27 - The Diary

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Quella sera si era barricato in camera con l'intento di fare chiarezza su quel passato che, seppure a intermittenza, continuava ad assillarlo. Aveva messo da parte libri e quaderni e si era chinato sull'ultimo cassetto della scrivania; spostate alcune scartoffie, l'aveva estratto dal fondo: il diario di Will. Quello del 2018. L'ultimo.

Nonostante l'avesse spulciato dalla prima all'ultima pagina, non si rassegnava: sentiva di essersi perso qualcosa. Perciò non era riuscito a separarsene.

Sotto il cono di luce emesso dalla lampada da tavolo, lo stava rivoltando già da mezz'ora in cerca di un ulteriore indizio, un passaggio che gli era sfuggito e che avrebbe potuto dargli le risposte che cercava.

I suoi occhi tornarono frenetici su alcune frasi che gli erano rimaste impresse:

La nostra amicizia è sacra! Spero che J non pensi male di me, mi dispiacerebbe molto.

Sembra che le cose si siano chiarite con J e S: andiamo d'amore e d'accordo adesso. J, dopo quel chiarimento, sembra essersi dato una calmata: è tornato fiero e pungente come al solito. Deve aver capito che non c'è niente tra me e S. Questo mi rincuora.

Era tutto così eccitante e noi eravamo così inebriati da non vedere altro, da non volere altro che assaggiare ogni centimetro della sua pelle... Era la nostra dea e noi la veneravamo. Le sue carezze, i suoi gemiti al nostro tocco, le nostre mani sul suo corpo... Un attimo prima era tutto confuso e, di colpo, era tutto chiaro. Troppo chiaro. Avrei voluto non ricordare.

Come siamo arrivati a questo punto? Non potrò fare ancora a lungo finta di niente ma, se parlassi, manderei all'aria la nostra amicizia. E io non voglio che accada. Loro sono tutto per me. Farei di tutto per loro.

Jem poteva sentire gli ingranaggi del proprio cervello lavorare febbrili su quelle memorie che trasudavano paure e rimpianti che il suo migliore amico gli aveva celato.

Ma perché?

Grattò irrequieto la fronte con la matita che teneva in mano, poi scribacchiò le sue improbabili teorie su dei post-it che appiccicò qua e là sulle pagine.

Più scavava nel loro passato, più prendeva corpo il terribile sospetto che a indurre Will al suicidio fosse stato proprio lui. Non per le motivazioni che si era dato all'inizio, no. Will non si era tolto la vita per paura che la sua gelosia davanti a una potenziale relazione tra lui e Sara avrebbe distrutto il trio... o, forse sì, ma non solo. No, doveva per forza esserci dell'altro!

Forse temeva che qualcosa di grosso, qualcosa di cui si vergognava profondamente, venisse fuori e minasse per sempre l'amicizia con lui.

Di una cosa era certo: Will teneva tantissimo a lui e al suo giudizio. Ma quanto era quel "tantissimo"?

Possibile che si fosse innamorato di lui?

Era quello il segreto che aveva represso al punto da arrivare a perderci la testa, a desiderare di morire piuttosto che rivelarlo? Ma perché proprio quella notte? Aveva detto o fatto qualcosa di cui si era pentito? Non si sentiva più al sicuro con loro?

Era un'ipotesi folle, lo sapeva. Ma non voleva escludere più niente a quel punto. Fece un ulteriore, doloroso sforzo di memoria. Non era successo niente di sospetto tra lui e Will nei mesi precedenti la sua morte; niente che potesse fargli sospettare un interessamento nei suoi confronti. Non che ricordasse, almeno.

Emise un gemito di frustrazione e lasciò cadere la matita tra le pagine. Poggiò i gomiti sul tavolo e si prese la testa tra le mani. Le sue pupille erano fisse sulla carta, come in attesa di veder comparire un messaggio inedito che rivelasse i segreti più oscuri di Will, neanche fosse il diario di Tom Riddle.

Toc toc.

«Amore?»

Cazzo.

Sara era alla porta.

«Avevo bussato, ma non rispondevi...»

«Oh! Scusa, non ti avevo sentito» Jem afferrò la matita e coprì d'istinto il diario con alcuni fogli di appunti.

Che stai facendo?, lo rimproverò il suo io coscienzioso. Se c'è una persona alla quale puoi dire tutto, è proprio Sara. È la tua fidanzata, ed era amica di Will tanto quanto te. Che hai da nasconderle?

