Capitolo 34

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Anima

Provai a calmarmi, era chiaro che il mio stato d’animo si riversava su Will, non volevo turbarlo con i miei dubbi, dovevo capire come arrivare da David, avevo bisogno di chiarezza, non volevo incolpare qualcuno senza un reale motivo, soprattutto se quel qualcuno era Will. Sentivo di amarlo anche se a lui non lo avrei detto nemmeno sotto tortura, anche se stavo soffrendo non dovevo fargli capire quello che stava succedendo. Dovevo farmi venire un’idea, Tom era di guardia non mi avrebbe perso di vista, se mi concentravo potevo sentire la sua presenza nelle vicinanze, era un cumulo di energia enorme, se chiudevo gli occhi potevo anche vederlo, mille lucine blu che si andavano a concentrare in un solo posto e se fino a poco fa era rassicurante saperlo lì, ora m’inquietava.
Avevo due opzioni, una era raccontargli una parziale verità, certamente non potevo dirgli “guarda Tom voglio correre dal mio amico, sai ho bisogno di conforto perché la “me” di chissà quanti anni fa crede che Will sia un traditore omicida”, ma potevo dirgli che ero preoccupata per David e che volevo andare a vedere come stava. Uffa! Questo piano faceva acqua da tutte le parti. Will aveva espressamente chiesto che aspettassi a casa ed ero sicura che, se per me era una richiesta, per Tom era un ordine e lui a quanto pareva sapeva come farsi ubbidire. Ero quasi sicura che avessero un super udito, non avrei potuto parlare liberamente con il mio amico, Tom si sarebbe concentrato sulla nostra conversazione, sia per curiosità sia per riferire a Will ogni parola; ancora non sapevo se era geloso ma, ripensando al giorno in cui aveva visto il mio amico darmi un innocente bacio sulla fronte, aveva dato mostra di quanti tipi di sbuffi potessero esistere, forse dovevo pensare che lo fosse. Quindi rimaneva solo l’opzione due, sfuggirgli, ma come?
Dopo un primo momento di vuoto mi venne in mente il da farsi, non ero sicura che avrebbe funzionato ma non mi veniva in mente nulla di meglio, quindi dovevo provarci. Di sicuro non mi sarei fatta trovare da Will in questo stato, credevo ancora ci fosse un’altra spiegazione e l’avrei trovata, dovevo cacciare fuori le mie migliori doti recitative. Presi il cellulare e scrissi …

-Tom, mi dispiace essere un peso per voi ma puoi venire? So che sei qui vicino e devo parlarti-

-Arrivo- risposta concisa e due secondi netti dopo sentii suonare il campanello, cominciava la recita.
Quando aprii la porta me lo ritrovai di fronte con un’espressione preoccupata e mi sentii subito in colpa.

‹‹Ma non puoi comparire in camera? Non avevo voglia di scendere.››

‹‹Mi vuoi morto? Se ti avessi conosciuto io per primo l’invito nella tua stanza non sarebbe stato nemmeno necessario.››

‹‹Lo sai fare? Comparire dico.›› ora ero sinceramente colpita.

‹‹Non come intendi tu, se mi sposto velocemente sembra che scompaio e appaio in un altro posto e ho anche la forza per abbattere la tua porta, quindi volendo posso farlo ma causerei dei danni…›› mi fece un sorriso storto che preannunciava una battuta ‹‹e se comparissi nella tua camera sarei morto prima di arrivarci e senza capire nemmeno da dove è partito il colpo.›› io risi sinceramente alla sua stupida considerazione, come poteva lui tradirmi? Avevo pensato che mi sarei sentita a disagio nel vederlo ma continuava a trasmettermi pace, la stessa che mi dava prima di fare questi sogni, questo mi diede ancora più forza per continuare con il mio piano, dovevo capire cosa era successo veramente.

