Bunker 300, ore 15:54

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La voce mi martella nella testa. Un colpo dopo l'altro, non si ferma mai. Unisciti a me, mi dice. Poi lo urla. Sempre più forte.

I rumori della battaglia fra Ivy, Tonino e Cris riempie la stanza. Cerco di alzare la testa, di osservare quello che succede. Voglio aiutarla. Voglio aiutare Ivy. Ma il cranio sembra che mi si voglia aprire in due.

«Troppi errori,» sento borbottare a Mirtilla. La sua, di voce, suona preoccupata, ed è così diversa da quella che mi distrugge dall'interno. Eppure, sono la stessa essenza. «'Sto cazzo di cane! Fermati!»

L'odore di erba mi blocca ogni pensiero. Perfino l'essenza smette di parlare. Ogni cosa sparisce da attorno a me. Ivy, Cris, Tonino, Mirtilla, il bunker: tutto svanisce. Mi ritrovo catapultata nel mondo esterno. L'erba oscilla sotto e attorno a me. L'aria mi accarezza le braccia che, numerose, si protendono in ogni dove. I piedi mi affondano nel terreno, si diramano e scorrono ovunque.

Una forza ancestrale mi risale dalla terra. Mi anima.

Ci sono persone che camminano nel prato. Alcuni si appoggiano a me. Altri incidono frasi d'amore sul mio busto.

Poi piano piano scompaiono. Il nutrimento della terra diventa sempre meno sostanzioso, perde efficacia, finché non basta più. Le mie braccia appassiscono. I piedi si assottigliano, fino a perdere quasi del tutto consistenza. È come se non li avessi più, eppure sono ancora qui, perché li sento.

L'aria diventa irrespirabile. Puzza di bruciato. Puzza di morte.

Non c'è più una sola anima viva nei paraggi, e io sto per morire. Ormai so che la mia fine è giunta. Ho vissuto per tanti di quegli anni che, forse, è anche giusto che io perisca adesso.

Torno in me. Sono di nuovo qui. Io, Lara, piegata su me stessa, a ribellarmi pur di non permettere all'essenza di prendermi. Con la differenza che adesso so cos'è successo. Per quanto assurdo possa essere. Per quanto impensabile. Per quanto inquietante sia.

Ivy sanguina da un fianco. Il cuore mi balza alla gola, ma mi accorgo che non è un taglio profondo. La sua coda si intreccia con quelle di Tonino e Cris in un duello senza fine.

Devo fare qualcosa.

Devo fare qualcosa, o lei morirà.

Isolo la voce, tornata a riempirmi il cervello, in qualche modo. E mi alzo.

Mirtilla mi fissa. O forse sarebbe meglio dire, ciò che ne resta. Si è aperta in due, come se un samurai l'avesse affettata al centro esatto della testa e avesse spinto la lama in basso fino a incontrare l'aria. Gli organi interni sono tutto ciò che legano le due metà. L'intestino pulsante è la lunga corda che unisce le sue parti.

«Hai rovinato tutto!» Quando parla, tutto al suo interno si scuote. «Perché? Perché non vuoi unirti a me?»

Unisciti a me.

«No.» Mi porto una mano al petto. Stringo le dita sulla maglia, come se volessi afferrarmi il cuore. «Sei tu che devi unirti a me.»

Cris e Tonino si bloccano. Ivy pigola piano, poi ringhia, in attesa di una loro nuova mossa. Ma non l'attaccheranno ancora.

Mirtilla aveva ragione. Le loro menti si sono perse, cancellate dall'essenza che le ha rimpiazzate. Proprio per questo, tendere i rami della mia coscienza verso la loro è facile.

Colpite Mirtilla.

Un solo comando, e loro si voltano obbedienti. Le code sfilano in avanti, in una danza letale.

«Cosa?» Mirtilla indietreggia. Tonino e Cris le lacerano gli organi che la tengono insieme con poche, semplici mosse. Percepisco la disperazione di lei, l'incredulità dell'essenza.

