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[Può contenere scene violente]

Kairos mise di nuovo piede sui rami più alti, portando sulle spalle due fratelli che strillavano dalla paura. Aveva continuato la sua missione di salvataggio, approfittando dello sbigottimento generale che si era creato quando Mortino e la falsa Genew avevano iniziato a trattare, mentre molti dei Guerrieri si erano invece fermati lassù: quando infatti aveva informato gli altri che il clan che li aveva attaccati era guidato dal più tremendo degli uomini, molti avevano deciso di ritirarsi. Kairos non li biasimava: volevano solo salvarsi la vita, era giusto così. Forse avrebbe dovuto farlo anche lui, finché era in tempo, finché le ferite che aveva riportato – che pure erano tante – gli permettevano di rimanere in piedi e scappare. Ma ogni volta che di sotto vedeva ancora qualche membro del suo popolo vivo, la volontà di trarlo in salvo vinceva: se lui se ne fosse andato, quel qualcuno sarebbe andato nell'aldilà, qualsiasi cosa fosse. Non era giusto! Così continuava, anche se, ora che tutti erano in silenzio ad ascoltare i due capi discutere, era ancora più difficile passare inosservati, anche se il suo corpo diveniva sempre più debole, anche se aveva voglia di stringere a sé Raya.

Lasciò i due bambini tra le braccia dei genitori, che aveva fatto in modo che lo precedessero a inerpicarsi sulle liane, e subito, senza neanche ascoltare le parole di ringraziamento della famiglia, tornò di nuovo a calarsi giù. Doveva essere la ventesima volta che scendeva ma avrebbe continuato, fino allo sfinimento.

D'un tratto una raffica si abbatté impetuosa sulla foresta; i riflessi del giovane furono abbastanza celeri da farlo attaccare a un ramo piuttosto solido di fianco a lui, perché non volasse via, trasportato dal vento, che sferzava sulla sua schiena, quasi anche la natura volesse scoraggiarlo nella sua impresa. A ogni istante i colpi si facevano più intensi, poi all'aria si aggiunsero centinaia di elementi solidi, liane, rami, foglie, e tutto ciò che quel turbine era in grado di trasportare. Kairos si stringeva di più al ramo, sopportando ogni doloroso colpo, pur di restare aggrappato.

Si fece forza fino alla fine quando, improvvisamente come era arrivato, il vento cessò. Seguì il silenzio e Kairos poté riprendere fiato: quelle raffiche lo avevano spossato più del continuo sali-scendi cui si era sottoposto, anche a causa dei segni che doveva aver riportato dopo che le liane e i rami lo avevano colpito. Il dolore per tutte quelle che gli erano state inflitte prima, poi, iniziava a manifestarsi, dapprima sopportabile e con lo scorrere del tempo sempre meno. Aveva bisogno di qualche istante di riposo: quel silenzio cadeva proprio nel momento giusto. Ma era solo la quiete prima della tempesta.

Di sotto un clamore assordante colpì le orecchie di Kairos e il giovane, già dimentico del male addosso, non poté che guardare cosa stesse accadendo, agghiacciando a una visione tremenda: i Mortinou avevano smesso di intimorire la gente con le loro armi, di strattonarli perché non si muovessero, di urlare loro contro perché tacessero. Branditi i bronzi tanto spaventosi, li avevano rivolti senza alcuna pietà contro la gente. Colpendo, tagliando, squartando.
Altri, preferendo differenti metodi di violenza, avevano invece abbandonato le armi, per buttarsi sulle ragazze più giovani e belle oppure facevano soffrire i malcapitati gettando giù dalla piattaforma i loro cari; e altri ancora, già annoiati da quel divertimento troppo ripetitivo, si allontanavano dal rosso vivido di cui si erano tinti i tronchi della base sotto l'Oikìa, per andare a compiere chissà quali misfatti.

