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Bellatrix si spostava così veloce di liana in liana, che Mijime credeva stesse rasentando l'andatura di un Gheneiou nativo.
"La mia compagnia le è davvero insopportabile se deve andare così a scheggia" sogghignò tra sé, mentre guardava la figura della giovane a diverse liane di distanza da lui: ogni tanto incespicava, non capace di sottostare a un ritmo così scandito come quello che si era imposta, ma dopo quei pochi momenti di incertezza riprendeva a muoversi, cercando di non sostare per più di pochi secondi. Non si preoccupava neanche che lui la stesse seguendo: forse il suo scopo era proprio lasciarlo indietro. E più Mijime ci pensava, più cresceva il suo divertimento. Avrebbe voluto raggiungerla solo per aumentare ancora quella frivola ilarità che lo aveva assalito da quando, quella mattina, aveva beccato Bellatrix incantata a guardarlo: sarebbe bastato parlarle un po' perché giungesse a livelli ancor più alti. Mijime, smettila. Mijime, finiscila. Mijime, hai rotto. Mijime, ti odio. Già poteva immaginarsela mentre rispondeva, con l'espressione disperata di quando guardava il cielo per cercare di ritrovare la calma, e solo questo portava un sorrisetto maligno sul viso del giovane.

Era ormai da ore che proseguivano allo stesso modo, con Bellatrix davanti e Mijime che cercava di mantenere il passo. Erano presto usciti dai confini di Tou Gheneiou, segnalati dalle Sentinelle appollaiate sugli alberi che segnavano quel limite, e ancora non avevano trovato la fine di quell'immensa foresta. Intorno a loro continuavano a esserci sempre la stessa flora e la stessa fauna. Da lontano Mijime vedeva come il comportamento di Bellatrix fosse mutato dalla loro partenza: non si limitava più a guardare altera davanti a sé, ma aveva iniziato a scrutare assiduamente il luogo che la circondava, temendo forse che si fossero persi, non scorgendo alcun mutamento nei dintorni, o che delle bestie potessero assalirli da un momento all'altro.

Mijime non poteva darle tutti i torti; non si sentiva più la minima presenza umana e soltanto i rumori della foresta riempivano l'aria: il suono assordante emesso dagli insetti, il gracidare sempre più intenso delle piccole rane velenose, altri movimenti che provenivano dalle piante più in basso...

L'atmosfera era davvero inquietante, ma ugualmente il giovane non si lasciava prendere dall'emotività: anche se avesse voluto, in realtà, non ci sarebbe riuscito, ben esercitato com'era a controllarla costantemente. E anche allora iniziò pian piano a sopprimerla: innanzitutto per poter stare più tranquillo aveva bisogno di un'arma con cui difendersi, facilmente procurabile. Sapeva che Bellatrix aveva due coltelli, di cui uno era il suo personale, che lei gli aveva sottratto.
"Ha anche il coraggio di darmi del malvivente, quando lei è una ladra di prim'ordine".
Se lo sarebbe fatto restituire. Una volta ricongiuntisi, non avrebbe dovuto più temere le bestie: con il suo coltello si sarebbe potuto difendere da qualsiasi essere.

Finché però non fossero scesi non gli sarebbe servito: per ora erano a un'altezza ancora importante, dove le belve non sarebbero mai penetrate, e non c'era bisogno di disturbare la sua cara compagna.

Ormai tranquillo da quel punto di vista, non aveva più motivo per stare inquieto: poteva concentrarsi sui suoi propositi. In primo luogo, arrivare dalle maghe entro la notte: oltre a non voler viaggiare con il buio, parlare con quelle due, per lui, era di massima importanza. Di certo l'andamento di Bellatrix che era costretto a seguire lo agevolava: la foresta sembrava interminabile ma stavano seguendo la giusta direzione, indicata dal sole che si intravedeva sopra di loro; a quella velocità sarebbero giunti presto.

