Capitolo 2

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Aprii gli occhi di scatto e mi ritrovai stesa sul letto in un bagno di sudore, il corpo ancora paralizzato, di solito ci volevano un paio di minuti per riprenderne il controllo, faticavo a respirare, mi sentivo addosso tutte le emozioni provate nel sogno e la paura, perché sapevo che avrei dovuto rivivere ancora questa esperienza, mi capitava molto spesso e quando succedeva durava quasi tutta la notte, ma ritornata in me ritrovavo la pace e ogni tanto potevo anche riuscire a riposare almeno fino al suono della sveglia.

Ho provato a non chiudere occhio durante la notte ma alla fine la stanchezza aveva la meglio, crollavo sempre, e più ero stanca più soffrivo nei sogni.

Inutile fermarsi a riflettere sul loro significato, avevo consumato fin troppi neuroni a tentare di capire. Dopo infinite ricerche su internet mi fu subito chiaro che non ne sarei venuta a capo; tra disturbi psicologici di varia natura quali: ansia, depressione, disturbo post traumatico da stress, schizofrenia (che tra l'altro, ritenevo di non avere, anche se quale malato di mente si ritiene tale?) avevo trovato un po' di tutto, ma nonostante quello che mi stava capitando mi ritenevo abbastanza sana.

Bastarono questi pensieri insieme all'ultimo sogno/ incubo a convincermi che forse avrei dovuto tornare in terapia dal Dott. Stewart. Ho frequentato il suo studio qualche anno fa, quando soffrivo di sonnambulismo che fortunatamente è scomparso a seguito di un trattamento con delle tisane alle erbe, una cura sperimentale ma veramente miracolosa. Le uniche due persone che sono "più o meno" al corrente di questa situazione alquanto strana (e devo sottolineare che non sanno tutto, ho solo raccontato loro la parte meno traumatica, la punta dell'iceberg per così dire, ovvero che ho dei sogni abbastanza vividi che si ripetono molto frequentemente) non fanno che ripetermi che ci dovrei andare.

Guardo la sveglia che ho sul comodino accanto a letto, segna le 5:00 del mattino, non so perché mi ostino ad averla se tanto non mi serve, non ricordo nemmeno quando è stata l'ultima volta che ho dormito un'intera notte e mi sono svegliata senza queste maledette occhiaie, anche senza guardarmi allo specchio so che saranno peggiori di quelle del giorno precedente, che erano già notevoli. Niente che non possa risolvere il mio ultimamente super amatissimo fondotinta Armani beauty biologico (che non comprerei mai perché per me sarebbe soltanto uno spreco), mi è stato regalato dalla mia migliore amica con innumerevoli sforzi ed è stato da me snobbato per più di tre mesi; in mia discolpa posso solo dire che non amo il trucco ma lei si è incaponita a regalarmelo. Ci vuole troppo tempo a costruire la maschera perfetta.

Quando mi sento abbastanza calma mi alzo dal letto e mi trascino in bagno, non c'è niente di meglio di una bella doccia per compensare la mancanza di sonno. Non devo fare tantissima strada per rendermi conto che le previsioni sulle mie condizioni sono azzeccate. Mi guardo allo specchio con attenzione analizzando le prossime mosse che saranno fondamentali per non sembrare uscita da "The Walking Dead". Devo anche lavare i capelli, sono un po' appiccicati sulla fronte per il sudore, ma so che basterà uno shampoo per richiamarli all'ordine, fortunatamente ho una chioma folta con leggere onde naturali, di un colore castano che mamma definiva caramello. Gli occhi sono attorniati da spaventosi cerchi neri, ma si può rimediare, ma anche uscendo così le persone non farebbero caso a questo dettaglio. Ho un colore di occhi talmente strano da cancellare il resto, soffro di un'eterocromia molto particolare: non ho un occhio di un colore e l'altro di un colore diverso, ma ho due colori per occhio, sono metà celeste e metà ambra, insomma non comunissimi, in realtà mai visti. Noto anche che ultimamente sono dimagrita un po', niente di grave ho comunque una bella linea, in conclusione non sono da buttare.