Kairos osservava sotto di sé, allibito, con il corpo che gli doleva sempre di più, come se a subire i colpi fosse lui stesso; e sentiva male al cuore, che gli pulsava trepidante come non mai, per quel sangue che mai sarebbe dovuto uscire dai corpi innocenti dei suoi compagni. E guardando cercava di scorgere qualcuno che fosse ancora vivo, anche boccheggiante, ma non abbandonato del tutto dal prezioso soffio vitale; non riusciva a convincersi che non potesse fare più nulla per loro.

Inquieto, sforzava la vista, si muoveva su rami più vicini, scendeva ancora e guardava di nuovo nel mare di sangue: un bambino che respirava a malapena, un ragazzo che stava per essere colpito, una giovane costretta a subire violenze... Ma non trovò nulla, sebbene da più vicino vedesse in modo più nitido, sebbene la sua volontà di salvare ancora qualcuno spingesse per uscire dal suo cuore. Di sotto solo la melodia della morte, che lo faceva disperare sempre di più...

«Kairos, torna dai tuoi». Una voce alle sue spalle, una mano che gli toccava la schiena. Il giovane si girò, riconoscendo Nestor, un Guerriero non più nel fiore degli anni, che da sempre era stato un compagno di suo padre.
«Hai fatto abbastanza, portando quassù più di trenta persone».

«Non è abbastanza...» mormorò l'altro, stringendo una mano fino a piantarsi le unghie nella carne. Se solo fosse stato più veloce, qualche persona in più sarebbe ancora nel suo stesso mondo e non in uno ignoto. Se solo avesse avuto più tempo, se solo il fato non gli fosse stato avverso, se solo... Ma magari poteva ancora fare qualcosa!

«Ti hanno ferito ripetutamente» sottolineò l'uomo, vedendo che la determinazione sul volto del giovane non diminuiva, mentre con una mano sfiorava le precarie medicazioni sulle lesioni peggiori: si era strappato lembi della tunica e li aveva stretti attorno a queste. Non era certo abbastanza. «Di sotto ormai non c'è più nulla da fare».
«Ma se qualcuno fosse vivo?»
«Kairos, ascoltami. Ti parlo da amico, come ero amico di tuo padre. Hai visto cosa sta succedendo? Mortino ha ordinato ai suoi di farci fuori. Tutti. Scappare ora non è da codardi. Vuoi rivederla di nuovo o no, la tua famiglia?»

Oh, sì che lo voleva. Voleva abbracciare i suoi fratelli minori, calmarli con parole dolci, fare in modo che dimenticassero quella miserabile situazione cui il fato maligno li aveva sottoposti. E voleva cingersi a Raya, immergere la testa tra i suoi capelli, farsi tranquillizzare a sua volta e soprattutto sapere come stesse: l'aveva fatta affaticare molto purché potesse giungere al sicuro. Ogni istante sentiva il peso che affligge chi ha optato per la scelta sbagliata: magari stava male e lui non era con lei. Sperava di no, ma i pensieri più oscuri non mancavano di fargli visita in un momento già tenebroso.

Ma andarsene significava anche abbandonare il suo popolo, togliere la possibilità a qualcun altro di salvarsi. Lo trovava così amaramente ingiusto, come se la vita fosse un privilegio per pochi fortunati: così non poteva essere!

«Io ora me ne vado» concluse l'uomo, guardando in alto e rabbrividendo: i pochi Guerrieri che erano rimasti là sopra fino alla fine ora pendevano dai rami, inanimati. I Mortinou non si erano risparmiati nemmeno lassù; se non fosse stato per il nascondiglio tra le foglie che aveva trovato, anche Kairos avrebbe subìto la loro stessa sorte. «Che gli dei assistano gli sventurati là sotto e coloro che si sono riusciti ad allontanare; pensa che almeno loro sono salvi».

Kairos sospirò, mordendosi un labbro: l'amico di suo padre non era nel torto. I Mortinou si limitavano ora solo a dilaniare ulteriormente le carcasse: non c'era davvero più nulla da fare. Con il cuore che urlava di dolore il giovane afferrò una liana e, silenzioso, iniziò a spostarsi da quel luogo di morte, provando a pensare, per non cadere in un'ancor più amara tristezza, al fatto che presto, prestissimo avrebbe rivisto la sua famiglia. Finché la sua attenzione non fu attratta dall'ennesimo, sconvolgente elemento.

Vide lui. Lui in tutta la sua possenza, in tutta la sua grandezza, così maestosa da somigliare a un dio, anche se lo stava scrutando mentre era girato. Se ne era rimasto su un lato della piattaforma occluso alla sua visuale e per tutto quel tempo ancora non lo aveva avvistato. Era uguale a come lo aveva sempre sentito descrivere: immagina un uomo enorme, così alto da non riuscire a stare in piedi in un oikarion, così grosso da non poter passare dalla botola dell'Oikìa, così muscoloso da essere in grado di spezzare il tronco di una mangrovia. E Mortino era proprio così.

Kairos agghiacciò, temendo potesse percepire la sua presenza, e scattò sulla liana per allontanarsi il più velocemente possibile. Ma cambiando di nuovo visuale vide che il colosso non era solo: tra le sue braccia stringeva Rose, che si dimenava, cercando di sfuggirgli con l'animo combattivo che da sempre la caratterizzava. Quello la lasciava correre via per qualche metro poi, senza nemmeno scomporsi, la riacciuffava, riprendendo a torturarla, mentre la giovane lottava con tutte le sue forze.

Kairos sentì subito l'istinto di soccorrerla, ma, mentre già aveva un piede pronto a darsi la spinta per catapultarsi sulla piattaforma al fianco della sorella, il buonsenso lo bloccò: quello era Mortino, l'uomo che in tutta la sua vita immortale aveva avuto più nemici di chiunque altro, che più e più volte avevano tentato di sottrargli il privilegio di rimanere così a lungo sulla terra, pur essendo nato mortale. Ma lui chi era per poterlo fronteggiare? Kairos il Guerriero, lo chiamavano nel suo popolo; un combattente come tanti, forse un po' più bravo, considerata la giovane età, ma di certo non all'altezza di sfidare Colui che è vissuto, vive e vivrà.

Sai che significa "kairos", figliolo? Momento opportuno. Quello che speriamo ci sia sempre concesso, quello che così poche volte arriva e così tante non riusciamo a cogliere. In realtà il kairos è sempre con noi, ma l'uomo non è sempre capace di vederlo e sfruttarlo a dovere: l'uomo è distratto e non lo vede quasi mai, e le poche volte che lo fa, invece, non sa come fronteggiarsi davanti a questa entità e se lo fa sfuggire dalle mani. Perché il kairos è veloce, rapidissimo, ma anche leggiadro e burlone e sa nascondersi facilmente, soprattutto nelle avversità: basta un attimo perché abbia già spiegato le sue ali. Se il tuo nome è questo, sono certo che tu sarai il kairos per tutte le persone che incontrerai, benché pochissime sapranno coglierti. Ma allo stesso tempo, ricorda che anche sotto i tuoi occhi passeranno centinaia di questi momenti: le maghe forse hanno intravisto che sarai un esperto nel non lasciarteli mai sfuggire. Cogli il kairos, figlio mio, anche per tutti quelli che non ho saputo vedere io.

Quel discorso... Quando glielo aveva fatto suo padre? Non lo ricordava. Doveva essere stato un momento non troppo felice per il genitore oppure estremamente gioioso per il figlio, ma non era in grado di contestualizzarlo. Eppure era riemerso proprio in quel momento. Non poteva non essere un segno del destino: magari era suo padre stesso a volergli comunicare, dal posto in cui si trovava ora. Riguardò di sotto, l'espressione di sua sorella sofferente, mentre ancora tenetava di fuggire dalla presa di Mortino. Lui era l'unica opportunità che aveva. E quello era il kairos.

