Chapter 22 - Delusione

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Sembrava che nessuno si fosse accorto della nostra scomparsa, grazie all'aiuto di Siddiq che ci portava il cibo nelle camere e lo metteva da parte, fingendo che avevamo mangiato noi; nessuno fece domande sul perchè avessimo trascorso così tanto tempo nelle nostre stanze, si limitavano a chiederci se andasse tutto bene, per poi continuare a lavorare. Eravamo tornati ormai da un paio d'ore, ed ero già impaziente di ripartire per andare a trovare mio padre. Trovai Carl in cucina, impegnato a bendarsi di nuovo dove una volta c'era il morso del Vagante; la ferita stava guarendo, ormai non sanguinava neanche più.
"Allora, sei pronto?" Gli chiesi, un sorriso felice stampato in volto.
"Pronto per cosa?" Ribattè, rivolgendomi uno sguardo confuso.
"Per andare da mio padre, ovvio." Risposi, facendo una piccola risata; ero nervosissima, non riuscivo quasi più a controllare nulla del mio corpo.
"Sei ancora sicura che sia una buona idea?" Tentò di dissuadermi, ottenendo un'occhiataccia da parte mia.
"Senti, io ti ho aiutato a salvare Enid e Aaron, ora tu mi aiuti ad entrare nel quartier generale dei Salvatori." Dissi determinata, incamminandomi verso camera mia con Carl che mi seguiva.
"Gwen..." Mi richiamò lui una volta che fummo entrati nella stanza, facendomi voltare, dato che in quel modo aveva attirato la mia attenzione. "A proposito dei Salvatori, io non ti aiuterò ad entrare." Confessò, avanzando di un passo.
"Cosa?" Dissi con lo sguardo confuso, scuotendo poi la testa e ridendo per la stupidata appena detta. "Non fare lo stupido, mi hai promesso di farlo."
"Lo so," ammise, avvicinandosi di più a me. "ma so cosa vuol dire provare ad entrarci: è troppo pericoloso, ti prenderanno e chissà che cosa ti faranno poi."
"Gavin è mio padre, gli voglio bene proprio come lui ne vuole a me; non permetterà mai che mi accada qualcosa sotto i suoi occhi senza intervenire." Presi una maglia dal cassetto per posarla sul letto, potendola così mettere successivamente nello zaino come ricambio.
"Gwen, è un Salvatore ora, tuo padre non è più l'uomo che conoscevi, è un animale." Cercò di persuadermi, ma l'unico risultato che ottenne fu solo quello di farmi arrabbiare.
"Tu non lo conosci, non sai com'è mio padre." Tentai di non urlare per l'indignazione, ma la voce mi scoppiava in gola facendomi male, non potendo farlo all'esterno.
"I Salvatori sono tutti uguali." Insistette Carl.
"Stai zitto!" Gli ulrai contro alla fine, non riuscendo più a contenermi. "Mio padre non è diventato un Vagante, non è morto e adesso non cammina per la terra con il cervello spento, assetato di sangue e carne fresca; è ancora umano e so benissimo che mi sta aspettando." Feci un respiro profondo, passandomi una mano tra i capelli mentre cercavo di calmarmi. "E che mi dici di tuo padre? Se ne va in giro ad uccidere la prima persona che non conosce, e questo perché ha avuto delle 'brutte esperienze passate'." Mimai le virgolette con le dita, facendo poi ricadere pesantemente le braccia lungo i fianchi, aspettando qualche secondo prima di parlare ancora, aspettando una sua reazione.
Niente.
"Beh, novità incredibile, genio: anch'io ho avuto delle 'brutte esperienze passate', ma non vado in giro ad uccidere gente a caso."
"Non stiamo parlando di mio padre adesso." Cercò di cambiare discorso lui. "E comunque, i Salvatori non sono tanto diversi da Rick." Disse alla fine, mentre io mi passavo un braccio sugli occhi umidi per le lacrime. "So come si comporta mio padre e so come si comportano loro; non ti accompagnerò in questa impresa suicida, tanto meno ti lascerò andare tanto facilmente."
"Tu non sei nessuno per dirmi che cosa fare." Gli risposi indignata, scuotendo la testa e ricontrollando mentalmente se avessi tutto il necessario per poter partire tranquilla.
"Da quanto è che hai deciso di non aiutarmi?" Gli domandai dopo un attimo di puro silenzio, guardandolo nell'occhio ed incrociando le braccia al petto, delusa.
"Ecco, io..." Indugiava sulla risposta da dare, e questo mi fece preoccupare ed arrabbiare allo stesso tempo.
"Carl, da quanto è che hai deciso di non aiutarmi?" Gli ripetei, questa volta con più calma e scandendo per bene le parole; stavo iniziando a perdere sul serio la pazienza, nonostante fossi una persona molto paziente.
"Non ho mai voluto aiutarti sul serio, ho accettato solo per poter liberare Enid ed Aaron." Confessò con voce monotona, mentre la rabbia mi invadeva il corpo, costringendomi a stringere i pugni; le unghie mi si piantarono nei palmi delle mani, lasciando di sicuro dei segni. "Non sarei mai riuscito a farlo da solo."
"Cosa?" Chiesi, sperando di aver capito male. "Dimmi che quello che hai detto non è vero." Lui non mi rispose e quella fu la mia conferma, la goccia che fece traboccare il vaso. "Tu l'hai fatto apposta!" Gli urlai contro, spingendolo. "Sapevi fin dall'inizio che non mi avresti aiutata, mi hai solo usata!" Ero indignata dal suo sporco comportamento, non me lo sarei mai aspettata.
"Dovevo, non potevo lasciarti andare dai Salvatori; ti ho già detto che c'ho provato anch'io tempo fa, ti avrebbero di sicuro scoperto." Cercò di difendersi lui, ma per me non aveva scuse il suo comportamento.
"Oh, e quindi mi stai dicendo che lo hai fatto per il mio bene?!" Presi lo zaino che avevo rinascosto sotto il mio letto appena eravamo tornati, posandolo sopra a quest'ultimo e infilandoci dentro la maglia -precedentemente presa.
"Hey, che stai facendo!" Carl mi afferrò il polso, per questo io lo strattonai dalla sua presa e lo guardai con rabbia negli occhi.
"Salvatore o no, quello rimane mio padre, e andrò a cercarlo con o senza di te!" Ripresi a sistemare lo zaino, per poi infine chiuderlo; nel frattempo aggiunsi con un tono di voce più basso: "E poi non ho più intenzione di rimanere qui."
"Gwen..." Tentò di richiamarmi, afferrandomi di nuovo il braccio; ma io feci come prima e lo strattonai via dalla sua presa. "Non mi devi toccare, Carl." Avevo di nuovo le lacrime agli occhi mentre mi sistemavo lo zaino in spalle. "Io ti avevo affidato la mia fiducia, ho trasgredito a quelle poche regole che mi ero prefissata in questi due anni per sopravvivere per te; sono andata contro la mia regola più importante: non affezionarsi. Ora noto i risultati della mia stupidità." Lo superai di corsa, non volendo scoppiare a piangere di fronte a lui; dissi solo un'ultima cosa prima di varcare la porta di quella camera, non voltandomi però: "Non aspettare il mio ritorno, perché non ci sarà." E detto questo, marciai verso la porta d'uscita, giù dalle scale, per poi raggiungere le porte della città ed andarmene definitivamente, meta il covo dei Salvatori; non mi fermai neanche quando Daryl provò ad afferrarmi il braccio per bloccarmi e farmi cambiare idea.
Non mi voltai mai indietro.

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