Bunker 307, ore 22:09

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

C'è silenzio nella mia stanza. La luce della lampadina che dondola sopra la mia testa va e viene a intermittenza, sembra di essere in una discoteca per poveri. Le pareti sono sterili e grigie come quelle del resto del bunker, e oltre ai letti e a pochi fumetti e libri, la mia camera è ancora più anonima.

I miei compagni di stanza non hanno portato altri beni da tenere in esposizione, tutto ciò che possedevano lo avevano lasciato nelle borse, perciò non mi hanno affatto aiutata a personalizzare questo buco che chiamiamo camera. Soltanto Mirtilla ha messo alcuni libri accanto ai miei: tutte edizioni diverse di una stessa raccolta di racconti, il Necronomicon di Howard Philips Lovecraft. Non la migliore delle scelte, considerata la situazione in cui ci troviamo. Ecco perché poi ha paura di ogni minimo rumore.

«Tu non sei triste, vero?» Riempio Ivy di coccole sul muso, nel punto che più le piace. «Non tutti possono ave' un cane,» imito la voce di Mario con sarcasmo. Lo prenderei a pugni quando fa così. Anche se ho avuto il tempo di praticare soltanto due anni di arti marziali, so benissimo come menare qualcuno nel migliore dei modi. Soprattutto uno smidollato come lui.

«Stupidi,» continuo a dire. «Non è colpa mia se sei così ansiosa, piccola. Da quando ci sto solo io con te sei migliorata un sacco. Non è colpa mia se mamma e papà ti hanno insegnato un sacco di cose sbagliate. Poi non è che è facile toglie' l'ansia a un cane che vive in un bunker con rumori strani che continuano a veni' fuori dalla porta. No? Esatto. Stupidi.»

Il motivo per cui sono da sola con Ivy in questo bunker è che mi trovavo lontana da casa, quando ci rinchiusero qui dentro. Avevo da poco trovato un lavoro lontano dal mio paesino di nascita quando accadde la catastrofe. Mi ero trasferita in un piccolo appartamento assieme ad Ivy, dove condividevo l'affitto con altre due ragazze; ragazze di cui, purtroppo, non ebbi più notizie.

Spesso ricevo lettere da mia sorella o dai miei genitori. Lì la vita non differisce molto da quella che ho qui: persone diverse ma stesso livello di stramberia. In fondo, raggruppando la gente dei paesi vicini tutti insieme, ci si ritrova a condividere il bunker con gli stessi pazzi con cui lavoravo.

Ivy struscia la testa contro la mia mano, in cerca di carezze. Mi fa sempre ridere quando fa così, perciò la accontento. La gratto dietro l'orecchio, dove so che le piace di più.

«Sei una coccolona scema.»

Un botto terribile uccide il mio sorriso. Ivy copre il resto dei rumori con il suo abbaiare feroce verso la porta, i peli rizzati sul dorso. Ma riconosco delle urla.

«Che sta a succede'?» urlo al nulla. Forse ad Ivy, nella speranza che lei abbia capito qualcosa, dato quanto si è arrabbiata. «Ivy, ehi, calmati!» Le chiudo il muso con una mano; il suo ringhiare mi fa tremare le dita. Ha il fiato caldo come lo sbuffo di un drago. «Zitta un attimo, fammi senti'...»

Ivy però non mi concede la grazia di chiudere il becco, perciò prendo il guinzaglio per legarla e andiamo fuori a controllare. Seguo le voci sbraitanti fino all'entrata del bunker; la porta blindata è spalancata. Alzo le sopracciglia e lancio un'occhiata al mio cane, che però sembra essersi tranquillizzata. Tiene ancora le orecchie ben tese, tanto per assicurarsi di non perdersi alcun rumore sospetto a cui ululare come un lupo selvaggio.

Mario e Tonino sono i colpevoli del fracasso. Il primo punta il dito contro il Puzzone. Sta urlando con tanta di quella rabbia che gli cola la bava dal labbro.

«Ma si' scem'? Che cazzo t'apri la porta, eh? Senza permesso, poi!»

«Ci stavano dei rumori strani,» risponde Tonino. Alto almeno una decina di centimetri più dell'altro, non si scompone affatto nonostante la ramanzina. La cosa non mi stupisce, dopotutto in caso di necessità gli basta sganciare una delle sue bombe per tramortirlo e scappare.

Reprimo a stento un sorrisetto da ebete. Mi sento proprio un'idiota a pensare battute tanto cretine e a riderci pure, ma ehi, dentro un bunker con questi soggetti posso assicurare che è l'unico modo per sopravvivere senza uscirne pazzi.

Altra gente arriva a guardare il litigio, attirata dal casino. Maria ha gli occhi stretti e sembra scrutare la scena come farebbe un miope, senza vedere un cavolo di nulla; Antonio la Cacata la segue a ruota, rigido come al solito; anche Mirtilla viene verso di noi, il volto pallido. Il suo peggior incubo si è appena realizzato, non posso dire di non comprendere la sua paura.