~

Rose provava a correre via, strattonando il suo braccio perché venisse mollato dalla presa del suo aguzzino: in cuor suo sapeva che l'avrebbe ricatturata ancora e che si stava soltanto divertendo a illuderla di poter scappare, ma lei ogni volta, ingenua, cercava lo stesso di andarsene da lì. Conosceva già il suo destino e più ci pensava più sentiva di voler dissolversi nel nulla, in quello stesso momento; si guardava perennemente attorno, alla disperata ricerca di una via di fuga.

Ma perché aveva voluto mostrarsi come l'eroina del suo popolo? Tutti giacevano a terra in pozze carmigne, esattamente come avrebbero fatto se lei fosse scappata con i suoi fratelli. A cosa era servito il suo sforzo? Perché Calpurnia le aveva consigliato in quel modo, se non aveva avuto alcun effetto positivo? Perché gli dei l'avevano abbandonata?

Mentre si disperava tra quei pensieri le capitò di incrociare il freddo sguardo di Mortino, che la ammirava pieno di desiderio; e improvvisamente dal suo collo vide spuntare la punta di una spada, accompagnata da un caldo fiotto rubicondo.

Rose rimase interdetta per qualche istante, vedendo gli occhi dell'uomo che perdevano la libidine che li caratterizzava e sentendo una pressione minore sul suo polso. Poi altre cinque, sei, sette volte, davanti ai suoi occhi, il torace di Mortino fu trafitto e in quegli istanti fu inebriata da un senso di euforia: avrebbe potuto scappare, ora che nessuno la stringeva più, ma la visione di quel mostro che finalmente moriva la appagava troppo per smettere di guardare.

La spada finì il suo lavoro e da dietro il suo enorme torso comparve una testa piena di ricci neri, intrisi di sudore, con sotto due iridi uguali alle sue, che la fissavano con apprensione: Kairos. Rose non fece in tempo a realizzare tutto quanto che il giovane l'aveva già afferrata per mano e iniziato a correre verso l'estremità più vicina della piattaforma. Ma subito sentì che il suo polso veniva avvolto nuovamente da una presa salda. Non poteva essere... Aveva visto il suo sangue uscire dal corpo, i suoi occhi vitrei... Doveva solo essere morto!

Raggelando, si voltò all'unisono con il fratello, mentre un'aria leggera li inebriava: il sangue che continuava a scendere dalle ferite prodotte dal giovane scomparve, insieme alle lesioni che si intravedevano sotto il tessuto della veste; tutto ciò che era rimasto del suo operato erano gli evidenti strappi sulla tunica. E sul volto del colosso era tornato a stamparsi il suo solito ghigno, fin troppo vivo.

Ma suo fratello non si diede certo per vinto. Kairos lasciò la mano di Rose e, balzando a ridosso di Mortino, sollevata la spada dietro alla testa, la scagliò contro il braccio di quello: avrebbe sicuramente mollato la presa e lasciato correre via lei. Con un movimento rapido invece l'avversario estrasse la sua e parò velocemente l'arma del giovane prima che si infrangesse contro la sua carne, con un colpo così forte che fece cadere il ragazzo a terra.

Kairos cercava di rialzarsi e Mortino gli si avvicinava lentamente, pur continuando a tenere stretta Rose; un barluccichio ne infiammò le iridi.

«Un altro della famiglia di Genew...» constatò, sollevandogli il mento con la punta della spada per osservarne i lineamenti. Kairos cercò di dirottare la sua arma, ma non fece in tempo a far scontrare i due bronzi, che già quello aveva cambiato posizione.

«Ripercorri le orme della tua progenitrice, ragazzo?» continuò Mortino, scostando appena la tunica da uno degli strappi e mostrando una vecchia cicatrice che gli percorreva l'intero petto, vicina ad altre più piccole e di più recente data. «Dovresti però sapere che nel suo intento aveva fallito, sebbene avesse organizzato tutto nei minimi dettagli».

Kairos lo osservava, adirato a sua volta, mentre la preoccupazione di Rose cresceva con il passare degli istanti: lo conosceva bene, suo fratello; bene come le storie del suo popolo, tra cui quella della grande disfatta di sua nonna contro Mortino. Sapeva che avrebbe continuato a battersi, fino alla fine.