‹‹Andiamo di sopra.›› volevo parlargli ma ero ancora estenuata dalle fatiche del sonno, meglio se mi stendevo un altro po’, mi sentivo le ginocchia molli.
Salimmo in camera e ci sedemmo sul letto, io contro la testiera e lui in fondo, all’estremità opposta, insomma questa faccenda faceva ridere. Non avevo pensato a come iniziare la conversazione così decisi per la cosa più semplice, “la verità” o quasi.
‹‹Ho fatto un sogno›› avevo scelto quasi senza pensare la cosa migliore per rompere il ghiaccio ‹‹non era un ricordo.›› sapevo che era al corrente di quello che mi stava succedendo e probabilmente era anche più informato di me sulle mie capacità “fuori dal comune”, per chiamarle in qualche modo, quindi giocai su questo ‹‹penso sia stata una premonizione, sembrava così reale!››

‹‹Come sai che non era un ricordo?›› era un’osservazione giustissima la sua, se non ricordavo niente o almeno così credeva lui, come potevo distinguere una cosa dall’altra?

‹‹C’era Abbie›› sganciai la bomba, insomma la mia migliore amica era il mio asso nella manica, mi sentivo un po’ male a giocare con i sentimenti di Tom per lei, non sapevo quanto erano forti ma mi augurai che lo fossero tanto ‹‹e c’era anche David il mio amico, ecco perché sono sicura che non era qualcosa appartenente al passato.››
‹‹Capisco›› disse con aria pensierosa ‹‹ma può sempre essere un sogno, uno normale intendo.››
‹‹Hai ragione non ci avevo pensato, ma questo non mi tranquillizza comunque, c’è sempre una minima possibilità che sia una premonizione.››
‹‹Raccontami cosa è successo nel sogno così valuto la possibilità che lo sia.››
Oh! A questo non avevo pensato, quanto ero stata scema, ero pessima a inventare storie, immaginiamoci così su due piedi. Vagliai tutte le opzioni, di questo passo sarei diventata sveltissima a inventare frottole. Passai in rassegna i miei sogni quelli che non erano ricordi e mi venne in mente uno che ebbi qualche mese fa, pensai che fosse un’ottima idea sostituire la mia persona con quella di Abbie e David, metteva veramente i brividi, cominciai dunque a raccontarlo sperando con tutta me stessa che mi credesse e soprattutto che mi aiutasse a raggiungere il mio scopo.
‹‹È un po’ terrificante a dire il vero. Ho sognato che erano in un posto buio e bagnato e non riuscivano a muoversi, erano costretti a terra da catene enormi che andavano a stringere il collo e i polsi dietro la schiena. Abbie era vestita con un abito bianco, una specie di sottoveste e David era svenuto all’altra estremità della stanza, lei provava a raggiungerlo.›› ovviamente non stavo raccontando il vero, ero io quella incatenata e sì, c’era un altro prigioniero nella stanza con me ma non vedevo il suo volto e non si muoveva forse era svenuto o addirittura morto ‹‹Quando la porta si aprì arrivarono diverse voci, arrivò anche un po’di luce, una piccola luna si allargò sul pavimento e mi permise di vedere quanto mi sbagliavo, non era acqua, ero stesa su una pozza di sangue.››
‹‹Eri stesa? Tu?›› era confuso, ed io ero una cretina.
‹‹Mi riferivo ad Abbie›› stupida, stupida, stupida! ‹‹lei iniziò a chiamare David ma non ottenne nessuna risposta.›› avevo smesso di parlare, assorta com’ero nel pensare a quanto fosse stato veramente orribile quel sogno, quando Tom mi prese le mani e inizio a parlarmi con il cuore.
‹‹Mi dispiace tanto che tu debba subire tutto questo, avresti meritato un’esistenza normale, senza poteri, doveri e sacrifici.›› avrei voluto chiedergli di più sulla mia vita passata, sembrava che lui mi fosse stato vicino, che mi conoscesse ‹‹Speriamo che non sia una visione, anche se mi ha inquietato parecchio perché ha veramente l’aria di una premonizione, ho sempre sentito dire che nei sogni non sentiamo odori e non abbiamo percezioni di freddo, caldo, bagnato, mentre nelle premonizioni possiamo.›› o ero stata veramente brava a raccontare questa piccola menzogna o esisteva la possibilità che potesse essere una visione (sperai sinceramente che non lo fosse) ma mi sarei occupata di questo in un secondo momento, ora dovevo concentrarmi su qualcosa di più importante: William e la sua partecipazione alla “mia morte”.
