Chapter 27 - Chiaccherata

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Ognuno si sedette su qualcosa: io e Carl ci accomodammo sul divano, mentre mio padre si sedette sulla poltrona di fronte.
"Come hai fatto a sopravvivere?" Chiese di slancio Carl, interessato dalla storia di Gavin. "Da quello che mi ha detto Gwen, eri praticamente spacciato."
"Carl!" Lo richiamai, dandogli un piccolo schiaffo sul braccio. "Usa un po' di tatto, per favore." Scossi la testa, portando una mano alla fronte e poggiandomi in avanti sulle gambe con i gomiti.
"Tranquilla Gwen, non è un problema." Mi tranquillizzò mio padre, mettendo una mano sulla mia e guardandomi con l'amore negli occhi. "È stato Negan a salvarmi." Questa volta, quando ricominciò a parlare, si rivolse ad entrambi. "Ti avevo appena spinto via, facendo così in modo che almeno tu ti salvassi; ero stato quasi sopraffatto quando cominciai a vedere i Vaganti cadere, uno dopo l'altro. Mi sembrava una situazione strana, non riuscivo a rendermi conto di che cosa stesse accadendo." Fece un respiro profondo, immerso totalmente nei suoi pensieri. "Caddi in ginocchio, sentendo pian piano una risata farsi spazio nell'aria, che durò fin quando anche l'ultimo Vagante non fu caduto a terra. Solo in quel momento ebbi il coraggio di alzare lo sguardo, notando di fronte a me l'uomo da cui proveniva la risata. Mi prese con sè e con il suo gruppo quel giorno, gli devo la vita." Mi afferrò entrambe le mani, rivolgendomi uno sguardo che diceva tutto. "Se non fosse stato per lui, io non sarei qui ora. Non dico che approvo il suo metodo, ma Negan ha scoperto l'importanza che hanno le persone in questo nuovo mondo. Inoltre, gli devo la vita." Mi lasciò le mani, poggiando la schiena sullo schienale della poltrona. "Ma perché ora non mi parli di te? Come hai fatto a sopravvivere in questi tre anni?" Mi chiese con un sorriso, ancora contento che io fossi lì con lui, viva.
"Ho cambiato continuamente gruppo, volevo evitare di ferirmi emotivamente." Gli risposi, rintanandomi tra le spalle dopo aver portato i capelli da un lato, sulla spalla destra. "Cercavo di non affezionarmi, per questo ci rimanevo per al massimo un mese."
"Aspetta," mi fermò Carl preoccupato. "questo vuol dire che non tornerai con me ad Hiltop?" Mi domandò, supplicandomi con gli occhi che la mia risposta fosse 'no'.
"Non lo so con certezza, Carl." Gli risposi, distogliendo subito lo sguardo e riportandolo su mio padre. "Quando ero sola, dormivo sugli alberi per non essere presa all'improvviso dai Vaganti; una volta sono anche caduta." Alzai la maglietta, rivelando il taglio che avevo sul fianco; era lo stesso che mi aveva medicato Carl il giorno in cui mi aveva salvata e portata ad Alexandria.
Lui, infatti, mi sfiorò la ferita quasi del tutto cicatrizzata con le dita, domandandomi poi: "È quella che ti avevo disinfettato?"
Io mi limitai ad annuire, rivolgendogli un sorriso di ringraziamento.
Ricominciammo a parlare, questa volta del più e del meno; non so di preciso quanto tempo passò, ma mi era mancato poter parlare con mio papà, il tempo sembrava volare.
"Gwen, dovremmo andare ora, prima che si faccia troppo tardi." Mi avvertì Carl ad un certo punto, afferrandomi un braccio.
"Ma... Dobbiamo proprio andare?" Gli domandai, notando un'espressione indecisa sul suo volto; aveva paura della sua risposta, credendo che quella più giusta mi avrebbe allontanata ancora da lui.
"Carl ha ragione, tra un po' devo andare ad una riunione di Negan, meglio che andiate." Ci incitò mio padre, alzandosi dalla poltrona con un sorriso soddisfatto e spalancando le braccia. "Vieni qua, abbraccia il tuo vecchio prima di andare." Mi misi a ridere mentre mi alzai in piedi, seguita subito dopo da lui; mi tuffai tra le sue braccia, sperando che quel momento durasse per sempre.
"Ah, la mia bambina." Mi chiamava sempre così, era una specie di nomignolo che lo rendeva felice. "Ti voglio un mondo di bene." Mi disse, stringendomi ancora più forte.
"Anch'io papà." Replicai, mentre Carl mi afferrava per una spalla e mi staccava delicatamente da Gavin; sul suo viso notai una lacrima, proprio come quella che stava scendendo anche sul mio volto.
Uscimmo dalla sua stanza, cominciando a fare a ritroso il percorso compiuto per arrivare alla camera di mio padre.
"Aspetta," lo fermai all'improvviso, afferrandogli il polso. "so che te l'ho già detto, ma grazie per quello che hai fatto, veramente. Aiutarmi ad incontrare mio padre è stata la cosa migliore che qualcuno abbia mai fatto per me." La mia voce tremolò appena, le lacrime trattenute a stento che mi pizzicavano gli occhi.
"È il minimo, devo riconquistarla in qualche modo la tua fiducia." Mi asciugò l'unica lacrima che era riuscita a scappare, sorridendomi.
Ricambiai il sorriso, mentre lui si avvicinava; i nostri visi erano talmente vicini che sentivo il suo respiro caldo sul mio volto, il cuore mi batteva all'impazzata mentre il respiro diventava affannoso. Ormai le nostre labbra si sfioravano, a dividerci c'era solo qualche millimetro d'aria.
"Ci sono degli intrusi!" Qualcuno gridò alla mia destra, facendoci spaventare entrambi.
"Dobbiamo andare." Disse Carl, cominciando a correre via.
Io, all'inizio, rimasi paralizzata, guardando quegli uomini correre per chiamare rinforzi e raggiungerci.
"Gwen!" Mi richiamò Carl, disincantandomi ed attirando così la mia attenzione. "Vieni! Da questa parte!" Mi fece segno da dietro una svolta, avvertendomi.
Lo raggiunsi di corsa, stringendogli la mano quando lui me l'afferrò; avevo paura di perderlo di nuovo di vista, per questo ero decisa a non lasciarla tanto facilmente. Ripercorremmo lo stesso percorso che avevamo fatto quando eravamo arrivati, fino a giungere alla porta sul retro; lì tirammo fuori in fretta e furia i due lenzuoli, li indossammo e cominciammo a camminare con una calma quasi stressante tra i Vaganti. Alle nostre spalle si levarono imprecazioni e ordini a tutto spiano, cercando un nuovo piano per raggiungerci e prenderci. Quando finalmente fummo giunti al limitare del bosco, ci liberammo dei lenzuoli, gettandoli in un cespuglio lì vicino; non avevamo il tempo di ricoprirli di nuovo con il cellophane, dato che avevamo iniziato a sentire degli spari dietro di noi, segno che stavano uccidendo i Vaganti che gli bloccavano la strada, l'ostacolo tra noi e loro. L'ultima cosa che sentii prima di inoltrarci nel bosco, fu la risata appena roca di un uomo che conoscevo fin troppo bene, a cui però dovevo la vita di mio padre.

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