«Non era 'na 'atta, faceva troppo brutto,» continua Tonino. «Un gatto non ha tutta 'sta forza.»

Mario si aggiusta gli occhiali sudici sul naso. «Quindi t'è sembrata 'na buona idea aprire per controllare? Senza chiedermi il permesso?»

«Ho pensato che era Cristopher.» Tonino scrolla le spalle.

«Frechete, Toni',» esclama Antonio, avvicinandosi. «Ma 'sta puzza l'hai lanciata tu o viene da fuori?» Si sventola una mano davanti al naso, ridendo.

Non so di cosa parla visto che, dall'angolazione in cui mi trovo, non mi arriva ancora nessuna zaffata. Mi viene comunque da sorridere, anche se temo che l'odoraccio mi raggiungerà presto. Tonino non perde il suo brutto vizio nemmeno nei momenti seri.

«L'hai fatto entrare!» urla Mirtilla. Si copre la bocca con una mano. «L'hai fatto entrare!» La voce le si strozza al punto che mi fa male alle orecchie.

Ivy le abbaia contro.

«Embè?» fa Mario, senza preoccuparsi dell'intrusione degli altri. «Che ci stava? Che hai trovato?»

«Niente,» dice Tonino. «Niente di niente. Puoi controlla' pure tu, ma non ci sta niente qua fuori.»

Mario rimane in silenzio a fissare il buio oltre la porta. Mentre prendo il muso di Ivy fra le mani per zittirla, mi avvicino di qualche passo anche io. Non si vede niente. Sembra di guardare un muro nero. Soltanto un po' della luce del bunker si affaccia all'esterno, rischiarando il terreno irregolare del tunnel. E nient'altro.

Se mi addentrassi in quelle tenebre, esisterei ancora? Forse verrei risucchiata dal nulla assoluto e smetterei di essere.

«E che erano i rumori?» dice Mario dopo un po'. Potrebbe cercare una torcia e avventurarsi all'esterno, anche solo di qualche passo, per controllare che non ci sia davvero nessuno. Ma è troppo codardo e non si avvicina nemmeno.

«Boh. Forse il vento.»

«Il vento?» Antonio quasi sbotta a ridere. «Ma che hai sbattuto la coccia?»

Ed ecco che la fragranza di cui parlava la Cacata mi aggredisce le narici. Sa di marcio e zolfo e... di qualcos'altro, che non riesco a decifrare. Ivy annusa l'aria accanto a me, poi riprende a ringhiare. Le tengo ancora il muso fra le mani e sento la vibrazione del suo brontolio.

Conosco fin troppo bene le bombe sganciate da Tonino il Puzzone. E so per certo che questa non è opera sua.

«Aiutami a chiuderla, coglio'.» Mario ha appoggiato una mano contro la porta e fa segno a Tonino di raggiungerlo. Si unisce anche Antonio, e insieme la sprangano in un istante.

Ivy però continua a latrare. Per quanto possa cercare di calmarla, lei rizza il pelo e fissa Tonino. Senza preavviso, mi strattona il guinzaglio. Perdo la presa e lei corre verso il Puzzone, con la furia di una tigre. Fa scattare le mascelle, e Tonino tira il proprio braccio a sé per liberarsi.

Scoppia il putiferio.

Raggiungo subito Ivy, urlandole di fermarsi, ma il calcio di Mario arriva per primo; il cane guaisce e lascia andare Tonino, che si regge la mano. Il sangue gli cola fra le dita: non è tanto, eppure per ogni singola goccia che finisce a terra il mio cuore risponde con un sobbalzo.

«Tieni a bada 'sto cazzo di cane, oh!» sbaita Tonino.

«Scusami, non ha mai fatto così,» borbotto, sconvolta tanto quanto lui. Poggio una mano sulla nuca di Ivy per accarezzarla, e lei pare tranquillizzarsi, anche se non vuole smetterla di ringhiare.

«Lo dobbiamo abbatte',» continua il Puzzone. Mi salgono le lacrime agli occhi solo al pensiero. «È pericoloso!»

«È colpa tua che lo fai incazzare con le tue scorregge,» dice Antonio.

«Gli devi mette' la museruola, non può sta' in giro così, non è addestrato!» starnazza Maria.

Le loro parole mi arrivano ovattate, come se io non fossi a pochi passi di distanza da loro ma spersa nel buio del tunnel.

Ivy soffre di ansia ed è un cane dal comportamento difficile e problematico, però non farebbe mai del male a nessuno. Non è cattiva. Non è aggressiva. Lei è il mio piccolo angelo.

Le circondo la testa con le braccia, e finalmente lei smette di lamentarsi. Mi lecca il dorso della mano.

«Vieni, Toni', ti medico così non perdi troppo sangue,» dice Mario. Dà una pacca sulla spalla del ferito e sparisce fra i corridoi; Tonino esita, ma alla fine lo segue, assieme a Maria e Antonio.

Rimaniamo io, il mio cane e Mirtilla. Nessuna aggiunge altro. Anche se per motivi diversi, siamo tutte e tre troppo terrorizzate da quello che avverrà.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro