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ATTENZIONE ATTENZIONE ATTENZIONE ATTENZIONE
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Ho la vostra attenzione? Spero di sì.

Questo è il primo capitolo del SECONDO VOLUME, per cui, se non avete letto per intero il primo, vi sconsigliamo di proseguire perché potreste essere sommersi da spoiler o anche, più semplicemente, non capirci molto. Grazie dell'attenzione!

~

(Sto revisionando questa parte, per favore, passa tra un po' ^^)

«Non è meraviglioso, padre?»

Il risveglio avvenne rapido e immediato, quando l'anax di Tou Gheneiou si sentì circondare da due forti braccia, trepidanti d'entusiasmo, come il resto del corpo che si era appena slanciato sul suo per stringerlo affettuosamente.

Prima ancora che realizzasse cosa fosse successo, chi l'aveva ghermito si staccò in fretta: sul volto di sua figlia si intravedeva un dispiacere malcelato.

«Padre, mi hai sentita?»
«Scusami, stavo...» Di nuovo, di nuovo. Accadeva sempre più spesso, non lo controllava più; probabilmente, se lo avessero chiesto ad Anita, avrebbe confermato che anche nel sonno si limitava ad annuire e mugugnare qualcosa come risposta, tanto quell'atteggiamento era insito in lui. Fingere era divenuto ormai impossibile. «Non importa» sospirò, pronto a concentrarsi sulle notizie di Genew, per quanto non fosse certo che ne sarebbe stato in grado. «Dimmi pure, cos'è accaduto?»

Quella riprese a sorridere: ormai doveva aver fatto l'abitudine a quell'atteggiamento strano di suo padre. Chissà cosa pensava di lui: che iniziasse a perdere colpi? Che avesse problemi in famiglia? Che fosse preoccupato per il suo nuovo rapporto conflittuale con gli Anziani? Qualsiasi supposizione fosse, era ben lontana dalla realtà.

«Queste» esordì, afferrando due pietre sfregiate da diversi segni e porgendole al padre, che, pur sforzandosi, non riusciva a capire cos'avessero di straordinario. Eppure dovevano esserlo: il sorriso crescente di Genew continuava a spostare verso l'alto la benda di pelle che le copriva ciò che era rimasto del suo occhio sinistro; l'altro brillava anche nella penombra dell'Oikìa. «Le abbiamo trovate nei territori di Tes Arktou, dove si trovava la loro ultima fortezza per proteggersi da Mortino, quella che ti dicevo dev'essere stata distrutta, se non recentemente, da non più di un anno».

Si era recata fin lassù, in quelle terre lontane a qualche giorno di viaggio? "Ah, è vero" ricordò, un poco incerto: due settimane prima gli aveva accennato che sarebbe partita con tutti i Guerrieri per attuare un sopralluogo rituale, solo volto a confermare che tutto fosse rimasto immutato. Evidentemente non era così se, come trapelava dal resoconto di Genew, di Tes Arktou non erano rimaste che macerie. Ma non poteva chiedere approfondimenti: se aveva ascoltato almeno qualcosa del precedente racconto, come doveva sembrare, doveva già essere informato di questi particolari.

«Come puoi vedere, nipote, neanche tuo padre considera quello che definisci così eccezionale». Il tono arcigno di chi gli sedeva di fianco spezzò il clima di euforia e letizia portato dalla giovane. Pitone, suo padre, passava dallo squadrare la nipote al lanciarsi occhiate con le sorelle e qualche altro Anziano. Genew si portò una mano alla testa: non un litigio...
«Ma solo perché non mi stava ascoltando!» ribatté in fretta la figlia, con il temperamento focoso che le era sempre stato proprio.
«Tutte scuse: avrà capito che è una cosa da niente».
«Nonno, lasciami parlare».

Come si sarebbe divertito ad ascoltare quei battibecchi, a vedere come la figlia diventava sempre più spigliata nelle risposte contro suo nonno, a parteggiare tacitamente per lei! Era da tempo che non lo faceva più, non si sforzava neanche. Era debole? Sì.

«Continua, Genew» ordinò, apatico, e i due ammutolirono: incredibile come gli riconoscessero ancora tutta quell'autorità, benché si fosse ridotto a un misero inetto. «E scusami, se sono un po' distratto» disse infine, guardandola in volto: quante scuse le avrebbe dovuto! Troppe. E le condizioni in cui era imprigionato gli impedivano di esternarne la maggior parte.