Esco dopo un'ora dal bagno, sì esatto un'ora! Ancora non mi capacito di come si possa perdere così tanto tempo ad asciugare i capelli, forse devo ritirare quello che ho detto prima, non è una fortuna averli così folti, anche se penso che parte del problema sia che ormai mi sono arrivati in vita, penso che sia arrivato il momento di tagliarli, non tanto per estetica ma per risparmiare tempo, il che non guasterebbe perché odio essere in ritardo. Dopo essermi preparata esco dalla camera per scendere al piano di sotto e come sempre devo passare davanti alla camera di mamma, come ogni volta mi fermo di fronte alla porta aperta a guardare il letto con le lenzuola a fiori in tinta con le tende che tanto amava, e sento il suo odore, che sa di casa, di pulito, di mamma. I ricordi tornano prepotenti, oggi proprio non tollero la vista delle sue cose. Ci sono giorni come questo in cui pensare al passato è una vera batosta, anche in questa situazione la soluzione è non pensarci (è diventata proprio una filosofia di vita), forse dovrei solo decidermi a raccogliere le sue cose e metterle fuori dalla mia vista e dare in donazione i vestiti. Entro e mi aggiro un po' per la stanza, le sue cose sono come le aveva lasciate, pago una signora che viene ogni tanto a pulire ma sempre lasciando tutto com'era, prima d'ora non ero mai riuscita a toccarle; apro l'armadio a muro è incredibile la quantità di cassetti che aveva qui dentro, inizio ad aprirli ma non appena guardo l'orologio mi rendo conto che dall'essere in anticipo sono passata a essere in ritardo ed esco dalla stanza, al mio ritorno farò quel che devo, è arrivato il momento.

Al piano di sotto prendo le chiavi e la borsa a tracolla sul mobiletto vicino all'ingresso, sono pronta per uscire di casa, lo stomaco protesta dalla fame ma ormai non ho tempo devo scappare, farò colazione al bar della libreria. Prima di uscire, come faccio spesso negli ultimi tempi, mi guardo attorno domandandomi perché mi ostino a tenere la casa, potrei venderla e comprarmi un piccolo appartamento che sicuramente sarebbe più adatto a una ragazza di 20 anni. Abito in una villetta a due piani stile coloniale dove al primo piano c'è il salone sulla destra e sulla sinistra la sala da pranzo, separata dalla cucina da una mensola con gli sgabelli per la colazione, che non ho quasi mai il tempo di consumare, e un bagno vicino alle scale, al secondo piano le due stanze da letto e un bagno. Un tempo era stata la casa della mia famiglia, è quest'ultimo pensiero a convincermi che la vendita non è una buona idea, penso sia normale sentire quest'attaccamento al luogo che ha visto i migliori e i peggiori momenti della tua vita.

Meglio se mi sbrigo tra poco Abbie sarà qui per andare dalla nostra "bambina", una libreria con servizio di ristorazione che abbiamo aperto quasi due anni fa; io gestisco la parte dei libri e lei la ristorazione che è la sua passione come la mia lo è la lettura. La conosco dalle elementari quando mi difese da Oliver, uno dei tanti bulli della scuola che si divertivano a prendermi in giro per il colore degli occhi, o perché troppo magra, o per qualsiasi cosa, tanto si sa che non serve un reale motivo per essere presi di mira, alcuni bambini riescono a essere veramente crudeli sfogano su altri la loro rabbia. Abbie anche a quell'età era una vera forza della natura, tirandogli un pugno sul nasone che si ritrovava lo stese, ancora pensare alla scena mi fa sorridere, lei piccola e talmente magra da scomparire dentro i vestiti, ma con una grinta da far paura a ragazzini grossi il doppio di lei.

E parlando del diavolo ecco che spunta la coda, Abbie mi aspetta vicino alla macchina, non so quando sia arrivata, giuro che due secondi fa non c'era, ed è veramente un miracolo che sia puntuale, anche se pensandoci bene non lo è per niente, perché oggi è lunedì, giorno di consegna che coincideva guarda caso anche con il giorno in cui era maniacalmente curata, neanche un capello fuori posto. Vestiti casual ma abbinati, jeans e una maglia a collo alto grigia e attillata come una seconda pelle, era una bella ragazza sempre ma oggi era d'obbligo metterlo in risalto. Il motivo aveva un nome, David, il nostro più caro amico che oltre ad essere uno studente modello ci dava una mano con le consegne del nostro locale. Abbie ha una cotta per lui da quando non ha più i brufoli cioè da sempre, perché non li ha mai avuti, fortunato.