Doveva poi recuperare il suo coltello e, una volta che fosse stato di nuovo tra le sue mani, avrebbe potuto finalmente dedicarsi alla cura del suo corpo: passandosi una mano sul viso sentiva come il mento e il labbro superiore fossero stati infestati da ispidi peli neri e guardando le sue mani non poteva non notare la vistosa dose di sporcizia che si era infilata sotto le unghie. Semplicemente intollerabile: tra i neoteroi era l'unico che era riuscito a preservare parte del suo precedente vestiario, che, per quanto avesse riportato qualche strappo qua e là, era sempre meglio delle tuniche bianco sporco o marroni, ricavate dal pelo dei meranghi, che erano state loro offerte. Ma se non teneva dietro alla pulizia del suo viso e del suo corpo il migliore dei vestiti avrebbe comunque sfigurato!

Solo in terza posizione veniva l'ultimo compito che si era prefissato: una riconciliazione con Bellatrix, l'unico membro davvero utile del suo clan. Ricordava ancora bene come fosse giunta in fretta alla conclusione che fosse stato lui ad aver organizzato quel piccolo attentato di cui ormai la memoria andava sfumando. E ricordava altrettanto bene come fosse riuscita a batterlo in un corpo a corpo grazie alla sua astuzia. Erano state poche le persone che lo avevano stupito tanto quanto quella giovane. Anche se da quel momento in poi, per un motivo a lui ignoto, si era completamente trasformata, era comunque certo che le capacità che aveva notato in lei non fossero solo un caso.

Mentre Mijime continuava a rimuginare tra sé, cercando di non farsi distrarre troppo dai buffi movimenti di Bellatrix, la selva iniziava a mutare forma: le mastodontiche mangrovie si stavano gradualmente abbassando, lasciando il posto a una vegetazione ben più fitta, al cui interno era faticoso muoversi. I rami intanto diventavano più piccoli e fragili e arrampicarcisi sopra senza cadere era sempre più difficoltoso.

Quando muoversi sugli alberi diventò davvero insostenibile, Bellatrix si voltò per la prima volta dalla partenza, il viso una maschera di inquietudine e fastidio. «Dobbiamo scendere» comunicò in fretta, distogliendo subito lo sguardo da Mijime.
«Allora il gatto non ti ha mangiato la lingua» commentò quest'ultimo sottovoce, senza farsi sentire, e si affiancò a lei, vedendola mentre esitava, continuando a guardare verso il basso, provando a capire se fosse sicuro o ci fosse qualche pericolo nascosto.

Solo quando si accorse che Mijime l'aveva raggiunta, si riscosse, come a non voler mostrare l'incertezza che il giovane in realtà aveva ben notato, e continuando a ignorarlo fece per calarsi giù dalla sua liana.
«Non stai dimenticando qualcosa?» chiese Mijime: era ora che il coltello tornasse al suo proprietario.

La giovane guardò verso l'alto, e la sua espressione seccata non poté che far sorridere ulteriormente Mijime.
«Non hai, per caso, qualcosa che non ti appartiene?» continuò, provocatorio. «Vorrei farti notare che quello che mi hai sottratto non è un semplice coltello: è stato costruito con i migliori materiali in circolazione, ed è proprio per questo che, utilizzandolo, avrai notato la sua ottima maneggevolezza. Tengo molto a quel coltello: capirai anche tu che mi è particolarmente utile. Finora ho chiuso un occhio per evitare inutili litigi, dal momento che non mi serviva, e ti ho lasciato andare avanti per questa tua infantile farsa ma, vedi, non vorrei incappare ora in una qualche belva della foresta senza nemmeno potermi difendere. Oh, nobile paladina della giustizia!» esclamò infine, per terminare la sua ironica richiesta. «Aiuta un povero indifeso con questo atto di magnanimità!»