E se non condividesse il mio bisogno di verità? Se al mio menzionare Will, s'infuriasse di nuovo?, replicò la sua controparte cinica.

«Disturbo?»

«Certo che no» la rassicurò Jem ruotando la sedia verso di lei e simulando un sorriso disinvolto. «Tu non disturbi mai.»

Sara gli rivolse uno sguardo tenero e si chiuse la porta alle spalle. Avanzò lenta, avvolta nella sua lunga vestaglia in seta dai motivi floreali stretta in vita, i lunghi capelli raccolti in una morbida treccia.

«Stavi studiando?» gli domandò curiosa entrando nel suo fascio di luce e sondando la scrivania.

«Uhm... sì, ecco, stavo...» Jem si affrettò a consultare fogli di appunti che aveva a portata di mano. «Stavo elaborando la conclusione di questo saggio sull'impero britannico e la letteratura coloniale. Ho la consegna tra due giorni.»

Sara annuì con espressione assorta, poi riportò l'attenzione sul suo Jem. Si chinò per accarezzare i lisci capelli corvini che scendevano lungo il collo esile fino a sfiorargli le spalle. «Amore, io ammiro la serietà con cui gestisci studio e lavoro. So quanta passione metti in quello che fai, ma... non sarai troppo carico d'impegni?»

«Potrei dire la stessa cosa di te» ironizzò Jem riducendo gli occhi a due fessure e strappandole una smorfia colpevole.

«Lo so, lo so. È che... non so, ti vedo un po' stanco e... distaccato, ultimamente.»

«Hai ragione, forse mi sono lasciato prendere la mano. Sai che quando sono concentrato su qualcosa perdo la cognizione del tempo. È un anno importante, abbiamo continue scadenze e temo sempre di restare indietro o perdermi qualcosa.»

«Sono sicura che stai facendo del tuo meglio» dichiarò Sara, incoraggiante. Detto questo, si accomodò sulle sue gambe e gli circondò il collo con le braccia.

La matita cadde dalla mano di Jem con un tonfo secco.

Ammirò la sua ragazza, seduta su di lui con solo un paio di veli colorati addosso. Vide la propria mano sfiorare la guancia della sua musa e sentirla sciogliersi al suo tocco.

Ma è ancora la tua musa?

Ovvio! È della favolosa ragazza di cui ti sei perdutamente innamorato che stiamo parlando!

E se non ne fossi più innamorato?

Ma, insomma, che ti prende?! Perché questi dubbi ora? Non ci si può mica disinnamorare così, da un giorno all'altro...

Jem serrò le palpebre e si morse il labbro. Non aveva più le forze, né la voglia di lottare col suo subconscio. Forse Sara aveva ragione: aveva troppi grattacapi per la testa. Doveva lasciarsi le zavorre del passato alle spalle e godersi il qui e ora.

Raccolse la treccia della sua ragazza e lasciò scorrere le dita sulla chioma dorata come il grano, fino a sfilare via l'elastico che la raccoglieva; libere dall'intreccio, le ciocche si sparsero sul suo petto florido. Una cascata aurea incorniciava l'ovale morbido del suo volto, i grandi occhi castani e quel tenero bocciolo rosa che era la sua bocca.

Notando lo sguardo rapito di Jem, Sara si sporse fino a unire le labbra alle sue. Jem lasciò che quel bacio dolce e voluttuoso colmasse le crepe del suo cuore e lo strappasse agli spettri che gli infestavano la mente. Voleva sprofondare con quel corpo curvilineo e sensuale nel vortice della passione e cancellare tutto il resto.

Mentre la baciava, sciolse la cinta, scostò i lembi della vestaglia e vi fece scivolare una mano dentro. Lasciò scorrere lo sguardo sul suo corpo: la seta della sottoveste lilla cadeva impalpabile sul seno prosperoso e terminava con un bordo di merletto sulle cosce carnose.

Lo sguardo complice sul volto di lei non gli lasciò scampo. Posò la mano sul suo seno e la sentì abbandonarsi lasciva contro di essa mentre sfiorava il capezzolo turgido e alternava umidi baci e delicati morsi sul suo collo. I sospiri sommessi si trasformarono in mugolii di piacere quando Jem insinuò la mano sotto il fine tessuto, tra le sue gambe calde e accoglienti.

Trascinati dalla familiarità dei loro corpi, proseguirono la ricerca del godimento reciproco a letto, dove consumarono la bruciante passione che avevano innescato.