«Non preoccuparti, padre, posso ripetermi» fece lei, un lieve sorriso condiscendente, che si animò immediatamente non appena il suo occhio si riposò sui due sassi. «Dunque, stavamo ispezionando le rovine del loro villaggio, quando Morag e Germanico hanno trovato queste e ne hanno colto il messaggio, leggendole».
«Lèggere» bofonchiò Pitone, scettico, ma Genew lo ignorò.

«Sono scritte nella lingua dura e incomprensibile degli Arktou, che per qualche ragione Germanico conosce. Questa è la prima che abbiamo trovato». Gli porse una pietra, perché la tenesse in mano. «Dice: "Il tesoro è una perla, nei territori di..." poi è rovinata e non si capisce». Mentre parlava seguiva con un dito una sorta di linea formata dalle incisioni: Genew fingeva di capire. «Ma poco importa: l'altra, che abbiamo trovato nel viaggio di ritorno, all'interno di altre rovine poco distanti dal villaggio centrale, ripete "Il tesoro è una perla, nella foresta di Lysha". Non si tratta del bosco che precede il nucleo centrale di Tou Mortinou, quello dove vive Lysha, una delle ninfe figlie di Zarkros?»

Il padre annuì, ma nella sua testa rimbombava solo l'ultima parola udita... Senza farsi vedere, si pizzicò subito una gamba: non poteva tornare ancora a distaccarsi dalla realtà.

La realtà e i pensieri ormai sono un tutt'uno. Manca poco.

Non poteva!

Sua figlia gli aveva afferrato una mano dal trasporto: almeno non si era accorta che aveva rischiato di nuovo di assentarsi; se non altro, grazie a quella nuova scoperta, era preoccupata solo di essa.
«Così le profezie corrispondono!» esclamò, sempre più infervorata. «Padre, sappiamo cos'è e dov'è il tesoro! Padre, io... ancora non ci credo. Una perla nei territori di Mortino! Una perla nei territori di Mortino!»

«Io non ci credo». La voce di Pitone si fece sentire ancora, sempre più seccata, dando il la a tutti gli altri Anziani.
«Genew,» gli fece eco la zia Pako, «non essere ingenua: se fosse qualcosa di così banale come una perla, non interesserebbe a nessuno».
«Sarà una perla con dei poteri, mi sembra ovvio» rispose la giovane, ferma nella sua posizione.
«Bene, anche se fosse, Mortino l'avrebbe già trovata, ma così non è».
«Probabilmente è ben nascosta».

«Io non ci credo» la interruppe Pitone, alzando di più la voce e fulminandola. «Non credo a dei disegni».
«Te l'ho già detto, nonno, non sono disegni!»
«Genew, ma non capisci che vogliono solo tenderci un'insidia?» insisté il vecchio, sporgendosi verso la nipote. «Si sono accordati per dirci cosa ci fosse scritto, quando non lo sanno nemmeno loro: chi la capisce la lingua degli Arktou, a parte loro stessi?»

Cenni di approvazione provennero da quasi tutti gli Anziani, mentre i restanti si limitavano a sbuffare, aspettando solo che terminassero di discutere.

«Hanno scelto un oggetto banale e non così difficile da trovare e hanno detto che si trova nei territori di Mortino, dove, una volta che ci saremo recati lì per la ricerca, ci cattureranno e stermineranno» proseguì Pitone, mentre un'ombra di amarezza calava sul suo volto: suo figlio aveva capito che dietro quel perenne ghigno di disapprovazione si celava l'animo di un uomo frustrato da troppe perdite e fallimenti. Entro poco, quel dolore accumulato in tanti anni non gli avrebbe più nuociuto.

«Le spedizioni, lassù, non finiscono bene» rabbrividì il vecchio, preda dell'inevitabile ricordo della folle idea di sua moglie, che gli aveva portato via quasi tutto e lei per prima.

«Nonno, ma queste informazioni combaciano anche con le profezie che seguiamo da decenni» continuò la nipote, cercando di mantenersi paziente. «La fiamma immortal sulle mortifere palme lo tiene» recitò a memoria. «Non dici forse anche tu, da sempre, che si tratta di Mortino, quindi dei suoi territori?»
L'Anziano non poté contraddirla: dopo aver avuto quella convinzione per anni, ora non poteva certo rimangiarsi la parola.

«E l'altra è ancora più azzeccata: non dimenticate il solco nell'argentea pietra scolpito dall'alba. Guardate, guardate qui». Genew si alzò, affrettandosi a mostrare a tutti un segno in particolare che accomunava le due pietre. «Sia Morag che Germanico hanno detto che c'è scritto Alba, il nome di colei che ha scritto su queste rocce grigie. Non sono mai state montagne! Era a questo che le maghe si riferivano». La giovane continuava a camminare avanti e indietro sulle assi dell'Oikìa. «Tutto torna, tutto è così lineare e preciso». Sul viso si leggeva una piena realizzazione. «Tutto ha... senso».

«Che strano» mormorò Genew, senza che nessuno lo udisse: era Pitone ad aver monopolizzato la scena, subito tornato alla carica contro la nipote.
«Non voglio sentire una parola di più in merito a questa sciocchezza!» proruppe, fino ad alzarsi in piedi. «Smettila di fantasticare su queste idee e considera piuttosto i problemi che affliggono il tuo clan».

Altri cenni di assenso provennero sotto di lui, ma chi prima aveva taciuto, annoiato da quell'inutile dissertazione, intervenne a sua volta.

«Pitone, perdonami, ma di che problemi stai parlando?» iniziò il vecchio Eracle, con pacatezza. «Insomma, il clan non ha mai vissuto in una tale prosperità, da quando sono arrivati i Gheisas, che hanno introdotto i loro attrezzi in metallo: hanno anche appena finito di costruire una fucina a est di Tou Gheneiou per produrne di nuovi!»
«Sì, i nuovi Gheneiou sono davvero un dono degli dei» gli fece eco la moglie. «E si sono persino integrati senza difficoltà: avete mai sentito parlare di lamentele da parte loro? O di litigi? Anche se ci vorrà ancora del tempo perché dimentichino le perdite che hanno subìto, si sono sempre dimostrati degli ottimi lavoratori, rispettosi e diligenti come noi Gheneiou».

«Non ce l'avrai mica con loro, Pitone, no?» concluse Paula, un sopracciglio alzato e un sorrisetto compiaciuto: nemmeno lei era mai stata così bene a Tou Gheneiou come allora, da quando poteva rimbeccare Pitone non solo tutte le volte che voleva, ma persino con l'appoggio di qualche Anziano e della giovane anaxa. Se solo le circostanze fossero state diverse, anche Genew le avrebbe dato man forte, ma non voleva più litigare con suo padre.

«No, no, non mi danno fastidio – anche se quella dannata pratica dell'oinos è riprovevole» rispose il vecchio, il temperamento smorzato dalla folta opposizione. «Però di problemi ce ne sono, e parecchi. Come, per esempio,» tornò alla carica, puntando un indice minaccioso contro la nipote, «il fatto che la nostra giovinetta ribelle non si decida a mettere al mondo un erede, anche se siamo in un periodo estremamente opportuno: non ci sono guerre, quindi può anche permettersi un anno di riposo. Sicuramente meglio che andare alla ricerca di indizi di dubbia affidabilità».

«Non lo sono!» gridò la giovane, visibilmente alterata, ma accorgendosi subito dello scatto d'ira. Respirò qualche volta, per poi riprendere, più calma. «Questa è la pista giusta e te lo dimostrerò».

Genew considerò quelle ultime parole e s'illuminò in un istante: ecco il pretesto che gli serviva! Prima, ancora intontito dai pensieri, poi, troppo preso a compatire suo padre e i suoi atteggiamenti scorbutici, aveva quasi dimenticato ciò che si era ripromesso di fare.

«E quanto prima» aggiunse, suscitando lo stupore di tutti i presenti: ancora non aveva proferito parola a voce così alta.
«Come, padre?» chiese la figlia, sbigottita.
«Questa scoperta è semplicemente sensazionale» asserì lui, impiegando tutte le proprie forze per sorriderle. Genew sembrava senza parole. «Pertanto, ritengo opportuno ripartire subito: avete trovato queste due pietre, ma magari gli Arktou, prima di dissolversi nel nulla, ne hanno lasciate altre, con informazioni più precise».

La giovane annuì con vigore, mentre il troppo entusiasmo non le permetteva più di stare ferma. Andò a raccattare la cintura con la spada e gli altri coltelli e si diresse verso la botola, ma a un tratto si bloccò, come a riflettere.
«Stasera ci sarebbe la cerimonia di Calpurnia...» considerò, guardando incerta il padre, che fece spallucce, non curante: la sua idea non sarebbe stata rovinata solo per un simile imprevisto. I Guerrieri sarebbero partiti, e subito.

«Non vedo il problema: se avete con voi anche una sola danzatrice, potrete dedicarle un rito ovunque sarete. Non dirmi che tutto il tuo entusiasmo si è già esaurito» la provocò: era l'unico modo per convincerla davvero.
«No, certo!»
«Allora va', subito, e torna presto con ottime notizie come queste».

