Chapter 1 - L'Incontro

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Continuai a camminare inseguendo lo scoiattolo, percependo nel frattempo delle voci discutere in lontananza: una sembrava più giovane dell'altra, ma non ci diedi molto peso, l'importante era che, chiunque fossero, stessero lontani da me e dalla preda che stavo inseguendo. Notai a malapena che la luce si stavo facendo sempre più forte, almeno fino a quando non uscii del tutto dal fitto bosco in cui mi trovavo pochi secondi prima, guardandomi intorno per ritrovare la mia preda, dato che la luce mi aveva momentaneamente stordita. Purtroppo, mi resi conto di averla persa e di non sapere che direzione avesse preso.
"Cavoli..." Sussurrai, alzando il viso al cielo. "E adesso come faccio?"
"Hey!" Sentii una voce familiare gridare dietro di me, per questo mi girai di scatto e ne riconobbi la provenienza: era una delle voci maschili che avevo sentito pochi attimi prima, mentre rincorrevo il piccolo scoiattolo.
"Chi sei?" Chiese, cominciando ad avvicinarsi, seguito dal ragazzo al suo fianco. Quest ultimo aveva i capelli scuri e lunghi fino alle spalle, con un cappello da cowboy coronato da una cordicella d'oro sopra al feltro; gli occhi erano chiari come il cielo, proprio come quelli dell'uomo al suo fianco. Solo uno era visibile, l'altro era coperto da un ciuffo e da una benda. Il ragazzo stava portando con sè una tanica, probabilmente piena di benzina; indossava una camicia di un marrone chiaro aperta su una maglia grigia, i jeans blu scuro ed un paio di scarponcini. L'uomo, invece, indossava una camicia begie con i jeans più o meno dello stesso colore del più giovane, solo più trasandati, ed infine un paio di scarpe chiare. Entrambi avevano una o due fondine per le pistole. D'istinto, tirai fuori la pistola che stavo tenendo un secondo prima incastrata tra la cintura ed i jeans, non avendo -in confronto a loro- il posto giusto in cui avrei potuto tenerla.
"Non avvicinatevi." Li avvertii, mentre l'uomo faceva la mia stessa mossa e mi puntava contro la sua arma.
"Non vogliamo farti del male." Cercò di tranquillizzarmi, molto probabilmente per farmi mettere via l'arma; il ragazzo invece fece qualcosa del tutto inaspettata: mise a terra la tanica ed alzò le mani, facendo un passo avanti. Il viso dell'uomo si contrasse in una smorfia appena notò che avevo spostato la mia mira verso il ragazzo.
Che legame c'era tra i due?
Potevano essere anche parenti, dati alcuni tratti somatici simili; ad esempio il colore e la forma delle labbra ed il colore degli occhi.
"Ciao, io mi chiamo Carl, tu chi sei?" Mi chiese, facendo un altro passo avanti. Continuai a tenere la pistola puntata verso di lui, ferma e senza un accenno di tremolio.
"Carl, sta fermo." Gli intimò l'uomo, ma il ragazzo non si fermò; anzi, fece un ulteriore passo avanti, ripetendomi anche lui: "Non vogliamo farti del male."
Rafforzai la presa sulla pistola, dopo aver scosso la testa per portare i capelli, stretti in una coda, dietro alla schiena.
"Quanti vaganti hai ucciso?" Mi chiese il ragazzo, facendo un altro passi avanti; ormai era arrivato a metà della distanza che ci divideva.
"Non lo so, dozzine e dozzine, forse." Risposi, rilassando le spalle, ma tenendo ancora alta l'attenzione.
"Quante persone hai ucciso?" Continuò, un altro passo più vicino.
Gli occhi mi si riempirono di lacrime, pensando alla prima persona a cui avevo dovuto sparare, per evitare che si trasformasse. Strinsi forte gli occhi per qualche secondo, ricacciando indietro le lacrime. "Non so, forse quasi cinque persone."
"Perché?" Ormai si trovava a solo un metro circa da me.
"Un paio mi avrebbero ucciso se non l'avessi fatto prima io; gli altri si stavano trasformando, erano già morti." Abbassai un po' le braccia, mentre con delicatezza Carl mi sfilava dalla presa la pistola. Vidi con la coda degli occhi che l'uomo stava riponendo la propria, per poi raccogliere la tanica e raggiungerci con una corsa leggera. Il ragazzo mi stava ancora guardando, ed io ricambiavo il suo sguardo, non volendo distoglierlo, dando l'impressione di essere troppo facile da convincere ed ingannare.
"Carl, non credo sia una buona idea." Ripetè per la millesima volta l'uomo, mentre il ragazzo gli faceva segno di stare tranquillo.
"Come ti chiami?" Chiese dopo, rivolto a me, ma io non spiccicai parola; non ero ancora sicura di potermi fidare di quelle persone, dato che le avevo appena incontrare e non sapevo assolutamente niente di loro.
L'uomo guardò il ragazzo, che, da quello che avevo capito, si chiamava Carl, lanciandogli un'occhiata piena si dubbi e rimproveri: non gli piacevo, questo si riusciva a capire anche lontano un miglio.
"Dov'è il tuo gruppo?" Abbassai lo sguardo, non volendo rispondere a quella domanda.
"Gli è successo qualcosa di orribile, che non ne vuoi parlare?" Continuò Carl, trasformando il tutto in una specie di interrogatorio.
"E va bene, ho capito che non ti piace parlare." Constatò alla fine, notando che era come se stesse parlando al vento. "Senti, viviamo in una piccola cittadina, si chiama Alexandria; puoi venire con noi se vuoi, magari dopo aver mangiato ed esserti lavata e cambiata i vestiti starai meglio, e avrai più voglia di parlare." Mi invitò, quando non trovò soluzione migliore.
"È una pessima idea." Si lamentò di nuovo l'uomo, incamminandosi di fronte a noi, mentre Carl lo seguiva sussurrandogli qualcosa che non capii bene.
Non avevo molta scelta, un posto in cui stare non era una brutta idea -era anche ciò che stavo cercando- e in più avevano la mia pistola, arma che avrei dovuto anche recuperare. Decisi quindi di provare, mi affiancai al ragazzo e seguii l'uomo. Tutto il tragitto lo percorremmo in silenzio, nessuno aveva voglia di aprire bocca, tanto meno io. Ci mettemmo circa un'ora di cammino, prima di vedere le alte mura della piccola 'città'; Carl mi aveva spiegato che all'inizio non c'era nessuno, ma che quando tutto è iniziato un gruppo di sopravvissuti ci si era insediato, costruendo mura ed accogliendo altre persone. Il viaggio era durato troppo per i miei gusti, ero addirittura arrivata al pensiero di scappare, sfilare il coltello che avevo di lato e tagliare la gola al ragazzo e correre il più lontano e veloce possibile, andando a zig-zag per diminuire le opportunità di essere colpita da un possibile sparo, credendo di essere cascata in una trappola, ma non lo feci. Quando fummo a circa un metro da quella che era l'entrata principale, l'uomo fece gesto alla ragazza posta sopra la recinzione di aprirci: aveva una corporatura robusta, i capelli neri racchiusi in una crocchia disordinata e gli occhi piccoli e scuri. Lei fece un segno con la mano a qualcuno più in basso, che non riuscii a vedere a causa delle mura. Si percepii un cigolio, mentre di fronte a noi si apriva prima una, poi un'altra ed infine una terza porta, permettendoci di entrare nella città.
"Benvenuta ad Alexandria." Mi disse Carl, mentre varcavamo la soglia della città.

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