va bene, ci teniamo cinquanta di caparra per 3 giorni, e l'iphone quando non sei a casa. Dopo di che vogliamo il resto della caparra, mi sembra onesto, no?>

Io l'avevo guardata con un certo senso di gratitudine, perché in fondo mi aveva dato modo di fare il primo passo verso la vera libertà.

<Grazie> avevo detto, e mi ero trattenuta dall'abbracciarla.

Per circa un'ora e mezza ero stata stesa sul terzo letto, chiedendomi come avrei riempito le mie giornate, intanto guardavo passarmi sotto le immagini dei miei conoscenti e dei miei compagni che vivevano la loro vita sempre alla stessa maniera. Non stavo male, ma sentivo che tutta la scena attorno a me stava cambiando.

Quando pensavo che la giornata fosse ormai finita, mi era arrivata una chiamata, era una voce maschile, piuttosto rauca, con un evidente accento della nostra zona.

<Buonasera, sono Servanti, ci hai lasciato il nominativo per il part time>

<Si, si sono io>

<Volevo avere un colloquio per capire di te, sai, di solito le commesse sono più grandicelle>

La sua risata leggermente sforzata aveva preceduto la richiesta di fissare un colloquio, ero in una stanza da sola, con trenta euro di budget e delle compagne di casa che mi avevano fissato un ultimatum per pagare la caparra, avevo azzardato:

<Posso venire quando vuole. Anche ora>

<In tal caso, risolviamo subito>

Mi aveva fatto strano fare un colloquio in un posto del genere chiuso, con le ombre che si allungavano. Il signor Servanti era un tipo di media statura con i capelli molto brizzolati ed un volto severo dominato da una bocca molto seria, nonostante questo aveva seguitato a trattarmi in maniera abbastanza amichevole.

<Quando puoi cominciare?>

<Quando vuole>

<Hai fretta di guadagnare lo stipendio> aveva detto, sorridendo.

<Si, non lo nascondo>

<Senti, sono io che non ti nascondo come conciliare scuola e lavoro non sia facile>

<Ho smesso con la scuola. Voglio... fare altro>

<Come credi, questi sono tutti gli incartamenti standard per il lavoro. Contratto, mansionario, eccetera. Devono essere firmati dai genitori in caso di minore, e corredati di copie dei documenti di identità>

Dovevo aver chiaramente trasecolato a queste ultime affermazioni, tanto che lui aveva chiesto <Tutto a posto?>

<Si, certo>

<Hai delle difficoltà con i tuoi?>

<Non siamo in buonissimi rapporti>

Aveva rumorosamente sospirato.

<Senti, credo di aver capito, portami quanti più documenti riesci a sistemare. Al resto ci penseremo, lavori pur sempre in un negozio serio, non una bettola sulla statale. Ci vediamo venerdi. Sei giovane, il mondo ti sorriderà>

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