Dopo diversi secondi di riflessione, in cui cercava di trattenere tutta la sua insofferenza, Bellatrix estrasse il coltello da una tasca del vestito e lo porse a Mijime, tendendogli il manico.
«Prego» concluse, gelida, scostandosi dal corpo del giovane e voltandosi dall'altra parte, forse sperando che Mijime, contento di aver ottenuto ciò che voleva, si sarebbe ritirato nel silenzio che era intercorso prima tra i due. Ma questa non era certo la sua intenzione: ora che avevano ripreso a discorrere - per quanto il dialogo fosse sempre minimo - era giunto il momento opportuno per proporle una tregua come si deve.

Dopo che Mijime ebbe riposto con cura il coltello nella tasca interna della camicia che aveva fatto aggiungere perché potesse ospitare quella lama affilata, scesero con cautela dalla liana e, quando furono quasi giunti al suolo, sostituitosi nel frattempo all'acqua su cui sorgevano le mangrovie, poté attaccare di nuovo: «Mia cara...»

«Smetteresti di parlare, per favore?» lo fulminò Bellatrix, prima ancora che il giovane impostasse una frase completa.
Mijime dovette usare tutta la sua buona volontà per evitare di ridere: il tono di voce, l'espressione che doveva sembrare intimidatoria come potevano lasciarlo indifferente?

Respirò profondamente per qualche volta, senza farsi notare dall'altra, e si calmò in fretta. Evidentemente quello non era ancora il momento buono; intanto però erano scesi finalmente a terra e poteva concentrarsi sul secondo compito che si era prefissato, tra l'altro più importante che curarsi di Bellatrix. Con una mano slacciò un bottone della camicia e riprese il coltello, mentre l'altra andava a toccare per l'ultima volta quei peletti irritanti.

"Arrivederci a mai più" pensò, avvicinando la lama al mento: certo, non sarebbe stato un lavoro magistrale, ma doveva accontentarsi. Con estrema attenzione, iniziò a radersi, sentendo un maggiore appagamento che lo inebriava a ogni pelo che sentiva venir meno sotto il coltello. Che sensazione paradisiaca! Il godimento che provava era quasi estatico e lo portava talmente sovrappensiero che iniziò a cantare...

«La morte verrà all'improvviso,
avrà le tue labbra e i tuoi occhi,
ti coprirà d'un velo bianco,
addormentandosi al tuo fianco».

«Che allegria!» esclamò a un tratto Bellatrix, rompendo quel momento magico nella testa di Mijime, che fu costretto a riscuotersi dal suo torpore.
«Non mi lasci neanche cantare?» chiese, riprendendo il suo solito sarcasmo, per mascherare come quella reazione fosse stata involontaria. Perché aveva iniziato a cantare proprio quella? Gli piaceva, come tutte le composizioni di quell'autore, ma non poteva aver iniziato a cantarla totalmente a caso: un'inquietudine di cui non si accorgeva si era per caso impossessata di lui? O era forse l'esternazione di un presagio per il futuro?

«È fastidioso» replicò l'altra, la voce appena alterata: stava perdendo di nuovo la pazienza e ciò fece sorridere Mijime, che dimenticò in fretta il perché della sua preoccupazione.
«Ma se ho una voce stupenda».
«Gracchiante, vorrai dire».
«Te lo concedo, purtroppo non ho mai potuto imparare a destreggiarmi in quest'arte. Se non altro riconoscerai la poesia delle parole di De André. Lo conosci anche tu, dai» continuò a esortarla. Una conversazione sulla musica poteva essere il punto di partenza giusto per un'alleanza: del resto, la musica unisce i popoli e le persone. Che fosse qualcosa di salvifico era una delle poche idee positive che Mijime avesse elaborato. «Almeno le sue canzoni più famose: Geordie, il pescator-».
«No e non mi interessa» lo bloccò l'altra, cercando di concludere lapidaria.

Mijime rimase in silenzio per un po', quasi a volerla accontentare, ma dopo alcuni istanti riattaccò: se anche non fosse riuscito nel suo intento, un'occasione di divertimento simile non poteva perdersela.
«Nell'ozio, nel sonno, in battaglia
verrà senza darti avvisaglia.
La morte va a colpo sicuro,
non suona il corno né il tamburo».