‹‹Tom…›› cominciai a dire ma lui m’interruppe, era diventata un’abitudine la sua.
‹‹Zucchero non so dove vuoi andare a parare ma so che vuoi mettermi nei guai, quel tono lo hai usato mille volte in passato, forse William ha ragione sei sempre tu.›› era così genuino da farmi sentire in colpa.
‹‹Tom so che Will mi ha chiesto di non uscire e sono più che pronta a scommettere che tu hai ricevuto lo stesso ordine ma ho bisogno di andare via da qui o impazzirò, non ti chiedo niente d’impossibile, quindi non dire di no a priori. Voglio solo andare a vedere Abbie ti prego devo sapere che sta bene e sono sicura che accompagnarmi per te non sarà un sacrificio.››
‹‹Sei sleale oltre che una kamikaze, ci ucciderà entrambi.›› ci pensò su un attimo, anche se sospettavo fosse più che altro una pausa teatrale ‹‹Pensandoci bene ucciderà solo me.››
‹‹È un sì?››
‹‹Sì.›› disse sconsolato ed io iniziai a pregare dentro di me nuovamente perché il mio sogno fosse un enorme equivoco, adoravo lui e anche sua sorella e soprattutto amavo William.
‹‹Non ti devi preoccupare, starai attaccato a me, resteremo al negozio finché non arriverà Will, vorrei solo sapere che sta bene così potrò dimenticare tutto l’orrore che porta la notte, ti prego.››
‹‹Mi metterai nei guai e sei tornata da poco, si prospetta un’eternità movimentata.›› il suo accenno alla mia immortalità fu strano da sentire, ancora non ci avevo pensato, non seriamente, non la credevo una cosa così certa, poteva sempre capitarmi qualcosa, d’altra parte c’era già chi mi dava la caccia, o più semplicemente avrei potuto svegliarmi e scoprire che era tutto un sogno, lui al contrario di me lo dava per certo.
‹‹So che Will è il tuo generale ma vorrei farti notare che sono io, da quello che ho capito, il capo del capo del tuo capo.›› in realtà ancora non sapevo cos’ero veramente io, e nemmeno cosa rappresentavo in questo nuovo mondo, ma dovevo provarci.
‹‹Piccola giochi sporco.›› disse con rassegnazione, ormai lo avevo in pugno, faceva bene Kate a preoccuparsi che Tom mi spifferasse tutto, era particolarmente propenso ad accontentarmi ‹‹Ma suppongo che questo mi giustifichi, preparati che andiamo al negozio e mi devi un enorme favore, enorme quanto il prezzo della mia vita.›› scuoteva la testa e tra sé e sé ripeteva ‹‹il capo del capo del mio capo, incredibile! Ricattato da una ragazzina appena maggiorenne.›› mi controllai per non esultare, ero riuscita a convincerlo, ero stata brava e la cosa più brutta era che non c’era niente di cui essere fieri, stavo mentendo ma era per una buona causa, cercare chiarezza per non ferire era diventato il motto di questa nuova giornata e dovevo convincermene per sopprimere la terribile sensazione di stare per commettere un errore.
Finii di prepararmi in fretta e feci colazione, quando uscii di casa vidi Tom parlare animatamente con la signora Fanny, sembrava infastidito. Si avvicinò a una spanna dal suo viso e le disse qualcosa che la fece arrabbiare, poi lei girò i tacchi e se ne andò a passo di marcia rientrando nella sua proprietà … che strano! Pensavo che cè l’avesse solo con me.
‹‹Il buon giorno si vede dal mattino.›› disse Tom quando mi avvicinai.
‹‹Cosa voleva?›› domandai.
‹‹Impicciarsi.›› e dicendo questo chiuse il discorso.
In macchina era guardingo, sembrava si aspettasse che da un momento all’altro dalla boscaglia spuntasse una legione di creature demoniache, mi rendeva molto ansiosa non sapere se esagerava o se era una cosa possibile, per frugare ogni dubbio provai a parlargli.
‹‹Vedi di non farti venire un infarto, ok?›› mi guardò per un secondo senza sapere a cosa mi riferivo ‹‹Sei teso e mi stai facendo ammattire, se non la smetti di guadare ovunque l’infarto potrebbe venire a me, chi ci dovrebbe seguire?››