A quella serata di passione ne erano seguite altre. Sara non poté negare di aver gradito quel recente ritorno di fiamma. Jem continuava a essere assente durante il giorno, ma la notte trovava il modo farsi perdonare. Sorrise tra sé ripensando alle sere trascorse con il suo Jem. Era un ragazzo davvero sui generis: pignolo e spesso intrattabile, ma con un acume e una sensibilità fuori dal comune. Sapeva come farla sentire speciale. Sapeva cosa le piaceva, sapeva toccarla, sapeva amarla. Sapeva essere discreto e irruento insieme... ora che ci pensava, l'aveva trovato più irruento del solito. Non che le dispiacesse quella foga passionale tra le lenzuola, ma era qualcosa di inedito nel loro rapporto. Magari era solo una fase.

Controllò l'orario sullo schermo del telefono: le 23:35. Si era fatto tardi, e Jem non si era ancora fatto vivo. Le aveva assicurato che l'avrebbe raggiunta in camera una volta finita la stesura di un brano.

Così, dopo cena si era chiusa in camera e aveva passato in rassegna il cassetto della biancheria. Aveva optato per un completino in pizzo nero, indossato la sua vestaglia preferita e legato i capelli; si era stesa al centro del letto e aveva passato il tempo a leggere i numerosi messaggi sui gruppi WhatsApp, Facebook e i profili Instagram di suo interesse dell'università.

Maledetti social! Si era talmente immersa nel mondo virtuale che non aveva percepito lo scorrere del tempo. Erano già passate due ore e Jem non si era ancora fatto vivo. Con uno sbuffo scocciato, scese dal letto e uscì dalla stanza. Bussò alla porta accanto alla sua, ma non ottenne risposta.

Quando entrò lo trovò chino sulla scrivania, addormentato sui libri. A primo impatto, provò uno strano fastidio misto a delusione, derivato dalla spiacevole sensazione di essere stata dimenticata; di contro, vedere il suo Jem crollato per la stanchezza dopo l'ennesima giornata fitta di impegni le mosse dentro una profonda tenerezza.

«Amore! Ehi, amore» lo chiamò sottovoce, scuotendogli piano la spalla.

Jem rispose con un mormorio infastidito e girò il capo dall'altra parte. Sara emise un sospiro contrariato nel vedersi passare da fidanzata sexy a mammina premurosa.

«Dai, vieni, ti accompagno a letto. È tardi» bisbigliò, prendendogli un braccio e incoraggiandolo ad alzarsi. Tra deboli e inarticolate proteste, riuscì a trascinarlo a letto. Lo guardò riaddormentarsi di colpo dopo essersi raggomitolato su se stesso, metà faccia affondata sul cuscino.

Povero cucciolo, dev'essere proprio a pezzi, concluse sovrappensiero. Pensò alle consegne universitarie, al lavoro, ai fantasmi del passato che gli toglievano il sonno. Sapeva che, per sua natura, Jem tendeva a risolvere da solo i suoi dilemmi, cercando di coinvolgerla il meno possibile per non darle troppi pensieri. Ce la metteva tutta per essere un ragazzo modello.

Sara si sentì una stupida per la fitta di delusione che aveva provato poco prima. Come poteva dubitare di lui?

Gli rimboccò con cura le coperte, gli diede una carezza e un bacio sulla fronte. Poi tornò alla scrivania per spegnere la luce e lasciarlo dormire in pace. La sua attenzione venne catturata dal volume sulle cui pagine Jem era crollato.

Il diario di Will?! Che ci fa qui?

Non lo vedeva da anni e trovarselo davanti agli occhi così, di punto in bianco, la spiazzò. Nascosto dal corpo di Jem, non l'aveva notato, così come i foglietti colorati appiccicati sulle pagine aperte e recanti la grafia di Jem. Note scritte di fretta, tagli, freccette, parole sconnesse, punti interrogativi.

Sara sentì un brivido correrle lungo la schiena. Sfogliò rapida le pagine contrassegnate del diario, poi si ricordò di essere in camera di Jem. E se si fosse svegliato e l'avesse sorpresa a ficcanasare tra cose che le aveva volutamente nascosto?

Ma cosa?

Doveva avere a che fare con la morte di Will. Aveva scoperto qualcosa o la sua era solo un'infruttuosa ossessione?

Tirò fuori della vestaglia lo smartphone e fotografò le pagine del diario su cui Jem aveva lasciato delle note, poi spense la luce e corse in camera.

Trascorse una notte insonne, rannicchiata tra le coperte, a leggere e a piangere.

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