Bellatrix si girò improvvisamente: «Falla finita».
«Niente, questa non è nelle tue corde: eppure questo testo...» Mijime stava per esprimere tutta la bellezza e veridicità racchiusa in quelle parole, che tanto apprezzava, ma il distaccato giudizio di Bellatrix arrivò prima: «È deprimente».

«Non dirmi che quando eravamo ancora di là ascoltavi certe oscenità» sbuffò Mijime, rabbrividendo ai gusti musicali che poteva avere la sua compagna, se non riusciva ad apprezzare la sua musica, quella che anni prima lo aveva salvato dal baratro di disperazione entro cui era caduto.

«Non ascoltavo proprio un bel niente» rispose, rabbuiandosi un po' e sospirando in modo appena percettibile, ma che Mijime rilevò lo stesso. Era strano che non avesse mai visto la musica come uno svago: anche per persone estremamente rigide e dedite al loro lavoro, avere un sottofondo musicale ad accompagnare le loro giornate è un motivo di sollievo. Lui stesso aveva avuto tempo di ascoltare la musica e talvolta persino di recarsi a teatro. A questo punto, ipotizzava il giovane, di svaghi la sua compagna non ne aveva forse mai avuti. Un passato oscuro si intravedeva alle sue spalle. Non poteva essere paragonato al suo, di qualsiasi cosa di trattasse, ma era pur sempre un primo elemento di avvicinamento.

Doveva averla scrutata troppo intensamente, mentre cercava di carpire i suoi turbamenti, perché Bellatrix troncò sul nascere ogni sua domanda: «Comunque non sono fatti tuoi».
«Va bene, mia cara» annuì l'altro: prima o poi avrebbe scoperto qualcosa di più. Ma, ora che aveva iniziato a svagarsi con la sua musica, non poteva certo finire subito. «Cambio genere».
«No, non cantare» lo ammonì ancora lei, sgranando gli occhi.

«Va bene». Mijime soffocò una risata e dalle sue labbra iniziò a diffondersi un dolce motivetto. Chiuse gli occhi concentrandosi solo sulla polifonia dell'orchestra che prendeva vita nella sua immaginazione, sul ritmo ternario del valzer ben scandito, sulle note in perfetto connubio tra loro che con passettini leggeri iniziavano a danzare...

«Cosa ti ho appena detto?!» esclamò Bellatrix. Mijime riaprì gli occhi e a un palmo dal naso si ritrovò lo sguardo infuriato della compagna, ferma davanti a lui, le mani sui fianchi.
«Come?» scherzò di nuovo, come se ancora una volta avesse architettato tutto. «Neanche Šostakovič ti piace?»
«Ti ho detto di non cantare».
«Infatti, stavo canticchiando».

«Cosa diamine devo fare per farti smettere?» gridò, ormai esasperata, girandosi di nuovo e riprendendo a camminare.
Mijime si illuminò: ecco che era arrivata l'occasione per sotterrare l'ascia di guerra. «Avere un minimo di fiducia in più nel tuo compagno di squadra».
«Scordatelo».

Il giovane sbuffò: era certo che non sarebbe stato facile, ma una così grande resistenza faticava a immaginarsela. Ma perché faceva così? Le sarebbe stata d'aiuto un'alleanza, perché non lo capiva? L'astio che provava nei suoi confronti era arrivato a tal punto? Ma perché? Cosa temeva?

«Avanti, non essere di vedute così poco ampie: so bene che non lo sei» iniziò. Doveva sfoderare tutte le sue migliori doti di adulazione: chiunque adora essere riempito di complimenti e non può essere mal disposto contro chi tesse i suoi elogi. Se la lode è veritiera, è facile, poi, che abbagli anche i più arguti. «Appunto per questo, pensa se i nostri cervelli collaborassero, mia cara. Sei acuta e non bisogna sottovalutarti nemmeno per la forza fisica. Potrei scommettere tutto quello che vuoi, che insieme potremmo trovare il tesoro da soli, e, per di più, in un battibaleno!»