Genew si precipitò davanti a lui, stringendogli le mani e portandole alla fronte, nel rito del saluto. «Puoi contarci!» Si rialzò, correndo alla botola e arrestandosi ancora solo per congedarsi. «Arrivederci, padre. Arrivederci, reverendi Anziani».

Genew seguiva con lo sguardo la figura possente della giovane che scendeva più veloce che poteva dalla botola. Quando non vide più nemmeno la coda ricciuta, un peso andò a depositarsi sul cuore, raggiungendo gli altri che già gravavano su esso. Chissà quanti ne avrebbe totalizzati, al termine di quella giornata.

"Figlia mia, come sei diventata forte e coraggiosa, quanto sei migliorata! Tou Gheneiou ha bisogno di un capo come te" avrebbe voluto dirle, ma non poteva destare così tanto sospetto: Genew avrebbe potuto intenderlo come un addio. Teneva dentro ogni parola, che non poteva svanire nel nulla, e così trovava un angolo del suo animo da affliggere.

«E se ne esce con "reverendi Anziani"...» borbottava intanto Pitone. «Come se una frase rispettosa potesse cancellare tutta la sua irriverenza».
«Concordo, fratello» lo seguiva Mara. «Prima della guerra aveva tutt'altro carattere. Sì, era troppo impulsiva, ma almeno ascoltava. Ora è solo impulsiva e testarda come un merango nel periodo degli amori!»
«Ma sapete che c'è?» disse un altro Anziano, forse Kyon, forse Teramene. «Forse non è lei la peggiore. La dissolutezza alberga a Tou Gheneiou da dopo la guerra».

«Allora non sono l'unico a dire che ci sono dei problemi» fece Pitone, finalmente soddisfatto.
«I problemi non sono a Tou Gheneiou: sono in alcune persone che abitano a Tou Gheneiou e che con i loro comportamenti destabilizzano tutto».
«Sai di chi stiamo parlando, Genew» concluse Pako, mentre tutti gli Anziani che condividevano quel disappunto lo squadravano in attesa di una risposta.

«I neoteroi» sospirò Genew, indifferente, persino irritato per quella perdita di tempo: doveva trovare un modo migliore per impiegarlo. Ora come ora, non poteva permettersi sprechi.

«Ah, non serve nemmeno che li citiamo, quelli!» esclamò suo padre, troppo indignato per accorgersi che il tono di Genew era di nuovo mutato. «I due amici di tuo figlio, il biondo solitario e l'uomo-scimmia: creano disagio solo a sentirli nominare».
«I problemi più grandi sono i tuoi figli» lo accusò Mara.

«Kairos, il Guerriero pigro, capace solo di trastullarsi con quella vasaia» iniziò a elencare Pitone. «Iulius, il giovane innamorato, che sta lontano dalla piccola Gheisas bionda solo quando dorme – o forse nemmeno. Hermit e Sofia, i demonietti che rendono la nostra foresta un caos totale, quando coinvolgono gli altri bambini nei loro stupidi giochi».

«Dimentichi il problema dei problemi» ricordò un altro.
«Figlio, hai mai sentito parlare di Rose la bella? Credo proprio di sì, dal momento che è l'unico argomento che passa per le bocche dei giovani Gheneiou! È scandaloso, semplicemente scandaloso. Tua figlia è provocante e subdola: li ha fatti innamorare tutti, ma poi li rifiuta, rendendoli inutili, dal primo all'ultimo! Se ne stanno nei loro oikaria a piangere, invece che iniziare il Percorso o dare una mano al clan. Non è possibile che un'intera generazione non capisca più niente per colpa di una ragazza! Ed essendo tu il capo...»

Già, come se un clan potesse andare alla rovina per colpa della bellezza di una donna, quasi fossero in una storia. Genew strinse i denti, mentre le orecchie avevano già smesso di ascoltarlo blaterare. E dire che prima aveva persino cercato di comprenderlo, di perdonarlo, ora che non gli restava altro da fare, ma suo padre aveva solo continuato a mostrare la sua infinita arroganza. Come avrebbe voluto parlare, come avrebbe voluto sputare in faccia, a tutti loro, la realtà, dove non erano un problema le ragazzine troppo belle, non lo erano i giovani innamorati, e non lo erano nemmeno dei bambini un po' rumorosi! Allora avrebbero ancora avuto il coraggio di contestare ogni minuzia, di demolire quella che agli occhi di Genew era la perfezione?

