3.

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Il sabato, di solito, è il giorno della lavatrice e delle pulizie. A turno, ogni settimana, ognuna si dedica a un compito diverso e alla pulizia di una parte della casa. Oggi a me tocca il bucato, ma la lavatrice sembra aver dato forfait. «Dannazione!» urlo contro la macchina infernale che non ne vuole proprio sapere di partire. Schiaccio a caso qualche tasto sperando che dia qualche segno di vita, ma niente.

«Ehi Ali, che succede?», la testa di Marta fa capolino dalla porta, armata di guanti e sgrassatore. I suoi capelli sono legati disordinatamente sulla testa e un ciuffo ribelle continua a ricaderle sulla fronte, nonostante continui a cercare di spostarlo.

«La lavatrice ci ha abbandonate! Ho provato in tutti i modi a farla partire ma non sembra dare segni di vita!», mi arrendo sconsolata.

«E rimanda il lavaggio, che problema c'è?», fa Chiara dal salotto.

«Ma certo! Rimaniamo pure con mucchi di roba da lavare, tanto quel povero cestone è lì per quello: vomitare quantità enormi di vestiti!», ribatto scocciata.

Tra l'altro la metà dei vestiti da lavare sono tuoi! penso con una nota di esasperazione.

Chiara è di sicuro la più disordinata delle quattro. È sempre con la testa tra le nuvole: cose pragmatiche come pulire la casa e fare la lavatrice sono troppo concrete per lei. Ormai lo sappiamo e tendenzialmente non ne facciamo un dramma, anzi ci ridiamo su. Oggi, però, non è giornata visto che fuori continua a esserci una leggera pioggia – come è stato per tutta la settimana, dopo il diluvio di lunedì – e l'idea di uscire per andare in lavanderia non mi alletta per niente. Spero che Marta riesca a sistemarla, la guardo mentre cerca di farla partire provando anche a staccarla dalla corrente, ma niente. Quindi, armata di pazienza, di borsone e ombrello mi dirigo verso la lavanderia automatica a due fermate di metro da casa.

Sembro un asino da soma: le persone in metropolitana mi guardano con un'espressione tra il disgustato e il compassionevole.

Beh, che avete da guardare? Mai fatta una lavatrice? li fulmino con lo sguardo. Oggi non sono proprio in vena.

Due rampe di scale e un polmone perso dopo, sto finalmente caricando la il bucato. Visto che ci vorrà un'oretta buona, decido di tirare fuori il libro che sto leggendo e ascoltare un po' di musica.

Persa tra le vie di Ferrara del libro e la musica di sottofondo, non mi accorgo che qualcuno è entrato nella lavanderia finché non mi sento toccare la spalla.

*******

Edoardo

Sto correndo in giro per Milano con la musica nelle orecchie e la lingua sotto i piedi mentre cerco di stare dietro al mio coinquilino – maniaco dello sport – Matteo.

Ma quando mai mi è saltato in testa di farmi convincere ad andare a correre a fine novembre? penso sconsolato dandomi dello scemo.

«Dai! Non mollare, stai andando benissimo!», mi incita Matteo, contento e per niente affaticato. La leggera pioggia gli bagna il ciuffo biondo che gli copre parte della fronte e un sorriso furbo gli si apre sul volto. Mi chiedo come possa sembrare così fresco e riposato.

Probabilmente perché si spacca di palestra e non vive su una scrivania a editare foto come te?

Metto in pausa la musica e mi sfilo una cuffietta. «Mat, ti prego, dammi tregua! Non riesco a starti dietro e, per di più, si gela!», mugugno fermandomi.

«Sei proprio una sega! Dai muoviti che devi tirare giù quella pancetta! Un paio di mesi che non fai sport e subito fatichi a starmi dietro», dice correndo sul posto.

Lo fulmino. «Ma quale pancetta?», ribatto offeso, poggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato. Va bene che non sono più sportivo come un tempo, visto il poco tempo libero che ho a disposizione adesso per via del lavoro, ma non ho ancora perso il fisico di un tempo.

O forse sì vista la fatica che sto facendo!

Il mio amico scrolla le spalle e si passa una mano sulla fronte, sistemando il ciuffo, «Okay, non ce l'avrai ancora ma, caro mio, gli anni avanzano! I trent'anni sono dietro l'angolo così come il grasso addominale!».

«Ma se abbiamo appena compiuto ventitré anni! Ho ancora tempo per preoccuparmi! Senti, non so cosa mi sia saltato in mente, me ne torno a casa! A dopo, brucia un po' di calorie anche per me!», dico girandomi per dirigermi alla metro. Sento un richiamo e qualche insulto, ma faccio finta di non sentirlo. Prendo il cellulare in mano per cercare la fermata della metro più vicina, dovrebbe essere più avanti sulla sinistra. Durante la ricerca, noto che mi è arrivata una mail dal mio capo e, distratto dal messaggio, non mi rendo conto del palo che c'è sul marciapiede. Da povero sfigato quale sono, ci sbatto in pieno contro. Il telefono mi sfugge di mano e mi cade vicino a una vetrina. Sconsolato, sbuffo e mi chino per raccoglierlo, alzo lo sguardo e...

Non ci posso credere! È lei, è la ragazza del treno.

Una croccia disordinata le trattiene i lunghi capelli castani, qualche ciuffo le ricade sul maglione viola che indossa. Sta leggendo, sembra totalmente immersa nella lettura, e noto che sta canticchiando qualcosa tenendo il ritmo con il piede.

Gli occhiali le scivolano sul naso e, con un gesto distratto, li risistema sul volto. Vorrei avere con me la macchina fotografica istantanea per catturare questo momento. Ho una passione sfrenata per le fotografie analogiche. Quando sono in giro, porto sempre con me la polaroid perché mi piace catturare istanti di vita del tutto spontanei e naturali.

Credo di essermi imbambolato come uno scemo e ringrazio il cielo che non si sia accorta di me: penserebbe di sicuro che sono un pazzo psicopatico che la sta seguendo. Cosa che ovviamente non sto facendo, ma non posso che essere felice di averla incontrata ancora una volta. Mi è dispiaciuto molto non avere avuto la possibilità di parlare e conoscere meglio questa ragazza misteriosa. Chissà che cosa o chi la stava turbando quel giorno sul treno e chissà perché si è fermata a osservarmi il giorno dopo.

Sono talmente perso nei miei pensieri da non accorgermi della persona che mi si è avvicinata e sta richiamando la mia attenzione.

«Ehi, Ed che stai facendo? Pensavo fossi tornato a casa!», mi dice Matteo, che probabilmente ha già completato il giro dell'isolato.

«Ecco, io... cioè, sai il palo e il telefono...», mi trovo a corto di parole, non voglio dirgli che mi sono imbambolato come uno scemo davanti a una lavanderia a fissare una ragazza.

Matteo mi guarda come se avessi tre teste, «Tutto bene Edoardo? Che ti succede? Perché sei fermo davanti a una lavanderia?», il suo sguardo inizia a vagare sulla vetrina che abbiamo di fronte e inevitabilmente nota la ragazza «Ah, ecco cosa ti ha fatto fermare! La conosciamo?», dice ammiccando. «È carina», aggiunge poi con uno sguardo furbo e una strana scintilla negli occhi.

«Sì, cioè, no! Cioè... è complicato, sai il treno e la metro», cerco di spiegare, agitando le braccia e gesticolando per fargli capire la situazione, ma ho il cervello in pappa.

Edoardo! Riprenditi, stai facendo la figura del sedicenne alla prima cotta!

Matteo abbozza un sorriso sornione e mi dà una spallata amichevole, «Ah, vedo che la bella fanciulla ti ha disintegrato i neuroni! Beh, credo che andrò a fare la sua conoscenza!».

«No, Matte! Non ci provare», non faccio in tempo a fermarlo che lo scemo è già entrato.

Cazzo! Non può vedermi, penserebbe davvero che la stia seguendo! penso allontanandomi e pregando che il mio coinquilino non faccia cazzate.

******

Alice

Un tipo biondo, con gli occhi azzurri e una quantità di sudore spropositata, mi sta sorridendo tendendomi la mano. Tolto una cuffietta e infilo il segnalibro tra le pagine del romanzo. Alzo le sopracciglia perplessa e aspetto che inizi a parlare.

«Ciao! Mi chiamo Matteo! Come ti chiami? Tu non mi conosci, ma di sicuro conosci il mio amico lì fuori», dice indicando fuori dalla vetrina, dove non c'è nessuno se non una signora che sta portando il suo cane al guinzaglio. «Beh, era lì fino a un attimo fa, almeno», dice grattandosi la nuca, abbozzando un sorriso imbarazzato.

Perplessa e confusa gli stringo la mano, «Piacere». Lui, però, non sembra soddisfatto dalla mia reticenza, «Allora? Come ti chiami?», incalza non distogliendo lo sguardo.

«Francesca!», rispondo in maniera automatica. Non so come mai, ma il primo nome che mi viene in mente è quello di Franky, un'amica di casa, forse perché la descrizione della ragazza del romanzo che sto leggendo me la ricorda. Chissà, ma in qualsiasi caso, in questo momento , mi è tornato utile per evitare di rivelare il mio nome a questo ragazzo, che sembra un tipo tranquillo, ma non si sa mai.

«Ah, come Francesca Cipriani? Gran belle tette!», esclama. Si incanta improvvisamente portandosi le mani al petto. Rilascia un sospiro, scuote la testa e rivolge di nuovo la sua attenzione a me.

Scusa, chi?

Corrugo la fronte, sempre più sorpresa dalla stranezza di questo tipo. «E di cognome? Così almeno ti aggiungo su Facebook!», continua imperterrito. Non capisco bene il perché del suo volermi aggiungere su Facebook, ma non indago oltre per evitare di farmi vedere interessata e ricevere un'altra serie di domande a raffica.