"Ti prego, vattene da qui" supplicava nella sua mente, cercando di distogliere la testa dai pensieri del futuro: ma sì, Kairos avrebbe capito che non aveva scampo e non poteva nemmeno salvare lei... Lo avrebbe capito, vero? Forse sì, ma le continue provocazioni di Mortino – Rose lo vedeva bene – gli stavano facendo perdere il lume della ragione.

«Una donna valorosa, non c'è dubbio, intrepida, ma anche intelligente – doti così rare...» continuò il capo dei nemici, sfoderando un ghigno ancor più spaventoso, mentre già si pregustava il segno che avrebbe lasciato nel cuore del ragazzo. «Sai, è stato più divertente uccidere lei che tuo padre, che invece non ha neanche fiatato. Non mi aspettavo qualcosa di così semplice; è stato piuttosto deludente».

Anche Rose sentì uno scatto furioso provenirle da dentro: come osava nominare il nome di suo padre, ora che era perito per sua mano; e come osava sbeffeggiare un uomo dall'animo così nobile, dall'interiorità così pura? Ma allo stesso tempo sapeva che faceva tutto parte del suo giochetto: portare Kairos alla follia. Quel mostro doveva conoscerlo bene, l'animo umano...

Come la giovane non avrebbe voluto e come invece Mortino si aspettava, con tutta la forza che Kairos possedeva colpì la spada nemica, senza ormai che la mente, oscurata dall'ira, fosse più in grado di discernere a dovere. Continuò a combattere e quello a rispondere, finché le loro spade non si incrociarono e i loro volti rasentarono una distanza minima.
«Ma con te mi sto già rifacendo...» disse l'uomo, riprendendo a urtare con forza la spada del giovane.

Questo non perse un attimo a rimuginare e continuò anch'egli a menare la spada, mettendo nei suoi colpi tutta la sua potenza; e tutto questo per chi? Per suo padre, per la sua famiglia, per il suo popolo?
Rose, stretta nella morsa dominatrice di Mortino, continuava a scrutare la scena, e vedeva come a ogni colpo il colosso diventasse più potente, pur continuando a combattere con una mano impegnata. Suo fratello iniziava a subire sempre più ferite...
"Ma perché, Kairos, devi farlo? Non sarai mai nessuno, diventando l'eroe di un popolo morto".

«Oh, sì,» continuò a commentare Mortino, compiaciuto, non ancora soddisfatto del risultato, «la stessa tenacia di tua nonna, la stessa indole, la stessa forza. Evidentemente è rimasta latente solo in una generazione... Se solo fossi stato tu Genew...»
«Tu non capisci cosa sia la forza. Non capisci niente!» gridò infine Kairos, caricando per l'ennesima volta.

«Ti sbagli» scosse la testa Mortino. «Tu guardi anche la forza nell'animo, no? Oh, che errore madornale: se consideri le usanze di altri popoli, per esempio, una persona forte per il tuo potrebbe essere l'ultimo dei dannati per l'altro; solo la forza fisica è razionalmente evidente. Esaminando l'animo non potete capire la realtà: la distorcete e basta, filtrandola attraverso le vostre emozioni. Così chiunque può diventare forte. Io invece sono capace di pensare su un livello più alto, non intaccato da passioni, sentimenti o altre cose così meschinamente umane, e vedo solo come sta la realtà: tuo padre è debole, un uomo che ormai ha perduto il vigore o che forse non l'ha mai avuto. O, meglio, era».

Quelle parole, per quanto crudeli, erano così... veritiere. L'animo non ragiona, l'animo agisce con una logica tutta sua, se può essere definita tale. Non si può basare una legge, qualsiasi essa sia, sull'animo: le sfaccettature che può assumere sono infinite, ognuna diversa per ogni popolo, per ogni nucleo familiare, persino per ogni individuo. È l'uomo, il singolo, a essere la misura per ogni cosa, anche per qualcosa che può sembrare universale, come la giustizia, come la forza. E Mortino non si sbagliava, affermando che tutto ciò che è correlato all'animo è tipicamente umano: è anzi proprio questo a rendere tale una persona.