‹‹Anima ti vuoi muovere ho fatto radici qua fuori lo sai che odio, odio aspettare.›› rimarcò con l'indice alzato, gesto che la fece sembrare appena uscita dal ghetto. Ok, stavo ufficialmente per scoppiare a riderle in faccia.

‹‹Sapessi me che ti devo aspettare ogni giorno, altro che radici, le mie sono cresciute e diventate un bosco.››

‹‹Ha ha spiritosona, sappi che sei divertente quanto il mio tè al limone caldo a stomaco vuoto.›› c'è da fare un appunto, è perfetta ma s'intestardisce a fare continuamente delle diete assurde, se solo vedesse quello che vedo io, una bella ragazza con dei capelli biondi perfetti, occhi verdi e un bellissimo corpo con le forme al punto giusto.

Salimmo in macchina e mentre mi accomodavo Abbie mise in moto, se non mi sbrigavo mi lasciava sul marciapiede.

‹‹Guarda che non scappa mica.›› dissi, e risi di gusto quando m'indirizzò un'occhiataccia omicida, era fin troppo semplice stuzzicarla se il tema era David.

‹‹Farò finta di non averti sentito, lo so che divento isterica ma non ci posso fare niente.›› avrei sostituito isterica con posseduta, ma non potevo chiedere troppo, almeno era consapevole di non essere normale, un punto per lei.

‹‹Sei stupenda e lui lo sa, non fa un passo avanti perché di sicuro ha paura di perdere la tua amicizia, lo sai che con le relazioni fa veramente schifo, non riesce ad averne una per più di una notte.›› e neanche, spesso non arrivavano al mattino.

‹‹Non mi ci far pensare a tutte le sciacquette di turno che hanno avuto quello che io immagino da sempre.››

‹‹Ovvero una visita guidata della camera di David? Meriti altro, e poi quella camera l'hai già vista.›› feci del mio meglio per far scomparire la nota melanconica nella sua voce e ci riuscii, Abbie sorrise. La strada da fare non era tantissima, 15 minuti per arrivare in libreria, che si trovava sulla Boundary St. nel centro storico della città, un insieme di palazzi a due o tre piani e villette molto curate che risalgono al periodo della fondazione di Bluffton, non era una grande città, palazzi di vetro giganteschi ed enormi centri commerciali qui non si vedevano ma aveva un fascino antico al quale io non sapevo resistere.

‹‹Forse è come dici tu ma mi fa ammattire, ogni tanto penso che abbiamo fatto un passo avanti ma poi niente, siamo punto e a capo, quindi penso di essermi immaginata tutto, sai che mi faccio sempre film mentali su tutto...›› continuò a parlare come una mitraglietta e Dio è testimone della mia buona volontà ma non riuscivo a starle dietro; l'amore per me era un argomento taboo, non era di sicuro il mio tema preferito anche perché non ero per niente ferrata in materia. Non avevo mai avuto fidanzati il che mi faceva entrare a pieni diritti nella categoria degli sfigati o di futura zitella con la casa piena di gatti, ma ero troppo impegnata a fare altro, a curare mamma nei suoi ultimi mesi di vita ad esempio. Mi concentrai su quello che stava dicendo, che per inciso era sempre lo stesso discorso, e me ne uscii con la mia frase di rito, ma che sembrava calmarla ogni volta...

‹‹Vedrai che prima o poi ce la farete, l'unica cosa che posso dirti è di non ossessionarti, vivi anche tu, fai le tue esperienze e se un giorno dovrà succedere allora benvenuto sia. So che non è il consiglio migliore o quello che vorresti sentire.››

‹‹Facile a dirsi.››

‹‹Immagina solo una cosa, vi mettete insieme adesso che non è il momento giusto, tu pensi di esserne innamorata...››

‹‹Lo sono.››

‹‹Non m'interrompere o perdo il filo, comunque vi mettete insieme e lui ti molla per un'altra o per la sua amata libertà o qualcosa del genere, il senso è che fa una stronzata, e a cosa sarà servito tutto il tuo struggerti per lui o il suo rispettare te, avresti perso l'amore della tua vita perché non hai saputo aspettare il momento giusto.›› dall'altra parte della macchina regnava il silenzio ‹‹Abbie?›› dissi, si riscosse.