«Mi stai distraendo: devo controllare che non ci siano pericoli nei dintorni» disse lei, impassibile, continuando a camminare e non degnandolo di uno sguardo.

«Appunto!» esclamò Mijime, senza darsi per vinto. «Vedi come riesci a essere concentrata in ogni momento? Le tue abilità sono superiori a quelle comuni!»
«Mi stai prendendo in giro o hai qualche altra intenzione?» Bellatrix si fermò e si voltò di nuovo verso di lui con fare minaccioso. Forse aveva esagerato con gli elogi, rifletté il giovane: aveva preso troppa spinta e non aveva calibrato bene le parole. Ma poteva ancora rifarsi.

«Dico solo che dovremmo unire le forze, non trattarci a vicenda con ostilità. Penso davvero che tu sia migliore degli altri: avrai appena vent'anni, e già ti avevano incaricata di indagare su un caso così eclatante. Paragonarti alla gente comune sarebbe soltanto una menzogna, no?»

«Se hai altre intenzioni, ti avverto subito di non scherzare con me. Mi stai facendo perdere tempo: ho intenzione di arrivare dalle maghe prima che si faccia notte». Bellatrix tornò sui suoi passi.
"Ma perché non capisci?!" Mijime iniziava a stancarsi di quel suo continuo rincorrerla e del rifiuto di lei. Non voleva rinunciare al suo appoggio e, in un modo o nell'altro, lo avrebbe ottenuto. Ma dove stava sbagliando? Forse il suo tono della voce, sarcastico e irrisorio anche quando voleva essere semplicemente serio? Che poteva farci? Aveva avuto la necessità di nascondersi dietro quello per tanto tempo e da allora non se ne era più sbarazzato. Ma non sarebbe stata quella sua caratteristica a impedirgli di raggiungere i suoi scopi.

Con uno scatto raggiunse di nuovo la sua compagna, posandole una mano sulla spalla e facendola voltare per l'ennesima volta.
«Bellatrix, so che mi consideri un essere ignobile ma dovresti lasciarti il passato alle spalle: qui non conta più nulla» disse, esternando i suoi veri pensieri, eliminando la malizia nella sua voce. «Non ci hanno cambiato i nomi proprio perché potessimo rinascere come persone diverse? Non dovresti disprezzarmi così tanto; dopotutto, sono uguale a te: sono estremamente ambizioso e per arrivare ai miei scopi posso giustificare ogni mezzo». L'aveva osservata bene già dalla crociera, mentre sfoderava le sue doti di attrice, tanto raffinate che aveva allentato l'attenzione su di lei, mentre sminuiva persino il suo corpo, pur di arrivare alla verità sul caso: non la biasimava, era il suo stesso modo di agire. Nulla è più importante del fine da perseguire.

E li accomunava un passato tormentato, cui però non accennò: doveva solo dimenticare e, non appena fosse stato dalle maghe avrebbe potuto farlo, una volta per tutte. Che senso aveva ribadirlo? Bastava il loro simile atteggiamento machiavellico come esempio. «Prova a negare che per te non è così».

Bellatrix avvampò in un attimo e d'istinto gli tirò un pugno in pieno viso. «Non provare mai più a toccarmi!» gli gridò contro.
Mijime si massaggiò la mandibola, reprimendo un mugugno di dolore: come il calcio di quella mattina, anche il colpo che aveva appena ricevuto non era certo desumibile dalla statura esile e minuta della giovane. Maledizione, ma cosa le era preso?!

Rialzò gli occhi e vide Bellatrix completamente rossa in volto, mentre una lacrima di ira scendeva lungo la sua guancia. «Tu non lo sai, ma ho ucciso un uomo» rivelò, dopo svariati secondi, con un fil di voce. E questo adesso che c'entrava? «Tre settimane fa, quando Mortino e i suoi ci attaccarono, uno di quelli mi aveva puntato la sua arma contro il mio petto, così gliela strappai di mano e la conficcai nel suo. Non avevo altra scelta. Per sopravvivere dovevo farlo. Ed è stata l'esperienza peggiore che abbia vissuto: il sangue che gli usciva dalla bocca, le convulsioni mentre stava morendo...»

