"Living after midnight, rockin' to the dawn
Lovin' 'til the morning, then I'm gone, I'm gone"
Era il mio cuore? Quel muscolo rosso intenso, cupo e sanguinolento, ancora palpitante nella sua mano grondante? Quello che lei guardava famelica e si portava alle labbra per leccarlo, fissandomi lasciva?
Era ormai suo, il mio cuore. Glielo avevo ceduto la prima volta che la sognai, al mio arrivo a Lucca: un serpente strisciava lungo il mio corpo nudo, il cazzo si indurì, svettando in alto, gonfio da far male, neanche fossi un adolescente alla sua prima scopata. Odiavo i serpenti, ne avevo una paura fottuta e perciò cercai di scrollarmelo di dosso. Eppure mi eccitavo sempre di più e, al culmine della sopportazione, il serpente si trasformò in una splendida donna - mai visto niente di più bello - dai capelli neri e lunghi, come seta. La pelle chiara di velluto. I seni ballavano davanti ai miei occhi, il bacino si muoveva lento ed esperto. Venni urlando, svegliandomi in un letto vuoto; un dolore al petto, come se me lo avessero morso.
Era lei che aveva il mio cuore in mano. Lo stringeva bramosa tra i suoi lunghi artigli e lo leccava, inzuppando, infine, le sue labbra e la sua bocca nel sangue, il mio sangue.
L'avevo vista passare davanti alla trattoria all'angolo, sulla piazza. Avevo lasciato Rob solo al tavolo, a gridare di non far cazzate. Io, però, non avevo niente da perdere. A Lucca avevo scoperto che si poteva vivere anche di notte. Ero un neonato assetato di vita, sottratta troppo presto, quella che all'alba finiva e mi costringeva a tornare ciò che ero sempre stato.
Ma non mi facevo mancare nulla. Tantomeno lei.
Una sera mi aspettò e io la seguii; era vera come lo ero io, fatta di carne e odore di sesso. La volevo come accadeva nei miei sogni, sulle mura della città, a scoparmela fino al mattino. Seguii quell'abito bianco e leggero, un velo di organza che lasciava intravedere le forme sinuose impresse a fuoco nella mia memoria.
Era il mio cuore, quello che stava mangiando, a morsi lenti e gustosi, come è gustosa la vita.
Disteso per terra, il mio corpo, ad occhi spalancati, non poteva più fare nulla, se non fissare inerte il muscolo ancora vivo tra i suoi denti macchiati, il leggero tessuto, contro cui premevano i capezzoli induriti, sporco di sangue rubino.
Mi trovarono allo schiarire dell'alba, il petto sventrato e il cuore mancante, pezzi di muscolo sul terreno e il mio corpo ustionato, quasi irriconoscibile.
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