Capitolo 36

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La passeggiata nella testa di mio fratello mi aveva sfibrato, migliaia di anni sprecati e aveva il cervello incasinato come un adolescente. Oltretutto, non era stato nemmeno troppo fruttuoso, dal momento che non c’era niente di più di quello che mi aveva riferito. Entrai in casa di Anima, le lettere erano ancora sul tavolino dove le aveva lasciate, Zed aveva solo dato uno sguardo mentre erano in cerca di qualche indizio. Presi una di quelle aperte e mi si ghiacciò il sangue non appena vidi la calligrafia elegante del mittente. Anonime? Per niente. Alana, era stata lei a scriverle. Passai il polpastrello sulle lettere tondeggianti in alcuni punti e allungate in altri, sui punti delle “i” quasi accennati, accarezzando un ultimo frammento del mio passato, uno dei pochi che era sopravvissuto all’uragano che si era abbatabbattuto sulla mia vita. Alana aveva ancora il potere di lasciarmi senza fiato. Si era messa in contatto, voleva riemergere.
Era stata lei a risvegliare i poteri di Anima?
Inspirai per trovare il coraggio che mai prima di allora mi era mancato e cominciai a leggerle. Più andavo avanti e meno si metteva bene, come se la situazione non fosse già abbastanza critica.
“Il traditore conosceva molto bene le tue capacità e si servì di ogni punto d’ombra delle tue visioni per non essere scoperto”.
Non avevo preso in considerazione una possibile interazione tra il passato e il presente. Tremavo al solo pensiero di quello che Anima potesse aver pensato leggendola, aveva dato credibilità al contenuto? Dopotutto, non credevo che lei sapesse che a scriverle era stata lei stessa, forse nemmeno dicendoglielo ci avrebbe creduto. A ogni riga, il perché fosse fuggita mi era più chiaro: era convinta che io avessi a che fare con il tradimento. Avrei dovuto parlarle ma non c’era stata l’opportunità. Come si poteva dire qualcosa di una tale portata alla persona che aspettavo da secoli, ma che ti conosceva solo da una settimana? Stupido!
Ero stato uno stupido e anche un egoista; avrei dovutoessere sincero, ma volevo prima costruire qualcosa, un “noi” che fosse più stabile di quello attuale. Volevo aspettare che si ricordasse di me. Aveva letto diverse lettere. Ne presi un'altra a caso e ogni parola fu una pugnalata al cuore; Alana cercava di ricongiungersi da sempre, saperla sofferente mi uccideva. Pensavo di essere stato solo io a soffrire, ma lei era stata cosciente, intrappolata. Mentre il mondo andava avanti, lei era stata costretta a guardare, rinchiusa in un corpo non suo.

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