Il suo volto si deformò in una smorfia di orrore al ricordo di quella vicenda e rimase in silenzio per qualche attimo, limitandosi ad ansimare. «Io queste cose me le sogno ancora la notte e non c'è istante che non le penso!» urlò infine, puntando i suoi occhi in quelli dell'interlocutore. «Perché te lo sto raccontando? Per ricordarti - e stabilire una volta per tutte - che io e te non siamo uguali: cosa passa nella tua mente quando ordisci degli omicidi, quando ammazzi qualcuno? Ti diverti, sei soddisfatto, godi? Una di queste di sicuro, altrimenti perché lo faresti? Oh, forse è solo per un tuo tornaconto personale, legato alla malavita di cui farai sicuramente parte: vuoi scalare la tua piramide sociale e per farlo non ti fai scrupoli nel togliere la vita agli altri. Oppure ancora è un tuo passatempo? Non me ne sorprenderei. Mi fai schifo. E se le fate hanno detto che il nostro passato, giungendo su quest'isola, è come se fosse stato cancellato, non lo è la nostra moralità, il modo con cui abbiamo agito per tutta la vita. Ciò che sei ora non è altro che il frutto di ciò che hai fatto durante la tua esistenza: se hai agito malignamente per il resto della vita, non puoi che essere un uomo malvagio tu stesso. Usa tutte le tue tattiche, la tua eloquenza, cerca pure di ammaliarmi con il tuo aspetto o con i tuoi elogi: io ti disprezzerò sempre. E non me ne frega niente se per questa mia riluttanza dovrò rassegnarmi a vivere in questo posto dannato tutta la mia vita: meglio questo piuttosto che allearmi con... te».

Bellatrix si girò dall'altra parte e riprese a camminare, senza che nessuno ormai la disturbasse più. Mijime rimase immobile, guardandola mentre si allontanava e riprendendo a seguirla dopo che tra loro si era creata una significativa distanza.

Dunque era questo ciò che pensava: lui non era altro che un approfittatore, volto solo alla ricerca del proprio bene, anche a discapito di quello degli altri. Non poteva darle tutti i torti. Del resto, cosa stava facendo anche adesso? Stava cercando di fare di tutto, anche allearsi con una sua nemica naturale, solo per un fine: andarsene da lì.

Ma Bellatrix si sbagliava anche, credendo che le azioni più oscure della sua vita fossero state per lui motivo di piacere. Come lei era stata costretta a uccidere il Mortinou, qualcosa di analogo era successo a lui, che per sopravvivere aveva dovuto, per tutta la sua esistenza, imparare a muoversi nel marciume del mondo e degli uomini, senza esserne schiacciato.

Pensava davvero che la prima volta che aveva tolto la vita a un uomo fosse rimasto impassibile? Che lui, solo perché militava da tempo nelle retrovie dei giochi di potere, non avesse provato le sue stesse sensazioni, quando aveva sparato in testa alla sua prima vittima? Che non lo avesse sognato per notti a venire, che non gli fosse sovvenuto il ricordo costantemente, che non avesse pianto per questo? E pensava, ancora, che ogni volta che uccideva qualcuno, anche nel presente, lo facesse sempre a cuor leggero?

Un uomo così è soltanto un mostro.
Lui era una vittima della società.

«Mijime. Non sei altro che questo».

Una voce rimbombò nella sua testa e alcune immagini risalirono prepotenti dal fiume del ricordi che scorreva in lui. La diga poderosa che aveva eretto per arginarli stava iniziando a frantumarsi. Subito si sbatté una mano sulla fronte e scosse il capo violentemente: non poteva ricordare.