"Padre, dovresti solo essere felice, tu che ne hai la possibilità".

«Pitone, smettila». La voce di Paula lo ridestò da quel flusso di pensieri e interruppe la predica dell'Anziano.
«Prego?»
«Sei troppo impegnato a blaterare, come al solito, per accorgerti che il nostro anax sta male».

Il silenzio calò tra le liane dell'Oikìa. Gli occhi di tutti erano puntati sul corpo del capo di Tou Gheneiou, come se potessero scrutarvi dentro, capire il perché di quella stranezza. "Fidatevi, è meglio che non lo sappiate".

«No, Paula, sto... bene» si affrettò a smentirla, alzandosi subito in piedi: non sarebbe riuscito a resistere un istante di più sotto gli sguardi stupiti degli Anziani. Non aveva poi promesso ai suoi figli che li avrebbe accompagnati a osservare da vicino la fauna delle basse mangrovie? Era da settimane che Sofia sperava di scorgere un apireo, anche solo da lontano. Sì, sarebbe andato da loro. «Credo però che questa riunione abbia esaurito gli argomenti: è inutile protrarla ancora. A domani».

«Cosa fai?» lo rimbeccò Pitone, indovinando subito le sue intenzioni. «Porti per l'ennesima volta i due bambini nelle basse mangrovie? Lo vuoi capire o no, che anche loro devono rendersi utili?»
"Se solo tu potessi capire".
«Penso che non lo capirò».

Guardò un'ultima volta suo padre, poi voltò le spalle al consiglio.
"Non avrei voluto salutarti così". Un altro peso piombò sul suo cuore, e diventava sempre più consistente a ogni passo che muoveva verso la botola.

Aveva già appoggiato un piede sul primo scalino, quando una mano lo trattenne per la spalla. Ancora Paula, una forte preoccupazione pareva tormentarla. «Genew, sei afflitto, e si vede».
«No, non è-».
«Per quale motivo? Non hai nulla di cui preoccuparti: hai una bella famiglia, un popolo che ti vuole bene e che diventa più prospero di giorno in giorno. Pensa, poi,» aggiunse raggiante, come se la giovane Genew le avesse trasmesso la sua euforia, «adesso abbiamo anche trovato un primo suggerimento per il tesoro. Una perla... E chi l'avrebbe mai detto! La localizzazione però corrisponde: per tutta la sua vita, Vinsenes non aveva fatto altro che stare appresso al tesoro, lo sai bene» continuò rabbuiandosi appena nel ricordo di quella donna arguta che se n'era andata solo la luna precedente. «E aveva solo capito che al Sud non c'è niente. Almeno i suoi sforzi non sono stati invano».

«Nessuno sforzo è invano, Paula» la rassicurò Genew, esprimendosi finalmente in uno dei suoi sorrisi più solari: era incredibile come la sua indole, portata a desiderare la felicità degli altri, talvolta riemergesse ancora. «Vinsenes non ha fatto solo questo: ha sempre tenuto viva nei cuori di molti di noi la voglia di ammirare, un giorno, quel mondo al di là del mare».

«Ecco, vedi:» la vecchia riprese a sorridere, «questo è il Genew che conosco, lo stesso che quando era un bambino mi veniva incontro per raccontarmi come immaginava l'Exo. Forse riusciremo davvero a vederlo» concluse, il volto pieno di speranza.
«Forse» ripeté Genew: la malinconia era tornata a essere la sovrana del suo cuore.

~

Ben ritrovati, amici lettori!
Sono passati quasi sei mesi da quando abbiamo lasciato i Gheneiou ed eccoli di nuovo qui, con tante novità, quella dell'indizio del tesoro in primis! Ma, nonostante tutta questa felicità, Genew non sembra scosso da nulla, ormai perso in una malinconia che, oltre a non essergli propria, lo ha completamente sovrastato... Pareri in merito? 😬😬😬

Vi anticipo già che questi primi capitoli saranno molto chill e praticamente inutili, ma mi servono per mostrarvi cosa è successo in sei lune, se vogliamo usare i termini isolani, come si sono evoluti i nostri personaggi e, ovviamente, qualche chicca dell'isola che mi diverto così tanto a scrivere! L'inizio vero sarà tra qualche capitolo ma, a quel punto... No, basta, è troppo facile spoilerare.

Un saluto e un abbraccio a chi, dopo tutto questo tempo, continua sempre a seguirci! Vi si vuole bene ❤️❤️❤️
~🐼🐢

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