22.

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Alice

Salgo l'ultimo gradino, mi volto ancora una volta verso Edoardo e accenno un saluto. I suoi occhi verdi non lasciano i miei nemmeno per un secondo, i suoi capelli sono scompigliati dal vento e una grossa sciarpa gli cinge il collo. Ho i battiti del cuore a mille e un sento ancora un leggero formicolio sulla guancia dove Edoardo ha posato la sua mano. Vorrei rimanere qui a Parigi con tutta me stessa, lasciare da parte gli impegni che ho a Milano prima di Natale e restare insieme a lui. La porta del treno che si chiude infrange però qualsiasi ripensamento: rilascio un sospiro e mi appoggio un attimo al muro del vagone stringendo le labbra tra loro per sentire ancora una volta il sapore delle sue. Non posso credere che mi abbia baciata – cioè ieri sera me lo sarei anche aspettata dal momento che più volte ho sentito crescere la tensione tra noi – ma adesso proprio no, anzi. È stata una sorpresa vederlo sul binario con le guance rosse e il respiro affannato per la corsa: voleva vedermi per dirmi una cosa che avrebbe potuto semplicemente dirmi per messaggio e per darmi un bacio che sento ancora pizzicarmi le labbra. Sono piacevolmente colpita da questo suo gesto, pensavo che queste cose accadessero solo nei libri o in quei film d'altri tempi in bianco e nero e invece eccomi qui a viverla in prima persona. Devo ammettere che appena si è avvicinato non ero sicura di volermi lasciare andare, ma quando ho visto i suoi occhi chiari e il sorriso timido che gli adornava il volto, mi sono saltate in mente tutte le attenzioni che mi ha riservato ieri sera e mi è venuto naturale avvicinarmi per congiungere nuovamente le nostre labbra. Non è stato un bacio invadente, anzi, lo definirei timido, quasi impacciato, ma molto più intimo di un qualsiasi bacio dato a bocca aperta. Una piacevole scossa si è propagata per tutta la spina dorsale fermandosi all'altezza del cuore che sono sicura battesse talmente forte che anche Edoardo se ne sia accorto. Non ero mai stata baciata con così tanta dolcezza: i pochi baci che ho ricevuto da ragazzina sono stati sempre scoordinati e con troppa lingua da parte del ragazzo del momento. Viscidi, non molto piacevoli e di sicuro non ho sentito le farfalle allo stomaco come oggi.

Lancio uno sguardo fuori dalla piccola finestra della porta, Parigi scorre veloce davanti ai miei occhi prima di lasciare spazio alla campagna circostante. Questi pochi giorni sono stati la mia prima visita qui, non avevo mai visto la città e credo che, soprattutto per quello che è successo con Edoardo, mi rimarrà per sempre nel cuore. Mi porto le mani tra i capelli e rilascio un sospiro felice stringendo tra i denti il labbro inferiore.

Cavolo!

Sono senza fiato e senza parole e non riesco nemmeno a esprimere le sensazioni che si susseguono dentro di me in questo momento: sento ancora tra le dita la morbidezza dei suoi capelli mossi tanto da spingermi a stingere i pugni per evitare che svanisca.

Un colpo vicino al mio orecchio mi fa girare la testa di scatto, Aurora ha una mano appoggiata alla parete metallica del vagone e mi sta guardando esasperata. «Ma sei completamente impazzita?», le urlo strabuzzando gli occhi. «Mi hai fatto prendere un colpo: ho perso dieci anni di vita!», mi porto una mano al petto e cerco di regolarizzare il respiro.

La mia amica fa una smorfia, «Non fare la melodrammatica, Alice! Era l'unico modo per farti uscire da quello stato di catalessi in cui eri. Sono cinque minuti buoni che ti chiamo, ma tu eri imbambolata a guardare fuori dal finestrino».

Avvampo, sbattendo le palpebre: non mi ero minimamente accorta che mi stesse chiamando o che fosse addirittura lì. Sul viso di Aurora si apre un ghigno furbo, troppo furbo, «Sei rimasta sconvolta dal bacio, eh? Beh, ti ci vuole poco! Da quel che ho visto non ha usato nemmeno la lingua!». Ammicca nella mia direzione scoccandomi un occhiolino e sistemandosi poi il lungo ciuffo biondo dietro a un orecchio.

