Capitolo XXI - Iorio

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Iorio guardò i soldati allineati nella corte della fortezza, pronti per le consegne, immobili sotto la neve che fioccava lenta. I caporali componevano le squadre e le guidavano una dopo l'altra fuori dal piazzale imbiancato. Non nutriva grandi speranze sull'esito del rastrellamento, ma tutta Roccacorva sarebbe stata battuta palmo a palmo in cerca del fuggitivo. Se il compare del prigioniero era in città lo avrebbero trovato, ma dubitava che fosse ancora all'interno delle mura. Per un gigante simile non sarebbe stato facile nascondersi o passare inosservato.

«Novità Vinicio?» domandò al soldato appena comparso al suo fianco con uno sbrigativo saluto militare.

«Nessuna Capitano, ho interrogato nuovamente tutti i testimoni, ascoltato tutte le voci che girano e torchiato gli informatori meno collaborativi, ma non ho niente di nuovo.»

«Dunque, ricapitoliamo ancora una volta quello che sappiamo» disse stancamente Iorio, facendo cenno al suo sottoposto di seguirlo mentre si incamminava verso l'interno della Rocca. «Nel tardo pomeriggio del giorno dell'omicidio di Madre Lucrezia, diciamo due ore prima del tramonto, il nostro uomo, che asserisce di chiamarsi Nicodemo di Cafria, torna al suo alloggio per poi uscire immediatamente dopo in compagnia del suo compare, il Gigante, di cui, a quanto pare, non sappiamo nemmeno il nome.»

«I due dividevano una stanza in un caseggiato poco distante dalle mura della città vecchia, presa in affitto una settimana dopo il loro arrivo in città» aggiunse Vinicio.

La porta di servizio per le cucine della Rocca li accolse avvolgendoli con un tepore profumato di pane e zuppa. Iorio guardò interessato in direzione del grande camino dove una delle cuoche rimestava il contenuto di un paiolo annerito dall'uso.

«Il prigioniero asserisce che il suo compagno di viaggio è muto fin da quando lo conosce e che non sapendo il suo vero nome si è sempre limitato a chiamarlo Lorcon come il gigante di una certa favola che la madre gli narrava da bambino» riferì Vinicio, riportando quanto appreso nel corso dell'interrogatorio.

«Non conosco la favola e personalmente non credo a una sola parola di quel lestofante» stabilì Iorio intercettando lo sguardo della cuoca e ottenendo un sorriso e un cenno d'assenso alla sua silenziosa richiesta. «Comunque nella ricostruzione dei loro spostamenti il nome ci è di poca o nessuna utilità. Alcuni testimoni ci dicono di averli visti salire verso la città vecchia e le guardie di turno alle porte confermano che hanno notato i due varcarle e dirigersi verso il Carrettiere. Mastro Berto ci dice di aver servito la cena a Nicodemo, ma a lui solo, e asserisce inoltre che all'esterno era già calata la sera quando il nostro uomo si è seduto al tavolo ordinando la cena. Questo significa che c'è un buco di circa un'ora tra quando sono entrati nella città vecchia e quando Nicodemo è giunto al Carrettiere. Un'ora in cui il nostro Gigante scompare per non riapparire più.»

Oltrepassarono le cucine, entrarono nel salone della Rocca andando a sedersi vicino al fuoco acceso e la cuoca li raggiunse con due ciotole di zuppa fumante.

«Sappiamo già che non ha preso alloggio in nessun'altra locanda della città» proseguì Vinicio mentre Iorio inspirava soddisfatto il profumato vapore e immergeva il cucchiaio. «Questa mattina inoltre, come avete ordinato, mi sono recato al convento e ho parlato con tutte le suore che quella sera avevano prestato la loro opera nell'ospitale, ma nessuna di loro ricorda di aver fatto entrare tra gli ospiti un uomo di quella stazza, che certo non sarebbe passato inosservato.»

«Non nutrivo grosse speranze a dire il vero, ma non volevo lasciare niente di intentato» disse Iorio facendo cenno a Vinicio di mangiare.

«Hai verificato la testimonianza del nostro prigioniero sui loro spostamenti nella città vecchia?»

Vinicio buttò giù un cucchiaio di zuppa e riprese la parola. «Lo speziale e il cambiavalute ricordano sia lui che il suo compare. Hanno comprato dal primo dei fiori di tiglio e scambiato col secondo mezzi pesi di Ronona per ducati d'argento. Corrisponde tutto Capitano, sembra che non ci abbia mentito.»

«Una ben magra consolazione che ci porta di nuovo al punto in cui i due si separano. Nicodemo va al Carrettiere e il gigante non si sa dove.»

«Su questo punto il prigioniero continua a ripetere che Lorcon non ha dato a intendere dove sarebbe andato e che non è la prima volta che si assenta per giorni.»

«L'unica dichiarazione che non possiamo verificare è l'unica menzogna che ci dice. Non è uno stupido. Hai scoperto se esiste questa donna con cui dice di aver trascorso del tempo?»