Aveva iniziato ad ansimare, per quel veloce momento in cui aveva rivissuto quella sensazione, che però sembrava essersene andata: provando a riguardare dentro di sé e sforzandosi di vedere solo ciò che voleva, era riuscito a scacciarla. Il controllo che aveva di lui stesso era stato sempre fondamentale, perché il suo passato non ritornasse; e così lo aveva confinato in un luogo da cui non poteva riemergere. Era strano che fosse successo, proprio allora. Era da anni che non capitava. Doveva impegnarsi di nuovo per sigillarlo: dopo aver parlato con le maghe sapeva che lo avrebbe fatto una volta per tutte.

Ma era importante che cercasse di allontanarlo già da subito, con l'unica modalità che sapeva avrebbe funzionato. Era stata efficace in momenti ben peggiori: lo avrebbe aiutato anche allora.

Una melodia ancora diversa da quelle precedenti iniziò a diffondersi, a partire dalle labbra aperte quel tanto da lasciare una piccola fessura.

Bellatrix, ormai lontana da lui di svariati metri, si girò di scatto verso di lui, non appena percepì quel suono, e ancora una volta lo squadrò torva.

Oh, la sua musica le dava fastidio? E a lui che poteva importare? Lei stessa lo aveva definito un suo nemico e lui accettava la sua decisione. Disprezzava il suo aiuto? Bene, che cercasse di tornare nell'Exo con le sue sole forze. Alla fine dei conti, lui non sarebbe mai riuscito a convincerla e continuare a rincorrerla e a supplicarla era inutile e persino patetico. Dunque, la sua musica la stava infastidendo? Tanto meglio: si sarebbe divertito a vederla mentre avrebbe sbraitato contro di lui.

Mijime ricambiò l'occhiata e sorrise, finché Bellatrix non fu costretta a voltarsi di nuovo in avanti e a proseguire in silenzio il suo cammino. Il giovane, emesso un sospiro soddisfatto, estrasse il suo coltello, avvicinandolo all'unghia del pollice e iniziando a ripulirla dalla sporcizia accumulatasi al di sotto. E continuò a canticchiare.

~

Helo!
Eccoci qua con l'inizio del capitolo 11, da parte del nostro caro (o non tanto caro) Mijime. È sicuramente un personaggio ambiguo e proprio per questo tratto può piacere o non piacere. Sappiamo però che alle sue spalle nasconde qualcosa di estremamente doloroso e che non vuole in nessun modo ricordare. Curiosi, anche se non lo sopportate? Che ne pensate invece di Bellatrix, di cui analizzeremo meglio la posizione nel prossimo capitolo, e della sua ineccepibile rigidità? Sbaglia o fa bene a non volersi fidare di Mijime, anche solo per principio?
Infine, voglio sottolineare il tratto distintivo di questo capitolo: la musica, che sembra essere un elemento davvero salvifico per Mijime. Siccome io stessa sono un'amante non potevo non aggiungere una riflessione in merito, ma tranquilli, non ce l'ho gettata dentro a caso. Sarà una caratteristica (per quanto minore, dal momento che lo vedremo cantare solo quando è felice) che guiderà Mijime e alcuni suoi pensieri all'interno della storia, almeno per questo primo volume, e che, a mio parere, gli conferisce un'ulteriore sfaccettatura, allontanandolo sempre di più dallo stereotipo di bad boy che gli si potrebbe avvicinare all'inizio 😂❤
Detto questo, vi aspettiamo al prossimo capitolo!
~🐼🐢

P.s. i gusti musicali di Mijime sono gli stessi di Panda 😂 Per cui quelle che citerò ve le stra consiglio, se già non le conoscete. In questo capitolo "La morte" di Fabrizio de André (non amo la musica italiana e le canzoni, ma lui SÌ) e il Valzer n.2 di Šostakovič (non ho potuto descriverla troppo per evitare la stesura di un commento musicale che poteva anche essere noioso, ma sappiate che è questa 😂)

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