Boccheggio imbarazzata, «Sei rimasta a guardare?», le chiedo guardandola stralunata quando le annuisce. «Non ci posso credere», scuoto la testa arrossendo istintivamente.

Aurora rotea gli occhi al cielo e rilascia un lamento, «Oh, ma è ovvio! Così come tutti i passeggeri del vagone! Avete dato un bello spettacolo voi due sul binario», mi strizza l'occhio con fare complice. «Non ci posso credere», ripeto abbassando lo sguardo sulle mie scarpe. Sono terribilmente in imbarazzo, con che coraggio adesso posso entrare nel vagone come se niente fosse e farmi cinque ore di treno?

Non mi piace dare spettacolo in pubblico – non che l'abbia mai dato, sia chiaro – soprattutto perché mi sono sempre lamentata delle coppiette che si sbaciucchiavano in giro come se non ci fosse un domani. Ho ancora ben impresso in mente quella volta in metropolitana a Milano quando sono stata schiacciata tra le porte della metro e una coppia di ragazzini che si stava baciando senza alcun ritegno appoggiandosi a me. Rabbrividisco al ricordo: è stato il quarto d'ora più lungo della mia vita.

«Sento i criceti nella tua testa correre sulla ruota». Alzo lo sguardo corrugando la fronte e Aurora mi rivolge un sorriso dolce, «So a cosa stai pensando: con che faccia adesso entro nel vagone dopo che tutti mi hanno vista?», dice provando a imitare la mia voce e portandosi nervosamente una mano tra i capelli come farei io. La guardo impressionata, «Che fai quella faccia? Ti conosco come le mie tasche», sbuffa una risata porgendomi una mano e aiutandomi ad alzarmi per poi spingermi dentro al vagone.

Entriamo nella cabina - io avito scrupolosamente di incrociare lo sguardo di qualche altro passeggero - e ci sediamo a nostri posti, una di fronte all'altra. Aurora tira fuori la scatola dei macarons, «Te ne do uno in cambio di informazioni». Apre il pacchetto scrutando uno a uno i dolci presenti, ordinati per sfumature di colore; l'indice di Aurora li percorre tutti finché non si ferma su uno in particolare: lo afferra e punta i suoi occhi chiari nei miei in attesa che io parli.

La guardo accigliata, «Informazioni riguardo a...?».

Alza gli occhi al cielo con fare melodrammatico, «Tua nonna!».

Assumo un'espressione ancora più confusa. «Alice, pronto? Edoardo! Non credo tu abbia appena limonato tua nonna sui binari di Gare de Lyon».

Mi stringo nelle spalle con fare indifferente, «E chi ti dice che voglio i tuoi macarons?». Sto palesemente mentendo, quei biscotti sono la mia rovina, così come qualsiasi cosa dolce – non sono ai livelli patologici della mia amica, ovviamente – e Aurora questo lo sa; infatti alza un sopracciglio scettica, «Certo come no».

Scrollo la testa cercando di temporeggiare e lei assottiglia lo sguardo, «Ah sì? Bene allora vorrà dire che mi mangerò tutto questo ben di dio da sola», porta il primo biscotto alle labbra e fa il primo morso chiudendo gli occhi e mugolando dal piacere. Non riesco a distogliere lo sguardo e seguo con gli occhi una briciola che cade sul tavolino che ci separa.

«Questo al caramello salato è il migliore», asserisce poi convinta masticando l'ultimo boccone del primo macaron e prendendone un altro. «Peccato che ne abbia preso solo uno», aggiunge con aria contrita fissando un punto indefinito dietro a me, ma poi inchioda i suoi occhi chiari nei miei.

La fisso a mia volta fingendo nonchalance come se non fosse il mio gusto preferito e come se lei non lo sapesse benissimo. Alza un sopracciglio in segno di sfida e fa per portarsi il dolce alla bocca: i suoi gesti son estremamente lenti e studiati quasi teatrali mentre cerca di farmi desistere e farmi parlare.

La fermo prima che faccia il primo morso, «Okay! Hai vinto! Dammi il macaron e parlerò», dico sconfitta allungando una mano verso di lei. Aurora sorride vittoriosa mentre allontana il biscotto dalla mia presa, «Non così in fretta! Prima parla».

«Cosa vuoi sapere?», domando sconsolata.

«Tutto! Perché era qui? Come ti sei sentita? Ti è piaciuto? Quando lo rivedrai? Quando...».

Scoppio a ridere, come al solito è partita in quarta, «Ehi, frena frena! Una domanda per volta», la fermo e lei mi guarda in attesa. «È venuto qui per dirmi che non possiamo vederci sabato perché rimarrà a Parigi fino alla Vigilia di Natale e ci teneva a dirmelo di persona. E poi ha aggiunto che doveva darmi una cosa e...», lascio in sospeso la frase troppo imbarazzata per continuare. Mi sento le guance in fiamme e il cuore mi è appena risalito in gola.

«E ti ha baciata», completa la frase Aurora con un sorriso mentre mi affretto ad annuire. «Non me l'aspettavo assolutamente. Cioè magari ieri sera sì, anche perché eravamo davvero a un soffio dal farlo, ma oggi no. Mi ha preso un attimo in contropiede ma è stato... bello, dolce e mi sono sentita giusta nel momento giusto».

Aurora ha la testa appoggiata sulla mano e il volto leggermente inclinato mentre mi rivolge un sorriso dolce, «Hai gli occhi che ti brillano, Alice. Poche volte ti ho vista così e mai per una persona. Sarà forse la volta buona? Scioglierai finalmente il tuo cuore di ghiaccio?».

Di nuovo quelle parole, le stesse che mi ha rivolto Arianna la sera del ballo in piazza Duomo.

Faccio spallucce, non ho il cuore di ghiaccio; almeno, non credo di avercelo. Non sono una persona che si apre facilmente al prossimo - soprattutto se questo è un ragazzo - perché non ne ho mai sentito il bisogno. Mi sono sempre bastata, sono sempre stata bene da sola e non ho mai creduto necessario aprire il mio cuore a qualcuno: forse non ho mai trovato qualcuno per cui valesse la pena farlo e di conseguenza non mi sono mai impegnata più di tanto; il fatto poi di essere terribilmente timida non aiuta. Non so come andrà con Edoardo, non so se riuscirà a scaldarmi abbastanza da farmi sciogliere come neve al sole; di sicuro il ragazzo dagli occhi verdi è sulla buona strada perché mi sono resa conto che quando sono con lui mi sento felice e spensierata e provo qualcosa che non riesco nemmeno a esprimere davvero, so solo che quando penso a lui un leggero formicolio si impossessa si me e il cuore mi batte veloce nella cassa toracica.

«Io dico di sì», sussurra Aurora di fronte al mio silenzio porgendomi finalmente il macaron.

Edoardo

Entro nella hall dell'albergo con la testa tra le nuvole tanto che non mi accorgo della persona che ho di fronte e ci vado a sbattere contro. «Mi scusi», dico alzando gli occhi e vedo che il tipo contro cui mi sono scontrato è Max che mi guarda con uno sguardo furbo e un sopracciglio alzato.

«Edoardo, devi dirmi qualcosa?», mi domanda sornione picchiettandosi l'indice sulla punta del naso.

Ecco, ci risiamo! So ovviamente dove vuole andare a parare, ma cerco di cambiare discorso, «Per che ora dobbiamo essere sul set? Ho parlato questa mattina con Guillaume, ma mi ha detto che doveva ancora decidere alcuni dettagli prima di darmi l'orario giusto e...».

Il mio capo però non sembra interessato alle mie parole perché sbuffa e alza gli occhi al cielo, «Smettila di blaterare su cose a vanvera e dimmi ciò che mi interessa. A cosa devo la tua corsa improvvisa con Jacques alla stazione?».

Merda.

«Oh, Edoardo! Non fare quella faccia perché io so tutto, sono onnisciente». Mi trattengo da alzare gli occhi al cielo di fronte all'ennesima dimostrazione della megalomania del mio capo e sbuffo una risata cercando una scusa plausibile, «Ecco, ehm... avevo una commissione da fare nei dintorni della stazione». Cerco di minimizzare la questione, ma Max non demorde, «Una commissione che riguardava una certa ragazza dai lunghi capelli e dagli occhioni scuri?».

Cavolo, è peggio di una pettegola.

Balbetto qualche parola sconnessa non sapendo bene cosa rispondergli dal momento che sono una persona riservata e non mi piace per niente parlare dei fatti miei. Max lo sa benissimo, conosce la mia discrezione e l'ha sempre apprezzata dal momento che in un campo come quello in cui lavora le voci girano velocissime e vengono puntualmente storpiate.

Ma questo non sembra il caso in cui stia apprezzando questa mia caratteristica perché sbuffa spazientito. «Okay, passiamo alle maniere forti: se non mi racconti immediatamente quello che è successo alla stazione ritieniti licenziato», mi minaccia mantenendo un'espressione impassibile. Lo guardo sbalordito, non so se stia mentendo o meno. Sta scherzando, per forza, non può davvero dire sul serio. Lo guardo con aria stupita, ma il mio capo non mostra segni di cedimento, anzi sembra sempre più convinto della sua affermazione.

«D'accordo!», alzo le mani in segno di resa e gli racconto per sommi capi quello che è successo, il perché della mia corsa verso la stazione, del fatto che avessi chiesto urgentemente a Jacques di accompagnarmici e di aver voluto informare Alice che sarei rimasto a Parigi per ancora una settimana. Soprassiedo ovviamente sul bacio e concludo il mio monologo guardando Max sperando che si sia accontentato della mia spiegazione.

Non sembra essere così, «Edoardo, non mi stai dicendo qualcosa», afferma sicuro incrociando le braccia al petto. La luce della hall si riflette sugli occhiali mentre li sistema sul naso. Il suo sguardo non lascia nemmeno per un istante il mio mentre il tempo sembra essersi dilatato improvvisamente, «Allora?».

«E va bene! Sono corso in stazione perché volevo baciarla! È dal giorno che l'ho vista che ne sentivo la necessità e quindi non ho potuto aspettare oltre», sbotto esasperato fissandolo negli occhi.

Il mio capo mi guarda compiaciuto, «Ci voleva tanto?». Faccio per dire qualcosa, ma lui mi interrompe. «Forza, sali in camera a prendere l'attrezzatura che dobbiamo essere a Notre-Dame tra un'ora».

Mi congeda così, senza aggiungere altro, contento di quello che ho appena detto e avvicinandosi al bar dell'hotel.

Scuoto la testa e mi dirigo verso gli ascensori, prenoto il mio piano e mi appoggio al corrimano di fronte allo specchio interno sospirando. Scorgo in tralice la mia figura e mi volto per osservarmi in viso: i miei occhi sembrano più chiari e le labbra sono ancora leggermente scure per il bacio. Sorrido istintivamente al mio riflesso con una leggerezza nel cuore e un senso di felicità diffuso: sento ancora il dolce profumo di Alice e mi formicolano le punte delle dita al ricordo della sua pelle sul mio palmo. Quella ragazza mi ha affascinato dal primo momento in cui l'ho vista e, adesso, che sono riuscito ad avvicinarmi a lei e baciarla mi sembra di camminare a tre metri dal suolo. Non vedo l'ora di sentirla e di rivederla perché voglio passare del tempo con lei e ottenere la sua fiducia: vorrei che si fidasse di me e che si aprisse come ha fatto ieri sera e vorrei conquistare il suo cuore e la sua anima per coglierne tutte le sfumature. Se chiudo gli occhi ho ancora davanti la sua immagine sul binario della stazione con lo sguardo acceso e i capelli mossi dal vento.

Dio, era bellissima.

Il ding dell'ascensore mi riporta con i piedi per terra, entro in camera, raccolgo tutto il materiale necessario per il servizio e raggiungo Max nella hall.

Buon pomeriggio e buona Vigilia!

Eccoci finalmente con un nuovo capitolo! Mi scuso terribilmente per il ritardo nell'aggiornamento, ma la settimana scorsa è stata a tal punto frenetica e surreale che non ho avuto un attimo di tempo per ricontrollare il capitolo. (Vellichor95 può confermare)
Per farmi perdonare, credo che aggiornerò anche nel weekend.

Vi auguro un felice e bellissimo Natale!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e, se vi va, fatemi sapere che cosa ne pensate!

A presto,

Alice:)

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro