26.

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Alice

«Ali, ci sei? Sei pronta?», mi chiede Marta dal salotto mentre sto chiudendo a fatica la valigia. Sto lottando per chiuderla da dieci minuti buoni: ci sono seduta sopra e sto tirando le cerniere che stanno implorando pietà; non mi stupirei se mi rimanessero in mano. Soffio via una ciocca di capelli e mi sistemo gli occhiali che continuano a scivolarmi sulla punta del naso.

«Sì, ci sono quasi», le rispondo e finalmente la zip supera l'angolo della valigia.

Sia lode al cielo!

«Era tanto difficile?», borbotto mentre la tiro su. Peserà circa una tonnellata a causa di tutti i libri che mi servono per preparare gli esami di gennaio, che mi fanno venire male al solo pensiero.

Ma perché ho deciso di iscrivermi all'università? penso sconsolata di fronte ai due mesi che mi aspettano. Mi piace studiare, questo è vero, ma soffro da morire di ansia che, in ogni santa sessione, si ripropone come una vecchia amica e mi attanaglia lo stomaco.

La nota positiva della fine delle lezioni però è che io e le mie coinquiline passeremo le vacanze di Natale a casa – il che implica una buona dose di zuccheri e una marea di coccole al mio gatto – ma, se da una parte sono contenta di tornare  e godermi un po' di tempo in famiglia, dall'altra mi dispiace non essere qui a Milano e la ragione è principalmente una: Edoardo. Arrossisco al solo pensiero e un nugolo di farfalle si scatena nel mio stomaco: l'ormai noto sorrisino felice fa capolino sulle mie labbra e un senso di pura gioia mi pervade completamente, anche al solo minimo pensiero su di lui. Non che sia stato difficile pensarlo, anche perché, dopo la telefonata di un paio di giorni fa, non ha mai mancato di telefonarmi o mandarmi qualche fotografia di Parigi, con qualche citazione di Notre-Dame de Paris che, a quanto pare, ha iniziato a leggere. Gli scorci che mi manda hanno sempre a che fare con qualcosa di cui abbiamo parlato o che, come sostiene, gli ricordano me: dalle lucine di Natale, a un fiore trovato su qualche tela del Louvre a un qualsiasi piccolo dettaglio istoriato su qualche volta dello studio parigino di Guillaume.

Ogni volta che una sua notifica mi illumina il cellulare è una sorpresa e i battiti del mio cuore accelerano a tal punto che mi sembra che il cuore mi stia per scoppiare. Tendenzialmente il tutto è accompagnato anche dal calore che mi risale lungo la gola e si posa sulle mie guance, dettaglio che puntualmente mi fa notare Arianna prendendomi scherzosamente in giro.

Scuoto la testa e sistemo le ultime cose che mi servono per tornare a casa facendo un ultimo controllo veloce; afferro la valigia e vado in sala dove le altre, già pronte, mi stanno aspettando.

«Certo che l'amore non ti sta facendo così bene, Alice», tuona Chiara alzando lo sguardo dal cellulare su cui sta guardando le fotografie del servizio di Dior che Aurora, tramite Guillaume, è riuscita a farle vedere facendosi ripromettere di non divulgarle per nessun motivo. Sono giorni che ci assilla sulla borsa che «DEVE assolutamente farsi regalare, non appena sarà uscita» ed è arrivata a un punto di ossessione tale che ha già iniziato creare un gruppo con tutti i suoi contatti per suggerir loro, non proprio velatamente, che sa già il regalo che vuole per il suo compleanno.

Alzo gli occhi al cielo e scuoto la testa, «Tralasciando il fatto che qui nessuno è innamorato, sono perfettamente in orario. Il pullman parte tra più di un'ora», ribatto sulla difensiva, trascinandomi dietro la valigia e infilandomi il cappotto. Non posso dire di essere innamorata perché chi mai potrebbe parlare d'amore dopo così poco tempo? Non siamo in un libro e io voglio prendermi il mio tempo per conoscere davvero Edoardo prima di sbilanciarmi, o almeno è quello che continuo a ripetermi.

«Ma guardatela», ghigna Arianna. «Sei di nuovo arrossita. Aaaah, che bello! Erano secoli che aspettavo questo momento».

Alzo gli occhi al cielo per l'ennesima volta in pochi minuti, le scocco un sorriso e alzo le mani in segno di resa, «Non ribatto neanche più».

«Perché ho ragione! È così evidente che ti abbia fatto perdere la testa!», asserisce convinta incrociando le braccia al petto. «Vorrei che ti vedessi dall'esterno, Ali. Spesso e volentieri ti incanti fissando un punto a caso e, come anche le altre possono confermare, dobbiamo ripeterti le cose almeno un paio di volte prima che tu ci senta davvero». Arianna mi guarda con un sorriso dolce sulle labbra e inclina leggermente la testa, «Mi sbaglio, forse?». Il suo sguardo complice mi fa sorridere e penso che, in fondo, non abbia poi così torto.

«Quindi», dice poi battendo le mani. «Quali sono i piani del bel moro per le vacanze?», mi chiede alzando le sopracciglia curiosa.

Faccio per rispondere ma Marta mi precede alzandosi dal divano, «Ti prego! Invitiamolo da noi per Capodanno! Così almeno lo conosciamo di persona e tu passerai il tuo momento da film con tanto di bacio allo scoccare della mezzanotte». I suoi occhi chiari non lasciano nemmeno per un secondo i miei e posa le mani sulle mie spalle, «Sarebbe tutto perfetto: lo chalet, la neve, il caminetto caldo e tu bellissima nel tuo vestito lungo...». Continua a sproloquiare a ruota libera sullo scenario che ha in mente e che inizia a delinearsi sempre più concretamente man mano che ne parla per poi concludere il tutto con un profondo sospiro. Scoppiamo tutte a ridere: come al solito è partita per la tangente immaginandosi gli scenari più melensi e zuccherosi del peggior film natalizio. Tralasciando il vestito lungo e tutta la sceneggiatura da Oscar, la sua idea di invitarlo non mi sembra male – come se poi non ci avessi pensato! – e, alla fine, mi farebbe davvero piacere passare un po' di tempo con lui dal momento che non siamo riusciti a vederci prima che io tornassi a casa e lui tornasse da Parigi.

«Sinceramente ci avevo fatto una mezza idea», le dico e sento improvvisamente tra paia di occhi scrutarmi e poi spalancarsi per la sorpresa.

«Chi sei tu e cosa ne hai fatto di Alice?», mi guarda stralunata Arianna, la sua espressione è a dir poco buffa: è talmente sorpresa che la mandibola le tocca quasi il pavimento.

«Chiudi la bocca che altrimenti ti entrano le mosche», la riprende come sempre Chiara, dandole un buffetto sotto al mento. Rido quando Arianna le lancia uno sguardo omicida per poi riportare la sua attenzione su di me e io mi stringo nelle spalle, «Non so di cosa tu stia parlando», ribatto con nonchalance. «E poi non è nemmeno detto che accetti l'invito». Ed è la pura verità, alla fine potrebbe già aver preso degli impegni, non pretendo mica che disdica per stare con me.

«Ah, eccoti di nuovo qui», esclama melodrammatica asciugandosi del sudore immaginario sulla fronte. «Bella pessimista come al solito! Mi stavo quasi preoccupando», si porta una mano al cuore mentre con l'altra si sventola come se avesse davvero perso dieci anni di vita.

«Figurati se il gufo che vive sulla sua spalla se ne va», asserisce convinta Chiara sistemandosi la spessa montatura nera sul naso. «Sarebbe davvero troppo. Sarebbe più plausibile la fine del mondo».

Alzo gli occhi al cielo e trattengo a stento una risata perché non posso che dar loro ragione: effettivamente, sarebbe un evento da segnare sul calendario se il gufo del pessimismo che mi perseguita se ne andasse. Marta gli ha addirittura dato un nome: Anacleto, il che è sintomatico della sua presenza fissa e costante nella mia vita.

«Ehi, non offendere Anacleto», ribatte infatti la bionda rivolgendosi a Chiara, che puntualmente le risponde e le due iniziano a battibeccare sulla questione. Arianna mi lancia uno sguardo esasperato, «Anacleto a parte, prova davvero a chiedergli di passare Capodanno con noi, sono sicura che gli farebbe molto piacere».

Le sorrido annuendo, per me lo sarebbe di sicuro e spero che possa esserlo anche per lui. Proverò a chiederglielo, mal che vada, passerò comunque un bel Capodanno con i miei amici. Forte di questa decisione, incito le altre a mettersi il cappotto e uscire per andare a prendere il pullman. Mi chiudo la porta alle spalle e usciamo nel freddo di Milano.


Edoardo

Infilo le chiavi nella toppa della porta di casa, finalmente sono arrivato a Milano dopo un viaggio relativamente tranquillo. Gli ultimi due giorni a Parigi sono stati a dir poco frenetici: dopo il servizio a Notre-Dame, di cui Max è rimasto piacevolmente colpito, ho praticamente passato le due giornate chiuso nello studio di Guillaume insieme al mio capo per definire insieme tutte le indicazioni per l'editing delle foto, che dovrò fare durante le vacanze di Natale e consegnargli il lavoro non appena rientreremo in ufficio.

Non so bene come sia andata la giornata di Max con Silvia, ma lui mi è sembrato abbastanza sereno e non ho voluto essere inopportuno e chiedergli qualcosa di troppo personale.

Nonostante lui sia il re dei pettegoli e ti abbia lanciato continue battutine su Alice.

Scuoto la testa ricordando le frecciatine riguardo alla mia lettura improvvisa di Notre-Dame de Paris e sul fatto che, ogni volta che eravamo fuori per la città dopo il lavoro, mi fermassi spesso e volentieri a scattare qualche fotografia che poi puntualmente mandavo ad Alice, per renderla partecipe delle mie giornate. Ho trovato incredibile il fatto che un sacco di dettagli me la ricordassero, la vedevo praticamente in tutti i posti in cui sono andato e sono davvero dispiaciuto di non essere riuscito a vederla prima che lei partisse per tornare a casa sua per Natale, ma spero di rimediare in qualche maniera e vederla prima di Capodanno.

Faccio girare per l'ultima volta la chiave e entro in casa. «Sono a casa», urlo al mio coinquilino per fargli sapere che sono qui ed evitare, come è successo l'ultima volta, che esca di soppiatto dalla cucina con un mattarello in mano per scagliarsi contro un possibile ladro. Ricordo ancora l'infarto che mi ha fatto prendere mentre urlava come un dannato brandendo l'arma improvvisata. Come se poi non l'avessi avvertito che stavo rientrando a casa.

«Ehi Ed, sono in cucina», mi urla di rimando Matteo. «Forza vieni che la cena è pronta». Mi preparo al peggio, ogni volta che prepara qualcosa puntualmente la cucina viene lasciata in uno stato pietoso e rischio sempre di trovare qualcosa di carbonizzato, come il mestolo di plastica, che "accidentalmente" è stato lasciato sul fuoco e si è completamente sciolto.

Lascio le chiavi sul mobile di ingresso, appendo il cappotto ero raggiungo venendo investito da un forte odore di cannella. La testa bionda di Matteo è completamente ricoperta di farina e ha la faccia sporca di quella che sembra essere marmellata. Lancio uno sguardo rapido al tavolo e ai fornelli e, stranamente, tutto è in ordine.

«Beh, cos'è quella faccia?», mi chiede Matteo alzando le sopracciglia con aria stupita. Poi si guarda intorno cercando di capire il motivo del mio sguardo di sicuro stralunato.

«Non starai ancora pensando a quella volta in cui ho accidentalmente dato fuoco alla cucina, vero?», esordisce offeso alzando gli occhi al cielo. «È successo secoli fa! Ormai sono un cuoco provetto».

Scoppio a ridere e alzo un sopracciglio scettico, «Secoli? A me sembra di ricordare che fosse successo solo questa estate».

«Appunto! Secoli fa!», ribadisce lanciandosi sulla spalla lo strofinaccio della cucina. «Ora sbrigati e vai a sistemarti che a breve si mangia», mi incita con fare autoritario accompagnando il suo ordine con un cenno della mano.

«Va bene, mammina», lo canzono. «Vado a lavarmi le mani e ci sono».

«Spiritoso! Sai che potrebbe accidentalmente sfuggirmi di mano qualche goccia di lassativo nella tua pasta, vero?», mi minaccia assottigliando lo sguardo.

«Mamma mia come sei melodrammatico», alzo gli occhi al cielo e mi dirigo verso camera mia. Poso il borsone con il computer e la macchina fotografica sulla scrivania, dopo cena sistemerò tutto il materiale e aggiungerò le foto che ho sviluppato alla parete sopra al letto. Ormai sono anni che ho questa abitudine e sto iniziando a fare fatica a trovare un angolino di muro ancora bianco dove sistemare le fotografie nuove. Probabilmente a breve sarò costretto ad attaccarle anche alla parete che si trova al di sopra del mio letto, cosa che in realtà avevo progettato all'inizio, ma che poi ho preferito mettere sulla parete di fronte così da poterle ammirare meglio quando sono a letto. C'è anche qualche fotografia di Alice adesso e sinceramente non vedo l'ora di aggiungerne altre.

«Edoardooooo», sento richiamarmi dalla cucina. «Sei per caso caduto nella tazza del water e sei finito a Narnia? Muoviti!».

Scuoto la testa esasperato e raggiungo Matteo in cucina, «Eccomi! Quali prelibatezze mi propone lo chef questa sera?».

Mi scocca un sorriso e alza e abbassa le sopracciglia con fare allusivo, «Pasta alla carbonara e torta di mele come dessert!», esclama trionfante dandomi in mano un piatto stracolmo. Ha una faccia stranamente bella, l'uovo è ben amalgamato e il profumo è decisamente invitante. Lo guardo stupito e lui alza gli occhi al cielo, «Non fare quell'espressione sorpresa. Adesso siediti e raccontami della bella "lavanderina"», annuncia solenne e mi punta un dito contro. «E non azzardarti a omettere i dettagli piccanti», minaccia.

Scuoto la testa e prendo una forchettata di pasta, sapevo che sarebbe arrivato questo momento di interrogatorio soprattutto perché me lo aveva annunciato al telefono prima dell'appuntamento con Alice, di cui ovviamente è venuto a sapere dal momento che mi ha telefonato appena prima che uscissi per incontrarla e mi ha sentito un tantino nervoso, il che l'ha reso sospettoso e talmente insistente che ho dovuto vuotare il sacco.

Perché sono circondato da pettegoli?

Un sorriso ebete mi si apre sul volto e gli occhi chiari di Matteo si fanno più guardinghi, «Riconosco quello sguardo. Su dai forza, dimmi tutto», mi incalza ancora una volta.

Mi stringo nelle spalle, «Cosa ti fa credere che ci siano dettagli piccanti?». Matteo sbuffa, si sistema il ciuffo biondo e fa una smorfia eloquente, «Perché stai sorridendo come un cretino. Quindi le opzioni sono due: o è successo qualcosa con la brunetta oppure ti sei appena fatto una dose di cocaina; il che mi sembrerebbe a dir poco strano visto il soggetto che sei».

Rido di gusto di fronte all'espressione del mio coinquilino che mi sta guardando con un cipiglio corrucciato. Incrocia le braccia e mi fissa insistentemente, «Dai, sputa il rospo».

Lo guardo di rimando e trattengo un sorriso, la familiare sensazione che mi accompagna ogni volta che penso ad Alice o parlo di lei si sta agitando prepotentemente nel mio stomaco.

Cerco di ordinare i pensieri per raccontargli qualcosa: ho talmente tante immagini e sensazioni nella mia testa che mi risulta difficile sceglierne una. Forse la più bella è il suo sguardo non appena mi ha visto in Place Vendôme con un girasole in mano, oppure la sua voce emozionata quando mi ha visto sui binari del treno o forse la sensazione delle sue labbra sulle mie e il suo respiro caldo che mi solleticava la gola. Credo di essermi incantato perché Matteo mi schiocca le dita davanti agli occhi e poi posa una mano sulla spalla, «Ehi bell'innamorato! Terra chiama Edoardo! Ti sta suonando il telefono, torna tra noi». Trattiene a stento un sorriso e alza gli occhi al cielo, borbottando qualcosa tra sé e sé. Mi scuoto dal mio sogno a occhi aperti e afferro il cellulare, il cuore mi risale in gola: è lei.

«Avanti, rispondile! Che stai aspettando?», mi esorta il mio coinquilino palesemente divertito. «I dettagli piccanti me li racconti un'altra volta. Sicuramente ce ne saranno altri dopo questa telefonata: adoro il sesso telefonico!», ammicca facendomi un occhiolino. «Dovrei farlo più spesso», esclama poi cercando qualche contatto in rubrica.

Alzo gli occhi al cielo e rispondo.


Buonasera e buon sabato a tutti!

Nuovo capitolo per voi! Nonostante continui a fare un po' la reticente, Alice sembra essere partita per la tangente! Rimprovera tanto Marta, ma in realtà lei è messa peggio di tutti;)

Edo torna a casa e riceve una piacevole sorpresa: Alice lo inviterà oppure no? E lui avrà già degli impegni?

Restate sintonizzati su questi canali se volete scoprirlo!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e, come al solito, mi farebbe davvero piacere conoscere le vostre opinioni!

Ci leggiamo presto!

Un bacio,

Alice.

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