Il Pegno

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Uscì dal retro con una piccola e scura borsa a tracolla, vischiosa sul fondo. Una goccia densa cadde e impattò sul sentiero e un'altra l'avrebbe raggiunta presto, a segnare l'onta del suo peccato. La notte estiva era gelida. Era buia e umida, in mezzo al bosco di Oslo. Gretel tremava, vestita troppo leggera per quelle rigide temperature.

Conosceva la strada e se la prima volta aveva avuto paura di perdersi e sprecare la sua ultima possibilità, ora andava via spedita. E forse, stavolta, all'orfanotrofio non ci sarebbe più tornata. Si girò, la struttura svettava tetra, seminascosta non solo dalla vegetazione, ma anche dalla leggera nebbiolina che la circondava.

«Addio» mormorò sulle labbra, in una cantilena intima e infinita.

Il luogo dell'incontro era al centro della foresta, quel punto in cui tutto convergeva, anche le speranze perdute. La grande porta primeggiava in mezzo all'acquitrinio puzzolente. E il verde e mostruoso guardiano era lì, ad attenderla.

«Hai portato ciò che ti è stato richiesto?» le chiese, la voce risuonava come un lungo e borbottante rombo di tuono.

Gretel annuì, aprì la borsa e tirò fuori il cuore appena più grosso della sua mano, ancora fresco e grondante; sembrava continuare a battere, anche se debolmente.

«Chi è l'orco, adesso?» tuonò profondo il mostro al quale Gretel stava donando quell'ultimo oggetto, l'ultimo pegno per l'entrata negli Inferi. Lei rabbrividì, mentre il guardiano le lasciò, finalmente, il passaggio libero. «Figlia di Orc, ti stanno aspettando.»

«E abitava qui? In questo posto?» chiese Hjørdis, a bocca spalancata, più meravigliata che impaurita.

«E di chi era il cuore?»

«E gli occhi?»

«E i piedi?»

La donna annuì, aspettando il giusto tempo per rispondere alle avide domande dei ragazzi che arrivavano una dietro l'altra: «Gretel era una nostra ospite, vissuta all'inizio dell'Ottocento. Si convinse di essere figlia di Orc dopo un'apparizione di una delle sue 'sorelle', come soleva chiamarle lei.»

«Ma era davvero figlia degli Inferi?»

La donna alzò le spalle, mettendo via il libro delle storie appartenente all'istituto. «Chissà! Sicuramente, in quel periodo, vennero trovati davvero tre cadaveri a cui mancavano piedi, o occhi o addirittura il cuore. E non fu mai trovata la ragazzina, sparita in una rara fredda notte estiva. E ora...» chiuse il libro e si alzò. «Tutti a dormire.»

«E chi dorme, adesso...» borbottò una compagna di Hjørdis. Lei le sorrise senza rispondere e si distese, addormentandosi subito.

Quando fu notte fonda, qualcosa la svegliò, un leggero rantolo sussurrava il suo nome. Si alzò a sedere sul letto e, a occhi sgranati, si guardò intorno. All'angolo della camerata, una ragazzina imbrattata di sangue le sorrideva e la incitava a seguirla, sussurrando una continua nenia ipnotica: "Hjørdis, sorella, Figlia di Orc."

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