«Per questo tu non sei altro che un mostro!» gridò infine Kairos, ancor più infatuato dopo quel discorso inconfutabile; balzò contro di lui per provare a conficcargli l'arma nella gola ma, prima che potesse compiere il suo scopo, Mortino lasciò la sua spada, facendola cadere, e afferrò saldamente il giovane per il collo, avvolgendo le sue dita sulla pelle e iniziando a stringere.

Kairos iniziò a dimenarsi, dapprima abbastanza cosciente, ma perdendo sempre più la lucidità: cercava di calciare il braccio che teneva ancora Rose prigioniera, ma poi, mentre sentiva che sempre meno aria raggiungeva i suoi polmoni, l'istinto di sopravvivenza prevalse e il suo cervello iniziò ad agire solo per mettere in salvo se stesso.

Mortino lo guardava, interessato e curioso, osservando con attenzione le reazioni che cambiavano e notando come inizialmente tutti i suoi sforzi fossero ancora per la sorella. Sogghignò, avvicinando il giovane a sé e spostando la sua testa finché non incrociò per l'ultima volta lo sguardo della prigioniera, ancora in trappola: «Dovevi salvarla? Mi dispiace, ma anche il tuo piano è andato a vuoto».

Distese di nuovo il braccio e, senza che la sua vittima potesse comprendere le ultime parole che aveva udito nell'arco della sua vita, serrò di più la morsa, sebbene mai abbastanza da occludergli del tutto le vie respiratorie.

Rose urlava più forte, a ogni suono sordo che usciva dalla bocca del fratello, a ogni suo movimento convulso; iniziò a piangere disperata quando vide il suo volto tingersi di un colore simile al blu, i suoi occhi sembrar uscire dalle orbite, la sua bocca aprirsi e chiudersi senza che lui lo capisse. Il suo corpo aveva ormai perso coscienza di sé, si agitava non più per cercare di sfuggire alla presa del carnefice, ma solo come gesto involontario.

Era spaventoso. Ancor più che vedere il suo intero popolo morire davanti ai suoi occhi; suo fratello che moriva lentamente e soffrendo era peggio, molto peggio.

Rose continuava a gridare e a colpire Mortino con la mano che le era rimasta libera, provando a comunicargli di lasciare almeno lui, di smetterla, di avere pietà, ma anche il suo cervello aveva perso ogni lucidità a osservare la vita di Kairos che abbandonava il suo corpo e tutto ciò che era ancora in grado di fare era urlare versi sconclusionati all'uomo che aveva rovinato la loro esistenza.

All'ennesimo colpo, quello distolse lo sguardo dal corpo del ragazzo, che pareva essere andato in apnea, e lo rivolse a Rose, con un mezzo sorriso. «Questo di solito fa male agli umani, giusto?»

Certo che faceva male! Non lo vedeva, lui, quanto stava soffrendo il suo povero fratello, ridotto a un essere incapace di pensare e di riflettere, ora anche di muoversi, che talvolta boccheggiava ancora, in uno stato reso ancor più miserabile dal fatto che persistesse ad aggrapparsi alla vita? Ma la vita se ne stava andando e non sarebbe stato lui, con i suoi inutili tentativi, a fermarla. E a cosa serviva una sua conferma? Era chiaro, evidente, che Kairos stesse provando un dolore inimmaginabile.

Ma Mortino continuò con il suo monologo, senza togliere gli occhi da Rose: «Più male di una lama conficcata nel costato, più male di qualcuno che ti strappa gli arti dal corpo, più male del fuoco sulla pelle. Più male di quello che sta provando lui. C'è qualcosa che fa più male?»