«Bellonci!», improvviso, questa volta presa in contropiede, dicendo il cognome della protagonista del romanzo che sto leggendo.

Contento della mia risposta, mi scocca un sorriso enorme, «Ottimo! Ciao Francesca Bellonci, è stato un piacere! Spero di rivederti presto!», conclude e se ne va, lasciandomi di nuovo sola in lavanderia.

Va bene, incontrare persone strane anche oggi: fatto!

Ormai da quando sono qui a Milano è il mio appuntamento quotidiano.

****

Edoardo

Sto ormai aspettando Matteo da più di dieci minuti nella via perpendicolare alla lavanderia. Provo una leggera ansia, chissà cosa starà combinando o dicendo a quella povera ragazza. Mi batto una mano sulla fronte.

Ma cosa avrò mai fatto di male per trovarmi un coinquilino così?

Finalmente, dopo quella che sembra un'eternità, il ragazzo fa capolino dall'angolo e lo afferro subito per un braccio.

«Ehi, ma che?», Matteo si ritrae istintivamente, ma poi realizza che sono io. «Ah! Ed, sei tu! Mi hai fatto prendere un colpo! Comunque, missione compiuta!», esclama trionfante alzando le mani in aria e improvvisando un balletto. «So come si chiama la ragazza: Francesca Bellonci!», annuncia poi e inizia a sproloquiare sulle sue fantastiche doti da conquistatore.

Doti da conquistatore! Certo, come no.

«Le hai parlato?», chiedo incredulo.

«Ovvio! Non ha saputo resistere al mio charme!», si vanta, gonfiando il petto mentre io alzo gli occhi al cielo.
«Quindi, sbrigati che andiamo a casa a cercarla su qualsiasi social esistente! E poi non dirmi che non sono un vero amico! Ah, tra l'altro mi devi dire dove hai incontrato quel bel bocconcino!», continua a blaterare a ruota libera.

«E tu credi che il nome che ti ha dato sia davvero il suo?», gli domando dubbioso. Da quel poco che ho visto, questa ragazza mi sembra molto riservata e non credo proprio che abbia dato il suo vero nome a uno come Matteo, soprattutto per l'approccio esuberante che ha nei confronti di qualsiasi essere femminile.

«Perché mai avrebbe dovuto mentirmi?», ribatte sicuro di sé. «Sono un gran figo!».

Alzo gli occhi al cielo per la cinquantesima volta, «Beh, perché magari ti sei presentato come uno scappato di casa, fradicio di sudore? E poi conoscendoti, ti sarai posto come uno psicopatico!».

«Certo, certo! Pensala come vuoi», liquida la questione con un gesto della mano, dirigendosi verso la metro.

Arrivati a casa, Matteo è troppo distratto dal suo intento da permettermi di fare la doccia per primo. Non capita mai, di solito vuole sempre andare lui, nonostante ci metta le ere geologiche. Ogni volta che glielo faccio notare mi risponde con un "devo essere sempre perfetto per tutte le pollastre che mi vogliono". Credo che sia l'unico sulla faccia della terra a usare la parola "pollastre", ma lui è contento così, quindi.

Butto i vestiti nel cesto della biancheria sporca, entro in doccia e finalmente rilasso i muscoli intirizziti dal freddo sotto il getto caldo dell'acqua. Non faccio in tempo a prendere lo shampoo però che Matteo spalanca di colpo la porta della doccia, urlando come un pazzo.

Giuro che è la volta buona che lo ammazzo!

Il mio coinquilino sta parlando a raffica, mangiandosi la metà delle parole. Sproloquia su gattini, signore sovrappeso e nomi inesistenti.

Esco sconsolato dalla doccia, legandomi un asciugamano in vita, «Dimmi un po', scommettiamo che Francesca Bellonci non esiste, o meglio non è di sicuro lei?», dico sarcastico.

«Esatto! L'unica Francesca Bellonci che esiste è una cinquantenne sovrappeso che condivide foto di gattini! E io che pensavo di aver fatto colpo!», risponde disgustato di fronte al profilo in questione.

Scoppio a ridere, il suo viso è una maschera di delusione. Mi dispiace quasi. Quasi, perché alla fine ci avevo un po' sperato.

«Senti, Matt, non preoccuparti! Adesso però potresti uscire e farmi fare la doccia in pace?», gli chiedo sperando che mi conceda un po' di tregua.

«Va bene», ribatte lui alzando le mani. «Ma non mi do per vinto! La troverò! Fosse anche l'ultima cosa che faccio!».

Buonasera, ecco qui un nuovo capitolo! Scopriamo finalmente il nome del bel ragazzo dagli occhi verdi e incominciamo a conoscerlo. Compare anche un personaggio bizzarro, il buon Matteo che risulta essere un tantino sopra le righe!
Alice e Edoardo si rincontreranno? Matteo riuscirà nel suo intento?

Fatemi sapere cosa ne pensate e continuate a leggere se volete scoprire cosa succederà :)

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