Una metà della ragazza crolla a terra, in un miscuglio di sangue e sostanza nera. L'altra si tiene ancora in piedi, anche se barcollante. Ringhia. Fischia. Sbraita. Eppure, è impotente contro le sue stesse creature.

Alla fine, arriva uno sparo. Nella metà della fronte di lei si crea un buco, e anche quel poco di forza che aveva se ne va per sempre.

Per qualche assurdo motivo, la faccia di Davide che compare dietro di lei mi calma i battiti. Lui alza il fucile in direzione di Tonino, poi lo punta su Cris, in un movimento frenetico. Nessuno dei due fa nulla, e lui deglutisce, ma rilassa i muscoli.

«La'?» mi chiama.

«Ehi.»

«Che cazzo ti salta in coccia, eh? A veni' qua da sola?» Ha gli occhi lucidi, tanto che, per un attimo, mi aspetto di vedergli delle lacrime scendere lungo le guance.

«Guarda.» Mi trascino da Ivy. Le passo una mano sulla testa. Il pelo non è più lucido come prima, è sporco, umido e ispido. Però il calore è lo stesso di sempre, e mi basta.

«La', è...» Davide contrae la mascella. «Quella non è...»

«Non è più Ivy?» Non mi risponde, ma abbassa gli occhi, e so che è proprio questo che stava per dire. «Allora, nemmeno io sono più Lara.»

«Eh? Ma che cazzo stai a di'?» Si blocca subito dopo. «Che è successo?»

Ispeziono la ferita di Ivy, prima di rispondergli. Sfioro il taglio con le dita, e lei non emette un suono. Non è niente di pericoloso, per fortuna. «È stato il virus.»

«Il virus?»

«Dagli animali è passato alle piante. Forse per colpa delle radiazioni, non lo so, ma in qualche modo si è riuscito a evolve'. Tutto 'sto casino, 'sta cosa che ha dato origine a tutto...» Guardo la sostanza nera, consapevole adesso che non ho mai avuto ragione, non è mai stata muffa né niente di simile. Però su una cosa avevo visto giusto: è viva. E lo è sempre stata. «È quello che resta delle radici di un albero.»

«La'.» Davide fa qualche passo verso di me. «Che cazzo ti sei fumata?»

«Non saresti dovuto veni' qua.»

«Pure tu» borbotta.

«Io dovevo. Per Ivy.»

Lo sento sbuffare da un angolo della bocca. «E io dovevo. Pe' te.»

Mi mordo il labbro. Lo sapevo e l'ho sempre saputo. Do un buffetto sul muso di Ivy e vado verso di lui. Si irrigidisce, come se avesse paura. «Ti devo chiede' un favore.» Dovrei affrontare l'argomento. Dovrei farlo per me e per lui, ma ormai che senso avrebbe? È troppo tardi per qualsiasi cosa.

«La', io...»

«Ti prego, di' a Giulia che sto bene. E che pure Ivy sta bene.»

«Non lo puoi fa' tu? 'Ndo vai, scusa? Mica vuoi rimane' qua?»

«Stammi a senti', per una volta!» sbotto. Lui fa silenzio. Se ne sta sull'attenti come uno stupido soldatino. «Io posso porta' via quella cosa. La porto via, e voi potete vive' tranquilli e felici.»

«La porti via? Ma via andò?»

Via dove, mi chiede. Guardo Ivy e so per certo che anche lei ha capito. Il suo istinto l'ha fatta protendere verso di me, verso la mia coscienza, ora che siamo collegate. Scodinzola.

«Grazie» gli rispondo soltanto. Incrocio i suoi occhi un'ultima volta. Ancora non ci sono lacrime, eppure le pupille sono contornate di rosso. «Di tutto.»

Lui non si muove. Non cerca di fermarmi. Così lo supero, affiancata da Ivy, Tonino e Cris, e lo lascio lì.

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