‹‹Nessuno!!!›› risposta troppo veloce per essere vera.
‹‹Sei sicuro che non sono in pericolo?›› annuì ed io continuai ‹‹Allora se nessuno vuole farmi del male e non sbucherà nessuno dal bosco per rapirmi o peggio, smettila di fare quello che stai facendo.››
‹‹Smetterò di chiamarti con nomignoli dolci, sai sei una spina nel fianco.›› ora stava scherzando e meno male si era rilassato un po’.
‹‹Ti fa così paura?››
‹‹Chi? Il vampiro?›› fece una smorfia schifata, non doveva avere una grande stima di quel Modriam e di certo non potevo biasimarlo, se veramente aveva fatto quello che avevo visto ‹‹Neanche per idea è solo un verme che non ha capito qual è il suo posto.››
‹‹Mi riferivo a Will.›› avevo la sensazione che Will lo avrebbe fatto a pezzi se mi fosse successo qualcosa.
‹‹Oh! Lui è terrificante, sa essere davvero crudele.›› mi vennero in mente alcune immagini di William che ringhiava ordini ai guardiani, le avevo viste nei sogni e risi, perché diamine se era severo e anche senza ricordi si poteva intuire dal suo caratterino che non era una persona facile ‹‹Ma ti prego non dirglielo o si monta la testa, sai per lui è un vanto essere così sgradevole.›› per suggellare il nostro patto di silenzio feci una croce con le dita e le baciai, un gesto infantile quanto la persona che mi stava accanto. Tom mi faceva dimenticare lo strazio che mi portavo dentro, era una grande compagnia.
Arrivata al negozio mi resi conto di quanto la mia vita stesse cambiando, solo un paio di giorni prima la libreria era il centro di tutto per me, rappresentava i miei sforzi, i miei sogni e le mie speranze, ora avevo cose più importanti di cui preoccuparmi, non che non m’importasse, sia chiaro, solo che adesso c’erano delle questioni che avevano rubato il podio, tipo salvare la mia vita, fare chiarezza nei miei ricordi, digerire tutto quello che avevo appreso su di me e sul mondo in generale in questi giorni. Chissà se ne sarei uscita in modo avvincente da questa situazione. Solo l’altro ieri ero uscita dal negozio con il cuore leggero e pieno di aspettative, il mio problema più grave era capire se veramente avevo un appuntamento, mettere al suo posto Will l’arrogante e scegliere cosa mettere, e oggi dovevo venire a patti con una vita passata, con il mondo soprannaturale che tra l’altro dovevo essere io a guidare, io che non sapevo nemmeno come gestire la mia vita, senza tralasciare il fatto che sarei dovuta diventare immortale. Pensieri per niente leggeri insomma, dovevo concentrare le mie energie nella buona riuscita di questo mio stupido piano, almeno così avrei rimandato il crollo emotivo imminente.
Kate mi sorprese alle spalle come ormai era diventata un’abitudine di tutti quanti o forse ero io che avevo sempre la testa da un’altra parte…
‹‹Deve essere molto interessante quello scaffale.›› disse lei sarcastica, ero rimasta a fare tutte le mie considerazioni impalata in mezzo al negozio guardando il vuoto ‹‹Problemi?››
‹‹Perché Tom non ti ha detto?››
‹‹Pungente fin dal mattino vedo.›› disse Kate ed ecco che doveva dire qualcosa di stupido, avevo ormai imparato a conoscerli ‹‹Ti mancava votre amour?›› disse in un francese dall’accento pessimo e ovviamente prendendomi in giro.
‹‹È proprio un difetto di famiglia essere deficienti vero?›› ma quanto mi piacevano, peccato per la pecca chiamata “tradimento” che penzolava sulle nostre teste come una spada di Damocle e che avrei voluto tanto far scomparire con uno schiocco delle dita.
‹‹Comunque la vera domanda non è se mio fratello, ormai defunto, mi ha raccontato il tuo sogno, la vera domanda è il perché ti abbia portata qui nonostante gli fosse stato detto di fare il contrario.›› dovevo fare attenzione, Kate era molto scaltra e di sicuro meno malleabile di Tom che poverino probabilmente mi avrebbe odiato dopo che gli sarei sfuggita, di sicuro avrei perso la sua fiducia e questo mi dispiaceva non poco.