‹‹Forse hai ragione ma diamine se è difficile, è meglio seguire il tuo consiglio, devo farmi desiderare.››

Disse stampandosi un sorrisetto sinistro in faccia, inutile dirgli che quello non era il mio consiglio ma Abbie interpretava sempre i consigli come meglio credeva e li seguiva ancora peggio, ormai dopo tanti anni avevo imparato a lasciar perdere e a farle commettere i suoi errori.

Guardai fuori dal finestrino pensando a quanto avrei voluto vederli felici, anche se avevo paura che la cosa non funzionasse e serbavo di nascosto la speranza che ad Abbie passasse la sua cotta, ma sospettavo che a David non fosse indifferente, il che un po' complicava le cose. Pensandoci meglio forse avrei voluto questi loro problemi anch'io. In fondo desideravo un amore struggente e non i problemi che mi portavo dietro che erano fin troppi per una ragazza della mia età, quanto poteva sopportare un cuore prima di frantumarsi in mille pezzi? Il mio la vita lo stava mettendo a dura prova.

Era una pessima giornata per il mio umore e quindi la giornata ideale per stare con i miei angeli custodi, Abbie e David, l'unica famiglia che mi era rimasta. Ero stata adottata quando ero molto piccola e non avevo mai conosciuto i miei genitori biologici, dopo la morte di mia madre adottiva Angelique, due anni prima, per una malattia sconosciuta che l'aveva logorata fino a portarsela via, lasciandomi nella disperazione più totale, loro sono stati la mia àncora, il mio giubbotto di salvataggio (noi chiamiamo quei giorni "i giorni bui", li passavo stesa a letto, sul suo letto, ad autoflagellarmi annusando il suo odore con attorno tutte le sue cose). Devo molto alla tenacia di David, alla personalità solare di Abbie ma soprattutto all'amore che entrambi hanno saputo infondermi anche quando io non sono stata in grado di ricambiarlo. Avevo bisogno di loro non sopportavo la solitudine e ne avevo accumulata parecchia negli ultimi 20 anni assieme ad una buona dose di abbandono.

‹‹MI SENTI? MIII SENTIIIII, Ani, prontoooo, ma dove sei con la testa, sto parlando da mezz'ora.››

‹‹Scusa, ma dov'è la novità tu parli sempre, da mezz'ora?››risi vedendo la sua faccia imbronciata ‹‹Mi sento in dovere di farti notare che il viaggio dura 15 minuti massimo 20 con il traffico e contando anche che sei lenta come una lumaca, i conti non tornano.››

‹‹È un modo di dire e tu potresti sempre usare la tua macchina se la mia guida ti causa problemi, ops ma che dico, non hai una macchina perché sei una tirchia, oltre che musona.››

‹‹Lo sai perché non guido.››

‹‹Ani e tu sai che anche se al lavoro andiamo insieme, e non mi pesa per niente darti un passaggio, dovresti deciderti a comprare una macchina, o potresti usare quella di Angelique.›› si girò della mia parte lanciandomi un'occhiata di ammonimento quando...‹‹Ma che cavolo, hai delle occhiaie spaventose, hai i buchi neri in faccia che stanno per inghiottire tutto l'universo e suppongo che tu abbia messo tre kili di fondotinta, che tra parentesi è favoloso, ma non sai stenderlo bene. Anche stanotte brutti sogni?›› assentii con la testa, non potevo certamente negare con l'evidenza in bella vista davanti ai suoi occhi ‹‹Puoi raccontarmeli se non ti causa problemi, potrebbe aiutarti a capire o almeno a sfogarti.››

In quel preciso istante decisi che forse avrei dovuto informarli per bene di quello che succedeva nei miei sogni, anche se a volte non ero nemmeno sicura che fossero miei, dovevo sentire il loro parere, ma dovevano sapere tutto.

‹‹Facciamo che quando arriviamo aspettiamo David, facciamo colazione e vi racconto, è una lunga storia e non so nemmeno da dove iniziare e come fare perché voi non mi crediate una matta da legare.››

‹‹Dall'inizio!›› disse per sdrammatizzare ‹‹E poi è inutile che t'impegni noi ti crediamo pazza a prescindere.››

‹‹Scema, guarda dove vai e non distrarti che non vorrei mai che tu perdessi il tuo appuntamento con David.››

Definitivamente era una buona idea raccontare loro dei miei sogni, mi convinsi mentalmente mentre giungevamo a destinazione.

***

‹‹Succo d'arancia e cornetto al cioccolato per la signora.›› disse Abbie facendo un inchino plateale quanto ridicolo che ci fece ridere, era una vera buffona.

‹‹Come fai a mangiare quella roba dolce di prima mattina, solo pensare di mangiarla mi fa venire i crampi allo stomaco.›› disse David per la centesima volta da quando lo conoscevo.

‹‹Abitudine suppongo, mamma faceva la colazione dolce e mi sono abituata, e poi la pasticceria che fa questi cornetti è fantastica.›› omisi di ripetergli che mia madre era di origini italiane, Napoli per la precisione, anche se veramente non ci era mai stata, peccato!

‹‹Frappuccino e bomba ipercalorica per te.›› giuro che ho visto Abbie fare gli occhi a cuore, l'amore rendeva veramente ridicoli, e come sempre David non se ne rendeva nemmeno conto, o faceva solo finta il deficiente?

‹‹Ecco, e tu critichi me? Perché tu sicuramente mangi sano e leggero, ma se sei l'americano più americano che esista, ti rendi conto, sei uno stereotipo che cammina, uova strapazzate e bacon e un caffè che è più caramello e chissà che altro che caffè. Per come mangi dovresti essere grasso come un porco e soffrire di diabete e colesterolo alto.››

‹‹Invidia?›› disse lui alzando e abbassando le sopracciglia.

‹‹Ma neanche un po'.››

‹‹Allora che mi dovevate raccontare, non sei più vergine finalmente?›› David scherzò facendomi diventare rossa come le tovaglie di Abbie.

‹‹Ma sei scemo?››

‹‹Ahia!›› si lamentò David dopo aver ricevuto un ben meritato scappellotto da parte di Abbie.

‹‹Non sono io a dover dire qualcosa›› e decido che per la cafonata di prima si merita uno scherzetto ‹‹Abbie si è fidanzata.›› e ottengo due reazioni fantastiche. Ah! La vendetta è un piatto che si gusta freddo, David inizia a tossire sputacchiando quella schifosa melma gusto caffeina che prende ogni mattina, puah! Mi sto proprio divertendo, questa giornata non poteva prendere una piega migliore, Abbie penso si sia pietrificata sotto lo sguardo accusatorio di David ripresosi dallo stato di shock.

‹‹È vero Abs?›› e ci pensa Abbie a togliermi il divertimento.

‹‹Ma per niente.›› uffa!

E con questo scherzo sono riuscita a fare anche un piccolo test per capire il grado d'interesse che David nutre per Abbie, in una scala da 1 a 10 David è a 10, penso facendo un inquietante sorriso stile stregato, ovviamente nella mia testa.

‹‹Allora veniamo al dunque, ho delle cose da raccontarvi, e no›› dico interrompendo David che sta per ripetere la stessa cretinata detta due minuti prima ‹‹non è quello che ho detto poco fa, ve lo dirò perché ho veramente bisogno del vostro parere.›› non che loro fossero le ultime persone alle quali confiderei qualcosa, tutto l'opposto ma preferivo non caricarli ulteriormente dei miei problemi, molto spesso mi sentivo un peso per loro.

‹‹Ha a che fare con i sogni vero?››

‹‹Sì, zitto.›› lo ammonì Abbie.

‹‹Sapete che ogni tanto faccio dei sogni (li definirei diversamente ma meglio fare un passo alla volta), quello che non sapete è che non è "ogni tanto" ma quasi ogni notte, in realtà mi risparmiano al massimo un paio di notti a settimana, l'altra è che non succede da poco tempo, ma da 6 mesi ormai.››

‹‹Ed ecco spiegati gli occhi a panda.›› ero quasi sicura che sapesse che qualcosa non andava, ma aveva voluto darmi del tempo.

‹‹Un disturbo del sonno?›› disse David, ero entrata nella lista delle sue priorità, ora basta scemenze, lo vidi corrucciare la fronte per concentrarsi ‹‹Ho letto in uno dei miei libri che parte di questi disturbi sono dettati dallo stress.›› ecco il mio psicologo in erba.

‹‹Lo so, l'ho letto su internet, ma non è questo, sì, sono stressata, ma non c'entra con i sogni, sono diversi da quelli che facevo di solito, e poi cos'è cambiato in questi sei mesi? I problemi sono sempre gli stessi, anzi si sono anche molto attenuati.››

‹‹Diversi in che senso?›› s'informò David.

‹‹Più vividi, sembrano così... reali! Non saprei come spiegarlo, penso che niente renderebbe l'idea, se sogno di urlare mi alzo con la gola in fiamme, se sogno di correre al mio risveglio i piedi e i muscoli fanno male come dopo una corsa senza scarpe.››

‹‹Strano, non saprei cosa dire, forse soffri di sonnambulismo un'altra volta›› questa non era un'ipotesi da scartare ‹‹di certo non è la prima volta che ti capita. Quando ti svegli ricordi tutto quello che è accaduto nel sogno?››

‹‹Si assolutamente tutto, ma ora stanno cambiando, i sogni si stanno... evolvendo?›› non ero nemmeno sicura di quale parola utilizzare per descrivere cosa fosse cambiato ‹‹Quando sono iniziati erano più che altro sensazioni, poi immagini sfocate, poi come delle piccole scene di un film e adesso sono degli sprazzi di vita di qualcuno.›› Dio! Era così strano detto ad alta voce.

‹‹Ma li vivi in prima persona no?›› domanda legittima, molto intelligente, ma qui arrivava il bello.

‹‹Sì, sono io, questa è la parte più bizzarra, insomma è il mio corpo però sento come se fossi un ospite dentro di esso, a volte addirittura mi sembra di essere un'intrusa.››

‹‹Lo sai che se tornassi dal dott. Stewart lui sarebbe in grado di aiutarti più di noi, più di me certamente che posso soltanto fare la scema per farti passare l'angoscia e più David che la psicologia la studia, non la pratica ancora, tra l'altro con quest'ultimo racconto penso che ti vorrà come cavia per la sua tesi. Vai da lui e raccontaglieli forse ti dà quegli intrugli, l'altra volta hanno funzionato no?›› lo avrei fatto di sicuro, già ci avevo pensato, il ragionamento di Abbie non faceva una piega loro potevano solo ascoltarmi e darmi appoggio.

‹‹Nei sogni sento delle cose che non mi so spiegare, a volte mi trascino lo stato d'animo del sonno nella realtà anche per tutta la giornata.›› proseguii nel racconto, ormai dovevo andare avanti.

‹‹Raccontacene uno, quello che vuoi, sempre se te la senti, solo per capire, giuro che non ha niente a che vedere con il fatto che sei diventata il soggetto numero uno della mia ricerca.›› fece una croce sul cuore e si mise a ridere, poteva sembrare fuori luogo il suo commento ma era il suo modo di sdrammatizzare.

‹‹Ok, ma ricordate che lo avete chiesto voi, per futuri traumi non faccio risarcimenti.›› ci pensai per un secondo dovevo scegliere uno che rendesse l'idea, uno tra i più traumatici e vividi ‹‹Mi sono svegliata sentendo qualcuno che bussava alla porta della mia stanza, solo che quando ho aperto gli occhi la stanza non era esattamente la mia. È difficile da spiegare in realtà, perché la sentivo parte di me, come se ci avessi vissuto da sempre. Era stupenda! In stile francese, e sapete che adoro quello stile, letto a baldacchino con tendaggi color argento, una stanza enorme, illuminata da lampadari altrettanto grandi affissi al muro, potrei stare delle ore a descrivere tutto quello splendore, sorvolerò su cosa indossavo perché penso che un capo così fine, delicato e soprattutto sensuale non potrebbe appartenere a me in nessuna vita o universo parallelo.›› ero molto lontana dall'essere considerata sexy o provocante ‹‹Quando aprii la porta mi ritrovai di fronte una ragazzina che poteva avere quattordici o quindici anni al massimo, piangeva e diceva delle frasi sconclusionate, blaterava qualcosa su profezia, sangue, diceva che era giunto il tempo di qualcosa e che lei, e sottolineo "lei", perché parlava di un'altra persona, lo aveva predetto.›› mi fermai nel racconto per prendere fiato, il sogno aveva preso da quel momento in poi una piega alquanto terrificante.

‹‹Eeeee?›› Abbie non aveva proprio pazienza.

‹‹Quando la guardai meglio inorridii, la sua veste bianca era imbrattata di sangue. Cominciò a trascinarmi fuori dalla stanza, nel corridoio dove si vedevano le sue impronte insanguinate, ma non sembrava ferita. Tutto mi fu chiaro quando svoltammo e imboccammo l'altro corridoio c'erano una decina di corpi di donne mutilate, sangue anche sul muro, schizzi dappertutto. Ricordo la tristezza e la rabbia che provai in quel momento, dovevano essere come la mia famiglia perché ho provato qualcosa di molto simile quando morì la mamma. Non volevo avanzare, ero terrorizzata, anzi pietrificata ma il mio corpo continuava a camminare, non per volontà mia, come se stessi vivendo cose già accadute, non so se mi capite, ero io, il mio corpo, ma non in quel momento, uffa! Lasciamo stare non state capendo niente.›› non mi capivo neanche io.

‹‹No, no, continua.›› dissero all'unisono, a quanto pare la storia appassionava loro, forse avrei dovuto scriverla, sarei diventata famosa, una pazza famosa.

‹‹Proseguii a muovermi insieme a Ross finché non arrivammo in quello che doveva essere un salotto...››

‹‹Ross?›› chiese Abbie ed io rimasi di sasso, da dove mi era uscito? Non ricordo che me lo avesse detto nel sogno.

‹‹Non so da dove ho preso il nome, lei non l'ha detto, forse sto impazzendo veramente.›› mi nascosi il viso tra le mani, magari insieme al viso sarebbero scomparse tutte queste follie.

‹‹O forse il tuo subconscio ha dato un nome a un personaggio immaginario.›› David di sicuro era dalla parte della scienza.

‹‹Se ha senso per te...›› di sicuro per me non lo aveva ‹‹Arrivate nel salotto, ritrovai uno scenario simile, cominciammo a districarci tra i corpi che non avevo il coraggio di guardare finché la ragazzina si fermò di botto, obbligando anche me a fermarmi perché la tenevo per mano. Mi voltai e rimasi senza fiato, alle sue spalle c'era un uomo bianco cadaverico (chiamarlo uomo forse era sbagliato, nel suo viso oltre a due occhi rossi spiccava un'espressione crudele) vestito di nero, le puntava un pugnale alla gola, lei mimò con le labbra "corri" ma prima ancora che io potessi solo formulare il pensiero di fermarlo, la trafisse con la lama e la vidi affogare nel suo stesso sangue...›› chiusi gli occhi per l'orrore, sentivo ancora i suoi rantoli disperati mentre provava a respirare, ad aggrapparsi alla vita.

‹‹Oddio Ani ma è orribile, e poi?›› mi riportò alla realtà Abbie.

‹‹E poi mi sono svegliata.›› sorvolai sulla sensazione d'impotenza che mi era rimasta addosso per giorni come fosse un vestito scomodo, il pensiero che forse avrei potuto fare qualcosa per cambiare l'accaduto mi tormentò per un po' ed era una pazzia lo sapevo, ero uno stramaledetto sogno!

‹‹Così, ti sei svegliata di colpo?››

‹‹Guarda Abbie che non è un libro, mi sa che per il finale dovrai attendere.››

‹‹Cavolo a ragione non dormi, è orrendo, devi assolutamente andare dal dottore e soprattutto devi smettere di vedere quei film terrificanti che ti fanno fare gli incubi.›› mi venne da ridere, da una vita li costringevo a guardare ogni film horror che usciva al cinema, "tradizione di famiglia", mia madre era un'appassionata del genere.

‹‹Sono d'accordo con Abs, e non ti nascondo che trovo interessante, e con interessante leggi tra le righe "inquietante" il tuo sentire che il sogno è reale.››

Ero diventata un grattacapo che doveva sbrogliare, e non mi dispiaceva se qualcuno mi aiutava a risolvere questo mistero, non potevo che esserne felice.