La ragazza si fermò, smettendo di compiere le poche, folli azioni che aveva continuato a mettere in atto fino a poco prima. Si tolse le lacrime dagli occhi e guardò Mortino: la stava scrutando, quasi le stesse leggendo dentro, quasi volesse carpire tutte le emozioni che la stavano affliggendo. Capì allora che non si era mai riferito alla condizione di Kairos, ma alla sua, quella di un parente costretto a vedere soffrire, morire e scomparire una persona amata. E, per quanto non capisse nulla dei sentimenti umani, per quanto affermasse lui stesso di essere lontano dal loro modo di pensare, aveva ragione.

C'è qualcosa che fa più male?

No, non c'è. Rose avrebbe fatto qualsiasi cosa per la salvezza di Kairos: avrebbe preso il suo posto, avrebbe accettato di subire lo stesso destino venti, cinquanta, cento volte, avrebbe acconsentito alla morte peggiore che esiste, avrebbe permesso che le fossero inflitte le pene più crudeli per una vita intera. Non si sarebbe opposta ad alcun destino, pur di vederlo salvo.

Suo fratello doveva aver usato la stessa logica, mentre si abbatteva a testa bassa su Mortino: sacrificarsi e salvarla. Ma perché? Avrebbe potuto andarsene da sua moglie e dai loro fratellini, non perdere la vita, almeno per loro, che avrebbero sofferto tanto quanto lei non appena avessero saputo della sua scomparsa. E invece stava dando loro quell'estremo dolore, per una causa che nemmeno era riuscito a portare a termine. Il perché era invisibile, si nascondeva dietro alla nebulosa coltre dell'irrazionalità umana.

Com'era strano l'animo: prima suo fratello cercava di salvarla, volendo sacrificarsi, e poi lei, vedendolo morente, pensava allo stesso modo. Forse era solo una mossa di autoconservazione: morire per non veder soffrire gli altri. Che scelta egoista... Ma, del resto, l'uomo non lo è? Mortino aveva ragione: la moralità è destinata a fallire; giudicare il mondo con il cuore, anziché con la mente, è il modo corretto per sbagliare. Ma negli esseri umani il cuore è così potente che spesso non permette alla mente di agire. E tutto rimane relativo.

«No, eh?» si rispose Mortino, senza mutare espressione, per poi tornare a concentrarsi su Kairos, ormai morto: i suoi occhi erano vacui e fissavano il vuoto, la testa ciondolava da un lato, la bocca semiaperta, da cui il soffio vitale era scappato via, per non tornare mai più. «Chissà perché...»

Aprì le dita e Rose, liberandosi finalmente con uno strattone, si precipitò a piangere sul corpo del fratello esanime, caduto a terra. Non badò ai segni che Mortino gli aveva lasciato sul collo, non fece caso all'espressione terrificante che gli era rimasta impressa; gli carezzò il volto, gli baciò la fronte, gli occhi, le guance, quasi sperasse che potesse muoversi di nuovo.

Non lo accettava, non lo avrebbe mai accettato. Aveva appena creato una famiglia, entro pochissimo sarebbe nato suo figlio, negli anni avrebbe continuato la sua missione di Guerriero, di proteggere il suo popolo. La vita doveva venir meno, e questo si sapeva, ma non in un corpo così giovane, che era appena venuto a contatto con il mondo. Se almeno avesse trascorso la sua vita... ma non gli era stato concesso: il fato, crudele e violento come l'uomo che aveva designato suo messaggero, lo aveva colpito e portato nell'inafferrabile aldilà.

Neanche il tempo di piangere il suo caro fratello le fu elargito. Mortino ghermì di nuovo il suo braccio, sollevandola da terra e allontanandola da Kairos. La portò vicino a sé e riprese a tormentarla, tastandone il corpo più e più volte, insaziabile, mentre lei si muoveva, con l'istinto irrefrenabile di sfuggire, per quanto la sua razionalità le dicesse di rassegnarsi. Spostando le mani sul suo corpo, si chinava sempre più su di lei, che cercava di indietreggiare, di sottrarsi alle chiare intenzioni dell'uomo. Ma la volontà di costui era incontenibile: le bloccò la testa con entrambe le mani, stringendola tanto da non permetterle il minimo movimento, e soddisfece il proprio desiderio.