‹‹Gliel’ho chiesto io e mi dispiace.››
‹‹E per cosa di preciso Ani, per averlo fatto disubbidire a un ordine di un suo superiore?››
‹‹Sì!›› risposi un po’ più dura di quanto avrei voluto, di certo non sarei rimasta ferma qui a farmi sgridare da lei ‹‹Per quello, ma devi sapere che non me ne pento, William può dare ordini a voi ma non a me e poi ero preoccupata per Abbie e non me ne vado finché non arriva.›› meglio mettere subito le cose in chiaro.
Lei abbassò il capo, forse rendendosi conto di aver esagerato. Ero grata per la loro protezione, ma io ero una persona, non una cosa da tenere sottochiave.
‹‹Scusa non volevo essere così brusca, ma sono abituata a eseguire gli ordini sempre e comunque se sono i miei superiori a impartirli, ma ovviamente Tom è di un’altra idea.››
‹‹Capito, non ti preoccupare.›› in realtà non capivo ma mi sembrava la cosa giusta da dire ‹‹Tom? Non lo vedo da quando sono arrivata.›› e faticavo a credere che mi avesse lasciata sola dopo quanto avevo dovuto lavorare per convincerlo a portarmi qui.
‹‹È di sopra, gli ho dato il cambio io, non hai niente di cui preoccuparti, ci sono altri due ragazzi fuori.›› oh! avevo proprio tanto di cui preoccuparmi, ora avrei messo nei guai due non uno dei fratelli e poi dovevo indagare di più sulle altre guardie.
‹‹Ti prego dimmi che non ho un intero squadrone a guardarmi le spalle, non vorrei pensassero che ci sia Beyoncè nel negozio.›› lei rise della mia idiozia ma mi rispose quello che volevo sapere.
‹‹Sono solo due, non essere così drammatica e non sono fuori dalla porta vestiti di nero con gli occhiali da sole, gli auricolari, sono dei ragazzi normalissimi, vieni…›› la seguii fino alla porta e mi fece segno di guardare la macchina parcheggiata di fronte al negozio ‹‹vedi sono quei due ragazzoni seduti in macchina.›› erano due ragazzi in effetti, molto belli e molto grossi, ma gli angeli erano tutti così?
‹‹Hey gente!›› salutò allegra Abbie che reggeva un enorme caffè in mano ‹‹Che ci facciamo sulla porta?››
‹‹Aspettiamo te ovviamente.›› disse Kate molto più svelta di me, che avevo ancora lo sguardo fisso sul caffè del chiosco all’angolo che Abbie reggeva tra le mani, strano!
‹‹Chi sei tu e cosa hai fatto della mia amica?›› le feci un cenno con la testa indicando la bevanda incriminata.
‹‹Un regalo di Tom, è così dolce, mi aspettava e quando sono scesa dalla macchina mi ha dato il caffè insieme a un bacio stratosferico.››
‹‹Oddio vomito.›› Kate fece anche il gesto di ficcarsi le dita in gola, giusto per enfatizzare quanto la vita amorosa del fratello le facesse schifo.
‹‹Dolce, molto dolce ma dovresti dirgli quanto quella brodaglia, per dirlo a parole tue, ti fa schifo.››
‹‹Potrei cambiare gusti.›› Ehhh! Nemmeno David riuscì a farglielo bere, ma Tom ci era riuscito senza sforzarsi ‹‹e tu che ci fai qui, non dovevi restare a casa?››
‹‹Si lo so ma devo parlarti e poi vado a casa.›› ora dovevo stare attenta a non far preoccupare Abbie e a non fare insospettire Kate, che casino! Rivolevo indietro la mia noiosissima vita.
‹‹Ok andiamo al bar, mi dai una mano a sistemare e parliamo.›› andò da Kate e la abbracciò.
‹‹E questo per cos’era?›› chiese lei confusa quanto me.
‹‹Perché so che sarai un’ottima cognata.››
‹‹State insieme???›› domandammo all’unisono.
‹‹Nooo ma che dite è troppo presto, ma lui vorrebbe ed io ci sto pensando, in questo momento sono alla parte della lista dei pro e dei contro e vincono decisamente i pro, ma è pur sempre troppo presto.››aveva una logica tutta sua ed io avevo imparato che era meglio non seguirla. Io dovevo ancora capire come mi faceva sentire il fatto che Abbie potesse invischiarsi con questo mondo nel quale io ero caduta facendo un tuffo a bomba. Avvicinarsi a Tom la metteva in pericolo, ma riflettendoci meglio stando vicino a me era più in pericolo che vicino a qualunque altra persona.

                               ***
Mentre sistemavamo un tavolo io provai a fare la mia domanda in tono indifferente.
‹‹Hai sentito David?›› esordii aspettandomi che Abbie mi rendesse le cose più semplici.
‹‹No, quel deficiente non mi risponde al telefono da due giorni, penso proprio non voglia parlare con me, perché me lo domandi, ti ha detto qualcosa vero?›› domandò con aria sconsolata ‹‹Giuro che sto provando a voltare pagina, non sono una ragazzina, ma sembra che lui non la pensi allo stesso modo, forse pensa che io abbia voglia di pregarlo per stare con me, insomma è un deficiente.››
‹‹Sì lo credo anch’io, anzi di sicuro lo è, un grandissimo deficiente ma non penso sia per questo che non risponde perché neanche a me risponde.››
‹‹Allora gli sarà successo qualcosa?›› ok, stavo facendo esattamente quello che non avrei dovuto, terrorizzarla.
‹‹Facciamo così, quando esco di qui passo da lui a vedere come sta e poi me ne torno a casa, ma tu non ti agitare deve solo essere molto preso con il trasloco. Mi puoi prestare la tua macchina?›› sarebbe stato certamente più veloce attuare la mia piccola fuga e sarebbe stato di certo più sicuro, non ero diventata così sciocca da dimenticare che la mia vita era in pericolo.
‹‹Scusaaa? Ho sentito bene?››
‹‹Sì.›› sapevo quanto la mia richiesta fosse strana, mi rifiutavo di guidare da un bel po’ ‹‹Non mi sento tanto in forma e la passeggiata sarebbe un po’ lunga non credi?›› era ancora stranita dalla mia richiesta, mi conosceva molto bene, ma dopo un attimo di esitazione acconsentì.
‹‹Mi farò dare un passaggio da Tom o da Kate per prendere la macchina da te nel pomeriggio.›› cercò le chiavi in borsa e me le diede, io la ringraziai con un bacetto sulla guancia e mi girai per andarmene, ma lei mi fermò trattenendomi per il polso ‹‹Io farò finta di pensare che tu non mi stia nascondendo qualcosa ma sappi che sei una pessima bugiarda, nonché amica, visto che non mi racconti mai niente.›› feci finta di non aver sentito.
‹‹Ti faccio sapere se è vivo così possiamo disfarcene insieme.››
‹‹Vai io resto qui a pensare al modo per farla franca.››
Uscii dal retro dove parcheggiava sempre, nella zona scarico merci e salii in macchina quasi senza respirare per non farmi seguire dai gemelli non tanto gemelli. La casa di David era distante qualche kilometro dal negozio, ci avrei messo poco, non era orario di traffico e meno male, avrei avuto un vantaggio. La casa si trovava dall’altra parte della città rispetto a casa mia, lui abitava con la mamma in una casa a un solo piano molto carina. Passava la maggior parte del tempo da solo, la mamma era un’agente farmaceutica e viaggiava di continuo, infatti avevo pochissimi ricordi di lei per lo più era la zia a prendersi cura di David, lei abitava qualche casa più avanti.