‹‹Sì, lo so, è tutto molto interessante ma carissimi telespettatori ci vediamo alla seguente puntata, perché qui si lavora, e tu›› puntai il dito verso David ‹‹dovresti finire di mettere i pacchi nel ripostiglio, anzi lascia i miei nel primo corridoio così li inizio a sistemare, quelli di Abbie mettili sul retro, poi mettiti a studiare mi serve uno psicologo al più presto e vorrei farlo senza pagare un occhio e la metà dell'altro.›› mi alzai e lo baciai sulla guancia per andare ad aprire il locale.

Avevamo fatto un bellissimo lavoro io e Abbie, unendo e realizzando il sogno di entrambe. Il nostro negozio si trovava al primo dei 3 piani della palazzina, questa zona ne aveva di belle ma nessuna come questa, ogni piano aveva una sola abitazione enorme. Avevo la mia libreria che dava anche la possibilità ai giovani e agli adulti di avere uno spazio come nelle biblioteche per studiare o leggere, c'erano sia i libri in vendita sia quelli da consultare, e la sala era dotata anche di computer per fare delle ricerche. Vicino all'ingresso c'erano i libri in vendita e le nuove uscite, la parte di dietro era adibita biblioteca con un bar che aveva tutto quello che potevi desiderare, da roba dietetica a quella che solo guardandola ingrassavi due kili, era nei progetti di Abbie inserire anche una cucina biologica nel suo menù, insomma ci stavamo espandendo e se solo il proprietario del piano di sopra si fosse deciso ad affittare, tutto si sarebbe mosso più in fretta. Quel piano non veniva affittato da anni, ma lui aspettava un'offerta migliore (in realtà avevamo sentito parlare che voleva vendere, ma noi al momento non pensavamo ancora a comprare). Sul terzo non ne sapevamo molto, aveva un ingresso tutto suo e delle enormi vetrate oscurate, in sostanza un mistero, quando avevamo iniziato noi era un negozio di abiti da sposa che ha chiuso sei mesi fa, anche se sembrava andare bene.

***

Dopo un'intera giornata in piedi ero morta, mi facevano male anche i capelli. Avevo dovuto catalogare i nuovi arrivi per la precisione 6 scatole di libri, alcuni classici altri letteratura commerciale e c'era anche qualche manuale di psicologia che suppongo abbia aggiunto Abbie alla lista per tenere nel locale David il più tempo possibile, non mi dispiaceva per niente a dire il vero. C'era anche un libro in uscita, secondo le recensioni era veramente promettente "epico con una scrittura efficace pregna di ritmo", così aveva descritto il libro il New York times e quindi non vedevo l'ora di leggerlo.

Aspettai Abbie che stava finendo di sistemare le sedie insieme a David che le dava una mano ben volentieri, sarebbe stata una lunga attesa, forse era veramente ora di comprare una macchina, di sicuro sarei stata più autonoma e meno una palla al piede. L'altra opzione era farmi coraggio e usare quella di mamma, questa era una grande idea e mamma avrebbe approvato, non sopportava che io vivessi nella paura, diceva sempre che "dei codardi non si è mai scritto nulla"; ma prima di fare un passo del genere avrei chiesto un parere a David perché non capivo niente di macchine e chissà se dopo tutto questo tempo ferma avrebbe funzionato. In realtà dal negozio potevo anche arrivare a casa a piedi, ci sarebbe voluto un po' più di 20 minuti, insomma una bella passeggiata, con la macchina impiegavamo tanto tempo per colpa dei semafori che avevano messo a ogni stramaledetto angolo di strada e anche per il traffico che c'era quasi sempre negli orari in cui ci spostavamo noi.

Dopo una lunga attesa e scene veramente comiche, in cui Abbie faceva di tutto per farsi notare e David faceva altrettanto per far finta di non essere ipnotizzato da ogni suo piccolo movimento, (poverino lo stava massacrando) ci avviammo verso casa. Ero così stanca che forse avrei seguito il consiglio di quella pazza della mia amica, questa volta era la cosa migliore; mi aveva consigliato di prendere dei sonniferi naturali che contenevano melatonina e gaba, si era fermata durante il ritorno in farmacia e li aveva presi per me, secondo lei avevano un effetto rilassante nel corpo durante le ore del sonno, e aiutavano il riposo della mente, ha detto anche tante altre cose che però non ho ascoltato, ero rimasta alla parte che mi avrebbero messo ko.

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