Una pressione dapprima piccola ma crescente di intensità andò a imprimersi sulle inviolate labbra della giovane, che rigide restavano serrate, intente a proteggere la bocca che rivestivano, perché al suo interno non penetrasse nulla. Ma, come ogni altro atto che Rose aveva tentato quella sera, anche quest'ultimo fu invano. La lingua di Mortino dischiuse la serratura e penetrò all'interno della cavità orale, saggiandone ogni più remoto anfratto e mobilitando il muscolo analogo della ragazza, costretto a muoversi al ritmo stabilito dall'uomo, per un tempo interminabile.

Solo a un tratto si fermò. Staccò la bocca da quella ansimante della giovane e si limitò a guardarla a lungo, finché non si espresse, indifferente: «Non finisce qui».

Individuò un suo compagno e la trascinò fino da lui, dove la lasciò per terra. Riferendosi al subalterno, proferì qualcosa che sembrava un ordine e una minaccia al contempo e se ne andò, lasciando la giovane alla custodia dell'ennesimo aguzzino, di cui neanche si curò; teneva gli occhi chiusi, rannicchiata su se stessa, cercando di non pensare più. Ma nella sua bocca sentiva ancora la sua saliva, dal sapore immondo, putrido: carne – non conosceva quel gusto, ma non poteva essere altro – insaporita da qualche erba e insozzata di sangue. Il suo sangue. Quello che era uscito da ogni parte del suo corpo per mano di Kairos, che aveva dato loro l'illusione di essere finalmente salvi... Quel sapore non faceva altro che rammentarle tutto: il suo cervello non la smetteva più di pensare.

Rose sputava fino a sentire la sua gola secca e, tornata piena di saliva, la svuotava ancora e ancora. Ma quell'orrido sapore non scompariva.

~

Finito! Vi anticipo subito che i capitoli relativi al massacro in sé e per sé finiscono qui. Non che i prossimi saranno molto più family friendly, ma, insomma, ci siamo intesi.
Questa era l'unica buona notizia, il resto l'avete visto da voi. Un minuto di silenzio per il nostro Kairos. Non è stato facile portare a termine questa decisione, ma dovevamo... Sì, c'è un perché anche a questo, e un giorno lo scoprirete.

Per risollevarvi il morale (ma chi voglio prendere in giro) abbiamo qualche precisazione

1) il nome di Kairos.
Un'altra perla della saggezza di Genew, che suo figlio può avere interpretato bene o male: infatti, si trattava davvero del kairos (καιρóς)? Νon abbiamo voluto parlarne molto durante il capitolo solo per lasciare ai lettori uno spunto di riflessione più aperto. Se infatti se ne fosse andato, avrebbe continuato a vivere... ma poi? Avrebbe visto il suo popolo morto, il suo villaggio caduto in rovina, forse qualcosa di ancora peggiore. Morendo invece, siamo tutti d'accordo che abbia posto fine alle sue sofferenze (a meno che l'aldilà non sia un posto oscuro e tenebroso, ma questo non possiamo saperlo). Dunque, Kairos ha effettivamente sfruttato il momento opportuno, come suggerisce il suo nome, oppure le maghe si sono soltanto prese gioco degli umani, per l'ennesima volta? Oppure può esserci un'altra motivazione ancora?

2) le riflessioni sull'animo umano: premettiamo che non è una cosa così scontata, per cui non siamo ancora sicure del risultato che vedete qui. È inutile che riassuma - penso sia già abbastanza chiara la contrapposizione tra Mortino e le persone comuni - e siamo molto curiose di quello che pensate voi: diteci, diteci, dove sta la verità e dove la giustizia, secondo voi?
E con queste domande esistenziali e il cuore infranto (se non ce lo avete, beccatevi un side eye da parte di Kairos nell'aldilà) vi salutiamo!

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