Vinicio annuì. «Sì, Capitano, esiste» disse abbassando lo sguardo nello specchio della ciotola. Iorio lo guardò cacciarsi il cucchiaio in bocca e prendersi un'enormità di tempo prima di tornare a estrarlo.

«Hai intenzione di dirmelo?»

«La cameriera del Carrettiere» tossì Vinicio, quasi strozzandosi.

Iorio guardò il suo sottoposto incuriosito, poi gli tornò in mente un commento allusivo che il giorno prima gli aveva fatto un buontempone e, a ruota, giunse il ricordo della passeggiata in compagnia di Alice fatta pochi giorni prima, dal mercato alla taverna, per aiutarla con la cesta rotta. A quanto pareva, il suo gesto di cortesia era stato notato, qualcuno l'aveva messo assieme alla sua abitudine di mangiare al Carrettiere, magari qualcun altro aveva accennato al fatto che più volte aveva vietato ai suoi uomini di salire con lei. L'intera cosa era stata fraintesa poi argomentata, dibattuta e nel frattempo le voci si erano sparse, gonfiate, ingigantite. Una torbida storia tra il Capitano della Rocca e una giovane cameriera dalla non proprio immacolata reputazione era terreno fertile per l'immaginario popolare e un ottimo modo per distrarsi dal pensiero dell'imminente guerra.

«L'hai interrogata? Ha confermato?» domandò, scacciando il pensiero di cosa si mormorasse in giro su quella storia.

«Non ha negato» disse Vinicio senza ancora osare guardare il suo Capitano. «Ma ha detto che avrebbe parlato solo con voi.»

Iorio rimase interdetto. Non capiva come mai la ragazza volesse parlare proprio con lui. Cosa doveva dire a lui che ad altri non avrebbe potuto dire? Ancora scacciò il pensiero di quali fantasie questa precisa richiesta della ragazza avrebbe prodotto nell'immaginario popolare.

«Andrò immediatamente» disse alzandosi in piedi. «Prendi con te due uomini e tre reclute tra le più sveglie e vieni con me. Le useremo come messaggeri, voglio un aggiornamento costante dalle squadre impegnate nel rastrellamento.»

***

«Sono nei guai?» domandò Alice, guardando Iorio con aria preoccupata poi mastro Berto che osservava entrambi fingendo di dedicarsi a tritare gli odori.

«Devi solo rispondere onestamente a qualche domanda per confermare alcune voci» disse Iorio con voce rassicurante.

Gli occhi della ragazza continuavano ad andare a mastro Berto e alla sua silenziosa presenza nella cucina del Carrettiere. Era evidente che la sua presenza la rendeva reticente.

«Mastro Berto, vi spiace uscire?» domandò Iorio. «Giusto il tempo di due domande.»

«Uscire? Io?» domandò lievemente offeso l'oste. «Dalla mia cucina?»

«Si tratta di un'indagine ufficiale, spero che comprendiate.»

«Alice non ha niente da nascondere e può rispondere alle vostre domande anche con me presente» borbottò l'uomo pulendosi le mani con uno strofinaccio. «È una brava ragazza e non ha niente a che vedere con quel tipo, quello che avete arrestato. Avanti diglielo Alice, digli che non hai niente a che spartire con quel farabutto.»

Iorio non replicò, ma continuò a guardarlo fino a vederlo alzare le mani in cenno di resa. «Va bene, va bene! Come volete. Esco» Berto si incamminò verso la porta brontolando sull'essere cacciato dalla propria cucina e sul pranzo che era da preparare fino a quando la porta non si fu richiusa dietro le sue spalle.

«Sì, è stato con me» disse Alice, senza aspettare la domanda. «Solo che mastro Berto non lo sa.»

«Come mai? Qual è il motivo di un simile segreto?»

Alice esitò un po' prima di parlare. «Pago a Berto una quota dei miei guadagni ogni volta che salgo su nella camera di un cliente, ma di quando in quando capita che passi del tempo con qualcuno senza che lui lo venga a sapere. In quel caso non dico niente e tengo per me i soldi.»

«Capisco» annuì Iorio senza alcun tono di rimprovero nella voce. Pur essendo una truffa ai danni di Berto, in tutta onestà non se la sentiva di biasimare la ragazza. «Mi puoi raccontare della notte in questione?»

Alice annuì. «Che volete sapere?»

«Semplicemente come sono andate le cose.»

«Quella sera durante la cena lui mi chiese di salire, in quel momento Mastro Berto era in cucina e non mi vide parlare con lui. Gli dissi di aspettarmi nella sua stanza, che sarei salita appena finito con la cena. Aveva già alloggiato qui ed ero già stata nella sua stanza. Gli dissi che gli avrei fatto, come dire, un regalo se non avesse detto niente a mastro Berto, e così ci accordammo.»

Iorio cercò di non pensare a che regalo Nicodemo avesse ricevuto dalla bella cameriera.