Parcheggiai con fatica di fronte casa, non ero un asso al volante, non facendo pratica ero anche peggiorata, un vero pericolo pubblico. Mentre guidavo avevo fatto una lista di tutto quello che avrei dovuto fare: la prima cosa era tirare le orecchie al mio amico, anzi lo avrei minacciato di sostituirlo per non aver risposto alle mie chiamate e a quelle di Abbie, farci preoccupare non era una cosa da lui e non doveva di certo diventare una nuova abitudine; come seconda cosa dovevo abbracciarlo e raccontargli tutto il casino che mi stava succedendo mentre mangiavamo del gelato e mi sfogavo con un bel pianto.
Suonai al citofono due volte e il cancello si aprì senza che lui rispondesse, era veramente diventato un irresponsabile, capivo che aveva mille cose a cui pensare ma doveva stare un po’ più attento, lui non aveva il citofono con la videocamera quindi poteva essere chiunque, arrivata davanti alla porta bussai ma mi resi conto che la porta era aperta, forse mi aveva visto dalla finestra, entrai…
‹‹David? David sono io Ani, posso?›› cominciai a preoccuparmi quando non sentii nessuna risposta, 1000 scenari terribili mi si affacciarono alla mente, era senz’altro successo qualcosa, le luci erano accese anche se era giorno, andai dritto in cucina qualcosa mi diceva che era lì, sentivo una fonte molto flebile di energia in quella direzione, queste mie nuove abilità cominciavano a essermi utili, quando entrai notai che era tutto in disordine, barattoli di cibo per terra, uno yogurt rovesciato sul bancone e il frigo ancora aperto, ma che diamine era successo? Avevo veramente paura di scoprirlo. Feci il giro della penisola e mi paralizzai coprendomi la bocca per non lanciare l’urlo che mi era salito in gola, vidi David riverso per terra a pancia sotto con gli occhi chiusi e un braccio piegato in modo innaturale, di sicuro era rotto.
‹‹Dio santo!›› mi sfuggì dalle labbra, ecco perché non rispondeva, da quanto era in questo stato? E cosa gli era capitato? Un furto? Poteva essere veramente un’opzione valida visto il caos che c’era. Mi avvicinai di corsa e misi l’orecchio vicino alla sua bocca per vedere se respirava, fortunatamente era vivo.
Le lacrime cominciarono a scorrere, se non fossi stata così concentrata su me stessa avrei capito che non era normale la sua sparizione, dovevo chiamare il 911, presi il cellulare dalla borsa ma mi fermai quando sentii delle voci avvicinarsi alle mie spalle, possedevano un’enorme quantità di energia, non riuscivo a muovermi.
‹‹Te lo avevo detto che sarebbe venuta in soccorso di quell’essere insulso del suo amico, è così noiosamente prevedibile, neanche mille esistenze avrebbero potuto sopprimere questo tratto fastidioso della sua personalità.›› era una voce femminile, estremamente familiare, non poteva essere, feci per girarmi ma qualcosa mi colpì la nuca e poi il mondo cominciò a svanire, il mio ultimo pensiero coerente fu per William, forse era innocente.

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