«Ti ha detto qualcosa quella sera?»

«Molte cose, è uno a cui piace parlare.»

Iorio non fece fatica a crederci. «Qualcosa sul gigante muto che si porta sempre dietro? Dove fosse quella sera?»

Alice si prese del tempo per pensare, ma poi scosse la testa. «Mi pare proprio di no.»

«Un'ultima domanda. Hai trascorso tutta la notte con lui?»

«Sì, tutta la notte. L'ho lasciato a dormire alle prime luci del giorno e sono tornata nella mia stanza, prima che mastro Berto si destasse.»

Iorio annuì mesto. Con la testimonianza di Alice l'alibi del suo prigioniero era confermato. Non poteva essere stato lui ad assassinare la Badessa. Se anche la pista del gigante si fosse rivelata un vicolo cieco si sarebbe ritrovato con un pugno di mosche in mano e nessun sospetto per il più orribile massacro degli ultimi anni.

«Direte a mastro Berto quello che ho fatto?» la domanda di Alice ruppe il turbinare dei pensieri che si accavallavano.

«No, non temere» scosse la testa. La colpa della ragazza era davvero una minuzia nel quadro delle cose.

Quella sera il venerabile Learco lo aveva convocato per fare un resoconto delle sue indagini e lui avrebbe dovuto ammettere di brancolare nel buio. Tutte le voci, le testimonianze che aveva raccolto lo portavano a girare a vuoto attorno alla scomparsa di un gigante muto che nessuno aveva più visto dalla notte dell'omicidio.

Ancora assorto a riordinare il flusso degli eventi guardò la ragazza avvicinarsi senza fare realmente caso a cosa stesse facendo fino a quando non sentì le sue labbra sulla sua guancia «Grazie » disse lei lasciandogli il calore del bacio sulla pelle, riportandolo bruscamente nella cucina del Carrettiere. Si era messa in punta di piedi per raggiungerlo e ora il corpo premeva contro il suo, le braccia gli circondavano il collo.

Immobile guardò quel viso a un soffio dal suo, gli occhi nocciola, la pelle liscia, le labbra morbide. Gli sorrideva.

Per un attimo si sorprese a desiderare di stringerla, di cercare quelle labbra con le sue, ma poi la distanza tra loro tornò ad aumentare, i loro corpi si separarono mentre lei faceva un passo indietro. L'attimo passò.

«Adesso devo tornare al lavoro» disse Alice ancora sorridente.

«Sì, certo. Non ti trattengo oltre» annuì Iorio facendo un passo indietro per ristabilire l'ordine preesistente.

Al suo rigido cenno di saluto il sorriso di Alice si allargò e, lievemente imbarazzato, Iorio decise di guadagnare rapidamente la porta della cucina domandandosi se lei si fosse accorta di quell'attimo appena trascorso.


Ka Rhana guardò la porta richiudersi, sistemò il grembiule mentre Berto rientrava e nascose la sua espressione soddisfatta volgendosi verso i paioli sul fuoco. Il Capitano Iorio stava raccogliendo tutte le briciole di pane che lei aveva seminato per lui e nel tragitto sarebbe anche riuscita a farlo cadere ai suoi piedi.


Vinicio attendeva il Capitano subito fuori dall'osteria, addossato contro la parete per ripararsi dalla neve che fluttuava pigra, portata dall'aria gelida.

«Le squadre proseguono nel rastrellamento» riferì non appena lo vide uscire. «C'è stata una piccola rissa tra le case lungo il fiume, abbiamo sorpreso quattro stupidi impegnati a sotterrare merce di contrabbando, vino del sud senza il sigillo del dazio di confine.»

Iorio scacciò via l'informazione come un insetto fastidioso. «Il nostro ricercato?»

«Nessuna traccia. Nessuno che abbia visto o sentito niente. Non sono valse né le minacce né la lusinga dei ducati d'argento. Sembra essersi dissolto nel nulla.»

«Maledizione!» imprecò Iorio tra i denti, prendendo la strada per la Rocca senza aggiungere altro. Vinicio guardò il Capitano allontanarsi poi entrò a scaldarsi le mani vicino al fuoco, in attesa del prossimo rapporto dalle squadre.

Aveva fatto fatica a credere alle voci che dicevano che il Capitano avesse perso la testa per una cameriera di locanda. Alice era molto bella, ma Iorio non era tipo che corresse dietro a tutte le gonne e non si era mai sentito che frequentasse quel tipo di donna. Quella mattina però, anziché ordinargli di condurre la cameriera al suo cospetto oppure di convincerla a parlare, aveva lasciato il suo ufficio appositamente per andare a interrogarla. Un Capitano che attraversa la città per farsi confermare un alibi da una ragazza di locanda non era una cosa comune.

Mentre Vinicio giungeva alla sua personale conferma che le storie che giravano in città e nella Rocca non erano infondate, la porta del Carrettiere si aprì portando con sé un'altra briciola di pane seminata dal piano di Ka Rhana.

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